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Autore: matthewdaddarioitalia    21/01/2016    6 recensioni
Salve gente, vi presento la mia prima FF. Sarà interamente incentrata sulla coppia Jalec, ovvero Jace + Alec. Sarà scritta in prima persona, il primo capitolo sarà dal punto di vista di Alec mentre il secondo da quello di Jace. Si alterneranno ogni capitolo. La vicenda è ambientata circa un anno prima di City of Bones, quindi sarà una sorta di prequel. Vedremo come Alec accetta i suoi sentimenti per Jace e scopriremo se il suo parabatai provi lo stesso per lui. Detto questo vi auguro una buona lettura e spero che sia di vostro gradimento. Che l'angelo Raziel me la mandi buona!
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Aline Penhallow, Izzy Lightwood, Jace Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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BE MY HERO

Capitolo 1
 
«Jace, attento! » gridai.
L’immagine di Jace che veniva attaccato alle spalle fu l’ultima cosa che vidi prima che un dolore lancinante all’addome mi facesse perdere i sensi. Mi risvegliai nel cuore della notte nel mio letto all’Istituto. Era buio pesto e l’unica cosa che riuscii a scorgere fu il riflesso dei capelli dorati di Jace al mio fianco. La sua mano era poggiata sulla mia, ma i suoi occhi erano chiusi e il suo respiro lento e calmo. Doveva essersi addormentato sorvegliandomi. Provai a mettermi seduto quando un forte dolore mi costrinse a rimettermi giù; istintivamente rivolsi lo sguardo verso il mio parabatai sperando di non averlo svegliato, ma il mio movimento non gli era sfuggito e il suo sguardo era già fisso su di me. 
«Come ti senti?» mi domandò con voce ancora assonnata.
«Bene» mentii «cosa è successo?» cercai di non lasciar trasparire il dolore delle ferite dalla mia voce, ma mentire a Jace era impossibile.
«Prima o poi il tuo istinto di salvarmi ti farà lasciare le penne» la sua voce era dura, ma il suo sguardo pieno di preoccupazione mi fece capire che non era arrabbiato con me.
«Se tu imparassi a non abbassare mai la guardia non dovrei correre in tuo soccorso, non credi?» abbozzai un mezzo sorriso mentre riprovai nuovamente a tirarmi su, ma Jace mi tenne fermo contro il letto scuotendo lentamente il capo.
«Dove credi di andare? Hai bisogno di riposo. Sei stato ferito gravemente, sono tutti in pensiero per te. Ho chiesto a Izzy di lasciare la stanza perché non riusciva a smettere di piangere e avevo paura che ti svegliasse.»
Come sempre il suo unico pensiero era assicurarsi che io stessi bene, proprio come un buon parabatai dovrebbe fare. Lo stesso valeva per me, non era la prima volta che uno scontro contro i demoni finiva in questo modo a causa del mio fare l’eroe nei confronti di Jace. I parabatai condividono un legame molto forte, quando combattono sono una cosa sola, un solo corpo e una sola mente che ragionano e combattono all’unisono. Ma era tutto qui? Ho sempre messo a tacere le voci nella mia testa che insinuavano che il mio affetto per Jace non fosse così “fraterno” dopotutto. Eppure ogni volta che si comportava in modo così protettivo nei miei confronti sentivo lo stomaco stringersi fino a diventare una fessura e il cuore iniziare a palpitare così forte che chiunque nel raggio di un miglio sarebbe stato in grado di sentirlo.
«Ti sei addormentato?» sussurrò Jace.
Perso nei miei pensieri dimenticai di rispondergli e a causa dell’imbarazzo un lieve rossore colorò le mie guance. “Per fortuna siamo al buio ” pensai.
«No, sono sveglio. Credo di aver dormito abbastanza.» risposi deciso. Ed era la verità, non sentivo alcuna stanchezza, ma ogni volta che provavo a muovermi una fitta all’addome mi faceva tornare giù.
«Se non hai più voglia di dormire vado a chiamare Izzy e le dico che ti sei svegliato. Sono sicuro che non sia riuscita a prendere sonno.»
Annuii in silenzio mentre guardai Jace alzarsi ed uscire dalla porta. Seguirono diversi secondi di silenzio più totale fino a quando un rumore assordante di tacchi a spillo non riempì i corridoi, fino ad arrivare alla mia stanza. La porta si spalancò e lo sguardo di Izzy, stravolto dalla notte insonne e dalle numerose lacrime versate, si posò sul mio.
«Sto bene, non c’è nulla di cui preoccuparsi.» cercai di suonare il più calmo e convincente possibile, ma non appena finii di parlare il suo volto si ricoprì nuovamente di lacrime e corse verso il mio letto, poggiando il capo contro il mio petto. Non dissi nulla, ma con la mano presi a carezzarle i capelli cercando di confortarla per quanto fosse possibile. Andò avanti per dieci minuti buoni prima di riuscire a calmarsi e ricomporsi. Mi rivolse un sorriso e si sedette sulla sedia dove Jace aveva trascorso la notte.
«Razza di idiota, non hai idea di quanto tu ci abbia fatto preoccupare.» tirò su col naso e si passò le mani tra i capelli, cercando di sistemarsi il più possibile. «Mamma e papà hanno mandato un messaggio da Idris, stanno aspettando che io li aggiorni sulle tue condizioni. Volevano farsi aprire un portale per tornare immediatamente, ma il conclave li ha trattenuti.»
«Meglio così, non c’è alcun bisogno che tornino. Il conclave ha bisogno di loro e io sto benissimo. Non devono preoccuparsi per me.» risposi con tono serio. Sapevo benissimo che se fossero tornati non avrebbero fatto altro che rimproverarmi per la mia eccessiva preoccupazione nei confronti di Jace.
«Dovresti smetterla di fare il duro e imparare a pensare un po’ a te stesso. So che Jace è il tuo parabatai e ti preoccupi per lui, ma non siamo più dei bambini, Alec. Siamo capaci di cavarcela da soli.»
Rimasi in silenzio, non sapevo cosa rispondere. Sapevo benissimo che non eravamo dei bambini, ma se qualcosa di brutto fosse capitato a Jace non me lo sarei mai perdonato. Darei la vita per lui.
Dopo qualche minuto fu Isabelle a rompere il silenzio con una domanda di cui sia io che lei sapevamo già la risposta: «Sei sicuro che i tuoi sentimenti per Jace non influiscano sul tuo giudizio in battaglia?» 
Il mio cuore smise di battere per un secondo e il mio sguardo si spalancò. Sapevo che quel pensiero era nella sua mente da anni, ma non era mai riuscita a dargli voce. Almeno fino a quel momento. Non sapevo cosa rispondere e non sapevo cosa pensare. Mi ero fatto la stessa domanda centinaia di volte e in cuor mio ho sempre saputo la risposta, ma non sono mai riuscito ad accettarla. Il problema non era che mi piacessero gli uomini, ho sempre saputo che i miei gusti erano diversi da quelli degli altri sin da quando era un bambino. Erano i miei sentimenti per Jace quelli che non riuscivo ad accettare. Per me è sempre stato un buon amico e fratello e si è sempre preso cura di me. Sapevo che accettare quei sentimenti avrebbe segnato la fine del nostro legame e questo non poteva accadere. La mia vita senza Jace non avrebbe avuto alcun senso, sarebbe stata vuota e priva di gioia, una vita che non ha senso di essere vissuta. Per questo dovevo reprimere tutto ciò che sentivo e continuare a comportarmi come se niente fosse. Eppure quella sera cambiò tutto. Non riuscivo a rimandare quei pensieri da dove erano venuti, non riuscivo a reprimere quel nodo allo stomaco e le lacrime che da lì a poco iniziarono a scorrere sul mio viso. Evitai di incrociare lo sguardo di mia sorella, ma la sua mano si posò sulla mia guancia. Nessuno dei due disse nulla, restammo semplicemente così fino a quando Morfeo non mi riprese tra le sue braccia, facendomi cadere un sonno profondo dominato da un angelo dai capelli dorati. 

   
 
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