RICORDO DI UN GENITORE
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Un ricordo a tema
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Il silenzio veniva regolarmente
interrotto dal ticchettio dell’orologio che scandiva i secondi con la sua
precisa regolarità. Ad accompagnare il suono delle lancette il convulso e
frettoloso scribacchiare di una penna a sfera. Veloce, preciso e senza alcuna
esitazione, il pennino seguitava a muoversi con diligenza senza staccarsi mai
per troppo a lungo dal foglio su cui stava lavorando. Solo per pochi secondi
l’inchiostro smise di scorrere sulla superficie bianca ed immacolata della
carta. Il successivo fruscio di fogli lasciò intuire la fine della pagina sulla
quale, l’irrefrenabile scrittore, stava appuntando ciò che doveva
necessariamente ricordarsi.
La penna tornò subito a scorrere sulla nuova facciata, riempiendo con estrema
velocità l’intera superficie del foglio.
Numeri, nient’altro che cifre venivano segnalati sulla carta in un ordine
apparentemente casuale. Eppure, l’indomito matematico, pareva avere
sottocontrollo la situazione, registrando senza dubbio alcuno i dati che
uscivano dalla sua mente, quantificate somme che sembrava impossibile riuscire a
conteggiare senza l’aiuto di una calcolatrice.
Un altro foglio si staccò dal blocco degli appunti, ricoprendo altri pezzi di
carta già sparsi sul tavolo della cucina, senza ordine alcuno. Se il cervello
dell’indomita mente pareva avere un ragionamento veloce e sensato, non si poteva
dire altrettanto sul suo modo di gestire appunti e notazioni che, una volta
finite su un foglio, venivano lanciate quasi letteralmente sulla superficie di
legno, abbandonate al proprio destino.
Qualcuno avrebbe definito più facilmente Bulma Brief la regina del disordine,
piuttosto che un irrefrenabile genio. E ovviamente, lei, non aveva mai fatto
mistero sul suo sistema caotico di organizzarsi. Al contrario dei suoi calcoli,
così precisi e metodici, il resto del suo mondo non aveva nessun assetto
preciso.
Non era un amante dell’ordine, come tale non si apprestava quasi mai a
preoccuparsi di riassettare. Bulma aveva la caratteristica di essere
terribilmente precisa solo sulle cose che le erano congegnali. Impossibile, se
non raro, scorgerla alle prese con le faccende domestiche; più probabile
riuscire ad intravederla trafficare con uno dei robot che, lei e suo padre,
avevano creato appositamente per risparmiarsi le fatiche di ripulire i vari
disastri combinati da qualche membro della famiglia.
Quando si trattava di creare meccanismi complicati invece, Bulma diventava lei
stessa una macchina. Il suo livello di concentrazione arrivava spesso e
volentieri a non permetterle di accorgersi di esplosioni o terremoti provocati
in una stanza particolare della sua abitazione. Ciò a cui si appassionava
diventava automaticamente un buon motivo per estraniarsi del resto dello spazio.
Per questo, distratta dai suoi calcoli, non si avvide di non essere più la sola
presenza nella cucina.
Gli sforzi della piccola Bra, allo scopo di attirare l’attenzione della madre,
erano andati a vuoto almeno in un paio di tentativi, nonostante la bambina
avesse provato in tutti i modi di distrarla.
Imbronciatasi, la bimba, incrociò le braccia al petto osservando i gesti ritmati
con la quale si muoveva la penna impugnata dalla madre. Evidentemente non
intenzionata ad arrendersi, respirò profondamente, prima di urlare un
“Mammaaaaaa” con quanto fiato avesse in gola.
La biro si arrestò improvvisamente, mentre Bulma, riscossa dai suoi pensieri,
sollevò lo sguardo colta alla sprovvista, incrociando infine gli occhi azzurri
della figlia. “Oh, ciao tesoro” la salutò cordiale, quasi come se l’avesse
sentita entrare dall’inizio. Tuttavia, lo sguardo della ragazzina risultò
palesemente offeso per essere stata ignorata per troppo tempo. “Finalmente, sono
ore che ti chiamo” brontolò ironica, enfatizzando la situazione.
Bulma osservò la figlia, riconoscendo in quell’atteggiamento un altro membro
della sua famiglia.
Le ci vollero ancora alcuni secondi, prima di ragionare razionalmente sulla
situazione. “Bra, ma tu non dovresti essere a scuola?” Le domandò inarcando
pensierosa un sopracciglio. La piccola Bra, dopo un profondo sospiro, si
accomodò sulla sedia opposta a quella della madre, sfilandosi lo zainetto dalle
spalle e poggiandolo sul tavolo. “Prima o poi ci fanno anche tornare a casa”
commentò sarcastica, indicando alla madre l’orologio della cucina che segnava
l’una e mezza.
“Accidenti!” Esclamò sorpresa la scienziata, scoprendo di aver appena perso
un’intera mattinata sui meccanismi complicati di un progetto che ancora non
aveva visto la luce. “Devo cucinare qualcosa, o tuo padre comincerà a
lamentarsi” affermò alzandosi dalla sedia con uno scatto.
“Non importa cara, ci sto già pensando io” esordì la signora Brief, altra
presenza di cui Bulma non si era minimamente avveduta. La donna fissò la madre
per qualche secondo, come se stesse cercando di ricordarsi il momento esatto in
cui la bionda era entrata.
Rinunciando a fare mente locale, non essendo il primo episodio del genere, tornò
a sedersi di fronte alla figlia, che nel contempo le stava riservando uno
sguardo rassegnato.
“Allora tesoro, dimmi un po’, com’è andata a scuola oggi?” Domandò Bulma,
evidentemente in cerca di un altro argomento. Il volto della piccola si fece
inquieto, sollevando un lato della bocca con aria alquanto indecisa. “Bene”
rispose dopo alcuni istanti di meditazione, non apparendo troppo convinta della
propria replica.
La madre, ora completamente risvegliata dal suo mondo di numeri, non faticò a
notare l’inquietudine della figlioletta. A sua volta incrociò le braccia al
petto, osservando severamente la bambina, in attesa di una spiegazione più
dettagliata.
“Ci hanno dato un compito per casa piuttosto strano” specificò infine la bimba,
come da programma, alzando lo sguardo verso la donna di fronte a lei. “Strano in
che senso?” S’informò meglio la scienziata.
Bra si limitò ad osservare la madre per diversi secondi. Poi, seguita da un
sonoro sbuffo, decise di aprire lo zaino, successivamente rovistò all’interno
alla ricerca di qualcosa. Pochi istanti più tardi il suo diario venne aperto e
posizionato sul tavolo, sotto gli occhi della donna.
Bulma cominciò a leggere ad alta voce quanto scritto, “Tema: I ricordi che i
vostri genitori...” “Ohhh che bello! Anche Bulma faceva questi temini! Ti
ricordi cara?” Civettò la signora Brief, interrompendo bruscamente la figlia che
le rivolse uno sguardo bieco. “Mamma!” Brontolò riportando all’ordine la donna
che tornò ad occuparsi del pranzo, “Scusa cara, continua pure” l’autorizzò
ridacchiando ai suoi stessi pensieri.
Bulma sospirò pesantemente, prima di rivolgere nuovamente gli occhi sul diario
della figlia, “Grazie” commentò con un’intonazione fortemente sarcastica, prima
di riprendere la lettura. “Dicevamo” riprese, “I ricordi che i vostri genitori
hanno dei loro padri” si arrestò in preda a qualche personale elucubrazione, “Se
non altro è meno banale di quelli che facevo io” commentò in un secondo momento,
restituendo l’agenda alla figlioletta.
Quando si ritrovò a fissarla negli occhi, lo sguardo di Bra si era fatto
implorante, “Allora?” Volle sapere enigmatica la piccola. Bulma arcuò un
sopracciglio, “Allora cosa?” domandò di rimando, senza comprendere
immediatamente le intenzioni della bambina.
Bra sfoggiò il suo sorriso migliore, senza mai staccare lo sguardo dalla donna,
“Allora, che ricordo hai del nonno?” Le domandò il piccolo diavoletto dagli
occhioni d’angelo. “Sì, sono curiosa anch’io!” Le diede manforte la nonna,
“Raccontaci un ricordo che hai di papà” la esortò.
Bulma osservò prima una, poi l’altra; infine chinò gli occhi sui fogli sparsi
per tutto il tavolo. Successivamente si poggiò una mano al mento, “Mmm… fatemi
pensare” farfugliò, cominciando a scavare tra i suoi ricordi.
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CONTINUA…
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Storia scritta per la finale del torneo/contest indetto su Writers Arena