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Autore: Petricor75    18/01/2016    0 recensioni
Su una linea temporale, questo racconto si colloca un po' di tempo dopo la fine della terza stagione. Ruota soprattutto intorno a Bea e ad un personaggio originale. Boomer la fa da padrona per le parti divertenti.
Questa fanfiction è stata scritta e pubblicata prima che venisse rilasciata la quarta stagione, i personaggi originali sono totalmente inventati e farina del mio sacco.
Wentworth e i suoi personaggi non mi appartengono e questa storia è stata scritta senza nessuno scopo di lucro.
Genere: Comico, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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"Hey, ho sentito dire in giro che Cricket andrà in pensione tra poche settimane! Era ora che quel vecchio spilorcio se ne andasse!", giudicò Boomer succhiando con soddisfazione i resti di un lecca-lecca. Poi si sporse entusiasta verso la donna dal ciuffo albino. "Potresti prendere il suo posto... mi fai lo sconto se ti compro più di dieci dollari di roba?", Dawn soffocò una risata, "Booms! Cosa ti fa credere che io voglia quel posto? Ad ogni modo, non credo che potrei decidere io i prezzi! E oltretutto, non credo che una ex detenuta possa essere permesso di prendere in gestione lo spaccio!"
"Beh, io credevo che volessi rimanere... in zona?", replicò la Jenkins rivolgendo un'occhiata furtiva in direzione del boss. "Si ma, addirittura a Wentworth no! Non ci penso proprio!", ammise con fermezza.
"Che cosa dice Agnes, non vuole tornare su ad Adelaide?", chiese Liz alzando gli occhi dal suo lavoro a maglia. L'altra scosse il capo, "No! Ha preso molto seriamente la sua decisione di ritirarsi! L'idea è quella di trovare una casetta in campagna con un piccolo pezzo di terra. Giusto lo spazio per un orto e qualche animale, per il sostentamento personale. In linea di massima condivido il suo pensiero, ma preferirei trovare qualcosa da ristrutturare, per poterci mettere le mani e magari anche migliorarne l'efficienza energetica, che ne so... In realtà, so fare ben poco a parte... spettinare le pecore, come dice lei, però si può sempre imparare! Ci penseremo un appena uscirò!", concluse con entusiasmo.
"Su ragazze, si è fatto davvero tardi, noi andiamo a nanna!", decise Bea cercando la mano di Dawn. "A nanna... o... a giocare a P.V.F.?", chiese la ragazzona con malizia strizzando convulsamente l'occhio in direzione della coppia. La Conway soffocò una risatina cogliendo la sua allusione, ma le altre due, prima si guardarono perplesse e poi chiesero all'unisono, "P.V.F.?", Sue si raddrizzò con spavalderia agguantandosi i fianchi con le manone. "Pomodori. Verdi. Fritti!", recitò per l'intero pubblico presente nel salottino. "Boomer! Ma fatti gli affaracci tuoi!", la rimproverò Sophie con imbarazzo schiaffeggiandole il sedere.
La coppia si allontanò, "Tecnicamente ci mancherebbero gli ingredienti... tu non hai della farina da parte, vero?", scherzò a bassa voce Bea, guadagnandosi una gomitata al fianco.
"Ma sono affari miei! Nostri! Potrebbero liberare una stanza visto che dormono sempre insieme ormai!", si giustificò la mora.
La Graves si bloccò voltandosi, "Non è vero che dormiamo sempre insieme!", protestò con l'indice alzato. "Beh... forse dovreste...", osservò imperterrita la Jenkins mostrando un'improvvisa timidezza.
"Boomer, hai idea di quanto sia scomodo dormire in due su una di queste brande?", replicò la rossa. "E poi siamo cresciutelle... abbiamo bisogno della nostra privacy!", aggiunse la Graves facendole la linguaccia, prima di voltarsi portandosi dietro Bea.

Il sottile nastro che chiudeva il pacco le tagliava i polpastrelli, - ma cosa ci ha messo dentro Agnes? - pensò con la mente leggera rientrando nel blocco H. Appena la videro scoppiarono urla e applausi, la Miles le lasciò fare, comprendendo il motivo di tanto entusiasmo. "Ok ragazze, basta così! Non volete i pasticcini?".
La Jenkins aveva già preso in consegna i due grossi involucri e si diresse saltellando al tavolo per scartarli. "Piano Boomer! E ricordati di lasciarne un po' agli agenti!", la pregò Dawn sottraendo uno dei due involucri alla donna, che la guardò in cagnesco. "Facciamoci bastare questi, ok?", si giustificò tutt'altro che intimorita dirigendosi nella propria cella.
"Hey", si affacciò poco dopo la Smith, mentre l'altra depositava la scorta di dolciumi sulla piccola scrivania. "Hai visto? È andata bene!", le disse abbracciandola, "Meglio di quanto credessi possibile! Cinque settimane passeranno in un lampo!", rispose la rossa, "Dai... andiamo a festeggiare!", propose con un gran sorriso.

"Speravo che ci fosse anche Agnes, stamattina...", confessò la Smith camminando affianco a Dawn. "Non voleva essere d'impiccio, il tempo durante le visite è sempre ristretto e dobbiamo concentrarci sul tuo caso, quando Peter e Lynn avranno tutto il materiale di cui hanno bisogno per lavorare, avrete tutto il tempo per conoscervi", le rispose la Graves con un sorriso. "Ancora non riesco a credere che ci siano riusciti!", ammise la rossa.
"Ti riferisci al mio caso o al tuo?", "Entrambi!", "Beh, hanno ottenuto molta notorietà grazie al mio, e lo hanno gestito davvero al meglio. Presentare una revisione al tuo con questi precedenti ha aiutato. Lascia loro il tempo per mettere insieme tutti i pezzi del puzzle... Sono quasi sicura che riusciranno ad ottenere una revisione al tuo processo, forse addirittura un annullamento! Certo, si dovrebbe ricominciare daccapo! Ma almeno sarebbe un processo equo!"

"Avanti, bellezze... una partita di addio!", insisté in tono pacifico Lucy Gambaro, affiancata dalle sue grosse scagnozze. Smith, Conway e Graves si guardarono per pochi istanti ed accettarono un'ultima sfida a basket, in attesa del rilascio di Dawn di lì a poche ore.
Non fu difficile, per loro, guadagnare subito un certo vantaggio, vista la poca agilità della squadra di Lucy. Dawn passò la palla a Max sotto canestro, che fu placcata in aria dall'enorme avversaria, le due stramazzarono sul duro cemento due metri più in là, la Conway cacciò un grido di dolore, ancora sommersa sotto il peso dell'avversaria che annaspava cercando di riacquistare l'equilibrio necessario a rimettersi in piedi.
In pochi attimi le due erano circondate da un nutrito gruppo di detenute preoccupate. Anche due guardie, temendo una rissa, si stavano avvicinando minacciose. Bea strattonò malamente la bionda caduta su Maxine, che si teneva il gomito, chiaramente scomposto, cercando di lamentarsi il meno possibile.
Decisero che sarebbe stata Dawn ad accompagnarla giù in infermeria, in maniera da poterla salutare, prima di lasciare il penitenziario. "Oh Dawn! Mi dispiace così tanto!", si lamentò mentre attendevano l'ambulanza che l'avrebbe trasportata in ospedale per la radiografia e l'eventuale gesso. "Non essere sciocca, tesoro! Prova a sdraiarti, gli antidolorifici che ti ha dato Rose faranno effetto prima!", la rassicurò accarezzandole i capelli.

"Ho paura che avrà bisogno del gesso.", la informò varcando la soglia della cella di Bea. "Devono portarla in ospedale?", "L'ambulanza è arrivata poco fa.", le disse avvicinandosi al letto. Il suo sguardo fu catturato da un nuovo schizzo appeso sulla parete accanto alla branda, era indubbiamente un suo ritratto, in una delle tante occasioni in cui si isolava nel cortile ascoltando la musica di Sophie, a sedere, con la schiena appoggiata al muro, gli occhi chiusi, sotto il calore del sole.
"L'ho finito giusto in tempo!", spiegò la rossa. L'altra sorrise sedendolesi vicina. "Immagino che tu non abbia intenzione di regalarmelo...", scherzò storcendo la bocca, "Scordatelo!", rispose pronta l'altra. Si abbracciarono strette, tra poco Will Jackson l'avrebbe scortata fuori, dove Agnes l'attendeva emozionata.
"Distribuisci tu la mia roba tra le altre, come meglio credi, ok?", le chiese dondolandosi con lei. L'altra annuì in silenzio, Dawn si allontanò prendendole il viso tra le mani, "Ci vedremo ad ogni visita, Bea... e ti farò avere il mio numero, appena ne avrò uno. Per il momento, chiama Lynn o Peter se hai bisogno... ok?", osservò l'altra annuire forzando un sorriso. La guardò più intensamente perché comprendesse la serietà delle sue parole. In un certo senso la capiva, le parole restavano solo parole se non venivano dimostrate coi fatti.
   
 
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