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Autore: Emma Fantasy Wilkerson    13/01/2016    0 recensioni
Il mondo è intatto. L'Eruzione non esiste.
Quando riescono a scappare dalla C.A.T.T.I.V.O, Thomas torna a Beacon Hills dove scopre di chiamarsi Stiles, che suo padre è un poliziotto e sua madre è morta.
Pian piano anche i ricordi tornano a galla e tutto sembra tornare com'era prima della C.A.T.T.I.V.O. ... beh, fatta eccezione per tutto il sovrannaturale che quella città sembra attirare.
La vita di Thomas è completamente incasinata. Pensa che non potrebbe andare peggio di così, ma si sbaglia.
E l'unica cosa che può aiutarlo ad attraversare quei momenti di difficoltà, è il ricordo di un ragazzo dai capelli biondi e della sua promessa.
Ambientato durante la 3B.
Genere: Angst, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Gally, Minho, Newt, Newt/Thomas, Teresa, Thomas
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Newt's POV

La campanella suonò dopo quella che sembrò un’eternità. Thomas si era finalmente calmato ed aveva ripulito il sudore dal viso, sotto lo sguardo attento di Newt e Scott.  Il biondo d’altro canto non si era ancora ripreso dallo shock di vedere il suo migliore amico in quello stato, così vulnerabile, e aveva intenzione di aiutarlo a tornare il vecchio Velocista intrepido e determinato che era una volta, senza attacchi di panico frequenti.
Non sapeva ancora cosa fosse successo in quella città, ma si era reso conto che quello, sommato a ciò che aveva dovuto passare a causa della C.A.T.T.l.V.O., lo avevano devastato, forse anche più di quanto avessero devastato lui.
-Come stai?- gli chiese, le sopracciglia aggrottate per la preoccupazione. Gli occhi di Thomas erano rossi e circondati da occhiaie; era evidente che non dormiva da giorni. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Il bruno abbozzò un sorriso tenue, passandosi una mano fra i capelli. –Meglio. Non preoccuparti troppo per me, Newt, o ti verranno le rughe.-
Lui ridacchiò scuotendo leggermente la testa, divertito dal suo comportamento: gli piaceva il nuovo Thomas nonostante tutto, gli piaceva il modo in cui scherzava, le fossette che apparivano sulle guance ogni volta che sorrideva, nei brevi momenti in cui stava bene; gli piaceva come prendeva le cose alla leggera cercando di non farne mai un dramma e facendole sembrare meno gravi di quanto non fossero. –Le rughe sono l’ultimo dei miei problemi, Tommy.- affermò osservandolo. In quel momento sembrava che tutto fosse tornato agli anni prima del Labirinto, quando sapevano cosa li aspettava ma non credevano che avrebbe cambiato completamente le loro vite, quando erano ancora liberi di essere ciò che erano: bambini.
Si chiese se Thomas ricordasse...
-Scott?- l’attenzione del bruno si spostò sull’ispanico, il quale si era alzato di scatto dal pavimento ed era fermo immobile accanto alla porta, come in ascolto. E d’un tratto schizzò fuori senza dire una parola.
-Scott!- gli urlò dietro Thomas, emettendo poi un suono di esasperazione. –Quel ragazzo è incredibile. Vieni- guardò Newt, avvicinandosi per prendergli gli la mano, probabilmente senza pensarci. Il biondo si sentì andare immediatamente a fuoco e seppe di essere arrossito, ma era grato al fatto che il ragazzo aveva già cominciato a camminare davanti a lui e non lo stava più guardando: ogni volta era Newt quello che prendeva l’iniziativa per un qualsiasi contatto fra i due, fatta eccezione forse per l’abbraccio del giorno prima e per...per Denver. Con un sospiro, fissò le loro dita intrecciate in modo quasi naturale, incastrandosi perfettamente fra loro come se fossero state fatte apposta. Dovevano assolutamente parlare prima o poi, o Newt sarebbe scoppiato. Un tremendo fragore fece sobbalzare entrambi: proveniva dagli spogliatoi dei ragazzi. I due si scambiarono uno sguardo confuso, Newt alzò entrambe le sopracciglia, e poi cominciarono entrambi a correre perché lo stesso rumore si era ripetuto.
Trovarono Scott negli spogliatoi insieme a una ragazza di cui il biondo non conosceva il nome, ma che gli pareva di aver già visto in classe. Ah sì! La figlia del professor Yukimura. Che ci faceva nello spogliatoio dei ragazzi, tutta trafelata e spaventata a morte?
-Il coyote- disse loro Scott non appena li vide, facendo un cenno col capo per fargli capire di cosa stava parlando. E Newt comprese, allora. –È entrato.- Scoccò un’occhiata alle loro mani e la sua fronte si aggrottò, ma Newt aveva visto il guizzo di un sorriso sulla sua bocca.
-Chiamo mio padre, aspettate qui- nello stesso istante in cui Thomas pronunciò quelle parole, la stretta diminuì e il calore sulla propria mano scomparve di colpo, come se ci avessero appena versato dell’acqua fredda sopra. Cercò di non sembrare troppo deluso, ma dallo sguardo che Scott gli lanciò, si rese conto che probabilmente la sua faccia aveva assunto un’espressione strana, e sperò che il bruno non l’avesse vista. Il ragazzo si allontanò digitando sul cellulare il numero del padre, e la sua voce riecheggiò lungo il corridoio non appena egli rispose.
Newt fece retrofront, senza un apparente motivo. Anzi no, un motivo c’era: non era ancora molto in confidenza con Scott e sapeva che se avesse provato a imbastire una conversazione con il migliore amico del suo migliore amico, avrebbero finito per parlare di Thomas, di quanto avevano condiviso con lui... e il biondo si sarebbe accorto di quanto aveva perso negli ultimi due anni, e si sarebbe sentito geloso e imbarazzato. Perciò sì, uscì velocemente dalla stanza con l’intenzione di raggiungere l’amico.
-Aspetta, Newt!-
Ovviamente i suoi desideri non furono esauriti, quando mai qualcosa andava come sperava che andasse? Mai. L’ispanico lo raggiunse senza il minimo sforzo, posandogli una mano sulla spalla per fermarlo. Sul suo viso era disegnato un sorriso gentile, anche se un po’ spavaldo.
La sua prima intenzione fu di sbuffare e toglierselo di torno, ma poi ci ripensò, perché in fondo non voleva inimicarsi il ragazzo, soprattutto non se era un lupo mannaro con artigli e denti affilati. –Che c’è?- anche se non riuscì a impedire alla propria voce di sembrare seccata.
-Lui ti piace- affermò lui a bassa voce, voltando un attimo la testa per guardare Thomas, il quale stava ancora parlando al telefono con il padre. Newt dovette fingere uno sguardo inorridito: -Ma che dici?-
-Amico- l’altro lo fissò con insistenza, segno che sapeva perfettamente cosa stava succedendo. –Ho visto come lo guardi, come lui ti guarda. Come cercate sempre di toccarvi anche quando non ce n’è bisogno, il modo in cui tu ti preoccupi per lui. Da quando è tornato, non ho mai visto Stiles così felice, anche se non si direbbe date le circostanze. Ma ti posso assicurare, che il sorriso che rivolge a te non gliel’ho mai visto fare con nessun’altro.-
Newt assottigliò lo sguardo su di lui, non riuscendo a credere alle proprie orecchie: -Come mi guarda?-
-Come se tu fossi una sorta di angelo caduto dal cielo.-
Il biondo sgranò gli occhi e spostò l’attenzione sul ragazzo di spalle in lontananza, soffermandosi ad osservare le sue mani mentre gesticolava e cercava di spiegare l’accaduto. Scosse quindi la testa, con un sospiro rassegnato. –È complicato.- Si lasciò sfuggire, confermando inconsciamente le parole di Scott, il cui sorriso si allargò ancora di più. –Non guardarmi così. Senti, è successa una cosa e io e Tommy non abbiamo mai avuto modo di parlarne, quindi non so a che punto stiamo o se lui... se lui prova ancora le stesse cose.-
-Perché non gli parli allora?- gli chiese l’ispanico, guadagnandosi un’occhiataccia dal biondo.
-Stavo per farlo ieri, quando sei entrato tu e hai mandato tutto all’aria.-
Scott aprì la bocca a formare una O e Newt lo vide farsi piccolo piccolo per il senso di colpa, cosa che gli diede una certa soddisfazione. Nel frattempo Thomas era sparito, probabilmente per andare incontro allo sceriffo. Il biondo oltrepassò l’ispanico per poterlo raggiungere, trovandolo dopo una decina di minuti nel corridoio principale che parlava con l’uomo in divisa, tutto agitato. Per sua sfortuna Scott lo aveva seguito ed ora stavano entrambi fissando le due figure in lontananza, finché il bruno non si voltò per qualche secondo a guardarli. Newt non riuscì a capire cosa successe dopo, sapeva soltanto di aver visto il lupo mannaro annuire senza motivo, o forse era solo lui che non ne trovava uno.
Presto si ritrovarono di nuovo nello spogliatoio per parlare dell’accaduto, ma il biondo non prestò attenzione a nulla di ciò che veniva detto o di ciò che accadeva, troppo impegnato a prendere coraggio per parlare con Thomas.
-Ehi- la sua voce lo riportò alla realtà. Non si era nemmeno accorto che l’oggetto dei suoi pensieri si era avvicinato a lui, probabilmente preoccupandosi della sua espressione assorta. –Stai bene?-
Annuì, abbozzando un leggero sorriso ed aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse. Ripeté quel gesto un paio di volte, mentre l’altro alzava un sopracciglio in attesa che dicesse qualcosa, e finalmente si decise: -Tommy, dobbiamo parlare.-
-Ora?-
-Sì, Tommy. Ora.-
Il bruno si morse il labbro e si guardò attorno, come se stesse cercando una via di fuga: -Okay, parlare mi sta bene-disse. –Ma possiamo farlo dopo? Vorrei riunire tutti per spiegarvi la situazione-
Newt non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata a Scott, il quale li stava già osservando, e si lasciò sfuggire un nuovo sospiro di rassegnazione. –D’accordo, immagino che possa aspettare ancora un po’.-
-Bene così- Thomas annuì, stranamente serio. –Ci vediamo all’entrata fra cinque minuti, okay?-

* * *
 
Dopo una ventina di minuti si trovavano tutti alla clinica veterinaria del capo di Scott, Deaton, che a quanto pareva era il Druido e consigliere del Branco. Tutti, ad eccezione di Lydia e Allison perché non erano potute venire.
-Quindi, fatemi capire...- disse Minho, massaggiandosi il mento con le dita mentre provava a riassumere tutto. –Siete creature sovrannaturali con poteri altrettanto sovrannaturali. Scott è un lupo mannaro Alpha, vero Alpha, Isaac un beta, la ragazza con i capelli scuri una cacciatrice di lupi mannari e quella carina... ahia!- si dovette fermare un attimo per proteggersi dal pugno che Teresa gli aveva dato sulla spalla, all’improvviso. Newt dovette frenare una risata a quella scena, e non poté fare a meno di alzare gli occhi al cielo: ancora non si era abituato al fatto che quei due stessero insieme. Era stato uno shock per lui e Gally venire a sapere che si piacevano, quando solo pochi mesi prima continuavano a scannarsi e non si sopportavano proprio. –Dicevo,- continuò il ragazzo. –Lydia è una Banshee. E tu, Thomas, cosa sei allora?-
L’interessato scrollò le spalle: -Solo un povero umano.-
-Beh,- fece Gally, incrociando le braccia al petto. –Se non avessi le prove davanti, direi che avete tutti l’Eruzione. Questa storia è al limite dell’assurdo.-
Sia Thomas che Newt trasalirono nel sentire nominare quella malattia, i loro sguardi si incontrarono per un breve momento prima che il biondo lo spostasse velocemente verso la finestra, per non doverlo incrociare con nessuno. Ricordava ancora il tremendo dolore alla testa e la rabbia disumana che aveva provato quando ne era affetto, o così aveva creduto. Era come avere dei tarli del cervello che mangiavano tutto che rimaneva della ragione, facendogli odiare le persone a lui più care, facendogli pronunciare parole che non pensava nemmeno. Togliendogli quella poca speranza che aveva e la voglia di vivere.
-Newt...- Thomas lo chiamò, sgomento, la voce flebile e strozzata. Il ragazzo sentiva gli occhi di tutti puntati su di sé, accorgendosi che il respiro e il battito del suo cuore erano aumentati notevolmente. Senza voltarsi a guardarli, rispose seccamente: -Sto bene.-
Passò un istante di logorante silenzio, in cui i Radurai si osservarono l’un l’altro, nel panico più totale. Nessuno aveva mai nominato l’Eruzione prima d’ora, perché sapevano essere un argomento doloroso e delicato per il biondo, come un tabù. E ovviamente ora che l’avevano fatto non sapevano come comportarsi, vedendo la sua reazione non esattamente buona. D’un tratto sentì delle forti braccia avvolgerlo, e la sua testa ricadde sulla spalla di Thomas, mentre quest’ultimo gli accarezzava i capelli e la schiena per calmarlo, proprio come Newt aveva fatto poche ore prima con lui.
Bastò solo quello a fargli dimenticare tutto, senza parole di conforto senza senso. Solo Tommy.
-Sto bene- ripeté dopo un po’, con sincerità questa volta, accennando un lieve sorriso.
Il bruno gli fece un cenno con la testa, stringendogli una spalla con una mano. Poi raccontò la loro storia, a partire dal Labirinto, fino alla Zona Bruciata e poi alla loro fuga dalla C.A.T.T.I.V.O., omettendo per ovvi motivi la parte in cui Newt era stato quasi spacciato. Nessuno fiatò fino alla fine, e anche dopo ne seguì qualche attimo di silenzio, finché Deaton non prese parola e cominciò a spiegare quello che dovevano fare con Malia. Perché, dopotutto, era quello il motivo principale per cui erano venuti.
Newt avrebbe tanto voluto parlare con Thomas alla fine della discussione, ma ovviamente si affacciarono nuovi imprevisti e, su richiesta del bruno, il ragazzo dovette tornare a casa con i suoi amici con la promessa di Thomas che sarebbe venuto più tardi a casa loro.
Solo che, ovviamente, non la mantenne.
Il giorno seguente si ritrovarono tutti nel bosco, ognuno con il proprio compito da svolgere. Fu snervante, e tutti avevano la vaga impressione di star facendo più male che bene, ma tutto si risolse nel migliore dei modi. Scott riuscì a far tornare Malia umana usando il suo ruggito, Allison fece addormentare il signor Tate con il sonnifero prima che potesse far del male al coyote, e Thomas riuscì a scoprire il mistero della bambola della sorella della ragazza. Dal canto loro, i Radurai fecero ben poco, se non correre a destra e a manca per cercare di capire cosa stesse succedendo, perché d’un tratto tutto era diventato troppo confuso.
Sarebbe stata una bella giornata, piena di adrenalina come piaceva a Newt, se non fosse per ciò che aveva visto: Thomas che abbracciava Lydia dopo averla salvata da una trappola per animali. Una gelosia indescrivibile lo aveva assalito, nel vedere lo sguardo sollevato che lui le lanciava, nel sentire le parole di incoraggiamento della ragazza... se n’era andato dal bosco ed era tornato a casa senza dire una parola a nessuno.
Doveva immaginarlo, comunque. Erano passati due anni, non poteva certo pensare che Thomas provasse ancora qualcosa per lui. Che stupido era stato a credere alle parole di Scott. Che stupido era stato a credere che ci fosse mai stato qualcosa.
Eppure, non riusciva a togliersi il pensiero di quella sera, a Denver, quando tutto sembrava perduto. Voleva parlargliene anche se non aveva più senso, perché voleva chiarire una volta per tutte quello che era successo. Così, appena sentì la porta al piano di sotto chiudersi, sgattaiolò fuori dalla finestra e si calò fino a terra, correndo poi verso casa Stilinski.
Non appena la raggiunse, bussò alla porta senza esitazione. La gamba gli doleva per lo sforzo, ma cercò di ignorarla, e quando il ragazzo aprì la porta lo guardò dritto negli occhi. Ben presto, il sorriso che si era formato sulle labbra del bruno si affievolì, nel vedere l’espressione seria dell’amico.
Il quale disse: -Dobbiamo parlare.- E questa volta non aveva intenzione di rimandare.   

 
   
 
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