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Autore: morphological    17/01/2016    1 recensioni
"Credo nel fato e nel destino, credo che, se qualcosa nelle nostre vite cambiasse, ci sapremmo incontrare lo stesso, perché tu sei il mio destino ed io il tuo.
Credo nel nostro amore, nelle nostre anime che all'inizio del mondo erano una cosa sola. Ora non più, certo, ma quando sono con te vedo tutto ciò che mi completa. Perché sei lo specchio di me. Perché attaccato al mio cuore c'è un filo invisibile, e all'altro capo ci sei tu. Sei l'ultimo estremo della mia anima."
Una dichiarazione d'amore lunga una vita, quando l'amicizia diventa qualcosa di più profondo e indissolubile, un legame che niente e nessuno può spezzare.
All'amore, a tutto ciò che ci lega e ci unisce. Perchè l'amore non è mai sbagliato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I Belive In Us 

La prima volta che ti incontrai eravamo ancora delle bambine e dell'amore ci importava poco e niente. Non sapevamo cosa fosse veramente, perché questa è una conoscenza che si acquisisce col tempo, con le esperienze.

Quando si è adolescenti è semplice confondere il sentimento, l'emozione pura e infinita che unisce indissolubilmente due persone, e l'erotismo, desiderio carnale e passione travolgente; si crede che le due vadano sempre a braccetto, ma in poco tempo ho scoperto che non è sempre così. L'ho capito un giorno, quando, seduta in autobus, vidi una ragazza bellissima. Occhi scuri, profondi come pozzi; si intravedeva una porzione della pelle ambrata grazie alla maglia che cadeva su una spalla; i capelli, di un caldo marrone, lunghi e naturalmente mossi, erano una splendida cascata che ondulava meravigliosamente sulle sue spalle e che le sfiorava dolcemente la schiena. Trasudava sensualità e sesso allo stato puro, e rimasi a fissarla per un tempo che mi parve infinito. Rischiai di sbagliare fermata.

Quella fu la prima volta che provai l'ebbrezza dell'attrazione e dell'eccitazione, quando lo stomaco sembra fare le montagne russe e il cuore vuole saltar fuori dal petto. Le ginocchia deboli, che paiono quasi incapaci di reggere ancora il tuo peso, e senti il ventre in fiamme. Quella fu la prima volta, ma certamente non l'ultima. Ce ne furono molte altre, incontrate nei luoghi più disparati e con le quali non intrapresi mai una vera conversazione - l'amore non era ciò che cercavo, non rientrava nei miei interessi: da quando scoprii la mia sessualità smisi di cercare di innamorarmi della prima persona avessi accanto. Avevo te, la mia migliore amica, e tanto bastava. Mi limitavo a crogiolarmi in quel calore che mi invadeva prepotentemente le membra alla presenza di una ragazza che reputavo bella e attraente.

L'episodio più clamoroso fu quando cominciai a provare tutte queste sensazioni per una mia compagna di liceo. Non avevamo mai parlato, ma dopo uno sguardo lungo e intenso venni letteralmente travolta dall'attrazione nei suoi confronti.

Non feci mai niente con lei, ma fu dura averla tutti i giorni sotto gli occhi, mentre camminava con indicibile lentezza, i fianchi che ondeggiavano, il corpo intero pervaso da quella sensualità voluta e calcolata che caratterizza le ragazze del nostro tempo.

In realtà, fu lei stessa a impedirmi qualsivoglia mossa, facendo l'unica cosa che avrebbe potuto distogliere la mia libido: si mise con un ragazzo.

Cristina e Andrea. Durarono poco, ma io, nella perpetua contemplazione delle storie d'amore altrui, me l'aspettavo. Perché questa era caratteristica dei 'fidanzamenti' di quel tempo, della nostra adolescenza. Eravamo tropo giovani per capire davvero i sentimenti, che scoppiavano con la forza d'un uragano dentro di noi, una luce che pareva quasi illuminarci come stelle, ma che poi moriva troppo presto.

Quando cominciai a guardare te in modo diverso non me ne accorsi neanche, tanto fu dolce e gentile l'amore, che, partendo dal mio cuore invase pian piano tutto il mio essere.

All'inizio non compresi, troppo impegnata ad osservare te e quelle tue mani sempre in movimento quando devi spiegare qualcosa, quegli occhi grandi e luminosi, da bambina, il tuo essere di fuoco e fiamma viva. Ti preoccupi sempre per gli altri, per coloro a cui vuoi bene, talmente tanto che li metti sempre davanti a te. O almeno, questo è ciò che facevi con me. Ancora oggi non so come dovrei interpretarlo, e non desidero illudermi.

Colpevole per la mia ottusità riguardo questi sentimenti fu che tutte quelle percezioni a cui ormai ero abituata, sempre così terribilmente intense e totalizzanti, questa volta erano più attutite, discrete. E ora, ora che so cosa provo davvero, so anche perché: per la prima volta dentro di me, sentimento ed erotismo erano amalgamati in un unica grande e infinita emozione. L'amore. Ti amavo - e ti amo ancora adesso - in un modo che non saprei neanche descrivere.

Certo, l'attrazione non la misi del tutto da parte, e oltre ad amarti, ti volevo. Più di ogni altra persona avessi mai incontrato in vita mia.

A volte mi sono chiesta, nelle notti più tormentate, quando i pensieri su di te - qualsiasi sciocchezza che ti riguardasse, tutto ciò che mi avevi raccontato quel giorno - mi impedivano di dormire e la consapevolezza che tu non avresti mai ricambiato mi impediva di respirare, se un giorno sarei mai riuscita a dirtelo.

Mi risposi di no, che non ce l'avrei mai fatta. Ti amo troppo per perderti in un modo così stupido. Se fino a questo momento sono riuscita a nasconderlo, potrò resistere ancora.

E mentre l'amore per te cresceva di minuto in minuto, io cercavo ragazze con cui avere una storia.

Non furono molte, perché anche stando con loro c'eri sempre tu nei miei pensieri, ti pensavo sempre, nei modi più innocenti e in quelli più spinti.

Arrivò un momento in cui smisi di uscire con chiunque, preferendo ascoltare te parlare di tutti quei ragazzi che ti andavano dietro. Erano tanti, e ognuno di loro si dichiarava nei modi più fantasiosi.

All'inizio - beata fanciullezza - si limitavano a passarti, durante le lezioni, dei bigliettini ove ti dichiaravano il loro grande amore. Poi fu il turno delle dichiarazioni a testa bassa, le guance imporporate, ed erano talmente teneri nel loro terrificante imbarazzo.

Il tuo primo fidanzato si dichiarò così.

Anche tra voi non durò tanto - più di quanto avrei voluto, se devo essere sincera. E rompeste lasciandovi dietro una scia di cuori rotti. Specialmente il tuo, perché ti fece terribilmente male, e per questo avrei voluto fargliela pagare. Si meritava che lo uccidessi, ma io ero quella equilibrata tra le due, quindi mi limitavo a delle occhiatacce ogni qualvolta lo vedessi.

Perché purtroppo lo incontravo spesso, considerato che faceva parte della nostra cerchia di amici.

E onestamente, avrei voluto che smettessi di vederlo una volta rotto con lui, ma tu, tanto leale con gli amici, non accennasti mai a una cosa del genere. E io non te lo dissi mai, perché ti rispettavo, perché amavo anche questo lato di te. Farti quella domanda sarebbe stato come chiederti di andare contro te stessa.

Gli altri nostri amici, invece, li sopportavo più o meno tutti. Certo, erano maschi, quindi stupidi - perché io ho sempre pensato questo di tutti i maschi, e tu sorridevi sempre quando mi sentivi dire queste cose. In fondo però lo pensavi anche tu.

Poi ne arrivò un altro. Lui mi piaceva di piu, nonostante non lo avessi mai incontrato.

Me ne parlavi sempre, e all'inizio lo notasti perché somigliava a un personaggio di una serie che ci piaceva molto. Come carattere invece, era terribilmente simile al tuo.

In realtà non seppi mai come iniziò e come finì, ma smettesti di parlarne da un giorno all'altro. E io, da brava migliore amica, smisi di chiedere dopo aver visto quanto intensamente non volessi prendere il discorso. Mi è sempre dispiaciuto, perché io, nonostante ti amassi e ti volessi per me, amavo sentirti parlare, persino dei ragazzi che ti piacevano, perché sapevo che tu eri felice e tanto bastava.

Così imparai cosa fosse l'amore. O almeno una parte. Perché l'amore ha moltissime sfaccettature, e prende molteplici forme, dipende dalla persona e dalle situazioni.

Per me è desiderare la felicità di una persona, sempre e comunque.

È amare ogni parte di lei, indipendentemente da che siano difetti o pregi. A un certo punto, mi ritrovai più ad amare i tuoi difetti che i tuoi pregi.

Da bambine, da ragazze, eravamo terribilmente timide. Io più di te, perché avevo paura che, se ti avessi abbracciato, sfiorato, avresti scoperto tutto. Non desideravo perderti. Tu invece, dopo un po' di tempo, cominciasti ad essere più intraprendente. Così scoprii la tua passione per i miei capelli, quanto ti piacesse giocarci, anche quella volta che li tagliai terribilmente corti. Non sapevi quanto realmente mi piacesse, il dolce tepore nel cuore, quel nodo in gola che mi impediva di respirare bene. Mi faceva tanto male che lo amavo. Tu mi facevi male nell'unico modo che avrei mai potuto trovare piacevole. Solo a te avevo permesso di avvicinarti tanto da distruggermi con un solo sorriso. Col senno di poi, forse non avrei dovuto farlo.

Arrivò il momento di scegliere l'università, e ci dovemmo separare. Tu andasti via, non potei seguirti.

Non ne fui troppo triste: continuammo a sentirci, ma era evidente che tu non eri più presente fisicamente nella mia vita. Di sabato non uscivo più con nessuno, e mi ritirai nel difficile e lungo studio delle mie complesse materie universitarie.

Presi un appartamento lontano da casa mia, cominciai un lavoro notturno per potermi permettere di mantenermi da sola. Non avevo intenzione di dipendere da nessuno, neanche dai miei genitori.

Mi distrassi con storie di una notte, non ricordavo neanche i loro nomi. Forse avevo dato loro un nome falso. Non lo ricordavo, e neanche mi importava.

Da una di quelle 'toccata e fuga' nacque una delle mie storie più lunghe, di sei mesi.

Si chiamava Cassandra, ed era totalmente diversa da te. Forse avevo permesso solo a lei di avvicinarsi così tanto perché non c'era pericolo che mi ricordasse te.

Anche lei dopo un po' scomparve dalla mia vita.

Ci separammo con una lite spaventosa. Cassandra sosteneva che c'era qualcosa che le nascondevo, e in effetti era così: non le parlai mai di te. Tu eri mia, e non volevo che sapesse. Se le avessi raccontato di quanto amavo una persona che ormai era andata via, le avrei permesso di farmi male, e solo tu potevi farlo.

Se ne andò sbattendo la porta, e io fui felice della mia scelta di non condividere troppo della mia vita con lei, perché in fondo le avevo voluto bene. Forse in qualche misura l'avevo amata, non l'ho mai saputo, e direi che non mi è mai interessato.

Ad uno dei pranzi domenicali a casa, mia madre cominciò a farmi alcune domande.

Cosa ti prende, tesoro? Non mi hai più parlato della tua vita. Hai trovato qualcuno di cui innamorati? e con quelle parole riuscì a trasportarmi dritta agli anni della mia adolescenza, quando, ancora totalmente immersa nella crisi per la mia identità sessuale, rimanevo a pensare al buio, le lacrime che mi rigavano le guance.

Niente mamma, sto bene, davvero. E dal suo sguardo preoccupato capii che non mi aveva creduto.


Cinque anni dopo, tu tornasti.

Una volta che ti eri separata dai tuoi genitori, però, non avevi intenzione di tornare a casa loro. Quindi, col cuore in mano e lo stomaco del tutto sottosopra, ti chiesi di dividere l'appartamento con me. Con gli occhi brillanti e un enorme sorriso mi rispondesti di sì, e io mi sentii felice come mai prima.

Quindi adesso io e te viviamo insieme, e non so se devo considerare più strano che nessuna delle due ha più relazioni da un po' - San Valentino l'abbiamo passato insieme, con una pizza e tante serie TV - o che non hai neanche più un semplice appuntamento.

Ora usciamo solo con i nostri amici, e tu non accenni più ad avere un uomo. Questo mi rende triste e felice allo stesso tempo.

Talvolta quando ti guardo negli occhi vedo ciò che c'è nei miei.

Stasera proverò a regalarti un vero appuntamento, con una vera cena fuori e un mazzo di rose, rigorosamente rosse. Sono da sempre i tuoi fiori preferiti.

Voglio dirti ciò che provo, voglio che tu sappia quanto ti amo. E se non riesco a farcela a parole - mi conosci, io scrivo bene ma a parlare sono una frana - ci sarà questa lettera, che ti ho scritto mentre tu sei sotto la doccia.

E desidero dirti solo un'ultima cosa.

Credo nel fato e nel destino, credo che, se qualcosa nelle nostre vite cambiasse, ci sapremmo incontrare lo stesso, perché tu sei il mio destino ed io il tuo.

Credo nel nostro amore, nelle nostre anime che all'inizio del mondo erano una cosa sola. Ora non più, certo, ma quando sono con te vedo tutto ciò che mi completa. Perché sei lo specchio di me.

Perché attaccato al mio cuore c'è un filo invisibile, e all'altro capo ci sei tu. Sei l'ultimo estremo della mia anima.

Buona vita. Che sia per te quella che ti meriti. Piena di ogni felicità possibile.

Grazie.

Ti amo.

Ehi, che stai scrivendo?  arriva alle mie spalle all'improvviso, i capelli ancora bagnati spargono gocce sul pavimento.

 Nulla di interessante.  le rispondo, collegando il mio PC alla stampante. Ho deciso che gliela lascerò sul comodino, così domani mattina la troverà sicuramente. Conoscendola, la leggerà sull'autobus. Mi piacerebbe esserci. E nulla che dovresti vedere.  mi paro davanti a lei, impedendole la visione.

 Sei noiosa.  mi risponde, facendo la finta offesa.

 Certo, certo, solo quando non ti preparo la cena.  la prendo un po' in giro.

Mi sorride tranquilla.  Se non combini disastri come l'altro giorno con i muffin. Il fatto che tu non riesca ancora a farli dopo anni è assurdo.  come risposta si becca una linguaccia, ma probabilmente se l'aspettava.

Si dirige verso la sua stanza, e io la seguo senza nemmeno accorgermene.

 Quindi, dove andiamo questa sera?  mi chiede, aprendo l'armadio e cominciando a sollevare le camicie, per sceglierne una.

 In un posto che ti piace.  e spero che sia così.

 Non mi piacciono le sorprese, lo sai. 

Oh, amore, spero che davvero ciò che provo non sia una delle sorprese che non ti piaceranno.

Ora voglio solo che questa sia una delle tue sere più belle. Desidero regalarti tutta la felicità che tu hai dato a me.

  
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