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Autore: MaryS5    24/01/2016    0 recensioni
Per motivi burocratici i cercatori sono costretti ad andare in Olanda. Però non sarà una vacanza piacevole come alcuni di loro avevano immaginato.
Ringrazio chi ha deciso di dare un’occhiata a questa piccola storia.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Den Fears, Harrison Fears, Lok Lambert, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Rotterdam, orfanotrofio:


<< bene signori, forse potremmo trovare un accordo per la tutela dei ragazzi, anche se non siete sposati. >> << grazie tante >> disse Dante alla donna e i due fratelli, alle sue spalle esultarono silenziosamente.
<< avete detto di voler badare a loro entrambi, giusto? Lo confermate? >> << certo e se sarà necessario vivremo nella stessa casa. >> confermò l’uomo.
<< allora ci vedremo mercoledì, sono dell’idea che non servirà la sorveglianza del giudice, siete d’accordo? >> << si! >> dissero entrambi i cercatori più grandi.
<< però qualche volta dovrà controllare il vostro operato un assistente sociale. Comunque ci metteremo d’accordo la prossima volta, ormai e tardi. Prego possiamo ritirarci. >> disse la direttrice con un’aria severa.

<< l’avvocato è stato bravo!! >> constatò Dan prima di entrare in macchina. << Già, si può dire che senza di lui non saremmo arrivati a questo risultato. >> continuò Zhalia strofinandosi le mani congelate.

Ci misero un po’ di tempo a tornare alla villa, le strade erano quasi completamente ghiacciate.
Sophie, quando arrivarono, stava ancora studiando, ma cominciò a distrarsi spesso, sempre per guardare l’ora, c’era qualcosa che non andava.
<< Sophie, Lok è fuori con la macchina? >> chiese l’uomo dopo essersi cambiato i vestiti bagnati ed essere sceso in salotto. << si, ha detto che sarebbe tornato prima di cena >>. Ma dopo cena, ancora non si vedeva.
<< Tutto bene Sophie? >> chiese Dan che la guardava dal divano mentre lei scrutava impensierita la finestra. << si, si è solo che Lok dovrebbe già essere venuto >>
<< sai com’è fuori c’è molto traffico per via della neve, forse sta perdendo tempo. >> ma, vendendola ancora preoccupata, continuò: << oppure si è fermato in un pub e ha conosciuto una bella ragazza! >> Ma le sue parole non sembravano avere sortito nessun effetto, anzi sembrava ancora più preoccupata e Harrison se ne accorse subito, tanto che rimproverò di nascosto il fratello per ciò che aveva detto.




Nel frattempo, fuori città …

Riuscì ad aprire gli occhi, vedeva un po’ appannato, ma visto il volo che aveva fatto non era granché un problema.
Gli faceva male tutto e si sentiva stano. Per qualche minuto non capì dov’era, pensava fosse morto, ma poi gli fu tutto più chiaro. Il sangue gli scendeva alla testa. Era sottosopra, incastrato dalla cintura e le lamiere contorte sulle gambe. Un albero aveva bloccato la caduta del veicolo e si ritrovò a ringraziare per questo.
Gli sembrava che fosse tutto uno scherzo, non riusciva a capire come fosse potuto succedere. Ricordava ancora distintamente il viaggio in macchina, la sua felicità, ed ora si trovava al buio là sotto.
Stava cominciando a non ragionare più, il dolore era lancinante e il fatto di stare al contrario non aiutava. Riuscì a stento a trovare la cintura e la slacciò, ma non fu una buona mossa. Pensava che slacciandola sarebbe scivolato sul tettuccio, ma aveva fatto male i calcoli.
Le lamiere che aveva di fronte gli avevano bloccato le gambe e il peso passò su di loro. Riuscì a stento a trattenere un urlo. Non riusciva a sopportare il dolore. Doveva liberarsi il prima possibile o sarebbe morto in poco tempo.
Provò a ragionare, nonostante non fosse molto lucido. Non poteva riallacciare la cintura, non sarebbe servito a niente, così provò vari tentativi disperati. Cominciò a colpire il ferro ma con pochi risultati e non potendo evitare di colpire anche le sue cosce che gli bruciavano parecchio.
<< Boltflare!!! Touchram!! Doublespell!!! Dragonfist !Poisonfang!! Raypuls!! Touchram !!!Boltflare!! >> finalmente, dopo tempo, cadde pesantemente sul tettuccio, ma non riuscì a muoversi per un po’.
Steso in quella strana posizione si ritrovò a pensare; era stata una fortuna che Sophie non fosse venuta, non avrebbe proprio voluto che, in quel momento, si trovasse accanto a lui.

Poi ragionò un po’ più lucidamente: Sophie a casa … Dante e la squadra fuori … aiuto … incidente … aiuto …. telefono!!

Cercò disperatamente il cellulare tra le macerie, ma la sua visuale era molto limitata. Così provò a muoversi, ma non sentiva le gambe, tantomeno riusciva a spostarle.
Con una fatica immane alzò la testa puntellandosi sulle mani e guardò dietro di se. Ciò che vide lo allarmò e nauseò nello stesso tempo, tanto che le braccia cedettero sotto il suo peso.
I suoi jeans erano quasi completamente ricoperti di sangue scuro. Aveva visto, con la coda dell’occhio, un grosso pezzo di ferro che gli si era conficcato nella gamba. non riusciva a sentire niente dalla vita in giù.
Probabilmente non avrebbe mai più potuto camminare. Questo pensiero lo fece disperare: non avrebbe più potuto correre, sarebbe stato d’intralcio per tutti, non avrebbe più fatto parte della fondazione, niente più missioni, non avrebbe più potuto trovare suo padre.
E sua madre, e sua sorella! Che avrebbero detto? Cominciò a piangere con foga nascondendo il viso sporco tra le braccia e, di tanto in tanto, dava violenti pugni a tutto ciò che aveva intorno.
Non gli importava più niente della sua vita. Tanto, come avrebbe fatto a salvarsi se non riusciva a muoversi? In un lampo di lucidità si ricordò del telefono e cominciò a dimenarsi furiosamente.

Una parte di se voleva assolutamente trovarlo, chiamare aiuto e andare via da quel posto orribile. Ma la parte di se più riflessiva aveva paura di farsi vedere in quello stato e di essere giudicato da tutti per ciò che era successo.
Si sentiva in colpa, se non avesse insistito ora non si sarebbe trovato là. Finalmente riuscì a scorgere una scatoletta scura quasi in fondo alla macchina. Compì uno sforzo enorme per riuscire a prenderlo, soprattutto per via dei vari dolori a tutto il corpo, ma il solo pensiero della sua salvezza lo fece lottare.
Una volta afferrato se lo portò al petto sospirando, quasi credesse che gli sarebbe sfuggito di mano. Purtroppo il suo sollievo svanì in un lampo appena vide lo schermo spaccato dello strumento.
La collera che lo assalì lo portò a lanciare con furia l’oggetto fuori dalla macchina, il più lontano possibile da se, ma se ne pentì all’istante. Quello era il suo unico strumento di salvezza. Avrebbe almeno potuto guardarlo meglio. Era stato uno scemo. Sentiva di non ragionare più. Le lacrime non smettevano di attraversargli il viso e le parti del corpo, che riusciva a percepire, gli dolevano terribilmente. In più stava cominciando a nevicare.
Aveva freddo. Il metallo sotto di lui stava diventando gelido e cominciava ad emettere piccole nuvolette di vapore con la bocca quando espirava. Si maledisse per aver preso un giubbotto così leggero. Senza sapere il motivo si ritrovò a pensare ai suoi amici che erano andati all’orfanotrofio. Come se fosse stato estraneo a tutto ciò che gli stava succedendo, cominciò a sperare che l’incontro fosse andato bene, che Dan e Harrison potessero vivere una vita felice con le persone a loro care.
Iniziò a ridere e piangere nello stesso momento mentre pensava a Sophie, seduta sul divano comodo, mentre leggeva quel libro d’università ed era avvolta dalla coperta che chissà quale meraviglioso calore le trasmetteva. Desiderò stare con lei, perché non aveva ascoltato il suo consiglio di rimanere a casa? Ma, ripensandoci, lui ci sarebbe stato.
Sarebbe stato con tutti loro e li avrebbe accompagnati nel loro cammino, sempre. Un piccolo sorriso gli spuntò sulle labbra.
Una cosa positiva su tutto quel freddo c’era, almeno così sentiva meno dolore e più il freddo calava più avrebbe potuto addormentarsi inconsapevolmente.
Però voleva vedere il cielo prima di morire. Voleva vedere le nuvole scure, e la neve soffice che cadeva, non il sangue sulle mani e intorno a lui. Allungò le braccia intorpidite provando ad afferrare quello che capitava: macerie pesanti, erba, radici, sassi, tutto ciò che avrebbe potuto usare come sostegno. Poi si spinse in avanti e, attraversando lo sportello aperto, o meglio, spaccato, riuscì a toccare con il petto la terra bagnata. Ma non era ancora abbastanza. Con uno sforzo, che gli costò fatica e dolore, riuscì a girarsi. Ansimando rivolse lo sguardo al cielo buio e non ne fu deluso.
Tra le nuvole nere, mosse dal vento, si intravedevano piccole stelline luminose. Sorrise ancora e chiuse gli occhi, sperando che la morte lo accogliesse fra le sue braccia al più presto e il meno dolorosamente possibile.



Rotterdam, “ Villa dei sogni” :

Un forte dolore al petto prese alla sprovvista Sophie che si trovava ancora davanti alla portafinestra.
Era tardi ormai, ma di Lok nessuna traccia. Aveva anche provato a chiamarlo, ma non aveva risposto. Aveva paura.
<< Sophie >> una voce maschile alle sue spalle la distrasse dai suoi pensieri. << vai a letto, aspetto io Lok >>. Dante indicava le scale con fare paterno. La ragazza voleva ribattere in mille modi, ma si limitò a rivolgergli un debole sorriso e dirigersi verso le scale.
<< non preoccuparti, appena arriva lo sgriderò a dovere. Non vedrà più una macchina per molto tempo! >>.
Sophie annuì senza girarsi e continuò a salire le scale. Anche se non lo voleva ammettere, anche Dante era preoccupato.
Prima di entrare nella sua stanza, la ragazza, rimase ad ascoltare i respiri lenti e un po’ rumorosi dei suoi amici. Si sentiva un vuoto tremendo allo stomaco. Dopo essersi avvolta nel piumone del suo letto scoppiò a piangere. Percepì la tensione scivolare via con le lacrime, ma ne restava un po’, sempre sul suo cuore.

L’indomani un incubo la fece svegliare molto presto. C’era ancora buio. Il suo telefonino indicava le cinque e quarantatre . Non sarebbe più riuscita a riaddormentarsi.
Si alzò di botto e corse davanti alla stanza di Lok. Cominciò a supplicare e a pregare, davanti alla porta chiusa, che lui fosse lì. La aprì trovandosi di fronte uno scenario disordinato, solo il letto era perfettamente intatto.
Con un nodo alla gola scese di sotto, ancora in pigiama, continuando a sperare. Forse era tornato molto tardi e si era addormentato sul divano. In effetti sul divano sonnecchiava qualcuno, ma era Dante che non era riuscito a resistere alla stanchezza.
Sophie lo chiamò piano e dopo la terza volta quello si risvegliò. << oh! Mi sono addormentato! >> disse in uno sbadiglio nervoso. << è tornato? >> le chiese. La cercatrice scosse il capo, ormai con le lacrime agli occhi. << dobbiamo chiamare la polizia! >> Dante si alzò afferrando il telefono.
Sapeva perfettamente anche lui che c’era qualcosa che non andava.
<< si, pronto? >>. Sophie si sedette sul divano ascoltando la conversazione. << bene, si. Vorrei denunciare una scomparsa. … Si …. Si …. Di un ragazzo …. Diciannove anni … >> l’uomo, mentre parlava, andava avanti e indietro gesticolando.
<< quanto tempo che è scomparso? Beh …. Non lo so di preciso … …. Sophie, tu lo sai? >> le domandò bisbigliando. Lei fece un calcolo veloce. << più o meno dieci o undici ore >> riferì. << si … undici ore … all’incirca …. … che intende dire? . …. COME NON POTETE FARE NIENTE!!? … No! … No! Mi ascolti lei!! … che significa “ non si può intervenire se non sono passate almeno ventiquattro ore?!!!?! … … Ha idea di quanti gradi ci sono fuori?!! … a quest’ora potrebbe anche … …. >>.
Sophie si portò una mano alla bocca e serrò gli occhi costringendo se stessa a non piangere. Non poteva essere … lui era ancora … era ancora con loro … non riusciva nemmeno a immaginare una cosa simile.
<< dovete intervenire subito?!?! Capito? … si …. …. Grazie …. Va bene, non lo dirò … grazie infinite …. … si, ha preso la macchina …. …. Certo che ha la patente!! … oh, mi scusi … si …. Ok … tra mezz’ora … certo … le do l’indirizzo …. >>.

Sophie non riuscì a trattenere le lacrime, ma le scacciò subito con il dorso della mano. Il cuore le batteva all’impazzata. << grazie … ci faremo trovare davanti alla porta … sicuro …. Arrivederci e grazie. >> chiuse la chiamata.

<< che sta succedendo? >>, entrambi voltarono lo sguardo sulle scale, dove Dan li guardava allarmato. Sicuramente aveva intuito qualcosa, era pallido e il suo sguardo vagava da l’uno a l’altra. Nessuno dei due però riuscì a dire niente. << chi avete chiamato? >>, Harrison raggiunse il fratello guardandoli allo stesso modo e poco dopo scese anche Zhalia.
<< venite tutti qua, ora vi spiego … >> Dante si sedette accanto a Sophie e cominciò a raccontare.

<< avete provato a chiamarlo? >> propose Dan una volta che l’uomo ebbe finito. Quello annuì. << telefono spento … >> li informò Sophie a bassa voce. << e questo esclude anche la possibilità di rintracciare il GPS …. >> continuò Zhalia. << la polizia arriverà a momenti, andate a prepararvi e inizieremo le ricerche. >> comandò l’uomo dirigendosi immediatamente al piano di sopra. Sophie però non riusciva a muoversi.
Dante aveva ragione, la temperatura stava calando ancora ed era stata una notte molto fredda, anche se non voleva crederci, dovevano tenere conto di tutte le possibilità, anche le peggiori.
Qualcuno le poggiò una mano sulle spalle e la fece sussultare. Alzando la testa vide lo sguardo dolce di Zhalia.
Non poté più controllarsi e scoppiò a piangere, così la donna le si sedette accanto e la abbracciò.






Angolo dell’autrice: un saluto a tutti!!
Mi dispiace se mi sono fatta aspettare tanto, ma è stato un periodo difficile e non ho potuto proprio aggiornare.
Per di più ho paura che questa storia possa deludere le vostre aspettative. Vi invito a lasciare una piccola recensione, solo per sapere se sto procedendo bene oppure se c’è qualcosa che non vi quadra.
Grazie a chi è arrivato a leggere fino a questo punto e grazie a caty_21 per aver recensito il primo capito.
Purtroppo non posso promettervi che aggiornerò in fretta. Alla prossima e spero …. a presto!
  
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