Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Natalja_Aljona    15/01/2016    0 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Buon pomeriggio a tutti :)

Sono passati tre mesi dal mio ultimo aggiornamento e mi scuso tantissimo, ma finalmente sono riuscita a concludere questo capitolo e spero che in qualche modo sia valso l'attesa.

Prima di lasciarvi alla lettura volevo consigliarvi un video che è praticamente la sintesi musicale di questo 123, questa esibizione in particolare, per il testo, l'interpretazione e l'atmosfera...

Saltate pure la presentazione iniziale e la breve intervista alla fine, che di fatto c'entrano poco con il capitolo ;)

Bon Jovi - Lie To Me, 1995


Grazie per il supporto e per la pazienza!

A presto! :)
Marty


Citazioni titolo:
When I cut you off, did I cut myself with the same damn knife? - Hearts Breaking Even, Bon Jovi.
Don't worry about me, I'll get along: Open All Night, Bon Jovi.


Centoventitré

When I cut you off, did I cut myself with the same damn knife?

Quando ho tagliato i ponti con te mi sono tagliato con lo stesso dannato coltello?

Don't worry about me, I'll get along

Non preoccuparti per me, me la caverò


Girls comb their hair in rearview mirrors
And the boys try to look so hard


Le ragazze si pettinano i capelli guardandosi negli specchietti retrovisori

E i ragazzi cercano di sembrare dei duri

(Born To Run, Bruce Springsteen)


[...]


I see you looking over your shoulder
Tell me who do you think's out there
You're reaching for your four leaf clover
But baby, there ain't no luck down there
I swear that there's no heart in this city
It's here the slogan reads "Do your time"

Everybody's doing their sentence
It's just there ain't nobody here
Who knows just what's the crime
I watched my father live a lie here
I'd rather die than fade away
I read the rules
And yeah, I know them
Still you ain't ever gonna
Make me play the game of
Fear


Ti vedo guardarti alle spalle

Dimmi chi pensi che ci sia qui fuori

Stai cercando di raggiungere il tuo quadrifoglio

Ma tesoro, non c'è nessuna fortuna qui giù

Giuro che non c'è un cuore in questa città

Qui sullo slogan si legge "Vivi la tua vita"

Tutti stanno scontando la loro condanna

È solo che non c'è nessuno qui

Che sappia quale sia il crimine

Ho guardato mio padre vivere una bugia qui

Preferirei morire che scomparire

Ho letto le regole

E sì, le conosco

Ma nonostante questo non mi farai mai

Stare al gioco

Della paura

(Fear, Bon Jovi)


Nostal'hiya non era esattamente un quartiere in cui si conoscevano tutti.

C'era la Dostoevskij Prospekt, la via principale, su cui sorgeva il Ginnasio, l'unica scuola del sobborgo, e ad essa affluiva un intrico di vicoletti che occupavano lo spazio che trovavano, disastrato come lo trovavano, dove la neve e la strada erano una cosa sola e il cielo e i marciapiedi avevano lo stesso colore.

Non c'era poesia, a Nostal'hiya, forse non aveva nemmeno un cuore, Nostal'hiya.

Ognuno dei suoi abitanti scontava lì la sua condanna, ma nessuno sapeva veramente quale fosse il suo crimine.

Più che altro, Nostal'hiya era un quartiere di leggende.

Era difficile avere un cuore, per chi nasceva in quelle strade, ma qualcuno ci riusciva, ed era in assoluto la cosa più reale di Nostal'hiya.

A Svetlana non importava delle condanne né delle leggende, non le era mai importato.

Non le importava dell'eroismo né della musica, di niente di quello che aveva infuso il fuoco nelle anime dei Nostal'hičnyy, non aveva un rapporto viscerale con il suo quartiere, né nel bene né nel male, né un amore accecante né un odio lacerante.

Eppure tutto ciò che era Nostal'hiya lei ce l'aveva dentro, e questo è l'inizio della storia.

C'erano le leggende, la paura, la disperazione, la fiducia...

E in quell'ambiente era nata Svetlana Viktorovna Korš, che non voleva farsi influenzare.

No, lei voleva la sua vita, la voleva come le ragazze di Leninskij, di Kalininskij e di Oktjabr'skij, e non ne voleva una diversa.

Era nata a Nostal'hiya, e sì, aveva conosciuto Lev Puškin, ma non era certo stata un'esperienza trascendentale...

Erano altre, dove viveva lei, le esperienza trascendentali.

Aveva fatto merenda chissà quante volte nella cucina di Anatol' Bezuchov, con il thè preparato dallo stesso Anatol' Bezuchov, e incredibilmente non le aveva cambiato la vita.

Quello che realmente le avrebbe cambiato la vita, e in meglio, sarebbe stato riuscire a ridurlo a perfetta immagine e somiglianza di un'inoffensiva bustina di чёрный чай (chyornyy chay, thè nero).

Le leggende di Nostal'hiya, e soprattutto, non parliamone, gli uomini leggendari di Nostal'hiya, per Svetlana erano delle grandi rotture di scatole.

La sua famiglia, invece...

Oh, beh, a volte lo era anche quella, ma la sua famiglia era un'altra cosa.

Non sapeva bene come spiegarlo, lei non aveva canzoni per farlo...

Ma Emilija, Arina e Viktor Korš erano speciali quanto le leggende di Nostal'hiya, solo un po' meno fulminati.

Di Arina, Emilija e Svetlana in Casa Korš si parlava come di una triade.

Non perché lo fossero a tutti gli effetti, Svet non nascondeva a nessuno che si sarebbe schierata sempre con il suo papà, anche perché quelle due, sua madre e sua sorella, erano fin troppo intelligenti per i suoi gusti, due maledetti geni dell'informatica...

Ma nonostante questo, Arina, Emilija e Svetlana erano pressoché identiche.

Arina aveva la serica chioma castana raccolta e fermata da uno spillone di madreperla che nessuna delle sue figlie -che erano solo due, ma considerevolmente testarde- era mai riuscita a farsi prestare nemmeno per cinque minuti, Emilija sfoggiava quasi sempre una lunga treccia assolutamente impeccabile, mentre Svet preferiva tenere i capelli sciolti, pettinati distrattamente il mattino prima di uscire e poi lasciati al caso, irriverenti come lei.

Svet, inoltre, ricordava con un certo raccapriccio il giorno in cui sua madre aveva cercato di insegnarle a truccarsi.

L'indimenticabile sensazione di avere mezzo tubetto di eyeliner liquido sulla fronte e la sua decisione, successivamente blandita dalle preghiere dei suoi genitori e specialmente di suo padre, l'unico essere umano che avesse un minimo di influenza su di lei, di farsi adottare da Lyudmila e Sergej Dostoevskij.

In realtà, a farla desistere definitivamente era stata una cosa sola: non aveva nessuna intenzione di vivere con Aljona.

Lyudmila Dostoevskaja era, insieme ad Ani Lorak, il suo modello.

Si vestiva benissimo, si truccava benissimo ed era affascinante e spigliata come aspirava a diventare lei.

Aveva sposato un bel ragazzo che non creava problemi, a differenza della maggior parte dei ragazzi di Nostal'hiya, ed era una donna di successo.

Aveva un unico difetto: la sua secondogenita.

Ma si poteva superare.

Si poteva sopprimere.

Non che la sua primogenita fosse molto meglio, a voler essere pignoli, anzi, ma quella grazie al cielo non ce l'aveva fra i piedi ogni giorno.

In realtà, Lyudmila e Sergej erano fantastici, ma non avrebbero dovuto riprodursi.

Svetlana voleva un ragazzo con meno capelli e neuroni bruciati di Lev e Anatol', non un eroe di Wembley e nemmeno un Cosacco.

Lei avrebbe voluto essere un Cosacco.

Sposarne uno era fuori discussione.

Perfino sua sorella era riuscita a trovarsi un ragazzo normale.

Non se lo sarebbe aspettata da Emilija, a dir la verità, eppure un giorno le aveva presentato Roman e Svet non era riuscita a trovargli niente da obiettare.

Non era gelosa di Em, si fidava di lei.

Era tanto intelligente, non era il tipo da trascurare sua sorella per il fidanzato né il fidanzato per la sorella.

A volte a Nostal'hiya succedevano cose strane, come per esempio che nascesse una ragazza equilibrata come Emilija Viktorovna Korš, che era un genio ma non lo ostentava, era bella ma sostanzialmente se ne fregava, non squadrava tutti come una certa Ekaterina Sergeevna che le dava sui nervi come poche al mondo -seriamente, Lyudmila e Sergej non avrebbero potuto accontentarsi di un amore platonico?-, ed era perfino vera.
Svet ne aveva avuto la certezza una volta che era saltata la corrente ed Em aveva continuato a respirare, parlare e camminare.
Le voleva bene, doveva ammetterlo.

Era stata abbastanza fortunata.

A volte aveva l'inquietante tendenza a pensare che lo fosse stata anche con le amiche, ma poi le guardava, Aljona e Khadija, e scuoteva la testa.

Era stato solo un momento.

Dopo spostava lo sguardo su quel disagiato sociale del suo compagno di banco, quello scricciolo indifeso di Pavel Čechov, e non sapeva spiegarsi perché, ma voleva bene anche a lui, e pure tanto.

Le altre ragazze un pochino la temevano, Svetlana, perché sembrava sempre così sicura di sé e così impietosa con tutti, ma Svet di base non dava fastidio a nessuno.

Dio, che bisogno ce n'era, c'era già Aljona per quello!

Di sicuro non era quel genere di persona che, se una determinata situazione la portava a pensare qualcosa di poco carino su qualcuno, o peggio ancora qualcosa che potesse massacrare brutalmente o quantomeno mortificare e stordire a lungo termine l'autostima del suo interlocutore, decideva di tenerlo per sé.

Quando mai?

Non era una che dosava le parole, Svet.

Al non dosava i capelli, Anatol' non dosava le citazioni, Vasilij non dosava la paranoia e Khadija non dosava la sua formula di "ragazza bella, intelligente e gentile eppure non geneticamente modificata" e Svet non dosava le parole.

Le sembrava un buon compromesso.

Un brutto giorno avrebbe conosciuto Lev, che non dosava proprio niente e aveva l'irreparabile difetto di esistere, quindi guai a chi si azzardasse ad avanzarle una critica.

La differenza principale stava fra le persone che Svetlana insultava anche se voleva loro bene e quelle che invece insultava e basta, che erano nettamente la maggioranza.

Naturalmente, Svetlana se ne fregava.


When she walks in the room, every eye in the place
Turns to follow her every move
She's arrived on the scene in her diamonds and jeans
World class, she's got nothing to prove
It takes a long time to know her, she gives it up a little at a time

She's gettin' what she wants
She's a popular girl


Quando lei entra nella stanza, ogni sguardo

Si volta per seguirla in ogni movimento

Lei è arrivata sulla scena con i suoi diamanti e jeans

Di classe mondiale, lei non ha niente da dimostrare

Ci vuole molto tempo per conoscerla, lei dà un po' alla volta


Lei ottiene sempre quello che vuole

Lei è una ragazza popolare

(Popular Girl, Survivor)


Sua madre era un tesoro, questo era assolutamente innegabile.

Arina Georgievna Nečaeva, nata a Novosibirsk il 7 ottobre 1974, non aveva mai imparato ad usare l'eyeliner liquido e aveva un bruttissimo rapporto con i cosmetici in generale, ma sapeva fare qualsiasi cosa con qualsiasi dispositivo elettronico.

Prevedibilmente, quindi, odiava i viaggi aerei, durante i quali arrivava ad elaborare cose sconsigliabili come progetti per computerizzare le sue figlie.

Oh, quanto sarebbe stato fantastico resettare Svetlana!

E perché non installare una bella connessione bluetooth ad Emilija?

Non sapeva esattamente a cosa le sarebbero servite -ma di fatto non sapeva a cosa le servissero Svetlana ed Emilija in generale-, ma le sembrava così carino...

Il resto del viaggio di solito lo trascorreva a cercare di convincersi che Svet non la guardava come se fosse stata una povera mentecatta e menomata mentale, era solo una sua sensazione.

Era lo sguardo standard di Svet.

Non che questo fosse molto più rassicurante, in effetti.

L'unico di cui non avrebbe cambiato proprio niente, anche a costo di sembrare più romantica di quanto fosse richiesto a una devota discepola di Bill Gates, era Viktor.

Ma a questo punto sarebbe opportuno partire davvero dall'inizio.


Novosibirsk, 29 aprile 1989


And the sidewalk soldiers sing the midnite blues
While the old men recite their story lines
About when I was young like you


E i soldati sul marciapiede cantano il blues di mezzanotte

Mentre gli uomini raccontano le loro storie

Di quando ero giovane come te

(Wild In The Streets, Bon Jovi)


[...]


Man, I ain't getting nowhere

I'm just livin' in a dump like this

There's something happening somewhere

Baby, I just know that there is


Stay on the streets of this town and they'll be carving you up alright

They say you got to stay hungry

Hey, baby, I'm just about starving tonight

I'm dying for some action


Signore, non sto andando da nessuna parte

Sto semplicemente vivendo in una discarica come questa

Sta succedendo qualcosa da qualche parte

Tesoro, so soltanto che è così


Rimani nelle strade di questa città e loro si spartiranno per bene i tuoi resti

Dicono che devi restare affamato

Ehi, tesoro, sto morendo di fame stanotte

Morirei per un po' di azione

(Dancing In The Dark, Bruce Springsteen)


Era il 29 aprile 1989, quando l'aveva, se così si poteva dire, conosciuto.

Stanislav Andreevič Baškov, il suo migliore amico da quando era piccola, neanche allora, a quindici anni, incoraggiava gli altri ad avvicinarsi a lui, ma Arina non ci aveva mai fatto caso, perché loro erano sempre stati insieme.

Stas aveva una massa arruffata di capelli castani ricci piuttosto lunghi, ma del resto era il 1989 anche a Nostal'hiya, e occhi verde scuro dal taglio sottile.

Era alto per la sua età, più alto di tutti i suoi coetanei, magro ma non esile, e anche se di fatto passava i pomeriggi a fumare una sigaretta dopo l'altra appoggiato al corrimano della scalinata davanti al Ginnasio, parlava solo per chiamare Arina e sorrideva ancora più raramente, era molto più riflessivo e meno scapestrato di quello che poteva sembrare.

Semplicemente un ragazzino estremamente meditativo che non amava condividere i suoi pensieri, le sue aspettative che nemmeno lui stesso sapeva spiegare con chiarezza, ma c'erano e non seguivano la stessa direzione dell'Unione Sovietica, perché nel mondo stava succedendo qualcosa e lui da lì non riusciva a vederlo bene, da Novosibirsk non sarebbe riuscito a raggiungerlo.

Era un ragazzo strano, Stanislav, che passava tanto tempo a pensare al progresso e poi si sarebbe arruolato nei Cosacchi, perché come tutti i ragazzi russi nati e cresciuti nell'URSS sarebbe stato tagliato fuori, voleva vedere oltre ma apparteneva al passato.

Arina era un po' come lui, anche lei sentiva il futuro, e anche quando lui non parlava lo capiva, non era così facile per gli altri ammettere che mancava loro qualcosa, che non sapevano con esattezza cosa ma glielo stavano portando via, ma Stas l'aveva ammesso e faceva male.

-Arina, dobbiamo fare qualcosa... Dobbiamo fare qualcosa quest'anno, perché il prossimo è il 1990 e noi sappiamo la metà di quello che sanno qua fuori, e qui non può durare... Non può durare quello che abbiamo. E tu... Cosa diavolo stai guardando?-

Stas aveva alzato lo sguardo sull'amica, stizzito, perché Arina aveva evidentemente la testa da un'altra parte, gli occhi da un'altra parte.

E più precisamente sul biondino della 10B, come si chiamava, Vladimir, Vadim, Varlam...

No, Viktor.

Viktor.

Bah.

-Niente. No, vabbé, è carino, no?-

-Scusami? Lo chiedi a me? Ma lo vedi come porta i capelli? Ѐ il 1989, in America e in Inghilterra li portano lunghi, i Rolling Stones è una vita che li portano lunghi... Lui è anacronistico, e poi non è nemmeno simpatico. Insomma, è della B! Nella B si ammazzano per i voti e si tagliano i capelli!-

-Sì, beh, ma appunto... Non sarà al passo con i tempi, però è carino-

-Oh, non è questo... Neanche noi siamo al passo con i tempi. Ma lui non ci prova neanche, anche se ha un anno in più di noi-

-Perché non porta i capelli lunghi? Seriamente, Stanislav?-

-Non chiamarmi Stanislav. Gli altri mi chiamano Stanislav, tu no, non devi. E poi, Khristos, non mi riferivo ai capelli... Sai cosa me ne frega dei suoi capelli. Vadim secondo me è uno che non si fa domande. Che si accontenta e basta-

-Vadim? Chi è Vadim?-

-Quello della B-

-Non si fa domande?-

-No-

-Eppure...-

-Scusa, tu come fai sapere come si chiama?-

-Non lo so, tu hai detto Vadim, ma mi sembrava strano...-

-Ah, non lo sai-

-Perché, tu sì?-

-Una volta ho sentito che lo chiamavano-

-E come si chiama, allora?-

-Vai a chiederglielo-

-Certo che sei un bastardo, Stanislav-

-Non chiamarmi...

-No. Non ti chiamo-

-Khristos, Arina...-

-Ma se non lo sai nemmeno tu, cosa vuoi fare! Ti fai tutte le tue belle domande, ma non le sai nemmeno tu, le risposte!-

-Mi pare si chiami Viktor-

-Ma cosa me ne frega... Oh. Viktor-

-Già-

Stas le rivolse un sorriso amaro, spense la sua ultima sigaretta e la gettò nel cestino.

Poi se ne andò senza salutarla, perché quel giorno nemmeno lei lo capiva.

Erano davanti al Ginnasio come tutti i pomeriggi, le lezioni erano finite alle due e loro erano rimasti lì a parlare come facevano la maggior parte degli studenti dell'Emel'jan Pugačëv per almeno mezz'ora al giorno prima di tornare a casa a fare i compiti.

Lui aveva parcheggiato il motorino poco lontano, eppure in quel momento si diresse nella direzione opposta.

-Quartiere di squilibrati da ricovero, Nostal'hiya...- borbottò Arina al vento, rimasta sola a guardare il mozzicone di sigaretta di Stas spento nel cestino.

Chissà chi si credeva di essere, quello...

Perché Stas non era innamorato di lei, non era geloso di lei e nemmeno di quello della B, anche se ad occhi più ingenui sarebbe potuto sembrare.

Stas era inquieto e basta, sempre, da sempre.

E in quel momento stava parlando con Viktor.


Growing up today
There's many mountains you must climb
You're not the only one
'Cause everybody's on that line
Hey, mister know it all
What do you recommend?
You think you know the answers
But the questions never end


Born outta passion
To a world gone cold
Ya wear it on your shoulders
It's a heavy, heavy load, I know
Love and its emotions
Come knocking at your door
Young hearts will be broken
And time's the only cure


Crescendo in questi tempi

Ci sono molte montagne che devi scalare

Non sei l'unico

Perché tutti sono in gioco

Ehi, Signore che sa tutto

Tu cosa consigli?

Pensi di conoscere le risposte

Ma le domande non finiscono mai


Nato dalla passione

In un mondo diventato freddo

Lo porti sulle tue spalle

È un pesante, pesante carico, lo so

L'amore e le sue emozioni

Vengono a bussare alla tua porta

I cuori giovani saranno infranti

E il tempo è l'unica cura

(Ballad Of Youth, Richie Sambora)


[...]


Your high school picture when you had wild hair
That stormy day on the beach that got us here

Oh, you better believe


Oh, how my smile fades and my heart just breaks
Every time you go away


And if someday some new memory comes along
Lookin' shiny new, feelin' really strong
You can tell him that I'll tell him, he can just move on
I'm a fighter, I've been fightin' for you all night long


La tua foto del liceo di quando avevi capelli indomabili

Quel giorno di tempesta sulla spiaggia che ci ha portati qui

Oh, faresti meglio a credere


Oh, come il mio sorriso svanisce e il mio cuore semplicemente si spezza

Ogni volta che tu vai via


E se un giorno ti torna in mente qualche nuovo ricordo

Che sembra nuovo fiammante, che senti veramente forte

Puoi dire a lui che glielo dirò io, può anche andarsene

Sono un combattente, ho combatutto per te tutta la notte

(It's Just Me, Jon Bon Jovi)


-Te l'avevo detto, io te l'avevo detto. Hai continuato a guardare la ragazza di Stanislav Baškov e adesso... Auguri-

-Sì, vabbé, Vanja, adesso non esagerare. L'avrò guardata per tre secondi, arrotondando per eccesso forse forse tre minuti, e poi non sta necessariamente venendo a spaccarmi la faccia... Certo, ha lo sguardo di uno che sta per farlo e anche con una certa soddisfazione, ma probabilmente è il suo sguardo standard. Non è mai stato un tipo amichevole, Baškov. È più il tipo che ti fa a brandelli e poi sputa sul tuo cadavere, se proprio vogliamo andare a sensazioni. Sarà che è un Cosacco, e i Cosacchi hanno un po' tutti quest'aria da personcine che sarebbero ben felici di sbriciolarti l'osso del collo con una naturalezza disarmante-

Ragazzo fin troppo speculativo, come sostenevano molti dei suoi professori, Viktor Michajlovič Korš non avrebbe mai dimenticato la frequenza del verbo impiccare nella Storia di Pugačëv di Puškin.

D'altra parte, però, bisognava anche dire che non erano molti i sedicenni che avevano letto Storia di Pugačëv di Puškin, ed erano ancora meno i sedicenni che avevano letto Storia di Pugačëv di Puškin e poi avevano letto qualcos'altro di Puškin.

-E questo ti sembra rassicurante?-

-No, ma davvero... Stai tranquillo. Poi tu non c'entri, no?-

-Ormai mi ha visto parlare con te-

-Ivan, ma a te sembra normale avere paura di uno del nono anno? Di un quindicenne?-

-Secondo me sì, dipende dal quindicenne. E Stanislav Baškov, che tra parentesi è nato il 16 gennaio 1974, quindi ora come ora ha quindici anni e tre mesi... Khristos, arriva-

Viktor preferiva non sapere come facesse Ivan a conoscere l'esatta data di nascita di Stanislav Baškov, ma del resto non c'era neanche molto di cui sorprendersi, dato che Vanja faceva sempre in modo di sapere tutto sulle cose che gli facevano paura, motivo per cui aveva una cultura inestimabile su qualunque sorta di catastrofe.

-Guarda, c'è Nadija! Vai a salutare lei, no?-

-Ma se poi Baškov se la prende anche con lei?-

-Ma se invece volesse solo chiedermi un fazzoletto?-

-Non ho mai visto Stanislav Baškov soffiarsi il naso... Ora che ci penso, non ho mai visto un Cosacco soffiarsi il naso. Non escludo che lo facciano anche loro, eh. Solo che io non li ho mai visti-

-Dio se metti ansia...-

-Non ansia, Viktor. Angoscia. Questa è la parola d'ordine. Ricordati che l'angoscia è il tratto caratteristico dell'esistenza umana-

-Appunto. Fra te e Kierkegaard...-

-C'è Schopenhauer. Non farmelo citare. No, aspetta, ora giuro che vado da Nadija, ma la vita è una costante oscillazione fra dolore e noia, e stando alle mie sensazioni questo è il momento del dolore-

-È un pochino pessimista, il tuo amico, no?-

Viktor era rimasto a guardare Ivan che, abbandonate le sue funeree citazioni filosofiche, ora stava baciando la sua Nadežda in quello che Arthur Schopenhauer avrebbe senz'altro definito un momento di illusoria felicità.

In quel momento, però, Stanislav Baškov l'aveva finalmente -oddio, dipende dai punti di vista- raggiunto e Viktor era saltato in aria.

-Cosa?!-

-Il tuo amico. Pessimista. No?- ripeté Baškov, con uno sfoggio di ermetismo che gli diede i brividi.

-È Ivan Čechov, che pretendi?-

-Ora sembra decisamente più rilassato-

Stas aveva seguito lo sguardo di Viktor, e in effetti Ivan stava ancora baciando Nadežda.

Chissà se respiravano.

Per essere solo un momento di illusoria felicità, stava durando parecchio.

-Quella è Nadežda Kerenskaja della 9B, la sua fidanzata. Ma lei non c'entra niente-

-Con cosa?-

Dio, e se Stanislav Baškov fosse stato davvero un folle vendicativo?

Viktor gli aveva appena detto anche la classe di Nadija!

-Con... Con i filosofi antihegeliani, diciamo. Ti serve un fazzoletto?-

-No, grazie. Viktor, giusto?-

-Viktor, già-

-Chissà perché pensavo Vadim-

-Già, chissà perché-

Cosa diavolo voleva da lui?

-Come va?-

-Oh, beh... Bene, grazie. Tu?-

Quella situazione aveva del surreale, altroché.

Ma per quanto ne sapeva Viktor, i Cosacchi erano decisamente più diretti, quando volevano uccidere qualcuno.

-Sembri inquieto-
Per caso faceva dell'ironia, il quindicenne?

-Angosciato, semmai. Grazie ad Ivan-

-Il tuo amico pessimista?-

-Il mio amico kirkegaardiano-

-Scusa?-

-Søren Kierkegaard, il filosofo. Non so te, ma io lo trovo piuttosto divertente-

-Divertente?-

-Ma sì, uno che scrive "Impiccati, te ne pentirai. Non impiccarti, te ne pentirai ancora. O che t'impicchi o che non t'impicchi, te ne pentirai in ogni caso"... Se non lo prendi sul ridire t'impicchi davvero, no?-

-In effetti...-

-È l'Aut-Aut, hai presente?-

-L'Aut che?-

-È sempre Kierkegaard-

-Oh, certo. I filosofi sono sempre stati bravi a complicarsi le cose da soli-

-Anch'io lo sono, certe volte- ammise Viktor, e Stas gli rivolse uno sguardo ancora più penetrante.

-Quindi ti fai domande?-

-Beh, magari ho rinunciato ad interrogarmi sulla conoscibilità del noumeno, ma devo dire che mi piace farmi domande-

-Bravo. Continua a fartele, allora. Ci si vede-

Bah.

Un filosofo.

Con Arina?

Figuriamoci!

Uno che trovava Kierkegaard divertente, poi...

-Ah, senti- aggiunse Stas, voltandosi. -Non so cosa ti abbia detto Kierkegaard al riguardo, ma Arina non è la mia ragazza né lo diventerà. Come dicevi, prima? Quella storia dell'Autcoso. Provaci con lei, te ne pentirai. Non provarci, te ne pentirai ancora. In tutta onestà io non ti conosco, ma ho la sensazione che lei se ne pentirà in ogni caso. Ora ti lascio all'angoscia. Divertiti-


But I've got this bracelet, I've got this ID

That the people down at county gave me


I know you think I'm special, hear it all the time

You don't have to V.I.P. me, I'm a regular guy


Ma ho questo braccialetto, ho questo ID

Che mi ha dato la gente già nella contea


So che tu pensi che io sia speciale, lo senti dire ogni volta

Non devi considerarmi una celebrità, sono un ragazzo normale

(I Talk To Jesus, Jon Bon Jovi)


[...]


The dogs on main street howl 'cause they understand
If I could take one moment into my hands
Mister, I ain't a boy, no, I'm a man
And I believe in a promised land


I cani sulla strada principale abbaiano perché capiscono

Se potessi stringere un momento di questo tempo fra le mie mani

Signore, io non sono un ragazzo, no, sono un uomo
E credo in una terra promessa

(The Promised Land, Bruce Springsteen)


Quando Stanislav se n'era andato, Viktor si era cautamente voltato a guardare Arina, perché per quanto fosse rischioso contemplare di nascosto la migliore amica di un Cosacco non riusciva davvero a resistere.
Lo fece e concluse che forse Stanislav non era innamorato di lei, ma sicuramente Arina lo era di lui.

E Stanislav Andreevič Baškov era uno psicopatico.

Ivan non sarebbe stato d'accordo, ma quella volta Viktor era costretto a contraddire Kierkegaard.

Fidati di un Cosacco, te ne pentirai.
Non fidarti di un Cosacco, non te ne pentirai.

Improvvisamente, però, Arina si diresse verso di lui.
Verso di lui?
Tranquillo, Vik, è un'allucinazione.
Cerca di tornare nel tuo stato naturale di angoscia costante.
Chi non sente l'angoscia cade nella perdizione.

Chi non sente l'angoscia non è nemmeno umano.
Eppure Arina lo raggiunse, non lo degnò di uno sguardo, ma gli pestò un piede.
Quando si accorse dell'ostacolo si voltò, infastidita, e a Viktor venne spontaneo scusarsi.
Scusarsi di avere messo il piede sotto il suo.
Di avere un piede, anzi, addirittura due.
Di non essere un airone.

Lei gli lanciò un'occhiata perplessa, poi scosse la testa e si allontanò.
Bah.
Era solo una smorfiosa.

-Vai, vai, Regina Olsen- borbottò Vik, citando la ragazza con cui Kierkegaard aveva rotto il fidanzamento senza nessun motivo apparente, e Arina si girò di nuovo, ancora più confusa, per poi affrettare il passo.
Stava andando da Stanislav, ovviamente.

Viktor richiamò alla mente la concezione dell'amore di Schopenhauer.
L'uomo e la donna sono solo due infelicità che si uniscono per rendersi ulteriormente infelici e creare una terza infelicità.
Quindi, in sintesi, Arina non faceva per lui.
Anche se lui, onestamente, non aveva mai condiviso le idee di Schopenhauer.
Vanja stava con Nadija e non era infelice, anzi.
Anche se di fatto passavano tutto il tempo a baciarsi, quindi non aveva idea di come sarebbe stato un dialogo fra di loro se si fossero effettivamente parlati.
In ogni caso, Ivan era pessimista, ma non era infelice.
Viktor, invece, era solo...
Angosciato.


I was walking on a wire
Looking down, there was no net
Now I'm standing at your door
Me and my last cigarette, oh

Yeah, we've been through this before
Too late to cover up my tracks
Damn the fool who begs for more
I'll take my past and paint it black


Stavo camminando su un filo

Guardando giù, non c'era nessuna rete

Ora sono davanti alla tua porta

Io e la mia ultima sigaretta, oh


Sì, ci siamo già passati

È troppo tardi per coprire le mie tracce

Maledizione allo stupido che implora per avere di più

Prenderò il mio passato e lo dipingerò di nero

(Learning How To Fall, Jon Bon Jovi)


[...]


I'll be there to hold you by the hand
When you need someone to walk you home
You know that I'll be there to understand
When you call me on the phone


I swear each word is true
There's only one thing I wouldn't do
I ain't gonna love you
I ain't gonna love you


Nobody wants you like I want you
Nobody needs you like I need you


I'd do most anything, it's true, but I ain't gonna love you, I ain't gonna love you

Because I love you


Sarò qui a tenerti per mano

Quando avrai bisogno di qualcuno che ti porti a casa

Sai che sarò qui per capirti

Quando mi chiamerai al telefono


Giuro che ogni parola è vera

C'è solo una cosa che non farò

Non ti amerò

Non ti amerò


Nessuno ti vuole come ti voglio io

Nessuno ha bisogno di te come io ho bisogno di te


Farei praticamente qualsiasi cosa per te, è vero, ma non ti amerò, non ti amerò


Perché ti amo

(Letter To A Friend, Bon Jovi)


Stanislav stava per salire sul suo motorino, quando Arina lo affiancò con una determinazione che non prometteva nulla di buono.

-Mi porti a casa?-

-Ma vorrai scherzare...- borbottò il giovane Cosacco, ancora imbronciato.

-Dai, Stas...-

Arina gli diede un bacio su una guancia, gli scompigliò scherzosamente i folti ricci castani e aspettò la risposta del ragazzo con aria già vittoriosa.

Una smorfiosa, appunto.

-Che palle, Arina...- sbuffò Stanislav, porgendole il casco.

Estrasse una sigaretta dal pacchetto che teneva in una tasca dei jeans strappati, la accese e aspirò una boccata, dopodiché gliela passò.

-Sali- le intimò, ormai rassegnato.

Viktor li guardò partire con aria sempre più cupa.

Lui non fumava, non aveva un motorino ed era appassionato di filosofi fin troppo pessimisti, ma pur sempre meno di Ivan Čechov.

Arina, come avrebbe sostenuto Hegel, era solo un accidente.


You know we both sold our souls

We're just growing old in this sleepy, dead-end town


Baby, we both been running uphill for too long

We both settled for something, got nothing

And we both know that it's wrong

Go on, admit it, if we lived it

I'm leaving, get your boots and come on

I've got my coat and my keys

I need you next to me then I'm gone, come on


When these wheels spin, baby, they can all eat our dust

As far as I'm concerned, this whole town lost its nuts

We won't be here when they put us down

It's our big chance, I'm calling you now

They'll never let us go unless we try

I'm tired of living just to die

We're getting out of here, destination anywhere


Sai che entrambi abbiamo venduto le nostre anime

Stiamo solo invecchiando in questa sonnolentà città-vicolo cieco


Tesoro, entrambi abbiamo corso in salita per troppo tempo

Entrambi ci siamo accontentati di qualcosa, non abbiamo ottenuto niente

Ed entrambi sappiamo che è sbagliato

Dai, ammettilo, se l'abbiamo vissuto

Me ne sto andando, metti i tuoi stivali e vieni

Ho il mio cappotto e le mie chiavi

Ho bisogno di te accanto a me e poi sarò andato, andiamo


Quando queste ruote girano, tesoro, tutti loro possono mangiare la nostra polvere

Per quanto mi riguarda, questa intera città ha perso il suo coraggio

Non saremo qui quando ci butteranno giù

È la nostra grande occasione, ti sto chiamando adesso

Non ci lasceranno mai andare se non ci proviamo

Sono stanco di vivere solo per morire

Stiamo andando via da qui, destinazione ovunque

(Destination Anywhere, Jon Bon Jovi)


Novosibirsk, 2013


Like the moth dances with the light
Sometimes a shadow that burns too bright
Shattered silence in the night
You wake up, move on

Time's a train traveling way too fast
Tearing moments from the past
While today's singing yesterday's songs
Growing up, holding on


Come la falena danza con la luce

A volte un'ombra che brucia troppo luminosa

Silenzio distrutto nella notte

Tu ti svegli, vai avanti


Il tempo è un treno che viaggia troppo velocemente

Straziando momenti del passato

Mentre l'oggi canta le canzoni di ieri

Crescere, resistere

(Seven Years Gone, Richie Sambora)


Stanislav avrebbe tanto voluto sapere cosa volevano ancora da lui.

Erano passati ventiquattro anni, Viktor aveva sposato Arina, l'aveva sposata mentre lui era ad Omsk a fare il servizio militare, nel 1992, e mentre i Bon Jovi alla radio cantavano Keep The Faith lui la fede l'aveva persa.

Ma cosa importava, Viktor Korš e Ivan Čechov erano due bravi ragazzi, era quasi impossibile trovare un motivo per odiarli, eppure a lui era sempre venuto sorprendentemente facile.

Ivan in realtà non gli aveva fatto niente, ma in quei ventiquattro anni non era riuscito a ridimensionare del tutto la soggezione che provava nei confronti di Stas dai tempi del Ginnasio e ancora adesso lo guardava con un misto di sospetto e timore che faceva semplicemente saltare i nervi al Cosacco.

Stanislav, dal canto suo, non aveva fatto granché per scrollarsi di dosso l'immagine e il ricordo del quindicenne che era stato nel 1989.

I capelli ribelli, lo sguardo penetrante, l'aria trasandata e menefreghista, anche se la verità era che non esisteva, in tutta Nostal'hiya, una persona a cui importasse più di lui.

Che fosse un tipo strano lo sapevano tutti, ma a Nostal'hiya i tipi strani finivano in galera o suonavano la chitarra ventiquattr'ore su ventiquattro, come il suo migliore amico, lui invece se ne stava dietro il suo bancone, nel suo locale, la crêperia che aveva aperto il 29 giugno 2000 e che quindi gestiva da dodici anni, ed era risaputo che era stato nella Krasnaja Armija (Armata Rossa), eppure era tornato e non dava problemi a nessuno, distribuiva sorrisi distratti e nessuno sapeva niente di eventuali relazioni in cui potesse essere o essere stato coinvolto.

Sembrava semplicemente che non esistessero, quelle relazioni.

-Volete ordinare?-

-Oh... Ciao, Stas. Sì, grazie-

Viktor si ravviò nervosamente i capelli ancora biondissimi come nel 1989 e rivolse una rapida occhiata all'amico seduto di fronte a lui, che aveva gli occhi verdi inchiodati al menù de I Cosacchi dell'Ob' anche se lo conosceva a memoria.

-Ciao, Kierkegaard. Ciao, Schopenhauer. Quando siete pronti ditemi-

-A proposito, ecco... Se un giorno ti andasse di passare a casa nostra... A salutare Arina... Penso che le farebbe piacere-

Sembrava imperturbabile, Stas, stoico come pochi perfino nel suo quartiere, ma d'altronde Viktor e Ivan non lo conoscevano, non avrebbero mai potuto notare un impercettibile battito di ciglia, il modo in cui, seppur facendolo apparire un gesto casuale, si era stretto una mano con l'altra come per aggrapparsi a se stesso, quello che faceva da ventiquattro anni, ma senza tradire il minimo turbamento con gli occhi.

-Ah, sì? Anche a te?-

-Beh, diciamo che noi non ci siamo mai frequentati un granché, ma... Tu e Arina eravate molto amici, no?-

-Già. Così pare-

-E poi...-

-E poi io mi sono arruolato e tu l'hai sposata. Niente di personale-

-Beh, insomma...-

-Se Arina vuole vedermi, puoi dirle che sa dove trovarmi. Avete deciso cosa ordinare?-


Well, if she wants to see me
You can tell her that I'm easily found


Some folks are born into a good life
Other folks get it anyway, anyhow
I lost my money and I lost my wife
Them things don't seem to matter much to me now


Ebbene, se lei vuole vedermi

Puoi dirle che mi troverà facilmente


Alcune persone sono nate in una buona vita

Altre riescono ad ottenerla comunque, in qualche modo

Io ho perso i miei soldi e ho perso mia moglie

Queste cose non sembrano importarmi poi molto adesso

(Darkness On The Edge Of Town, Bruce Springsteen)


[...]


You think you know me just because you know my name
You think you see me 'cause you've seen every line on my face
You want to want me just because I say that I want you
But does it matter if anything I'm saying is the truth?


The night is fading like my old tattoo
A heart and a dagger that says "Forever"


Tu pensi di conoscermi solo perché conosci il mio nome

Pensi di avermi visto perché hai visto ogni linea sul mio viso

Tu vuoi volermi solo perché io dico che ti voglio

Ma cosa importa se tutto quello che sto dicendo è la verità?


La notte sta svanendo come il mio vecchio tatuaggio

Un cuore e un pugnale che dice "Per sempre"

(Staring At Your Window With A Suitcase In My Hand, Jon Bon Jovi)


Nessuno se lo sarebbe mai aspettato da Svetlana, eppure anche lei aveva un punto debole.

Viktor, suo padre, l'unico con cui non usava neanche un'ombra di sarcasmo e per cui aveva solo sguardi adoranti.
Faceva fatica ad ammetterlo, questo sì, perché non era mai stata una ragazza espansiva, neanche da bambina, e aveva un modo tutto suo per dimostrare il suo affetto, ma con suo padre diventava giusto un po' più tradizionale.
Quando parlava di filosofia alzava gli occhi al cielo, perché davvero non riusciva a seguirlo, anche se per lui teneva sempre
L'arte di ottenere ragione di Schopenhauer sul comodino, che Viktor le aveva regalato perché riteneva le si addicesse.
Faceva finta di sbuffare, ma in modo troppo affettuoso e troppo diverso da quello che riservava a chiunque altro.
Viktor non era mai stato un ragazzo appariscente, anzi, era un tipo tranquillo, carino, studioso -fin troppo-, spensierato e legatissimo ai suoi migliori amici, Ivan Čechov e Nadežda Kerenskaja.
Come fosse riuscito a sposare Arina Nečaeva, che sostanzialmente era una smorfiosa, ma era anche una delle ragazze più intelligenti di Novosibirsk, doveva ancora capirlo anche lui, ma su una cosa non aveva dubbi: non si erano resi infelici a vicenda e le loro esistenze non oscillavano costantemente fra dolore e noia.
L'angoscia, però, rimaneva il suo punto fermo.
Mai tradire Kierkegaard.
Era laureato in filosofia, nessuno era riuscito a farlo desistere da quell'idea e a togliergli quella passione, ma era finito a lavorare in biblioteca, dove fulminava con lo sguardo tutti gli studenti che restituivano
Il mondo come volontà e rappresentazione di Schopenhauer con le orecchie e ogni volta che doveva rimetterlo a posto accarezzava devotamente il dorso della Fenomenologia dello spirito di Hegel, anche se Schopenhauer, visceralmente antihegeliano, gli avrebbe sputato in un occhio per quello.
Vik era di formazione kierkegaardiana, ma non nascondeva di avere avuto, in gioventù, un debole per Hegel.
Ivan, di fatto, era l'unico che riusciva a seguire un suo discorso dall'inizio alla fine senza augurarsi che gli cadesse in testa la
Critica della ragion pratica di Kant, che in effetti gli sarebbe servita, ma Viktor non era ancora riuscito a trovare un filosofo più pessimista di lui.
Alle sue figlie non importava un accidente di filosofia, ed erano molto meno angosciate di quanto sarebbe stato conveniente, ma forse era meglio così.
Per un certo periodo di tempo Emilija aveva dormito con un pinguino di peluche di nome Søren e la cartina della Danimarca appesa sopra il letto, almeno fino a quando la sua sacrilega primogenita, ormai adolescente, non l'aveva sostituita con una stampa ingrandita del logo di Windows XP, ma Svetlana, incantata dalla disponibilità del padre a giocare con lei, aveva accettato di chiamare le sue prime due bambole
Angoscia, in onore di Kierkegaard, e Coscienza Infelice, in onore di Hegel.
Non era riuscito a conoscere il noumeno, ma aveva conquistato l'adorazione incondizionata della bambina meno condizionabile della Federazione Russa, la sua figlia minore.
In sintesi, per qualche ragione superiore di cui era impossibile indagare le cause, suo padre era l'unico psicolabile di cui Svetlana fosse perdutamente innamorata.
Forse, si era detto Viktor, era proprio lei il noumeno.
La sua Svetlanka.


You know that heart of stone, girl, it just ain't your style


Tu sai che questo cuore di pietra, ragazza, non è proprio da te

(Where The Bands Are, Bruce Springsteen)


[...]


Everybody's got a secret, Sonny
Something that they just can't face


Tutti hanno un segreto, Sonny

Qualcosa che semplicemente non riescono ad affrontare

(Darkness On The Edge Of Town, Bruce Springsteen)


Con Arina, nonostante la ragazza fosse sempre stata inspiegabilmente attratta da lui, aveva capito subito che sarebbe stata necessaria meno speculazione filosofica e più azione, così l'aveva seguita a Mosca.

Per questo era stato costretto a spezzare il cuore di Stanislav, anche se nessuno aveva mai saputo la verità sul cuore di Stanislav.
Nessuno aveva mai saputo se ne esistesse effettivamente uno.

Stas non aveva mai voluto stare con Arina, l'aveva messo in chiaro fin dal primo momento.
Eppure un giorno aveva chiuso con lei, come se non avesse avuto più ragioni nemmeno per essere suo amico.
Non aveva mai ostacolato Viktor, non sembrava averne alcun interesse.
Non si sentiva davvero minacciato da quel ragazzino biondo che blaterava tutto il giorno di filosofia e non era nemmeno il tipo ideale di Arina, ammesso che Arina avesse mai avuto tipi ideali.

Stas aveva altre cose per la testa.
Era questo che Viktor non capiva.
Certo, all'inizio sia lui che Ivan avevano pensato che fosse il ragazzo di Arina, perché erano inseparabili, ma quando aveva cominciato a frequentarla aveva notato che Stanislav si voltava semplicemente dall'altra parte, senza manifestare la minima reazione.
Non l'avrebbe definito geloso, e ne aveva visti di ragazzi gelosi, insomma, una volta Ivan era quasi saltato alla giugulare di un incauto individuo dell'ultimo anno che ci aveva provato con Nadija, e in generale i ragazzi di Nostal'hiya si saltavano alla giugulare per molto meno.
A volte lo sorprendeva ad osservarlo come se stesse cercando di capire qualcosa, ma, anche se aveva sempre avuto la netta sensazione di non stargli simpatico, Stas non gli aveva mai dimostrato apertamente nessuna ostilità.
C'era una cosa, però, che Stanislav non avrebbe mai potuto perdonargli, e Viktor l'aveva realizzato solo molti anni più tardi.


They're still racing out at the Trestles
But that blood it never burned in her veins
Now I hear she's got a house up in Fairview
And a style she's trying to maintain


Stanno ancora facendo corse nei dintorni di Trestles

Ma quel sangue non è mai bruciato nelle sue vene

Ora sento dire che lei ha una casa su a Fairview

E uno stile che sta cercando di mantenere

(Darkness On The Edge Of Town, Bruce Springsteen)


[...]


Now all them things that seemed so important
Well, mister, they vanished right into the air
Now I just act like I don't remember
Mary acts like she don't care


Now those memories come back to haunt me
They haunt me like a curse
Is a dream, a lie, if it don't come true
Or is it something worse?


Ora tutte le cose che sembravano così importanti

Beh, signore, sono svanite nell'aria

Ora io mi comporto come se non ricordassi

Mary si comporta come se non le importasse


Ora questi ricordi tornano a tormentarmi

Mi tormentano come una maledizione

È un sogno, una bugia, se non si avvera

O è qualcosa di peggio?

(The River, Bruce Springsteen)


Stanislav se li era anche andati a cercare, i concetti fondamentali della filosofia di Kierkegaard.

Si era soffermato sugli stadi dell'esistenza, e la dimensione etica, rappresentata dalla figura del marito, l'aveva immediatamente fatto pensare a Viktor.

Il senso di colpa...

Ma Viktor aveva davvero capito per cosa avrebbe dovuto sentirsi in colpa?

Stas, a suo tempo, non aveva capito.

Non aveva realizzato, non aveva previsto...

Non aveva messo in conto che Arina si sarebbe veramente innamorata di Viktor.

E allora...

Allora Kierkegaard aveva dimenticato uno stadio dell'esistenza.

Quello del Cosacco.
E quel maledetto stoicismo che l'aveva rovinato.

Era colpa sua, era successo tutto solo nella sua testa...

Nessuno l'aveva mai costretto ad arrendersi, nessuno l'aveva mai costretto...

Ad andare via.

Al mondo c'erano due categorie di persone estremamente brave a complicarsi la vita da sole.

I filosofi e Stanislav Baškov.
E dato che la seconda categoria constava di una persona sola, doveva essersi impegnato parecchio.


You've been the blood in my veins
The only one who knows my middle name
And the smiles, they came easy 'cause of you
You know that I love you, but I hate you
'Cause I know I can never escape you


Hush me darling, maybe I've lost my touch
Maybe I've lost my guts
There is that truth enough?


You know these love letters mix with whisky
Just don't light a match when you kiss me
Though I'll blow away, you know I'll be back soon


Have I said too much?
Maybe I haven't said enough


The night's just bringing me down


Tu sei stata il sangue nelle mie vene

L'unica che conosceva il mio secondo nome

E i sorrisi nascevano spontaneamente a causa tua

Tu sai che ti amo, ma ti odio

Perché so che non potrò mai sfuggirti


Zittiscimi tesoro, forse ho perso il mio tocco

Forse ho perso il mio coraggio

C'è abbastanza verità nelle mie parole?


Tu sai che queste lettere d'amore miste a whisky

Non sono minimamente paragonabili a quando tu mi baci

Anche se manderò tutto all'aria, tu sai che tornerò presto


Ho detto troppo?
Forse non ho detto abbastanza


La notte mi sta distruggendo

(Every Word Was A Piece Of My Heart)


[...]


Well, like a cold winter wind blowing in, babe, I needed you
But Candy's got a man who takes care of her better than I do


Ebbene, come un freddo vento invernale che soffiava, tesoro, avevo bisogno di te

Ma Candy ha un uomo che si prende cura di lei meglio di me

(Candy's Boy, Bruce Springsteen)


Era l'estate del 1989, e le conferenze stampa erano arrivate anche alle radio siberiane.
Era la loro unica possibilità di partecipare alla Storia, di sentirla passare sulla propria pelle, di vedere un bagliore nel loro Paese buio e arretrato.
Un bagliore lungo due giorni, le due date del Moscow Music Peace Festival, 12 e 13 agosto 1989.
Stas era disposto a qualunque follia per andarci, perché a nessun ragazzo sovietico era mai stata concessa un'esperienza simile prima, che almeno per due giorni li avrebbe accumunati ai ragazzi del resto del mondo.


Barkeep, pour me one last shot, 'cause I must be on my way

Gotta make that same old stop that this soul makes everyday

Tell me, why am I holding on?

Harry, why is the love a flame?

It burns you when it's hot, but Cupid's fire trucks never came

I can't bend the hands of time, so I think myself to sleep

The way you never said goodbye, if only in my dreams


Barista, versami un ultimo bicchiere, perché devo andare per la mia strada

Devo fare la stessa vecchia fermata che quest'anima fa tutti i giorni

Dimmi, perché sto resistendo?

Harry, perché l'amore è una fiamma?

Brucia quando è calda, ma i pompieri non vengono mai a spegnere il fuoco di Cupido

Non posso piegare le mani del tempo, quindi penso di dormire

Il modo in cui non hai mai detto addio, se non solo nei miei sogni

(Only In My Dreams, Bon Jovi)


Ivan Čechov non aveva buone sensazioni, quel giorno.

Di influssi positivi neanche a parlarne, anche se del resto era difficile che arrivassero ad un ragazzo che aveva appeso alla porta della sua camera un quadretto con scritto "Жизнь есть боль", Zhizn' yest' bol', La vita è dolore.

Avevano evitato l'argomento finché era stato possibile, ma lo sguardo di Viktor quel pomeriggio, seriamente...

Sembrava un invasato ancora prima di cominciare a parlare e Vanja non era tranquillo.

Khristos, se anziché a Copenaghen Kierkegaard fosse nato a Nostal'hiya e avesse passato anche un solo giorno in banco con Viktor non avrebbe più voluto sentir parlare di angoscia in vita sua e forse avrebbe evitato di fare terrorismo psicologico anche da morto, agli studenti della 10B del 1989.

Altro che Regina Holsen, Viktor non aveva la minima intenzione di lasciar perdere Arina Nečaeva.

Così lui, Ivan, quel 10 maggio 1989, dopo aver salutato Nadija si era seduto sui gradini del Ginnasio e aveva deciso di parlare francamente a Viktor.


When friends were friends forever
And what you said was what you did


Quando gli amici erano amici per sempre

E quello che dicevi era quello che facevi

(Blood On Blood, Bon Jovi)


-Lascia perdere la Nečaeva, Vik. Sul serio, anche se non è la ragazza di Baškov... Stanno sempre insieme, e non vale la pena che tu perda tempo con una che gravita sempre intorno a quello lì, che fa tanto il figo con il suo motorino e le sue sigarette... Noi siamo persone semplici. Meno corse in moto, meno aspirazioni a prendersi la tubercolosi e più angoscia-

-Noi sì che viviamo bene, eh, Vanja? No, guarda, secondo me Stanislav non fa il figo. Fa il Cosacco, fa quello che è-

-Io Pugačëv in motorino non l'ho mai visto, eh-

-Se i tuoi avessero acconsentito a comprartene una almeno alla novantaseiesima volta che gliel'hai chiesto ora tu avresti un rapporto completamente diverso con le moto, ne sei consapevole? E poi, Ivan, non saremo Cosacchi, ma siamo sempre ragazzi di Nostal'hiya. In che film saremmo persone semplici?-

-Schopenhauer non sarebbe d'accordo-

-Vanja, per me Schopenhauer e Kierkegaard sono sempre stati i migliori modelli da non seguire.

Sono stati talmente bravi a rovinarsi la vita che, Santo Cielo, meglio rischiare di farsi spaccare la faccia da un Cosacco!-

-Ottimo modo per rovinarsi i connotati-

-Ivan... Dobbiamo andare a Mosca-

-Viktor, torna a casa, va bene? Fatti un thè, riposati un po'... Poi ne riparliamo-

-Dobbiamo andare a Mosca. Ad agosto-

-Dio, sembri spaventosamente lucido per essere uno che delira-

-Ho una zia a Mosca. Sono sicuro che sarà felice di rivedermi-

-Sono sicuro che anche i tuoi genitori sarebbero felici di continuare a vederti... Qui a Novosibirsk-


When the bands would come to town
We'd steal the money and go to the show
Singing their songs on the way down
Gave us something worth singing for
We were sixteen, chasing our dreams
You and me all down that road


Did we look better in black and white?
I don't know

I think so
I think I almost loved you then
That was such a long time ago

I shoulda called you, I coulda wrote you
Just to know if you were alright
I know it's hard to stay on the highway
When you get off to look at the sights
So let's pretend we're still together
And we never said goodnight


Quando le band fossero venute in città

Avremmo rubato i soldi e saremmo andati al concerto

Cantando le loro canzoni per la strada

Ci hanno dato qualcosa per cui valeva la pena cantare
Avevamo sedici anni, inseguivamo i nostri sogni

Tu ed io lungo quella strada


Eravamo meglio in bianco e nero?

Non lo so

Penso di sì

Penso di essermi quasi innamorato di te allora

È stato così tanto tempo fa

Avrei dovuto chiamarti, avrei potuto scriverti

Solo per sapere se stessi bene

So che è difficile rimanere sull'autostrada

Quando scendi a guardare i panorami

Quindi fingiamo di essere ancora insieme

E che non ci siamo mai detti buonanotte

(Finest Hour, Black Star Riders)


Stanislav c'era stato, forse lo si poteva perfino vedere in un fotogramma della registrazione ufficiale, il ragazzino che reggeva lo striscione realizzato dopo aver quasi consumato un dizionario di inglese, su cui aveva scritto "Please Come Back In The USSR Again", perché non voleva che gli Americani ridessero di suoi eventuali errori di ortografia e non voleva che andassero via.
Non aveva idea di chi fossero la metà delle band che avevano suonato, gli unici che avevano già fatto concerti in Russia erano Ozzy Osbourne e gli Scorpions, ma in Russia non c'erano quel mondo, quei sorrisi, quei colori.
La sera del 12 agosto 1989 aveva conosciuto Anatol' Bezuchov, un ragazzino uzbeko di dieci anni che si sbracciava dalle spalle di suo padre, Vasilij, che con ogni evidenza era siberiano e l'aveva tenuto stoicamente per tutto il concerto.

La sera del 12 agosto 1989 Jon Bon Jovi aveva attraversato l'arena del Lenin Stadium con l'uniforme militare sovietica sopra i suoi vestiti di scena sulle note di Lay Your Hands On Me, poi l'aveva lasciata cadere sul palco e aveva cominciato a cantare.

La terza band del Moscow Music Peace Festival.

La prima band di Stanislav, quella in cui aveva mantenuto la fede, non potendo mantenerla in troppe altre cose.

La sua ultima notte con Arina.


Remember days of skipping school
Racing cars and being cool
With a six pack and the radio
We didn't need no place to go

Remember at the prom that night
You and me we had a fight
But the band they played our favorite song
And I held you in my arms so strong


Ti ricordi i giorni in cui saltavamo la scuola

Facendo corse in macchina e comportandoci da duri

Con una confezione da sei birre e la radio

Non avevamo bisogno di un posto dove andare


Ti ricordi quella sera al ballo

Io e te avevamo litigato

Ma la band ha suonato la nostra canzone preferita

E ti ho stretta così forte fra le mie braccia

(Never Say Goodbye, Bon Jovi)


[...]


But if dreams came true, oh, wouldn't that be nice?
But this ain't no dream we're living through tonight


Ma se i sogni si avverassero, oh, non sarebbe bello?
Ma questo non è un sogno che stiamo vivendo di notte

(Prove It All Night, Bruce Springsteen)


Stas non era mai stato un fan dei contatti fisici, i baci che Arina gli soffiava sulle guance ogni volta che lo salutava erano il massimo per lui, eppure, forse influenzato dalla canzone di apertura dei Bon Jovi, Lay Your Hands On Me, durante la successiva, Wild In The Streets, travolto dall'euforia l'aveva abbracciata.

Non era successo nient'altro, ma lei aveva ricambiato la sua stretta e dopo l'aveva guardato con uno stupore che, più dal suo gesto, era dettato dal suo sorriso.

Stanislav non aveva mai sorriso così.

Se non l'avesse conosciuto da quasi dieci anni, Arina avrebbe perfino dubitato che lui avesse mai davvero sorriso.

-Stai bene?- gli aveva chiesto, gridando anche sopra le tastiere di David Bryan.

-Quel ragazzo... Quello... Quello che si è tolto la divisa. Hai capito come si chiama?-

-Non l'hanno detto. La band comunque mi pare che si chiami Bon... Bon Jovi, ecco-

-Dio, noi qui un carisma come il suo ce lo sognamo. Ma questo non è un sogno, Arina, siamo davvero qui stanotte!-

-Non sei mai stato così... Felice-

-Già. Non lo sono mai stato-

Era arrivato l'assolo di tastiera di David Bryan e poi quello di chitarra di Richie Sambora, e Stas aveva scoperto almeno i loro nomi, quando Jon li aveva chiamati, e loro erano rimasti così, in quel momento.

Wild In The Streets.


Oh, give me the beat, boys, and free my soul
I wanna get lost in your rock and roll and drift away


Oh, datemi il battito, ragazzi, e liberate la mia anima

Voglio perdermi nel vostro rock and roll e andare via

(Drift Away, Dobie Gray)


[...]


And you just better believe, boy
Somebody's gonna get hurt tonight


E tu faresti semplicemente meglio a credere, ragazzo

Che qualcuno si farà male stanotte

(Factory, Bruce Springsteen)


Stanislav avrebbe pagato il prezzo per aver creduto al ragazzo dagli occhi più azzurri, limpidi, onesti e sinceri che avesse mai visto, nonostante le luci e la notte, a quel cantante americano che sembrava un uomo d'onore, alle sue parole gridate alla fine di Livin' On A Prayer.

-Keep holdin' on... It's gonna happen-

Continua a resistere... Succederà-

Non era successo.

Due giorni dopo i Bon Jovi erano volati a Milton Keynes, dove dovevano essere il 19 agosto per continuare quel tour mondiale che però si chiamava come lo Stato d'America in cui erano nati, il New Jersey Syndicate Tour, mentre Stas e Arina erano tornati a Novosibirsk, nel loro quartiere che si chiamava come un sentimento che era un po' presto per provare a quindici anni.

Non era mai più successo.

I bagliori della fiaccola che aveva dichiarato aperto il Moscow Music Peace Festival, accesa prima dell'arrivo degli Skid Row, la prima band della serata, erano rimasti in fondo agli occhi di Stanislav.

C'era anche Viktor Korš, al concerto.

Con Ivan Čechov e Nadežda Kerenskaja, che chissà quanti fiumi siberiani avevano dovuto muovere per farsi portare lì.

E quando alla fine del Festival la folla si era diradata e aveva cominciato a disperdersi per le vie di Mosca, Viktor li aveva visti e raggiunti.

Appropriarsi del calzino destro di Richie Sambora quella sera sarebbe stato più facile di individuare due adolescenti siberiani fra tutti i ragazzi presenti, ma lui ci era riuscito.

Stas era rimasto con il suo striscione in mano, mentre Arina si era illuminata, sconvolta dalla sorpresa, e l'aveva sentito anche lui, il suo batticuore.

Le band non erano tornate nell'Unione Sovietica.

Due anni dopo l'Unione Sovietica era crollata.

Keep Holdin' On...

E basta.

Non succederà.


Blame it on the lies that killed us
Blame it on the truth that ran us down
You can blame it all on me, Terry
It don't matter to me now
When the breakdown hit at midnight
There was nothing left to say

But I hated him

And I hated you when you went away


Dai la colpa alle bugie che ci hanno uccisi

Dai la colpa alla verità che ci ha sconfitti

Puoi dare tutta la colpa a me, Terry

Non mi importa più adesso

Quando a mezzanotte ci scambiammo il nostro addio

Non era rimasto più niente da dire

Ma l'ho odiato

E ti ho odiata quando te ne sei andata

(Backstreets, Bruce Springsteen)


[...]



Let it all fall down around us, if that's what's meant to be


Lascia che tutto crolli intorno a noi, se è destino che sia così

(Lie To Me, Bon Jovi)


Lay Your Hands On Me, Wild In The Streets, Blood On Blood, Wanted Dead Or Alive, Livin' On A Prayer.

Stas aveva creduto che fosse la loro setlist, o forse la setlist dell'intera Nostal'hiya.

Adesso aveva un significato diverso, vivere su una preghiera.

Il Festival sarebbe continuato anche il giorno dopo, era vero...

Ma il giorno dopo ci sarebbe andato da solo.


There's a different kind of meaning now
To living on a prayer
Some don't seem to notice
And the rest don't seem to care


Adesso ha un significato diverso
Vivere su una preghiera
Alcuni non sembrano farci caso
E agli altri non sembra importare
(Novocaine, Bon Jovi)


[...]


I get so numb sometimes that I can’t feel the pain


A volte divento così insensibile che non riesco a sentire il dolore

(My Guitar Lies Bleeding In My Arms, Bon Jovi)


Viktor aveva trovato quella foto nella custodia della videocassetta del Moscow Music Peace Festival, che ormai non usavano più perché avevano comprato il dvd remasterizzato nel 2008.

C'erano Arina e Stanislav che tenevano in mano, un lembo per uno, lo striscione fatto da quest'ultimo.

Please Come Back In The USSR Again.

Era una bella foto, ma dietro c'era la frase che aveva spinto Viktor a cercare di parlare con Stanislav.

Не переживай за меня, у меня будет все хорошо.

Стас - Не зови меня Станислав

Non preoccuparti per me, starò bene.

Stas - Non chiamarmi Stanislav


You wave goodbye, said baby, good luck
You better chase your dreams before they rust
Get what you can and hope it's enough
Go on now, you're on your way, baby
Break some hearts, hearts can break easy


Don't worry about me, I'll get along


If anybody had a heart, oh, if anybody had a heart...
They'd know how much, just how much I want you


Tu dici addio, mi hai detto tesoro, buona fortuna

Ti conviene afferrare i tuoi sogni prima che arrugginiscano

Ottenere quello che puoi e sperare che sia abbastanza

Vai avanti adesso, sei sulla tua strada, tesoro

Spezza qualche cuore, i cuori possono spezzarsi facilmente


Non preoccuparti per me, me la caverò


Se tutti avessero un cuore, oh, se tutti avessero un cuore...

Saprebbero quanto, quanto ti voglio

(Open All Night, Bon Jovi)


Novosibirsk, 2012


Perché Svetlana avesse una buona impressione su qualcuno fin dal primo momento, escluso il colpo di fulmine con suo padre, bisognava come minimo darle una botta in testa.

Stanislav Baškov era una leggenda di Nostal'hiya, e come si è già detto non c'era niente che desse noia a Svetlana quanto le leggende di Nostal'hiya, ma il sopracitato Cosacco ci aveva messo del suo, per cadere in disgrazia agli occhi dell'impietosa secondogenita di Arina Nečaeva e Viktor Korš.

Lui aveva buone intenzioni, anzi, sarebbe più corretto dire che non aveva proprio intenzioni, gliel'aveva chiesto tanto per parlare, una volta che Svet si era fermata a I Cosacchi dell'Ob' a bere un succo di pompelmo.

-Tu sei l'amica di Khadija e Aljona, vero?-

Questo era stato il suo errore fatale.

Nessuno poteva permettersi di indicare Svetlana Viktorovna Korš come "l'amica di Khadija e Aljona".

Khadija e Aljona, semmai, erano le amiche di Svetlana.

Stas era il migliore amico del padre di Khadija ed era un Cosacco come Aljona, ma questo non gli dava il diritto di trattarla come se fosse stata una ragazzina qualsiasi, lei che era l'unica residente di Nostal'hiya che possedesse un minimo di logica, l'unica del quartiere che ancora riuscisse a conservare una reputazione e una dignità!

-No. Sono Svetlana Viktorovna Korš. Loro sono le mie amiche. E devono ritenersi fortunate.

Io mi sono arrangiata com'era possibile, e bisogna ammettere che quelle due, quando stanno zitte, perlomeno fanno figura-

-Ma va... Sei la sorella di Emilija. Gran brava ragazza, lei. Gentile, simpatica e intelligente. Salutamela, sia lei che il suo ragazzo. Rilassati, ragazzina... Chiedevo soltanto. Ora ti porto il tuo succo di pompelmo. E comunque, per il futuro... Non conviene mai fare la presuntuosa con un Cosacco-

Svetlana era rimasta senza parole, e se avesse già avuto la bottiglietta di succo di pompelmo, possibilmente di vetro, a portata di mano, l'avrebbe tirata dietro a quel maledetto Cosacco, ma doveva mantenere le tre caratteristiche di cui si era appena vantata.

La logica, la reputazione e la dignità.

Stanislav, come sempre, non aveva lasciato capire niente a nessuno.

Secondo Viktor, nessuno rappresentava bene quanto lui l'apatia stoica.

Di Svet, invece, Stas aveva dedotto che fosse Arina in versione vipera.

Ad ogni modo, gli stava abbastanza simpatica.


Novosibirsk, 2013


Princess cards she sends me with her regards
Barroom eyes shine vacancy, to see her you gotta look hard
Wounded deep in battle, I stand stuffed like some soldier undaunted
To her Cheshire smile I'll stand on file

She's all I ever wanted
But you let your blue walls get in the way of these facts
Honey, get your carpetbaggers off my back
You wouldn't even give me time to cover my tracks
You said: "Here's your mirror and your ball and jacks"
But they're not what I came for

And I'm sure you see that too


I came for you, for you, I came for you
But you did not need my urgency
I came for you, for you, I came for you
But your life was one long emergency


Lei mi spedisce cartoline da principessa con i suoi saluti
La sala del bar brilla di posti a sedere
Per vederla devi guardare con molta attenzione
Ferito gravemente in battaglia rimango al mio posto come un soldato senza paura
Di fronte al suo sorriso sornione resterò in coda

Lei è tutto quello che ho sempre desiderato
Ma tu lasci che i tuoi muri si frappongano a queste cose
Tesoro, tienimi i tuoi guardaspalle fuori dai piedi
Non mi hai neppure lasciato il tempo di coprire le mie tracce
Hai detto: "Eccoti il tuo specchietto e le altre carabattole"

Ma non è per questo che sono venuto
E sono sicuro che te ne sei accorta da sola


Sono venuto per te, per te, sono venuto per te

Ma tu non avevi bisogno della mia urgenza

Sono venuto per te, per te, sono venuto per te

Ma la tua vita era una lunga emergenza

(For You, Bruce Springsteen)


Quando Stanislav individuò Arina seduta a un tavolo del suo locale, intenta a tormentarsi nervosamente le mani, gli occhi azzurri guizzanti da un lato all'altro della sala e i capelli castano chiaro raccolti proprio con lo spillone che le aveva portato lui da Covent Garden, accarezzò giusto una mezza idea di licenziarsi, se solo non fosse stato il proprietario di quel dannato locale.
E lei era lì, senza marito, senza figlie, senza nessuno ad offrirle neanche la più misera scusa, e perfino senza menù.
Come avesse fatto a sedersi all'unico tavolino de I Cosacchi dell'Ob' su cui si era dimenticato di posare un menù... Non era sicuro di volerlo sapere.
Era suo malgrado sicuro, invece, che quella non fosse proprio la cosa più professionale che potesse fare, ma la loro presenza era talmente provvidenziale, e chi avrebbe potuto aiutarlo, se non altri due Cosacchi?
Fu così che, senza troppi scrupoli né complimenti, Stas strappò Aljona dal tavolo a cui era seduta con Lev, le ficcò in mano un menù e la spinse verso Arina.
-Prendi la sua ordinazione e, se ti chiede qualcosa di me... Tu sei bravissima a inventare le scuse più improbabili, come quando hai detto che Svetlana aveva un appuntamento con uno psichiatra.
Vai e fatti onore-
Se c'era una cosa che tutti sapevano di Stanislav, probabilmente l'unica, era che nessuno doveva fargli domande o guardarlo troppo a lungo negli occhi.
Men che mai le due cose insieme.
E dato che, in ogni caso, Aljona e Lev avevano un conto aperto a I Cosacchi dell'Ob', per una volta Al eseguì senza fiatare.
-Eccomi!- esordì, con il suo sorriso più raggiante, appoggiando il menù davanti ad Arina.
-Aljonka! Oh, beh... Grazie, ma
lui...-
-Già,
lui. Accidentalmente è... Inciampato nei miei capelli mentre io uscivo dal bagno e lui usciva dalle cucine. Ora è in cucina con mezzo chilo di ghiaccio e... Niente, spero che non gli rimangano cicatrici. Nel frattempo... Posso aiutarti?-
-Davvero? Non lo ricordavo così bastardo, Stanislav. Un po' lo è sempre stato, ma non così tanto.
Peccato. Portami pure un bicchiere d'acqua naturale, grazie-
-Temperatura ambiente o fresc...-
-Gelata-
-Perfetto. Arriva subito-
-Aspetta, Al... Nel caso si riprendesse in giornata dalla caduta... Io lo sapevo, che non era il migliore amico del mondo. Lo sapevo che era un Cosacco. Non gli avrei mai chiesto di essere...
Di essere Viktor. Mi andava bene così. Ma così è troppo anche per lui-


Non gli avrei mai chiesto di essere Viktor.
Di essere il mio fidanzato.
Di essere gentile.
Di essere dolce.
Di essere comprensivo.
Non si potevano chiedere certe cose a Stas.
Era talmente suscettibile...
E talmente stoico...
Eppure talmente sensibile.


Wise men say
Only fools rush in
But I can't help falling in love with you
Shall I stay?
Would it be a sin
If I can't help falling in love with you?


Gli uomini saggi dicono
Che solo gli sciocchi si innamorano
Ma io non posso fare a meno di innamorarmi di te
Dovrei rimanere?
Sarebbe un peccato
Se non posso fare a meno di innamorarmi di te?
(Can't Help Falling In Love, Elvis Presley)


-È andata... Bene?-
Aljona aveva raggiunto Stanislav nelle cucine, dove lui aspettava appoggiato a un fornello con lo sguardo sconfitto di un soldato ferito in battaglia, ma quando la sentì entrare alzò gli occhi di scatto, si raddrizzò recuperando la postura militare che gli anni nell'Armata Rossa gli avevano impresso a fuoco nelle ossa e quella durezza dello sguardo che aveva sempre costretto gli altri a distogliere il proprio.
Se soltanto lui, solo per un momento, si fosse concesso di sembrare un po' più... Umano.
Ma si era già arreso una volta, Stas, e aveva giurato che non sarebbe successo mai più.
-Dice che una volta non eri così bastardo. E ha ordinato un bicchiere d'acqua-
-Beh... È stata più gentile di altri. E comunque non è vero, lo ero anche prima. Davvero-
-Ottimo...-
-Cosa facciamo?-
-Io tornerei da Lev...-
-Giusto, tu torna da Lev. Prima porta l'acqua ad Arina, però-
-Se hai bisogno di qualcosa...-
-Lo capirai. Come prima-
-Magari un po' più delicatamente...-
-Vedrò quello che posso fare-
Stanislav era davvero l'unico che poteva chiedere qualsiasi cosa, e ottenerla, senza fornire alcuna spiegazione.


Well, I came by your house the other day
Your mother said you went away
She said there was nothing that I could have done
There was nothing nobody could say


Me and you we've known each other ever since we were sixteen
I wished I would have known
I wished I could have called you
Just to say goodbye, Bobby Jean


Now I wished you would have told me
I wished I could have talked to you
Just to say goodbye, Bobby Jean


Ebbene, sono venuta a casa tua l'altro giorno
Tua madre ha detto che eri andato via
Ha detto che non c'era niente che avrei potuto fare
Non c'era niente che nessuno avrebbe potuto dire


Io e te ci conosciamo da quando avevamo sedici anni
Vorrei averlo saputo
Vorrei averti potuto chiamare
Solo per dirti addio, Bobby Jean


Ora vorrei che tu me l'avessi detto
Vorrei aver potuto parlare con te
Solo per dirti addio, Bobby Jean
(Bobby Jean, Bruce Springsteen)


Lui era stato tre anni in Inghilterra, dal 1993 al 1996, dove aveva lavorato agli orari più assurdi nei pub di Milton Keynes, fra i quali non avrebbe mai potuto dimenticare l'ultimo, Jackson Cage, gestito da un New Jerseyan che aveva notato la sua somiglianza con Bruce Springsteen prima delle sue abilità come cameriere, ma non si era mai pentito di averlo assunto.
Era stato a più concerti di Anatol', aveva conquistato la prima fila a Wembley in giorni in cui persone solitamente molto più tranquille di lui avrebbero ucciso per l'ultima, e tra Londra e il Buckinghamshire, fino all'estate del 1996, aveva vissuto la stessa storia degli altri ragazzi.
Ricordava ancora i nomi e i volti delle ragazze con cui era stato, Candice, una biondina quasi più triste di lui che però si illuminava sempre quando lo vedeva, e allora come faceva non volerle bene, e Lacey, che lo aspettava sempre dopo il turno di lavoro e lo invitava a casa sua con una naturalezza che le ragazze di Nostal'hiya non avrebbero mai avuto, era una specie di reginetta di bellezza e forse anche di nascita, e quella, evidentemente, era la sua unica occasione di stare con un Cosacco siberiano, anche se nei libri di Gogol' i Cosacchi non facevano i lavapiatti per gli Inglesi.

Laggiù in qualche modo avevano fatto colpo, i suoi ricci scuri, i modi algidi e i suoi sguardi persi e lontani, la voce bassa e le sue parole borbottate con un accento russo troppo difficile da nascondere, ma un inglese comunque abbastanza preciso.
Era tornato a Novosibirsk quando nessuno lo aspettava, aveva lasciato il suo regalo da quattro soldi fra le mani della sua migliore amica, con una rabbia che quasi non lo lasciava respirare, mentre il marito di Arina, nella penombra del corridoio, faceva finta di non vederli.

Viktor teneva in braccio la loro bambina, la loro piccola Emilija, e Stas uno stupido fermaglio per capelli acquistato in uno dei negozi di Covent Garden con le ultime sterline guadagnate down in the Jackson Cage prima di tornare in Siberia.
E la verità era che lui avrebbe potuto essere il ragazzo di Arina, a un certo punto sarebbe stato perfino naturale, ma alla fine lei si sarebbe comunque innamorata di Viktor, così le aveva lasciato quello spillone per capelli che lei avrebbe messo sempre ed era tornato in Accademia Militare, perché quella era la storia di Stanislav Baškov, non quella dei suoi clienti a
Jackson Cage, non quella di Candice e Lacey di Milton Keynes, non quella dei ragazzi che avevano aspettato con lui intere giornate a Wembley solo per poter arrivare un po' più vicino al palco, non quella di Viktor Korš che aveva sposato Arina.


And I'm just calling one last time
Not to change your mind
But just to say I miss you, baby
Good luck, goodbye, Bobby Jean


E sto chiamando un'ultima volta
Non per farti cambiare idea
Ma solo per dire che mi manchi, tesoro
Buona fortuna, addio, Bobby Jean
(Bobby Jean, Bruce Springsteen)


[...]


It’s been a cold, cold, cold, cold night, tonight
And I can’t get you off of my mind
God knows I’ve tried
Did I throw away the best part of my life
When I cut you off
Did I cut myself with the same damn knife?


Ѐ stata una fredda, fredda, fredda notte, stanotte

E non riesco a smettere di pensare a te

Dio sa che ci ho provato

Ho buttato via la parte migliore della mia vita

Quando ho tagliato i ponti con te

Mi sono tagliato con lo stesso dannato coltello?

(Hearts Breaking Even, Bon Jovi)


Stas era un po' come Lev, uno di quegli uomini che tutti ammiravano, ma nessuno avrebbe voluto veramente essere lui.
Lev per i suoi sei anni in carcere, Stas per i suoi quattro anni nell'Armata Rossa.
In molti avrebbero voluto avere il loro coraggio, ma gratuitamente, e così semplicemente non era possibile.

Arina, in realtà, non aveva mai considerato quel lato di Stanislav.

La sua pretesa di essere invincibile, l'autorità che esercitava solo con la sua presenza.

Lei Stas l'aveva visto crescere, da bambino un po' più serio e più alto degli altri a ragazzo infiammato dai sogni e dalla rabbia a giovane uomo tutto d'un pezzo che forse sorrideva ancora quando nessuno se l'aspettava, forse moriva ancora per una canzone, forse sognava ancora di essere wild in the streets, e magari non aveva cambiato il mondo, ma di sicuro aveva cambiato il loro quartiere.

Arina l'aveva visto così, più da vicino di chiunque altro, e l'aveva visto andarsene da un Paese in cui era difficile mantenere la fede, salutandola con tanta ostentata indifferenza che avrebbe voluto spaccargli la faccia.

Ad Arina, tutto quello che agli altri faceva paura, faceva solo rabbia.

Stas non era cattivo nel modo in cui pensavano gli altri.

Non era mai stato uno di quei ragazzi che creavano problemi.

Ma era molto più cattivo di quanto pensavano gli altri, in molti altri modi, per molti altri motivi.


And your strength is devastating in the face of all these odds
Remember how I kept you waiting when it was my turn to be the god?


So you left to find a better reason than the one we were living for


'Cause I’ve broken all your windows
And I’ve rammed through all your doors
And who am I to ask you to lick my sores?

And you should know that’s true

I came for you


E la tua forza è devastante di fronte a tutte queste difficoltà

Ti ricordi come ti ho fatta aspettare quando è stato il mio turno di comportarmi con un dio?


Così te ne sei andato per trovare una ragione migliore di quella per cui vivevamo


Perché ho sfondato tutte le tue finestre
E abbattuto tutte le porte
E chi sono io per chiederti di leccare le mie ferite?
E dovresti sapere che è la verità

Sono venuta per te

(For You, Bruce Springsteen)


[...]


Its been four thousand hours and two hundred days

Well, I've cursed every minute since you went away


Sono passate quattromila ore e duecento giorni
Sai, ho maledetto ogni minuto da quando sei andato via

(It's Hard Letting You Go, Bon Jovi)


Aveva detto a Viktor che, se lei avesse voluto vederlo, sapeva dove trovarlo.

Ma non gli aveva detto cosa avrebbe dovuto fare se avesse voluto parlargli.

Eppure, quello non era lo stile di Stanislav.

Lui era crudele, ma non era un codardo, e Arina sapeva che non sarebbe finita così, anche se aveva mandato Aljona a prendere la sua ordinazione con la più ridicola delle scuse.

Scosse la testa, ma le sfuggì un sorriso.

Esattamente come sosteneva Svetlana, Aljona non sapeva inventare scuse e stava sempre dalla parte degli uomini sbagliati.

Eppure si era innamorata di Lev, che non era sbagliato neanche la metà di Stas, anche se, sempre secondo Svet, era completamente inutile.

Arina aveva ormai ricevuto la sua acqua da qualche minuto, quando sentì l'unica voce che ascoltava durante l'adolescenza, l'unica a cui credeva, e di cui aveva imparato a fare a meno.

Aveva Viktor, Emilija e Svetlana.

Non aveva davvero bisogno di Stanislav.

I Cosacchi risaputamente non avevano bisogno di nessuno, e gli altri, i cosidetti comuni mortali, lei compresa, dovevano essere proprio masochisti, per credere di aver bisogno di un Cosacco.

-È un litro, fino a stasera dovrebbe bastarti. Il thermos tienilo pure. È rosa d'inverno, certo, il tuo thè preferito. Scusa per prima-

Arina si girò di scatto, ma lui non era già più al tavolo di Aljona e Lev.

Aveva lasciato il thermos ad Al, senza aspettare la sua reazione perché fare una gentilezza era un conto, essere pure ringraziato per questo era più di quanto un Cosacco siberiano potesse sopportare, e...

Si era seduto di fronte a lei.

-Quindi... Come stai?-

Arina sgranò gli occhi, e la tensione, il gelo, la paura, la rabbia e il sollievo bruciavano quanto le sue lacrime di vent'anni prima, quando Elizaveta Grigor'evna Baškova le aveva detto che Stas era partito per l'Inghilterra e che niente e nessuno al mondo avrebbe potuto fermarlo.


-Ma noi ci conosciamo da quando avevamo sei anni...-

-Ma lui ha bisogno di qualcosa in cui credere, Arina. Ti vuole ancora molto bene, ma non ce la faceva più, qui. Vedrai che tornerà, un giorno. Ama troppo la Russia per poterla rinnegare del tutto. E ha troppo senso del dovere, troppo coraggio e troppo rancore per non tornare mai più-


Well, darlin', can you understand
The way that they will turn a man
Into a stranger to waste away
Down in the Jackson Cage?


Allora, tesoro, riesci a capire

Il modo in cui trasformeranno un uomo

In uno straniero che spreca la sua vita

Giù nella gabbia di Jackson?

(Jackson Cage, Bruce Springsteen)


-Io... Io sto bene. Va tutto bene. Volevo solo... Sono passati... Non mi hai mai raccontato... Io e te eravamo...-

Non trovava le parole, ma aveva proprio gli stessi occhi di un azzurro molto più vero del cielo ghiacciato di Nostal'hiya, e come allora non si truccava, non aveva mai imparato o forse non aveva mai voluto, e fra i suoi capelli chiari e sottili brillava ancora il fermaglio che metteva dal 19 luglio 1996.

-Lo so-

-Tu adesso sei così...-

-Lo sono sempre stato-

-Ma in Inghilterra...-

-Ci sono stato vent'anni fa, Arina-

-E sono stati...-

-I migliori tre anni della mia vita. Ma non era esattamente la mia vita, anche se avrei tanto voluto che lo fosse-

-Non mi hai nemmeno mai detto...-

-Non ho intenzione di chiederti scusa-

-Questo è evidente-

-Ma questo non significa che non mi dispiaccia-

-E allora perché...-

-Baby, this town rips the bones from your back, it's a death trap, it's a suicide rap, we gotta get out while we're young*-

Tesoro, questa città ti strappa le ossa dalla schiena, è una trappola mortale, un invito al suicidio, dobbiamo andarcene finché siamo giovani.

-Stas, io non ho mai saputo l'inglese-

-Ma conosci Nostal'hiya-

-È questo che hai detto?-

-Pressapoco-

-È tanto diverso da qui, vero?-

-Tutto è diverso da qui-

-Eppure...-

-Ero troppo masochista per non tornare-


I came here like so many did
To find the better life
To find my piece of easy street
To finally be alive
And I know nothing good comes easy
And all good things take some time
I made my bed, I'll lie in it
To die in it's the crime

Here in dry county
The promise has run dry
Where nobody cries
And no one's getting out of here alive


Sono venuto qui come fanno in tanti

Per trovare una vita migliore

Per trovare la mia parte di strada facile

Per essere finalmente vivo

E so che niente arriva facilmente

E tutte le cose belle impiegano del tempo

Ho fatto il mio letto, mi ci sdraierò

Morirci è il crimine


Qui nella contea arida

La promessa si è esaurita

Dove nessuno piange

E nessuno uscirà di qui vivo

(Dry County, Bon Jovi)


-Però adesso stai bene, no?-

-Certo. Non sopporterei di vivere solo per morire. Una volta tuo marito mi ha parlato di Schopenhauer, che diceva che l'essenza del mondo è la volonta, la volontà di vivere, e che chi si suicida lo fa perchè è attaccato alla vita, ma non riesce ad accettarla a certe condizioni.

Io all'epoca non riuscivo ad accettare la mia vita a quelle condizioni, ma il suicidio non mi è mai passato per la testa, l'idea di suicidarsi a diciotto anni è terribilmente deprimente, ed io forse ero tutte le cose peggiori di questo mondo, ma non ero depresso. Non riuscivo ad accettare di vivere a certe condizioni, quindi sono andato in Inghilterra. Mentre quell'altra cosa che diceva Schopenhauer, il fatto che l'uomo debba liberarsi dalla volontà e smettere di desiderare, perché il desiderio è la sua rovina... È meglio che se ne vada al diavolo. Di sicuro la filosofia non fa per me, ma a mio parere non faceva nemmeno per lui. E riguardo al fatto che non ti chiederò scusa... È perché scusarmi di quello che ho fatto sarebbe come scusarmi di esistere.

Mi sono chiesto se avrei potuto fare le cose in qualsiasi altro modo, e ti giuro che non ci sarei riuscito, allora stavo troppo male qui e, tu lo sai... Mi sono sempre fatto tante domande, ma non ho mai sopportato che ne facessero a me. Alla fine ho mantenuto la fede. Non sono cambiato granché. Non credo di aver mai voluto cambiare-

-Quindi se io tornassi qui... Un'altra volta...-

-Puoi tornare quando vuoi-

-E tu...-

-Io sono sempre qui-

La mano destra di Arina, tesa a stringere un tovagliolo di carta blu sopra il tavolino, tremava visibilmente, e Stanislav la coprì con la sua.

-Non preoccuparti per me, in fondo... Me la sono cavata-

-Anch'io. Sì, anch'io. Però...-

Sarebbe stato bello, qualche volta, poter parlare con te.

-Però?-

-Però tornerò-

Stas annuì, senza accennare a lasciarle la mano.

-Ti porto un thè caldo?-

-Sì, grazie-

-Allora... Torno subito-

Arina aspettò che lui si fosse alzato ed allontanato di qualche metro, prima di sussurrare la sua unica richiesta.

-Basta che torni-

It feels like there is a stranger standing in these shoes
But I know I can't lose me, 'cause then I'd be losing you


Pour another cup of coffee, babe

I got something to say to you
I ain't got the winning ticket
Not the one that's gonna pull us through
No one said it'd be easy, let your old man take you home
But know, if you walk out on me
That, darling, I'd be gone


Mi sento come se ci fosse uno sconosciuto in queste scarpe

Ma so che non posso perdermi, perché allora starei perdendo te


Versa un'altra tazza di caffè, tesoro

Ho qualcosa da dirti

Non ho il biglietto vincente

Non quello che ci permetterà di andare avanti

Nessuno ha detto che sarebbe stato facile, lascia che il tuo vecchio amico ti accompagni a casa

Ma sappi che se mi lascerai

Allora, tesoro, io me ne andrò

(Lie To Me, Bon Jovi)



*Baby, this town [...]: Citazione di Born To Run, Bruce Springsteen.



  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Natalja_Aljona