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Autore: LadyHeather    15/01/2016    0 recensioni
La libellula, simbolo di leggerezza, libertà e gioia, unita al soldato, ovvero sofferenza, ma anche coraggio e voglia di vivere. Le vite di sei assurdi individui si uniscono creando pericolosi intrecci, ma quale dei due elementi prevarrà? Perché la vita è imprevedibile, fatta di sofferenza, ma a volte anche meravigliosa.
Dal primo capitolo:
"–Comunque dille di portare qualche amica, anch’io ho voglia di conoscere nuove fanciulle!- e fece un occhiolino malizioso
-Lo farò-promise Matt esasperato dalla conversazione. -Ma vi prego, non combinatemi i soliti disastri…- supplicò con aria da martire.
-Matt, tu te li combino da solo i disastri… Non pensi di avere un’età inadatta per fare ancora il timido imbranato con le donne?- infierì Al."
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Matthew Crawford odiava le novità e più ci pensava più QUELLA gli metteva ansia; sì quella. Era all’interno del suo studio medico in attesa di una specializzanda che sarebbe dovuta arrivare di lì a poco, una ragazza di circa venticinque anni con un nome veramente stranissimo, che, manco a dirlo sarebbe stata una superflua gatta da pelare nella sua vita vissuta all’insegna del motto epicureo “rifuggi i turbamenti”.

-Forse è meglio che mi chiami Erin- aveva detto ridendo al telefono quando Matthew aveva sbagliato per la terza volta a pronunciare il suo stupidissimo nome. -La ringrazio signorina Davidson- aveva detto Matthew sollevato. -Il suo nome è davvero…bizzarro!-. –Sì, me lo dicono tutti… Ma i miei genitori sono tipi bizzarri fissati col greco antico!- aveva scherzato. Dopo essersi accordati sugli orari avevano infine riattaccato.

Rimuginando su questo e quello, Matthew, o Matt come lo chiamavano tutti, passeggiò un po’ per il suo studio. Era sua abitudine camminare in tondo quando pensava e a volte marciava per quasi chilometri, ma ciò non sembrava, infatti a 34 anni non aveva un fisico particolarmente atletico. Giusto un po’ di pancia, diceva lui a chi osava insinuarlo. Il suo viso era tondo e regolare, con due penetranti occhi verde bottiglia, capelli corvini e lucenti e un po’ di barba sul mento che “faceva figo”, o almeno così gli aveva assicurato Chris, suo amico dai tempi dell’università, dove lui aveva frequentato la facoltà di Medicina e Chris quella di Economia. Christopher Bentley più che un uomo poteva essere definito una vera forza della natura (o una calamità a seconda dei punti di vista): era un’importante impiegato di una major discografica, si occupava soprattutto di cercare nuove band di talento nel genere rock (si definiva un “talent scout”) e tutto il suo stile, a partire dal modo di vestire agli svariati tatuaggi che aveva sul corpo, ne era piena testimonianza. Erano quasi due giorni che non lo sentiva e decise di chiamarlo. Chris aveva da poco cominciato la separazione legale da sua moglie e Matt, nonostante la sua apparente serenità, temeva qualche crisi latente non ancora manifestata. Rispose al primo squillo.

 -Ehi troglodita, ho inviti per una super-giga-mega festa questo weekend, ti consiglio di venire e portare tutte le persone che puoi… Accidenti, ora che ci penso non l’ho ancora detto a Bertie! Ti saluto, a dopo-.

Matt rimase interdetto con la cornetta in mano. Tipico di Chris non lasciarlo neanche parlare al telefono, era sempre così veloce, impossibile stargli dietro, era un fiume in piena che non conosceva siccità ed ultimamente questa sua caratteristica si era intensificata. Matt temeva che questa iperattività servisse a celare il dolore per le trattative di divorzio, ma Chris ripeteva di “stare meglio senza il peso delle promesse nuziali”. Anche così fosse la vita da single sembrava stava dandogli alla testa e ciò decisamente non faceva per lui, la cui testa era sempre stata già abbastanza calda di suo, senza divorzi a peggiorarla. Si ripropose di trovargli una fidanzata, una donna con la testa al posto giusto… Ripensò alla ragazza-nome-strano che doveva arrivare: lei doveva averla per forza una mente lucida o una delicatissima professione come quella del medico non l’avrebbe di certo intrapresa. Sperava ardentemente fosse così, o sarebbe stato un disastro perché Matt in quel momento aveva davvero bisogno di qualcuno in gamba, l’ultima ragazza era stata una tale delusione: troppa insubordinazione e decisamente poca professionalità, ci aveva perfino provato con lui in tutti i modi possibili. Donne, si disse: sempre a complicarci la vita!

 

-AMANDAAAA! Esci da quel cavolo di bagno, devo andare al mio primo giorno di lavoro oggi, il tuo trucco può aspettare, cazzo!-.
Erin ormai stava strillando da dietro la porta del bagno da circa dieci minuti e quella gallina di Amanda ancora non si decideva ad uscirne. Cominciò a scalciare e, stupita dalla sua stessa forza, riuscì a entrare, proprio come un protagonista figo e palestrato di quegli stupidi film d’azione che Amanda spesso le propinava. Irrompendo nella stanza, l’espressione di compiacimento per la sua insospettata abilità di scassinatrice lasciò il posto a una di stupore non appena vide la testa bionda, boccolosa e perfetta di Amanda far capolino da in mezzo alle sue stesse gambe e, in quel momento, rimpianse amaramente il giorno in cui l’aveva mandata a quel dannato corso di yoga per farle passare quelli che lei chiamava i suoi “bollenti spiriti” e che evidentemente le avevano dato delle assurde abilità da contorsionista. -Che diavolo combini?!- esclamò Erin disgustata. -Ho creduto di aver visto un filo di cellulite nel mio interno coscia!- rispose quest’ultima perfettamente a suo agio e per niente imbarazzata dall’evidente disgusto di Erin. Era tipico di Amanda farsi paranoie per un filo di cellulite, un minuscolo punto nero o una minima doppia punta che vedeva solo lei ed Erin di solito ne rideva e la rassicurava perché, nonostante le sue innumerevoli e fastidiose stranezze e manie le voleva bene, ma quel giorno, date le circostanze, non era proprio in vena ed agì d’istinto in maniera piuttosto diversa dall’usuale.

-TE LA DO IO LA CELLULITE, RAZZA DI IMBECILLE!- ululò e le si lanciò addosso per farle pagare l’imperdonabile torto subìto. L’urlo belluino di Amanda (“MI ROVINI I CAPELLI!”) e le imprecazioni di Erin (“MA COME TI PASSA PER QUELLA TESTACCIA VUOTA DI FARMI ARRIVARE IN RITARDO AL MIO PRIMO GIORNO DI LAVORO, EH?!”) spinsero Denise, comodamente stravaccata sul divano, ad alzarsi per intervenire nell’ennesimo infantilissimo litigio delle sue infantilissime coinquiline, nonché migliori amiche. “Con tutta la gente normale che c’è in giro, perché proprio queste due…” si disse nella sua solita litania mentale di fronte all’immaturità delle sue amiche.

 -Amanda, esci da quel bagno e fai colazione, il digiuno non fa perdere i chili di troppo immaginari; Erin, tu invece di improvvisare lotte libere, preparati e va’ a lavoro- ordinò affacciandosi sulla porta del bagno con la sua calma e il pacifismo innati che la distinguevano e la rendevano sicuramente la ragazza più saggia del gruppo, l’elemento stabilizzante tra due poli opposti quali erano le due wrestlers improvvisate della situazione. Amanda e Erin smisero di darsele come bestiole imbizzarrite dalla cattività ed eseguirono i consigli della loro “mentore”.

Amanda si diresse con Denise in cucina e, al suo solito, cominciò a lamentarsi: -Capisco che è il suo primo giorno ed è agitata, ma non ha nessun diritto di trattarmi così! Insomma! E da quando è un’esperta karateka? Credevo di essere io la fissata del fitness… Accidenti,  guarda come sono ridotti i miei capelli, sono stata ORE ad acconciarli! Ma certo, a lei che gliene frega? Solo perché ha i capelli sempre perfetti, senza neanche curarli particolarmente, si sente in diritto di distruggere il duro lavoro altrui? Gliela faccio pagare…- e continuò così per un po’ tirando su col naso. Denise ridacchiò a vederla seriamente afflitta per quegli stupidi capelli. Per quanto la riguardava i capelli erano semplicemente un ammasso di fibre di cheratina che nascevano dal cuoio capelluto: d’altronde  per un brillante ingegnere come lei la capigliatura era l’ultima delle preoccupazioni. L’evidente espressione derisoria di Denise non scoraggiò però Amanda, che continuava imperterrita il suo monologo: -…e se mi ricapita tra le mani, io…-.

-Non per essere scortese- intervenne Denise interrompendo il flusso di minacce e future rappresaglie della bionda -ma sta per uscire dal bagno e se ti sente blaterare ancora ti agguanta di nuovo e arriverà davvero in un ritardo mostruoso. Inoltre io devo andare e, senza di me finirebbe male…- aggiunse preoccupata alla prospettiva. -Certo, certo, sto zitta- brontolò Amanda di malumore. Sì, perché Erin, benché di norma fosse una tipa tranquilla, se si incavolava diventava un vero peperino. Denise le sorrise e uscì nella speranza che Amanda si comportasse davvero per come aveva appena affermato (cosa che faceva di rado) e di non trovare la casa rasa al suolo al suo ritorno.

 

A causa dell’intoppo con Amanda, Erin uscì correndo e arrivò trafelata nella sala d’aspetto dello studio medico di Matthew Crawford, il suo datore di lavoro. Di lui sapeva che era ancora giovane e che nonostante ciò si era già fatto un nome nel suo campo e lei era onorata, nonché molto curiosa, di specializzarsi nel suo studio e sperava anche di restarci per il suo futuro lavorativo vero e proprio.

-Ergo, non ti mettere in testa di andarci a letto- aveva sentenziato Denise -anche fosse l’uomo più sexy sulla faccia della Terra-.

Entro nell’ufficio con le parole di Denise che gli rimbombavano nella mente e finalmente lo vide. E fu parecchio sollevata. Era alto circa metro e ottanta, capelli neri, occhi verdi gentili, orecchie lievemente a sventola e un fisico non esattamente palestrato: tutto ciò gli conferiva un’aria amabile, quasi da orsacchiotto. Ma non era decisamente l’uomo più sexy del pianeta e neanche il tipo su cui avrebbe fatto di solito fantasie erotiche. La sua carriera non sarebbe stata compromessa da Matthew che ora le stringeva la mano educatamente e le chiedeva di chiamarlo Matt, così gli sorrise rassicurata.

-Bene, spero ti troverai a tuo agio nel nostro studio! Sei proprio una bella ragazza, spero non creerai scompiglio con gli altri dottori e i pazienti- scherzò Matt galantemente per sciogliere la tensione da primo giorno in un ambiente professionale. Ma non scherzava sulla sua bellezza: la donna che si trovava davanti era davvero attraente. Aveva un sorriso seducente, due occhi neri brillanti e un po’ maliziosi e il volto di un ovale perfetto su cui ricadevano lunghi e fluenti capelli di un color mogano scuro. Sotto il vestito elegante e formale, si notava un corpo asciutto e formoso nei punti giusti. Decisamente una tipa ammaliante, si disse Matt, ma quello che le importava era il suo lavoro così cominciò a discutere del suo curriculum e delle ottime referenze ricevute dai professori del suo ateneo.

 

Al termine di quella faticosa giornata lavorativa Matt uscì dallo studio per ultimo com’era solito fare e chiuse la saracinesca perso nei suoi progetti per il giorno seguente. Era talmente distratto in quel momento (non che di norma non lo fosse, era un tipo particolarmente sbadato per ciò che non riguardava il lavoro!) che quasi non si accorse che dal bar di fronte il suo amico Albert si sbracciava attirando la sua attenzione.

-Ehi Bertie!- gli urlò avvicinandosi con il suo solito sorriso benevolo.

–Non ti ci metterai anche tu con quel ridicolo soprannome che mi ha dato quel tornado umano di Chris…- disse l’altro facendosi cupo. La settimana scorsa Matt e Chris erano stati invitati a casa di Albert e quando Chris aveva scoperto che sua madre nonostante il figlio avesse ben 28 anni lo chiamasse ancora con un nomignolo come “Bertie” gli aveva dato il tormento senza sosta. Tipico suo.

-Scusa Al, sono molto stanco e poi gliel’ho sentito dire oggi a telefono…-.

-Non mi dire che ora si mette a usarlo anche quando non ci sono!- esclamò Al inorridito.

-Ehi, lo conosci com’è fatto, no?- sorrise Matt bonario -Ti ha parlato di quella stupida festa?-.

-Oh sì- annuì entusiasta Al scuotendo i suoi capelli castano dorato. -Sarà uno sballo davvero, stavolta non sono solo vaneggiamenti di Chris!-. Chris infatti tendeva a definire tutto uno sballo, anche si fosse trattato del funerale del gatto di sua madre.

-Davvero?- disse Matt colpito, Al infatti non era facile agli entusiasmi come Chris -E io che non volevo venirci… Beh se lo dici tu allora ci faccio un salto… Magari invito anche la mia nuova collega, sapessi che schianto!- mormorò Matt con l’aria di chi la sa lunga.

-Carne fresca eh?- rise Al -Il tuo studio ne aveva bisogno, tra un po’ la Società per Reperti Antichi ne reclamava la potestà!- tipico di Al parlare con toni di avvocato navigato, nonostante era soltanto un paralegale.

-Non esiste la Società per Reperti Antichi, Bertie…- rispose Matt pungente. Era un tipo che teneva molto alle sue cose e il suo staff non era così decrepito come faceva intendere l’amico.

 -Potrei sempre fondarla…- mormorò Al con fare cospiratorio -Hai intenzione di fartela?-.

-Cosa la società?- rispose confuso Matt.

-La ragazza, idiota!- sbuffò Al.

-NO! Che dici, che ti passa per la testa!- si indignò Matt.

-Era solo un’idea, sei in astinenza da un po’!- si strinse nelle spalle e Matt fece un mormorio di disapprovazione. –Comunque dille di portare qualche amica, anch’io ho voglia di conoscere nuove fanciulle!- e fece un occhiolino malizioso

-Lo farò-promise Matt esasperato dalla conversazione. -Ma vi prego, non combinatemi i soliti disastri…- supplicò con aria da martire.

-Matt, tu te li combino da solo i disastri… Non pensi di avere un’età inadatta per fare ancora il timido imbranato con le donne?- infierì Al.

-Chiudi il becco, dongiovanni dei miei stivali- brontolò Matt, senza però riuscire a trovare una replica migliore.

SALVE A TUTTI! Questa è la prima storia che pubblico, non sono una grande scrittrice ma ho molte idee per questa storia che sperò di portare avanti! Se qualcuno volesse lasciarmi una recensione e vuole continuare a leggere le mie idiozie sarei molto felice! Un bacione, Lady Heather
   
 
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