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Autore: Elisir86    16/01/2016    1 recensioni
“Gilbert éramos amigos...” sussurrò sentendo il braccio congelare, “Appunto per questo che sono qui. Voglio darti il mio regalo...” l'albino si avvicinò ancor di più “...Un regalo speciale...” e l'alito freddo investì il viso dello spagnolo.
[FrUk - Spamano]
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

 

Aiuto! C'è un filo legato al mio mignolo!

 

 

 “...È un regalo speciale...” Francis tremò come mai aveva fatto in vita sua, gli occhi azzurri che non riuscivano a spostarsi da quelli rossi, si sentiva violato nell'anima.

La mano di Gilbert stretta sulla sua spalla era fredda e gli intorpidiva la pelle, i brividi aumentavano d'intensità ogni secondo che rimaneva attaccato a lui, “Mi spaventi così...” iniziò il biondo cercando di allontanarsi.

Sussultò sbattendo la testa contro la portiera quando anche l'altra mano si posò su di lui.

La guancia congelò subito come se avesse immerso metà faccia nel ghiaccio, “Stai tranquillo...” gli alitò in faccia facendolo tremare ancor di più, “...Mi ringrazierai per il resto della tua vita...” e lui non riuscì più a muoversi.

 

 

Francis spalancò gli occhi respirando profondamente come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento, allungò le braccia davanti a se cercando di cacciare via qualcosa -o meglio qualcuno- che lo aveva tenuto fermo fin a quel momento, le dita toccarono solo il volante.

Sbatté le palpebre mentre portava le mani al torace, sentì la stoffa pregiata della camicia sotto le dita, grattò nervosamente con le unghie sui bottoni bianchi aprendone due e infilando così due dita. Sentire la propria pelle e sotto di essa il battito veloce lo fece calmare.

Baise...” soffiò con la gola secca, portò una mano sul viso strofinandola sul pizzetto, incerto se andare o meno a toccare la guancia, allungò l'indice sfiorando appena la pelle e sentendola calda.

Baise...” sussurrò di nuovo tornando a guardarsi intorno. Era in auto fermo nel vialetto dei suoi genitori.

Da solo.

Il sedile del passeggero era vuoto, nessun morto dagli occhi rossi e dalle mani ghiacciate era seduto accanto a lui.

Dieu...” si era trovato a sospirare di sollievo, sentendosi un grande idiota per essersi spaventato per un incubo -probabilmente dovuto allo stress di quel periodo-.

Si portò i palmi sugli occhi strofinandoli, ridacchiò divertito di se stesso, “C'était un rêve...” sopirò “J'ai ne rêvé que Gilbert...”

Riportò le mani sul volante alzando lo sguardo sul parabrezza “Putain...” sobbalzò sbattendo un gomito sulla portiera e le ginocchia sul volante. Il viso di sua sorella, prima schiacciato sul vetro, si allargò in un sorriso allegro, “Cosa stai facendo lì dentro?”.

Francis si massaggiò il gomito “Marianne mi hai spaventato!” lei rise portandosi una mano tra i biondi capelli “Non dirmi che hai dormito tutta la notte in macchina!” lui annuì lentamente.

Eppure quando era uscito dalla casa dei suoi genitori non era così stanco, ricordava benissimo che si era appena seduto sul sedile quando aveva sentito la risata allegra di Gilbert.

Gilbert...lanciò uno sguardo ancora spaventato al posto accanto a se come se potesse vederselo comparire da un momento all'altro. Scosse la testa era stato solo un sogno. Solo un incubo.

Marianne gli aprì la portiera “Dai vieni a fare colazione, grand frère!” lui tornò a guardarla, indossava un pigiama rosa con mille fiorellini bianchi sui pantaloni e uno solo sul petto, “Si, forse del caffè mi farà bene...” mormorò.

Uscì dall'auto e solo in quel momento si accorse di un filo di lana di color rosso, che scivolava lungo il tappetino e che saliva lungo la sua gamba sinistra fino ad arrivare al suo dito mignolo, “E questo cos'è?!?” urlò alzando la mano davanti al suo viso.

Marianne lo guardava stranita “Cosa?” lui alzò gli occhi “Che razza di scherzo è?” cercando di slegare il nodo che però sembrava farsi sempre più stretto.

 

 

Francis e Marianne entrarono in casa discutendo animatamente, “Ti ho detto che non hai proprio niente sul dito!” la voce della ragazza echeggiò nella cucina insieme allo sbattere della porta, “Non prendermi in giro, hai perfino fatto il fiocco!” lui aveva alzato la voce come se la sorella non potesse sentirlo “Esigo di sapere dove arriva!” continuava a parlare mentre cercava di arrotolare lo spago per trovare l'altro capo. Ma quanto è lungo?

“Secondo me ti sei fumato qualche schifezza di Louis, perché qui non c'è nessunissimo filo tanto meno di lana!” esclamò la ragazza prendendogli la mano e muovendola come se fosse una bambola di pezza.

Lui stava per risponderle quando loro madre, Aline, entrò in cucina avvolta dalla sua vestaglia color rubino, i capelli biondi come quelli dei figli le ricadevano morbidi sulle spalle. “Francis, sei venuto a trovarci?” chiese la donna con un splendido sorriso, “Macché l'ho trovato che dormiva in macchina...” il ragazzo diede un pizzicotto sulla guancia a sua sorella lasciandole un segno viola.

La madre alzò gli occhi al cielo, domandandosi quando i suoi figli avrebbero smesso di comportarsi come dei bambini, “Miel, se eri così stanco potevi rimanere qui nella tua stanza.”

Francis sospirò, la sua vecchia stanza, quella dove non dormiva da quando aveva l'età di ventun anni, e che sua madre si ostinava a tener in ordine, era sicuro che c'era ancora l'elicottero giocatolo che aveva costruito in quarta liceo per un progetto scolastico. “Non ero stanco, maman. Ho solo…” deglutì a fatica non sapendo cosa dirle, perché esattamente cosa fosse successo non lo sapeva nemmeno lui. Parlare di Gilbert dopo tutti quei anni forse avrebbe messo a disagio sia sua madre che Marianne e a lui avrebbe fatto male, gli avrebbe ricordato tutto quel dolore che aveva provato in quella giornata e quelle dopo, per cosa poi? Per un incubo che lo aveva preso alla sprovvista appena seduto sul sedile?

Scosse la testa, “Non importa! Maman, dove sono le forbici?” chiese lanciando uno sguardo di fuoco alla sorella, “Nel secondo cassetto, Mon chéri. Ma a cosa ti servono?” Aline si era seduta dopo essersi presa una tazza di caffè e mettendosi gli occhiali aveva iniziato la lettura di uno dei tanti romanzi rosa che riempivano la casa.

“Come per cosa?!” esclamò più che esasperato Francis “Per questo stramaledetto filo! Marianne l'ha legato troppo stretto e il nodo non si disfa!” alzò la mano mettendo in risalto quel ridicolo fiocco di lana rossa che stonava sul suo splendido mignolo.

La sorella gonfiò le guance “Ti ho già detto che non esiste nessun spago!” soffiò come una gatta, “Marianne!” la sgridò la madre mettendo a tacere sia lei che il figlio -che ingoiò la risposta acida-. Mosse lo sguardo lungo la manica della camicia del figlio, arrivando al polsino rigido, osservò ogni millimetro della pallida mano dove non vedeva nessuna imperfezione e soprattutto dove non c'era traccia di fili rossi o cordoni.

“Fai quello che devi fare, Francis...” sorrise prima di tornare alla lettura, il suo secondo figlio non era mai stato un tipo da allucinazioni e non si era mai drogato, e il fatto che vedesse qualcosa che non esisteva la preoccupava ben poco, probabilmente erano i postumi della sera prima.

Sentì armeggiare nel mobile dietro e vide con la coda dell'occhio la figlia sedersi con in mano una brioche.

“Stiamo scherzando?!?” e quel urlo isterico fece sobbalzare le due donne, quando entrambe guardarono dalla parte del ragazzo videro chiaramente le lame spezzate.

 

@

 

Antonio spalancò gli occhi e la bocca in cerca d'aria, portò le mani al collo graffiando la pelle come a volersi liberare da una ferrea presa che gli bloccava il respiro.

Quando un filo d'aria entrò nei suoi polmoni, lasciò alle mani di vagare tra le lenzuola fresche, si alzò di colpo con il busto, trovandosi improvvisamente con la pelle nuda e sudata a rabbrividire.

Spostò lo sguardo tutt'intorno con il terrore d'incrociare di nuovo degli occhi rossi, ma tutto ciò che incontrò il furono le pareti color grigio antracite e i mobili scuri che ammobiliavano la sua camera.

Si portò una mano sul viso iniziando a ridacchiare, per un attimo aveva pensato di trovare Gilbert accanto a lui, aumentò la risata sentendosi un perfetto idiota.

Esa estúpida idea... Él murió...

Piano la risata scemò diventando pesanti respiri, Antonio non aveva intenzione di piangere di nuovo per l'amico, non dopo che aveva passato mesi di depressione, non dopo tutti quei anni.

Si portò la mano sul braccio dove aveva ancora l'impressione di sentire la presa ferrea di Gilbert, scosse di la testa poteva un sogno spaventarlo tanto?

Hola!” suo cugino spalancò la porta della stanza facendolo sobbalzare, Antonio quasi urlò dallo spavento mentre come di riflesso si strinse le lenzuola sul petto.

“Ma dico, sei scemo?” sbatté le palpebre cercando di ricordarsi il motivo di Manuel in casa sua, “Speravo in un ringraziamento migliore, visto che ho trascinato il tuo culo fino a qui e senza farmi notare dallo zio...” come non detto.

Antonio sorrise circospetto, non si ricordava di essere arrivato a casa e tanto meno di aver avuto aiuto da suo cugino, l'ultima cosa era che si stava allacciando i pantaloni dopo il lavoretto di quella biondina e poi era arrivato Gilbert.

Gilbert…

Lasciò la presa dalle lenzuola improvvisamente consapevole di essersi addormentato nel retro del locale -dove era certo, non sarebbe mai più tornato dopo una figura del genere- “Mi hai trovato tu?” chiese sapendo già che la risposta non sarebbe stata positiva.

“Oh, amigo, quando un barista mi ha avvicinato per informarmi che mi hermano era ubriaco marcio nel magazzino, io non ci potevo credere!” Manuel fece un passo all'interno della stanza “Stavo morendo dal ridere mentre ti contorcevi come un verme sul pavimento mugugnando qualcosa No, no...amici...e cazzate del genere.”

Antonio fece una smorfia, che parenti meravigliosi che aveva!

“Comunque non ti avrei mai lasciato la da solo -la prossima volta chiama anche me, non ho praticamente toccato alcol ieri- e così ti ho caricato in spalla e portato qui. A proposito, non metterò mai più le mani nelle tue tasche, ma che cazzo ci metti dentro per ridurle in quello stato?” Manuel gli scoccò uno sguardo disgustato ricevendo come risposta una risata “Oh, io non vengo a chiederti perché continui a riempirti le tasche di bustine di zucchero!”

Il cugino scosse la testa, era impossibile rimanere arrabbiati con Antonio soprattutto se sorrideva: la sua allegria era contagiosa. “Alzati va, ti ho preparato la colazione, anche se sono già le una di pomeriggio, e io voglio tornamene a casa per farmi un bellissimo bagno rilassante e poter dormire nel mio comodissimo letto.”

Antonio annuì alzandosi in piedi e stiracchiandosi con le braccia, “E questo che cos'è?!?” esclamò guardando un filo rosso attaccato alla mano sinistra penzolare sul suo viso.

 

@

 

Papa, anche tu ti ci metti in questo scherzo?!” Francis non ci poteva credere, suo padre che stava tranquillo sulla sua poltrona a mangiare una fetta di torta gli aveva appena assicurato che non vedeva niente di strano sulla sua mano.

Valentin sospirò guardandolo negli occhi “Tuo fratello ti ha dato qualche strana pasticca?” la voce seria e ammonitrice “No! Certo che no! Non prenderei nemmeno un bicchiere d'acqua offerto da lui!” fece una smorfia inorridita sottolineando la veridicità dell'affermazione.

Suo padre si rilassò tornando a mangiare il proprio dolce “Allora smettila con questa assurda storia del filo rosso, tua madre sta iniziando a preoccuparsi e presto chiamerà il suo psicologo per farti fare una seduta.”

Francis si portò esasperato le mani tra i capelli, gli mancava lo strizzacervelli!

Marianne entrò in quel momento vestita di tutto punto, un sorriso raggiante stampato in faccia “Io esco, vado a trovare Savannah!” lanciò uno sguardo al fratello, “Poi verrò alla tua sfilata...non vedo l'ora di vedere la nuova collezione!” trillò battendo le mani.

Francis spalancò gli occhi stringendo le mani sui capelli rischiando di tirarli con troppa foga “Ah, me ne ero dimenticato!” urlò in preda a una crisi “Non posso andarci con sta cosa sulle mani! La mia carriera finirà nel giro di poche ore!”

Valentin appoggiò il piattino sul tavolino alzando di nuovo lo sguardo sul figlio “Francis, ti ho detto di smetterla con questa storia. Sto iniziando a perdere la pazienza.” lo ammonì con voce e occhi. Marianne si sentì a disagio, iniziò a muovere nervosa stropicciando la corta gonna verde mentre lanciava occhiate al fratello. “Perché non vai a casa?” loro padre si era alzato e sorrideva tranquillo “Ti fai una doccia, ti cambi -magari ti fai anche la manicure- e vedrai che alla fine sarai più calmo.” gli mise le grandi mani sulle spalle “Sono sicuro che sei agitato perché per la prima volta ti troverai anche stilisti europei di grande portata.”

Francis fece una smorfia, anche lui era famoso quanto loro ma non aveva mai avuto un confronto diretto sul campo e forse, forse, temeva quella prova. “Ma tu sei giovane molto più di loro, capisci meglio i compratori d'oggi. Saprai eguagliarli se non addirittura superarli!” la voce di suo padre era rassicurante e involontariamente si sentì meglio.

Annuì alzandosi a sua volta, “Non ho paura di quattro vecchi!” esclamò facendo ridere l'uomo “Così si parla Francis!” la poderosa pacca sulle spalle quasi lo fece cadere.

 

 

Marianne si guardò allo specchietto accertandosi di non aver niente fuori posto “Sei stato gentile a darmi un passaggio.” Francis ridacchiò “Scherzi? Non potevo di certo lasciarti camminare tutto il tragitto con quei tacchi!” lei gonfiò le guance come una bambina, “Non sono poi così alte...” mise lo specchietto nella borsetta “...E comunque, dopo che hai dato il due di picche a Savannah pensavo che non volessi più vederla.”

Lui sbuffò “Non è il mio tipo per una semplice cosa: est une femme.” sua sorella rise divertita dell'affermazione, loro due si confidavano tutto ed era bello poter contare su qualcuno anche nei momenti difficili anche se ogni tanto Marianne faticava a capire i problemi di suo fratello -lei era un tipo più diretto- o viceversa.

Un tempo c'era stato anche Louis con loro, pronto a dare i suoi consigli da fratello maggiore, poi era arrivata Evelyn, il matrimonio e il divorzio solo due mesi dopo. Louis nel giro di pochissimo tempo si era allontanato da loro, decidendo di seguire le persone sbagliate e quando loro due se ne erano accorti era ormai troppo tardi.

Francis si domandò cosa avrebbe detto il vecchio Louis riguardo al filo rosso, per un attimo s'immaginò il viso bello del fratello -non quello scavato di ora- e il suo sorriso rassicurante, le labbra che si muovevano in un “Se lo puoi vedere solo tu, seguilo e guarda dove ti conduce...”

“Ecco! Fermati qui!” Marianne lo riportò alla realtà la vide indicare una profumeria “Abbiamo appuntamento qui! Devo comprarmi assolutamente il profumo di Dior, l'ho quasi terminato!” si voltò a guardarlo con gli occhi ridenti “Quando vedrò il tuo nome su una bottiglietta, stai sicuro che sarò la tua consumatrice numero uno!” gli diede un bacio sulla guancia lasciandogli il segno.

Francis rise parcheggiando l'auto, “Senti ma questo filo...” la bloccò prima di farla scendere, lei corrugò la fronte stava perdendo la pazienza, “Ancora?” chiese con voce alterata, lui abbassò lo sguardo sul volante “Davvero non lo vedi?”

Marianne si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, fece un cenno con la mano all'amica che era rimasta a debita distanza, “Ascolta, io non riesco a vederlo, mamma e papà non lo vedono e probabilmente nemmeno Savannah.” si lisciò la ginna “Con questo non voglio dire che sei impazzito all'improvviso, forse tu lo vedi veramente o molto probabilmente ieri sera hai bevuto troppo e hai ancora degli effetti collaterali -anche se stanno durando eccessivamente-, perciò vai a casa e cerca di rilassarti.” aprì la portiera ritornando a sorridere “E vedi di essere carico stasera!” gli diede un piccolo pugno sulla spalla e scese dall'auto.

Francis sorrise appena mentre la portiera veniva chiusa, i suoi occhi tornarono a fissare il mignolo: quel filo rosso era ancora lì.

 

@

 

Antonio all'inizio l'aveva preso bene quello scherzo, si era messo perfino a ridere, ma dopo aver visto lo stato in cui si trovava il salotto stava perdendo la pazienza.

Manuel da parte sua non lo stava aiutando affatto, rimaneva seduto a guardarlo perplesso come se si trovasse davanti un asino volante. “Te lo dico per l'ultima volta, questo disastro lo sistemi tu visto che è opera tua!” lanciò le forbici sul tavolino da caffè, ormai completamente rotte.

Com'era possibile che tre paia di forbici -e ora doveva andare a comprarne delle nuove- si fossero rotte per tagliare quel dannato filo rosso.

Non che amasse quel colore, ma trovarsi uno spago in giro per il proprio appartamento avvinghiato ai suoi costosissimi mobili, non gli piaceva affatto.

“Io non ho fatto proprio nulla, se non spaccarmi la schiena a dormire su questo divano.” Manuel accavallò le gambe osservando la forbice completamente distrutta -manco fosse stata colpita ripetutamente da un masso- “Secondo me ieri hai bevuto un drink corretto con una buona dose di droga.”

Antonio si fermò improvvisamente con gli occhi spalancanti, poteva essere una ragione per cui lui continuava a vedere un filo indistruttibile di cui Manuel negava l'esistenza. Oppure suo cugino lo stava prendendo in giro!

Assottigliò lo sguardo “Non ci provare a trovare scuse!” si piantò davanti a lui incrociando le braccia “Ora, mi sleghi questo nodo e poi pulisci tutto, claro?”

Manuel rifletté un attimo, cercando di capire se era il caso di dar corda al cugino e così trovare una soluzione a quella improvvisa pazzia.

“Va bene, va bene. Ma prima mangiamo, ho una fame!” si stiracchiò avviandosi alla zona cucina mentre la soluzione più orribile si faceva spazio tra i suoi pensieri.

Scosse la testa, di sicuro avrebbe trovato altro, magari poteva addormentarlo con un po di sonnifero...

“COSA HAI FATTO ALLE MIE PENTOLE???” l'urlo -Manuel ne era sicuro- fu udibile in tutto il quartiere.

 

 

La terribile e spaventosa soluzione con il nome di Gustavo Fernandez Carriedo stava sorseggiando il proprio caffè seduto sul divano accanto a Manuel.

Antonio in piedi davanti al televisore al plasma guardava con astio il proprio cugino -che a dirla tutta sembrava una statua di marmo da quanto era rigido-, ma come aveva potuto chiamare suo padre?

Gustavo appoggiò la tazzina, “Antonio pensi ancora di essere un bambino per fare tutti questi capricci?” gli occhi severi puntati in quelli del figlio “Yo no soy un niño!”

L'uomo irrigidì i muscoli facciali “Tuo cugino mi ha chiamato spaventato dal tuo comportamento, pensi che non abbia sentito i tuoi scatti d'ira al telefono? E ora arrivo qui e tutto ciò che mi hai detto è che Manuel ti ha messo in disordine l'appartamento con un filo...”

Antonio pestò i piedi “Ed è vero! Non lo vedi anche tu? Eppure è rosso come la tua stupida polpa di pomodoro!”

“Non vedo proprio niente fuori posto a parte te.” Gustavo si alzò mostrando la sua enorme stazza “Io capisco che ti vuoi divertire, che ti senti ancora un adolescente, ma devi capire che ormai hai superato i trentanni e che devi diventare un uomo.” assottigliò lo sguardo “Qualsiasi cosa ti sei preso ieri sera o stamattina chiuderò un occhio, ma tu devi crescere. Pensi di farcela?”

Antonio abbassò lo sguardo furioso, suo padre lo trattava come un ragazzino.

“Non ho preso un accidente ieri sera! È Manuel che mi ha fatto questo...” si bloccò nel momento in cui realizzò che suo padre era un uomo concreto e non avrebbe mai dato corda a uno stupido scherzo come quello.

Deglutì guardandosi il mignolo, se suo padre diceva che non c'era nulla nella stanza allora era vero, “Papà, davvero non vedi il filo?” chiese con un filo di voce.

Gustavo si mosse spazientito ma colse al volo l'opportunità di poter raddrizzare suo figlio, “Se ti do una risposta tu farai tutto ciò che ti dirò io?” Antonio strinse i denti, sapeva che suo padre gli avrebbe dato ordini solo per il lavoro -al massimo poteva arrivare a proibirgli di andare a zappare la loro terra- e non si sarebbe permesso di mettersi nella sua vita privata, ma gli dava fastidio.

Aveva bisogno di sapere se effettivamente esisteva quel odioso filo?

Merda si!

“Va bene...” ringhiò lanciando fulmini dagli occhi, Manuel deglutì consapevole di essere finito nella lista nera del cugino. “No, ese hilo tuyo mucho no existe.”

Antonio sbiancò, non esisteva nessun filo, nessuno lo vedeva, si sedette sul tavolino improvvisamente le gambe gli tremavano.

...El diablo maldito me...

 

@

 

Francis allungò la mano sinistra verso Alicia, la sua segretaria, lei si sistemò gli occhiali perplessa “Non noti niente?” chiese lui con una strana angoscia. La donna sbatté le palpebre un paio di volte continuando ad osservare la mano “Sinceramente no.” tornò a guardarlo in viso “Oh, ti senti pronto per il quel passo?” chiese sorridendo.

Personalmente non pensava che Francis fosse un uomo fedele e anzi era convinta che per lui la parola fidanzamento fosse bandita dalla sua vita, ma per quale altro motivo le faceva vedere la mano sinistra se non per farle capire che voleva una fede al dito.

Forse sentiva che stava diventando un adulto, che presto avrebbe compiuto trentun anni e che che in un batter d'occhio sarebbe arrivato ai quaranta senza nessuno accanto.

Francis la guardò confuso “Quale passo?” era rammaricato che anche lei ignorasse il fiocchetto rosso al mignolo, ma in un certo senso confortato perché Alicia non era una donna che stava agli scherzi di sua sorella e perciò magari i suoi non avevano mentito.

Quel maledetto filo lo vedeva solo lui.

Lei smise di sorridere “Ti sei fidanzato?” lo guardò con i suoi occhi indagatori, lui abbassò la mano sconvolto “Ma come ti viene in mente una cosa del genere?” rabbrividì al solo pensiero.

“Allora perché mi fai vedere la mano?” lui rimase in silenzio mentre guardava i modelli fare le prove della sfilata, in quel momento Feliks camminava sulla pedana con movimenti sensuali e sguardo provocante. Era veramente perfetto.

“Stavo pensando a una linea di cosmetici...” mormorò assaporando ogni passo di quel giovane, Alicia s'illuminò come sempre ad ogni novità “Voglio iniziare questo progetto da lunedì, contatta chiunque serva per poter creare profumi e creme.” lei annuì con vigore.

 

 

 

 

Appunti:

 

Francis:

 

Si portò i palmi sugli occhi strofinandoli, ridacchiò divertito di se stesso, “è stato solo un sogno...” sopirò “Ho solo sognato Gilbert...”

 

 

Antonio:

 

Che idea stupida...Lui è morto…

 

Francis e Marianne:

 

Lui sbuffò “Non è il mio tipo per una semplice cosa: è una donna.” sua sorella rise divertita dell'affermazione

 

Antonio e Gustavo:

 

Io non sono un bambino!”

 

No, quel filo di cui parli tanto non esiste.”

 

...Il diavolo mi ha maledetto…

 

 

Angolino dell'autrice

 

Ed ecco il secondo capitolo! Spero con tutta me stessa di non avervi deluso!

Devo dire che speravo di poter scrivere qualcosina di più, ma non sono una fan dei capitoli lunghi :P

 

Comunque chiedo scusa per errori di ortografia, lessico e punteggiatura.

 

Ringrazio tutti coloro che hanno letto, messo la fanfic tra le ricordate, seguite, preferite e un abbraccio a Lady White Witch che ha recensito che è colei che mi ha fatto ricredere sulla coppia FrUk e che mi ha ispirato per iniziare questa storia!

 

Al prossimo capitolo

Elisir

  
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