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Autore: SnixxAnatomy    15/01/2016    2 recensioni
Santana Lopez non crede nell'amore, non più. Brittany Pierce ci crede anche troppo. Quel che Santana non sa, è che la ragazza per cui è rimasta folgorata, rappresenta uno dei peggiori fantasmi del suo passato.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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When we met.

Santana's POV


"Santana Diabla Lopez."
Merda. Ero proprio nei casini. 
"Quale giustificazione hai intenzione di utilizzare, questa volta?"
"Q, avanti, lo sai che mi disp-"
"No!" Mi interruppe bruscamente "Sai meglio di me che non ti dispiace per niente."
Ruotai gli occhi al cielo, rassegnata. Era un quarto d'ora che mi teneva chiusa in cantina, seduta ad un tavolo. Io da un lato, lei dall'altro. Guardia e ladro. Sembrava una specie d'interrogatorio. E la cosa più preoccupante era che si procedeva così ogni volta che "qualcuno" combinava un guaio.
"Va bene! Non mi dispiace! Anzi, sono molto più che convinta di aver fatto abbassare il tasso di criminalità e di aver incrementato i guadagni della borsa di Wall Street, oltre ad aver reso il mondo un posto migliore, con il mio gesto." Mi alzai, incrociando le braccia, e spostandomi lateralmente al vecchio tavolo di Zia Carmen.
"Santana, hai 23 anni per l'amor del cielo, quando comincerai a comportarti da persona matura?!" Esclamò, mentre cominciava a diventare rossa, alzandosi così velocemente da far cadere la sedia.
"Quando smetterai di portare sconosciute con cui scopare in casa mia!"
"Questa è anche casa mia, fino a prova contraria, e lo fai anche tu!"
"Sì, ma lo faccio solo quando non ci sei!" Presi fiato "E ciò non ti autorizza comunque a disturbare il mio sonno ogni singola notte!" Feci silenzio per pochi secondi, calcolando a mente. "Sono 13 notti che non dormo! Okay, abbiamo due stanze diverse, ma le pareti sono così fottutamente sottili che riesco a sentire tutto, Fabgay, tutto. Dal primo all'ultimo orgasmo. E anche le richieste davvero ma davvero insane delle tue 'accompagnatrici'. E non è una cosa piacevole. Per niente."
"Questo non giustifica comunque quello che hai fatto dopo."
"Quello che ho fatto dopo è stato assolutamente normale!"
"E da quando in qua, irrompere nella camera di una persona alle 3 di mattina mentre si sta facendo tutt'altro che dormire, buttando 'l'ospite' giù dal letto, trascinando entrambe fuori, ancora nude, in cortile, portandoti dietro lenzuola e coperte, cospargendole di vodka e dandogli fuoco, è considerato normale?!" Sbottò, urlandomi in faccia.
"Praticamente da sempre!" Risposi a tono. 
"E poi per non parlare del tuo commento finale, Santana. Sul serio?"
"Cosa? Era più che lecito!" Dissi, ovvia
Alzò il sopracciglio, mentre pian piano diventava sempre più color porpora.
"Santana." Cominciò piano, cercando inutilmente di calmarsi. "Cito testuali parole. 'Scusami tesoro, ma davvero, ogni tanto ci scambiamo le lenzuola, e preferirei non avere niente a che fare con i vostri fluidi.' Ti risulta una cosa normale da dire?" Scandì ogni singola parola, battendo ripetutamente il piede a terra.
Feci una piccola risatina, ignorando la pericolosità che raggiungeva Quinn in quei momenti.
"Fabray, hai dimenticato il pezzo più bello! 'Ah Q, ho bruciato anche il tuo vibratore, spero non ti dispiaccia'" Ripetei, scoppiando a ridere.
Lei però non sembrava avere un'aria divertita. Sembrava sul punto di esplodere e di farmi a pezzettini, per poi buttarmi nel bidone nel vicolo.
Era sul punto di dire qualcosa, ma chiuse la bocca, fermandosi. Poi parlò.
"Non ho intenzione di continuare questa conversazione, perchè finirei con l'ucciderti."
Feci un sospiro di sollievo, pensando che quell'agonia fosse terminata. 
"Però."
Mi sbagliavo. 
Alzai di nuovo gli occhi al cielo, esasperata.
"Però cosa?"
"Sta sera esci con me."
"Ci stai provando con me, Q? No, perchè sei carina, ma non sei decisamente il mio tip-"
"No, idiota. Uscirai con me, ma non staremo insieme tutta la serata. Decisamente no. Una mia amica ha organizzato una festa a casa sua, andremo li."
Stavo per rispondere, quando mi fermò
"No. Non voglio sentire niente. È un obbligo. Andremo lì insieme, ci separeremo, io mi ubriacherò e troverò una tipa carina e la porterò qui, e ho intenzione di farci sesso, Santana. Sesso. Quindi preparati o magari comprati dei buoni tappi per le orecchie." Si girò, facendo per andarsene, ma poi parlò di nuovo. "E la vodka sta sera la nascondo. Fine del discorso." E se ne andò definitivamente. Aspettai
Di sentir la porta sbattere per tirare un sospiro di sollievo. Pensavo che quella volta mi avrebbe davvero ammazzato. Sorrisi, pensando alla pazzia di quella biondina.
Quinn era praticamente mia sorella. Ci conoscevamo dalla scuola elementare, e fin da subito non andavamo per niente d'accordo. Lei preferiva le merendine al cioccolato, io quelle alla marmellata. A lei piaceva tanto Arte, già da quando era piccola spiegava questa sua passione dicendo che disegnando poteva esprimersi, cosa che invece non poteva fare con la Matematica, la mia materia preferita. Tecnica, precisa. Non puoi inventare nulla in Matematica, o procedi in quel modo, o non procedi e basta. Basta sbagliare il più piccolo dettaglio, una parentesi, un simbolo, e il risultato sarà errato. La minima distrazione, porta al dover ricominciare. 
Con il disegno, invece, puoi cambiare, sostituire, mescolare. Non c'è una formula precisa da rispettare, un calcolo da eseguire. Puoi fare quel che vuoi, con quella matita in mano. Ed era questo che mi metteva in difficoltà. Non ho mai avuto una grande fantasia, e non mi piaceva esprimere i miei sentimenti, così ora come ad otto anni. Quindi, quando ci chiedevano di fare un disegno a piacere, io mi limitavo ad un fiore, un cagnolino, un albero, Quinn, invece, rappresentava paesaggi estesi, soggetti complicati, e benchè fosse solo una bambina, aveva una capacità impressionante nel disegno. 
Questa sua passione non la rendeva dolce e buona, però. E io non ero da meno. Litigavamo in continuazione, che fosse per la Barbie o per la gomma, a volte anche per chi doveva uscire per prima dalla porta. 
Ma bastava anche che un solo bambino la facesse piangere, ed io partivo in sua difesa. Il carattere stile Lima Heights mi ha sempre caratterizzato, e anche da bambina mi cacciavo facilmente nei guai, specialmente perchè rispondevo male, o perchè mi arrabbiavo facilmente. Insomma, eravamo come Tom e Jerry. Litigavamo continuamente, ma non sapevamo stare separate.
Crescendo, era diventata quasi una mia parente. Viveva praticamente a casa mia, a Lima, dato che i miei genitori erano costantemente assenti e i suoi troppo impegnati con i rispettivi amanti per prepararle il pranzo, o anche solo per un breve saluto quando rientrava da scuola. Era lei, la mia famiglia. Ed io ero la sua. 
Avevo fatto aggiungere un letto in camera mia per poterla far stare comoda. Tenevo molto a lei, anche se non lo dimostravo. "Niente abbracci, né baci, né piantarelli insieme, a meno che non sia per la morte di un familiare stretto davvero importante o quando passa in televisione la puntata di Grey's Anatomy in cui muore Derek." 
Avevo stabilito. E lei aveva accettato, senza alcun ridire, perchè sapeva che era già tantissimo che la lasciassi assistere al mio pianto disperato con tanto di vagabondaggio per casa con una candela in mano per colpa di McDreamy.
Dopo il diploma ci eravamo trasferite a New York, e dividevamo la casa. La sua passione per l'Arte passò, come la mia fissazione per la Matematica.
Avevamo avuto molte discussioni, quelle  così serie da non farci parlare per giorni si contavano sulle dita di una mano. Erano due, precisamente.
Quando aveva tradito Finn con Puck, rimanendo incinta, e quando avevo lasciato il Glee per Le Note Moleste. 
"Niente, comunque, potrebbe allontanarci per sempre" mi ripeteva, ogni volta che facevamo pace dopo un litigio.
Non credevo troppo a questa affermazione. Difatti ero terrorizzata al pensiero di doverle dire che ero lesbica. Pensavo che l'avrei persa. Ancora ricordo, quel giorno. 
Avevamo 16 anni, ed eravamo a casa mia. Ero seduta sul mio letto a gambe incrociate, lei invece era appoggiata sulla scrivania. Le avevo detto di doverle dire una cosa importante, e lei era subito scattata, paurosa che fosse successo qualcosa di grave. Batteva ripetutamente il piede a terra, suo classico segno di impazienza e ansia o rabbia. Dopo cinque minuti passati a fissare la fantasia del mio piumone, che avevo trovato improvvisamente interessante, avevo preso coraggio e parlato. O la va, o la spacca.
Avevo alzato lo sguardo lo sguardo, fissandolo nei suoi occhi.
"Sono lesbica" avevo detto, con le lacrime in procinto di scendere.
La sua reazione fu decisamente inaspettata. 
Senza dare il minimo segno di emozione, si era voltata e aveva cominciato a frugare nel suo zaino, recuperando un quaderno completamente nero e pieno di fogli, e me lo aveva passato. Poi aveva preso il suo cellulare dalla scrivania. Aveva composto un numero, rimanendo impassibile, mentre cominciavo a scorrere le pagine.
"Pronto? Sì, Puck?" Aveva detto, mentre si guardava le unghie "Mi devi 50 dollari, cazzone." Poi aveva attaccato, lanciando il suo cellulare e stritolandomi, dicendo "Grazie San! Ora posso comprarmi quel paio di jeans!" Io, ero sconvolta. In quel quaderno c'erano foto che mi ritraevano a fissare parti non appropriate di alcune ragazze a scuola, con su scritto ora, data e didascalie varie. C'erano varie teorie e persino una traccia dei miei spostamenti. Mi ero girata verso di lei dopo qualche minuto, che tutta allegra digitava qualcosa sul cellulare, con la bocca spalancata.
"Ma cosa cazzo sei? Una stalker?"
"No, una donna d'affari."
Dopo qualche minuto aveva ripreso parola, notando il mio stato di tensione, dato che non sapevo se era favorevole o no
"Ehi, calma S, a me va più che bene. Nessun problema. Resti sempre mia sorella." Aveva sussurrato, accarezzandomi la guancia. Le ero saltata addosso, abbracciandola. "Anche tu sei mia sorella, Lucy Q."

Pensando a quel giorno mi veniva sempre un pò da piangere. Non so cosa avrei fatto se l'avessi persa. 
Salii le scale e uscii dal sotterraneo. Non volevo rimanere li dentro più del necessario, e il necessario erano gli interrogatori di Quinn. Chiusi la porta dietro le mie spalle e guardai l'ora: le 19.00. Avevo tempo per un sonnellino prima della festa, così misi la sveglia alle 20.30. Nemmeno il tempo di coricarmi sul divano che mi addormentai come un sasso.
-
Freddo.
Gelo.
"SONO SVEGLIA! SONO SVEGLIA SONO SVEG-" Non terminai nemmeno la frase, dato che caddi letteralmente giù dal divano per lo spavento.
"Brutta idiota, sono le 21.15!" Mi strillò Quinn nell'orecchio, ancora con il secchio in mano.
"FABRAY!" Mi sollevai di scatto "MA TI PARE IL MODO?" Continuai a gridare, mentre tremavo.
"Sono 10 minuti che provo, ma a quanto pare ti svegli solo con l'acqua ghiacciata." Alzò le spalle. "Userò questo metodo più spesso. Comunque, Chanel è qui fuori, io devo andare, è tardissimo, ti invio l'indirizzo per messaggio" Disse sbrigativa, mentre prendeva le sue ultime cose e usciva dalla porta
"Chi cazzo è Chanel?!" Fu la mia unica risposta.
-
Dopo 20 minuti ero pronta, avevo optato per dei jeans grigi e una maglietta bianca con qualche disegnino, e portai il mio giubbotto di pelle, molto sul semplice. Controllai il mio cellulare, dove trovai quale strada seguire per arrivare a casa di questa "Chanel".
Chiusi a chiave, scesi le scale e presi la mia amata moto, accesi e partii.
Non era molto lontano, massimo cinque minuti. Appena scesi, il mio telefono vibrò. Un messaggio da Quinn. 
'Siamo al tavolo delle bevande, sulla sinistra del salone. Muoviti, stanno finendo la tequila.' 
Appena letto mi precipitai dentro, scansando qualche ragazzino di qua e di là.
Individuai Quinn dopo dieci minuti buoni
"Ehi, Lucy." Mi posizionai vicino a lei, mentre mi passava uno shot. 
"Allora, dov'è questa 'Chanel'?" Chiesi, incuriosita
"A ballare con i suoi amici" Mi indicò una ragazzetta nella pista.
"Quinn?" La chiamai, dopo qualche secondo
"Perchè questi ragazzini sembrano avere 15 anni?" 
"Perchè hanno 15 anni, Santana."
Annuii, prendendo un altro bicchierino.
"Siamo finite ad una festa di liceali, non è vero?"
"Già."
Ci guardammo e scoppiammo a ridere contemporaneamente, avevamo le lacrime agli occhi.
Poi, improvvisamente, tornai seria.
"Aspetta, questo vuol dire che Chanel ha 15 anni?"
"Sì." Borbottò, con lo sguardo fisso a terra
Presi un minuto per assimilare la cosa.
"Quinn." Cominciai, mettendole una mano sulla spalla. "Tu lo sai che io ti ho sempre supportato. Quando hai scelto Harvard anzi che Yale, quando mi hai detto che giocavi nella mia squadra, quando sei rimasta incinta. Giusto?" Annuì. "Bene. Ma ti assicuro che non ti supporterò mentre ti comporti come una pedofila." Le lasciai un paio di pacche, aspettando una sua risposta.
"Mi aveva detto di avere 18 anni."
"Avanti Fabgay, sì, le tipe che porti a casa sono molto discutibili, ma pensavo che fosse un problema dei tuoi gusti, non un problema di vista. Si vede da tre chilometri che quella lì ha iniziato a malapena il liceo." Indicai Chanel, che stava tentando di essere sexy, ma risultava solo veramente impacciata.
"Senti, quando l'ho conosciuta ero brilla e lei sembrava carina, mi ha detto di avere 18 anni e me la sono portata a letto. Fine della storia. Però poi qualcuno ha bruciato le lenzuola davanti a lei." Mi rimproverò molto velatamente.
"Oddio. Era lei?" Annuì. "Sarebbe dovuta fuggire spaventata, non invitarti a casa sua."
"È strana." Alzò le spalle. "Ha detto che le sei sembrata una ragazza davvero in gamba e voleva farti conoscere sua sorella."
"Certo, e quanti anni ha? Dieci?" La guardai scettica. "Magari potremmo giocare con le Barbie insieme." 
"Veramente ha smesso di giocare con le Barbie da tanto tempo." Disse una voce.
Mi voltai, trovandomi dietro Chanel con un bicchiere di liquore in mano, troppo distratta dalle sue coetanee per notare chi fossi.
"Tu non sei un pò piccola per quella roba?" Mi misi a braccia conserte
"E tu non sei un pò grande per farti i cazzi miei?" Rispose a tono, ignorandomi
Rimasi per un secondo a bocca aperta.
"Però, hai trovato qualcuno più idiota di Puck, complimenti Quinn." Mi voltai verso la bionda, applaudendo.
"Immagino come sarà tua sorella, se tu sei così." Ritornai a rivolgermi alla ragazzina.
Lei si voltò, e spalancò gli occhi.
"Io e lei siamo completamente diverse. Scusa se mi sono rivolta così prima, non credevo fossi Santana Lopez."
"La mia fama mi precede. Come fa un gruppetto di cheerleader e giocatori di Football a conoscermi?" Domandai
"Beh, sei Santana Lopez. Regina dei locali gay di tutta NY."
"Vedo che siete informati." Sorseggiai un Martini. "Allora, Chanel. Raccontami di tua sorella." Proposi incuriosita, mentre Quinn mi guardò implorandomi con lo sguardo di non farmi raccontare niente.
"Beh. Si chiama Rachel. Castana, bassa, occhi nocciola. Canta benissimo ed è nel Glee della scuola."
"Età?" Chiesi, di scatto.
"Diciotto."
"Diciotto diciotto, o diciotto-quindici?" Chiesi, con il sopracciglio alzato. Lei arrossì, imbarazzata. "Diciotto diciotto."
Mi grattai il mento, fingendo interesse. Mi divertiva vederla tesissima, speranzosa di avere Santana Lopez come cognata. Quinn invece era immersa nei suoi pensieri.
"Nah." Vidi la luce nei suoi occhi spegnersi. "Mi piacciono le bionde." Alzai le spalle.
Chanel, delusa, se ne andò. 
"Sei stata una stronza, Santata." Parlò Quinn
"Cosa? Non le ho dato false speranze, ho fatto bene." Esclamai, convinta
"Sì, certo, come no. Comunque, io me ne vado."
"E io ti seguo, Lucy."
Stavamo per avviarci alla porta, quando si bloccò, mordendosi il labbro.
"Prima devo sistemare le cose con Chanel." Mormorò
"Hai ragione. Ti aspetto a casa."
Lei si voltò, prendendo un respiro profondo e camminando verso Chanel. Io andai verso la porta. Che festa schifosa.
E poi, di nuovo quella sensazione. 
Freddo.
Gelo.
Ma sta volta non era stata Quinn.
La mia maglietta era ricoperta di granita alla fragola. Cominciai a contare nella mia testa, cercando un solo motivo per cui non avrei dovuto uccidere l'idiota davanti a me. E non ne trovai. 
Aprii gli occhi, precedentemente chiusi per cercare di non commettere un omicidio. 
Davanti a me trovai un ragazzo con la giacca dei giocatori di Football, ancora con il bicchiere vuoto in mano. Aveva uno sguardo mortificato. Ma non mi fece per niente pena.
"Oh mio Dio, scusa, ti avevo scambiata per un'altra, davvero, non volevo."
Le sue scuse mi stavano solo dando fastidio. Stavo per insultarlo in tutti i modi possibili, quando mi si parò davanti il motivo per cui non ucciderlo.
"Cristo, Stan, ma che cazzo hai combinato?" Una ragazza. Bionda, alta. Fisico perfetto. In un minuscolo gonnellino. 
Mi leccai le labbra.
"I-io non vo-volevo." Alzò le mani, cercando di scusarsi con lo sguardo. "Io l'ho sempre detto che questa cosa delle 'Slushiate' è una grandissima stronzata." Lo guardò con rimprovero. "Parlerò con la coach." Il ragazzotto sembrò risvegliarsi.
"No, Brittany, non puoi farlo. È accaduto fuori scuola." Disse, nervosissimo.
"Infatti questa è la goccia che ha fatto traboccare vaso. Parlerò delle volte in cui è successo a scuola. E ora sparisci, o parlerò anche con Clinton." 
L'idiota si liquidò all'istante, borbottando delle scuse.
"Perdonali, sono degli stupidi. Vieni, ti porto in bagno così ti dai una pulita."
Mi prese per mano, e sentii una scossa. Decisi di ignorarla, mentre mi trascinava oltre una porta. La chiuse a chiave, e si piegò per prendere delle cose. Non potei fare a meno di fissare il suo fondoschiena perfetto.
"Allora, come ti chiami?" Spezzò il silenzio
"Santana. Santana Lopez." 
"Brittany. Santana, è ispanico?" Notai che non mi disse il suo cognome, ma lo ignorai.
"Sì." 
Si sollevò di scatto, mostrandomi una felpa nera con delle scritte. 
"Non ho di meglio a portata di mano, scusami."
"No, figurati, andrà più che bene questa. Grazie mille."
Mi tolsi la maglietta sporca, rimanendo in reggiseno davanti a lei. Spalancò gli occhi, fissandomi il seno. Feci un sorrisetto.
"Quanti anni hai, Brittany?" Chiesi, mentre cercavo di pulirmi con una spugnetta.
"Diciotto. Tu?" Chiese, spostando lo sguardo al mio riflesso allo specchio.
"Ventitre. Sei una senior, quindi?"
"Sì. Grazie a Dio."
"Perchè?"
"Sono in scuola di idioti. Non fanno altro che tirare granitate e fare i bulli."
"Anche nella mia scuola facevano così" Constatai. "Ma io ero sia una cheerleader che una del Glee, perciò ero quasi intoccabile." Alzai le spalle, mettendomi la felpa.
"Beh, allora grazie, Brittany." Le sorrisi, aprendo la porta.
"Lo sai che i delfini sono squali gay?"
Mi voltai, davvero confusa.
"Come?"
"Oddio, scusami, niente. Ho fatto la figura dell'idiota. È che non volevo che te ne andassi subito, mi piaci." Borbottò a testa bassa, rossa.
Sorrisi dolcemente. Mi avvicinai a lei, alzandole il mento con due dita, mentre lei mi prendeva l'altra mano.
"Ehy, Britt." Arrossì ancora di più al mio diminutivo. "Ecco il mio numero."
Presi un pezzetto di carta igieniga e una penna che mi portavo sempre dietro, scrivendo delle cifre. Glielo porsi.
"Chiamami quando vuoi, okay?"
Sorrise. E sembrò che tutto fosse perfetto.
Le lasciai un bacio sulla guancia, sentendo quanto fosse morbida e bollente la sua pelle.
"Ora vado. E poi ti devo riportare la felpa, no?" Le feci l'occhiolino. Mi lasciò la mano lentamente, rimanendo con quel sorriso adorabile.
"Ciao San" Disse. E fu il mio turno di arrossire.
-
Salii in sella alla mia moto, e tornai a casa. Trovai Quinn stesa sul divano a giocare con il cellulare.
"Ehy Q." La salutai brevemente, intenzionata solo a mettermi a letto odorando il profumo di quella felpa per tutta la notte.
"Santana." Mi chiamò preoccupata. Alzai gli occhi al cielo.
"Cosa? Che c'è? Non mi pare di aver dato fuoco a nessun lenzuolo." 
"Ti ho visto correre verso il bagno con una biondina che ti trascinava." Si fermò. "Tu sai chi è quella ragazza?"
"Brittany." Dissi, semplicemente.
"Quindi non lo sai." 
"Cosa dovrei sapere, Fabray?" Cominciai ad innervosirmi.
Dopo svariati minuti sospirò, decidendo di parlare.
"Ho promesso di non nominare mai più questo nome, anni fa. Ma sono costretta a farlo.Ti ricordi di Shyla? Shyla Pierce?"
"Sì." Risposi freddamente. Quell'argomento non era di certo tra i miei preferiti. "Quindi?"
"Brittany è sua sorella." Non indorò la pillola. Fu chiara. Cristallina. 
Ed io rimasi pietrificata. 
"Oh cazzo." Sussurrai.
Questo non era tra i piani.
   
 
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