Six
Shots by Moonlight
Le
tenebre notturne sono ormai discese, dopo un crepuscolo purpureo di
terribile presagio; a grandi falcate le ali delle nubi, nere come la
pece, hanno cinto in un funesto abbraccio la melanconica luna di
Yharnam, unica regina dei cieli e nostro unico, terrificante, lume.
Nessuna traccia del mio compagno, tuttavia. Non riesco a trovarlo
sebbene abbia messo a soqquadro tutta la città correndo
innumerevoli
rischi. Mi sento perso senza il suo appoggio. Non è molto
sicuro che
io vaghi ancora per le strade tutto solo, sarà meglio
fermarsi un
attimo e fare mente locale di tutti i posti che ho già
perlustrato e
di quelli che mi restano da perlustrare. Mi fermo in un posto isolato
dell'acquedotto principale abbastanza tranquillo; sebbene riesca a
udire chiaramente il grugnito di una belva dalla mole enorme nelle
vicinanze, qui non corro alcun pericolo: l'unico ingresso è
un'entrata troppo piccola affinché un mostro simile possa
passare e
come se non bastasse un'altissima scala mi porterebbe in alto, al
riparo da qualsiasi minaccia.
Non
sono mai stato un tipo di molte parole, bensì un cacciatore
laconico
e solitario dedito interamente alla propria missione e l'unico che
riusciva a capirmi era proprio il mio compagno. Con lui non avevo
neppure bisogno di parlare, c'era un'intesa perfetta e formavamo un
duo meraviglioso. Lui ha sempre rappresentato il mio sostegno, ed
è
certamente grazie a lui se ho appreso l'arte della caccia e sono
sopravvissuto tanto a lungo. Ultimamente però…mi
sento stranamente più affine alle belve che agli uomini.
Non capisco cosa mi stia succedendo. Sarà forse il clima
opprimente
e tetro, la caccia stessa, il sangue e probabilmente anche l'assenza
del mio compagno. Ma dove te ne sei andato? Perché ti sei
allontanato da me in quel modo, l'ultima volta? Sospiro, stanco e
nervoso, ed estraggo uno dei miei adorati coltelli da lancio e me lo
rigiro nelle mani in modo da rispecchiarmi nell'affilatissima lama,
osservando quel
viso afflitto e irriconoscibile che dovrebbe
appartenermi. Come posso essermi ridotto in questo stato? Non
sarò più un giovanotto, ma il mio aspetto
è davvero orribile anche
per la mia età, sembra peggiorare giorno dopo giorno, e
insieme al
mio corpo anche la mia anima mi pare giorno dopo giorno sempre
più
martoriata da un male interiore, un tedio, uno spleen, qualcosa
d'incurabile.
Ho
riflettuto abbastanza e preferisco non pensare alla mia metamorfosi,
piuttosto credo sia giunto il momento di proseguire ancora
più
avanti, in zone che non ho ancora esplorato. Risalgo con calma e
fermezza la lunga e fredda scala fino a giungere in un piccolo
spiazzo: c'è troppa quiete. Giacciono morti i corpi di un
bruto e di
un cittadino, deve esser passato qualcuno prima di me e neppure
troppo tempo fa. Che sia lui, dunque? Certo che deve esser stato lui.
Chi altro altrimenti? Non si vedono in giro cacciatori molto abili e
capaci di tali imprese ultimamente. Mi sento rincuorato e procedo
ancora, tenendo tuttavia la destra ben salda sulla mannaia dentata
aperta e grondante di sangue, sulla quale si riflette beffarda e
opprimente la luce della luna piena, che mi dà un certo
senso
d'inquietudine. Altri due cadaveri di uomini-belva intralciano il mio
cammino, entrambi brutalmente uccisi. Sono sempre più sicuro
che si
tratti del mio compagno. Risalgo velocemente la Tomba di Oedon,sempre
più convinto ed entusiasta di ritrovarlo.
Silenzio.
Un cupo silenzio echeggia tra le lapidi consunte e dimenticate, un
fortissimo odore di sangue pregna l'atmosfera appesantita da un'aria
umida e gelida, ormai un tutt'uno con le stagnanti esalazioni delle
carcasse; il tutto stinto da un pallido e fioco candore lunare
filtrato dalle agghiaccianti nuvole lugubri e nefaste, che sembrano
prender vita, incarnarsi in un qualcosa di più atroce e
incredibilmente animato e contorto che osserva la scena allo stesso
modo di uno spettatore a teatro che conosca già l'esito
tragico di
un'opera e imperterrito ne pregusta con sadismo l'atto finale, scena
dopo scena. Avanzo con cautela, attraversando una pozzanghera di
sangue mentre brividi e brutti presentimenti percorrono la mia
psiche.
"Gascoigne,
amico, sei qui? Per favore, fatti vedere!"-
urlo disperato con tutta la voce che riesce ad uscirmi fuori dalla
trachea, ma sono immediatamente costretto a soffocare le mie grida.
La mia voce… la mia voce non è più la
stessa, non è più calda e
gentile come un tempo, è diventata incredibilmente rauca e
simile al
ruggito delle belve. Non sono neppure
sicuro di aver pronunciato
correttamente ciò che volevo dire. Non aprirò
più bocca in vita
mia. Non voglio che mi esca un altro latrato simile, è stato
orripilante. Nessuno noterà la differenza, tanto sono Henryk
il
taciturno dopotutto, giusto? Inizio a ridere in modo isterico, ancora
incredulo di tutto ciò che sta succedendo. Le mie risa
vengono però
smorzate da un'atroce visione: un corpo disteso a terra in un mare di
fluido rosso e brillante, una belva che non avevo mai visto, simile
ad un licantropo ma….. Perché indossa i vestiti
strappati del mio
compagno? Non… Non può essere lui, ovviamente.
Sarà solo una
coincidenza, è così! È solo uno
scherzo di cattivo gusto giocato
dal destino, che sempre si diletta a tormentare i disperati!
Ad
una decina di metri di distanza ritrovo l'ascia da cacciatore, fedele
compagna del mio amico, gettata e ridotta in pessime condizioni,
nonché lambita dal sangue. Mi avvicino e guardo meglio.
È proprio
la sua. Perché si trova qui? Non avrebbe mai abbandonato la
sua
arma!
Comincio
a realizzare che forse non si tratta solo di una burla giocatami
dalla capricciosa Tyche, ma della più cruda e tremenda
realtà. No…
Non può essere, non questo.
Il cuore mi batte fortissimo, quasi a
voler schizzare fuori dal mio torace e raggiungo in fretta quel
cadavere. Tremo. M'inginocchio bruscamente a terra e con mano tremula
perquisisco i suoi abiti. In una tasca interna trovo una
fotografia
risalente a qualche anno fa che ritrae Padre Gascoigne e sua moglie,
sorridenti e felici, con in braccio la loro prima figlioletta di
pochi mesi. Quella foto… Ho scattato io quella foto, anni
addietro!
Amico! Amico mio cosa ti hanno fatto? Chi è stato? E Viola?
E le
bambine? Non puoi lasciarci così, Gascoigne! Mi rizzo in piedi e caccio un
grido spaventoso che rompe bruscamente
quel fastidiosissimo silenzio e si disperde nell'arena, giungendo
alla maledettissima luna che pare compiacersi del povero disgraziato
che si dispera per la morte di un amico. L'eco della mia voce
rimbomba in lontananza, svanisce e lascia posto a lenti e gravi
sospiri che si condensano nell'aria fredda. Ho troppe cose a cui
pensare. Come lo dirò a Viola? Dove sarà lei
adesso? Ma prima di
tutto voglio capire chi è stato, vendicarmi e rendere
giustizia al
mio compagno. Quelle due povere bambine… che sorte ingiusta,
le
porterò via di qui, non meritano tutto questo! Non abbiate
paura,
piccole mie. Zio Henryk farà il possibile per….Un
dolore
indescrivibile s'impossessa del mio petto e vengo scaraventato per
terra da un attacco viscerale a bruciapelo. Chiunque tu sia, non
riuscirai a far fuori anche me. Afferro saldamente la mannaia dentata
a lama aperta e mi preparo al contrattacco. Mi sento pervaso da una
forza misteriosa e bestiale, incontrollabile, sto forse impazzendo o
sarà la sete di vendetta ad alterare il mio stato d'animo.
Metto a
fuoco la vista su quella figura nera sfumata a pochi metri da me.
…
Eileen? Rimango un momento spiazzato, un momento che mi risulta
letale, poiché lei non si fa alcuno scrupolo a venirmi
addosso con
un rapido fendente. "Eileen
perché questo?"
provo
a gridare, ma la mia voce ormai camuffata distorce ogni singola
lettera, risultando un latrato incomprensibile. Anche tu eri mia
amica, perché mi hai pugnalato alle spalle? La colpisco con
un
attacco in salto ben assestato, seguito da un celere colpo con cui
richiudo la mannaia. Devo averle fatto un danno ingente. Mi spiace
Eileen, ma contro di me non hai speranza! Riapro la lama e la
stordisco con un colpo di pistola al momento giusto, gettandola sulle
ginocchia per restituirle un attacco cruento, ancora più
feroce.
"Sei
finita, Eileen!"
ruggisco, esaltato dallo zampillare del sangue.
"Allontanati
da lei!"
una
voce maschile irrompe nell'arena. Un giovane cacciatore, vestito con
la tipica tenuta e cappello, con in mano un bastone
filettato si
piazza tra noi due. Non l'avevo mai visto prima d'ora. Gronda sangue
da ogni lembo di stoffa e i miei occhi vengono immediatamente
attratti da un luccichio cremisi proveniente dal suo archibugio,
nella cui canna vi è incastonata una gemma rossa, uguale,
identica,
alla spilla rubino che portava Viola! Bastardo! Sei tu allora il
responsabile!
"Che
hai fatto a quella povera donna, bestia?"
gli rispondo, cercando di mantenere la mia voce più umana
possibile.
Quel brillio mi ha distratto, Eileen si è destata ed
è riuscita a
sferrarmi un altro fendente. Maledetta, quant'è veloce con
le sue
lame.
Adesso mi ritrovo circondato e ferito. Non posso morire
proprio ora, devo salvare le bambine! Perché?
Perché non lo
capiscono?
Mi avvento sulla cacciatrice ma l'altro sferra una
serie rapida e dolorosa di frustate con il suo bastone aperto,
riducendo a brandelli la mia robusta tenuta lungo tutta la schiena.
Eileen esegue un attacco incrociato con le sue lame, arretrando e
lacerandomi anche il petto. Riesco a sferrare due altri colpi, prima
di cadere vittima delle loro rapidissime combo e dell'ultimo, fatale,
attacco cruento. Sbraito un ultimo, orrendo urlo e mi accascio per
terra, vicino al corpo del mio compagno di una vita.
"Henryk
ormai era impazzito…"
ansima la donna. "Purtroppo
andava fatto. Non eri tenuto ad aiutarmi, cacciatore, ma ti
ringrazio. Suppongo tu abbia ucciso anche Gascoigne…"- "Sì,
è stata una dura battaglia. Pace alla loro anima".
Riesco
appena a percepire la figura del ragazzo piegarsi a mani giunte, in
preghiera, genuflesso sui nostri corpi. Sono finalmente libero. La
notte è stata lunga.