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Autore: Ayepandayay    24/01/2016    3 recensioni
Storia partecipante al contest di Kore Flavia: "Notp Contest" -3° posto
Natsu sta per confessare i sentimenti che prova per Lisanna, ma un evento inaspettato e terribile glielo impedisce.
Passeranno anni, eppure nel cuore del ragazzo resterà un vuoto.
Un vuoto maledetto
e delle parole non dette.
Genere: Fluff, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lisanna, Natsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Unsaid

 

L’inverno era ormai alle porte: il vento soffiava sempre più forte sulla vivace città di Magnolia, e le sfumature del cielo assumevano pian piano un colore grigiastro. Ciò sembrava smorzare un po’ l’entusiasmo degli abitanti, amanti del sole e delle giornate calde. Era proprio in quel periodo che ringraziavano il cielo di avere i maghi di Fairy Tail a rendere tutto più gioioso. Erano dei combinaguai, certo, ma questa non era sempre una cosa del tutto negativa, anzi.

Nessuno sapeva ancora, però, che quell’inverno sarebbe stato il più gelido di tutti, il più buio, di un’oscurità che per un po’ avrebbe affievolito persino la luce di Fairy Tail.

 

Natsu era steso sull’erba con le braccia unite dietro alla testa: stava lì a osservare le nuvole perché qualcuno gli aveva detto che aiutasse a pensare. In realtà, però, non aiutava per niente, anzi, confondeva ancora di più le idee. Forse pensare troppo non era una cosa adatta a lui, o probabilmente quello non era il metodo giusto…

«Natsu!» lo chiamò una voce familiare che lo fece voltare di lato. Happy gli si era avvicinato senza che se ne accorgesse, e lo stava guardando con aria preoccupata. «Che cos’hai oggi? È da stamattina che non parli!» gli si avvicinò di più e gli posò una zampa sulla fronte «Stai male, per caso?».

Il ragazzo dai capelli rosa scosse la testa e sospirò, facendo preoccupare ulteriormente il gatto blu.

«Va tutto bene, Happy…» disse infine con un tono di voce insolitamente basso.

«Non è vero!» esclamò il gatto incrociando le zampe sulla pancia «Dai Natsu, non siamo forse amici? Hai forse mangiato del pesce avariato?»

«No…» il ragazzo ridacchiò: sapeva che i gatti amassero il pesce, ma non che fossero un’ossessione! Forse per i gatti parlanti era diverso…? «Sono il figlio di Igneel, ma… sono un disastro con i sentimenti. Come posso spiegarmi? Non so neanche io stesso che cosa provo…»

Happy non aveva mai visto il suo amico parlare in modo tanto impacciato, e ancor meno di sentimenti. Sarebbe potuta sembrare una scena comica, anche perché Natsu stava cominciando ad arrossire, ed era una cosa che faceva molto di rado. Ma dopotutto, come aveva detto lui stesso pochi secondi prima, loro due erano amici, e avrebbe dovuto dire qualcosa, magari dargli un consiglio –sebbene sapesse che nessuno seguisse mai i suoi consigli.

«Beh, anche se sei il figlio di Igneel, non significa che tu debba essere bravo con i sentimenti.» chiuse gli occhi e disse in tono serio: «Gli umani in genere non sono molto bravi con i sentimenti.».

«E perché, i gatti lo sono?» domandò Natsu alzando un sopracciglio. Poi rise, pensando che in fondo fosse vero: lui era un essere umano dopotutto. Restava il fatto che comunque non sapesse cosa fare. Che cosa provava? Avrebbe dovuto rivelare i propri sentimenti?

«Beh, io sicuramente sì!» rispose il gatto con convinzione. Poi fissò intensamente il ragazzo «Natsu…» e fece la domanda: «Ti piace Lisanna, vero?».

La risata del ragazzo si fermò di colpo, il suo respiro anche, e il suo viso divenne dello stesso colore dei capelli. Abbassò lo sguardo, incapace di spiccicare parola ma consapevole del fatto che avrebbe dovuto rispondere a quella domanda che aveva posto a se stesso un milione di volte: ti piace Lisanna, vero? Ma prima che potesse darsi il tempo di pensare a una risposta da dare a se stesso, e di conseguenza al gatto blu, le sue labbra si mossero, e dalla sua gola uscì il suono di una parola monosillaba capace di dare un senso a tutti i suoi grattacapi:

«Sì.»

I due rimasero a fissarsi in silenzio per un po’, e nel frattempo Natsu cercò di realizzare ciò che aveva appena ammesso: gli piaceva Lisanna, la sua migliore amica, colei che per lui era sempre stata come una sorellina…

No. Lei era la sua mogliettina, un membro della sua famiglia. Un po’ come Igneel era suo padre e, in un certo senso, Happy suo figlio. Il loro figlio, si corresse. Dopotutto il gatto era nato e cresciuto con il loro amore, il loro calore.

«E hai intenzione di dirglielo?» chiese poi Happy.

«Non lo so…» il ragazzo sospirò, in preda ad un’insicurezza che non aveva mai provato prima «sarebbe la cosa giusta da fare?»

«Sicuramente la renderebbe felice!» ribatté il gatto, sicuro di sé.

Allora Natsu annuì prima lentamente, poi con vigore. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di rendere Lisanna felice, e se “qualsiasi cosa” significava confessarle i propri sentimenti, era decisamente pronto a farlo.

 

Il buio era calato velocemente, e con esso un inquietante silenzio nei pressi della gilda: persino Natsu e Gray stavano parlando pacificamente.

Tutto d’un tratto, però, il portone della gilda si aprì, e due figure entrarono. Natsu conosceva bene quelle due figure: erano Mirajane ed Elfman. Ma dov’era finita Lisanna? Stava per alzarsi e andare a chiedere della ragazza ai due diretti interessati, ma qualcosa lo fermò.

Aveva visto Elfman triste qualche volta, come quando il suo uccellino era improvvisamente sparito, ma la tristezza di allora non era neanche lontanamente paragonabile a quella di quel momento.

Invece non aveva mai visto Mirajane triste. Arrabbiata sì, ma non triste. Non stava piangendo, né aveva un’espressione particolarmente corrucciata, sembrava solo totalmente assente.

Ma la loro non era solo tristezza: erano arrabbiati, delusi, come se avessero subito la sconfitta peggiore della loro vita.

Makarov precedette gli altri membri della gilda, e chiese con tono calmo:

«Che cosa è successo?»

«Lisanna…» tentò di rispondere Elfman, e al suono di quel nome il cuore di Natsu cominciò a battere velocissimo, ma rallentò immediatamente non appena vide delle lacrime sul viso dell’uomo. Egli non riuscì più a parlare, così si fece avanti la sorella, continuando ad avere un’aria assente.

«…lei è morta.»

 

Morta. Lisanna era morta. Natsu sentì come se tutte le forze dell’universo si stessero abbattendo su di lui. Lentamente, una dopo l’altra lo stavano colpendo a un ritmo costante e incessante, procurandogli un’angoscia che mai avrebbe pensato di provare. Cominciarono a tremargli le mani, e mentre le guardava impotente di fermarle, poteva ancora percepire la pelle della ragazza che ne veniva sfiorata. Improvvisamente tutto ciò che lo circondava era sparito, sostituito da un posto buio e freddo, dove l’unico suono udibile era quello del proprio cuore che lentamente batteva, ma non più accompagnato da quella passione, energia e voglia di vivere che caratterizzava il Dragon Slayer. Batteva come se fosse un ingranaggio del corpo semplicemente abituato a fare quello.

Senza rendersene neanche conto si ritrovò davanti alla lapide di Lisanna. Non quella della chiesa, ne avevano messa una nei pressi della gilda perché ritenevano che quello fosse il suo posto. Era stata Lisanna di Fairy Tail, e lo sarebbe sempre stata.

Sussurrò qualche parola di conforto e incoraggiamento ai fratelli della ragazza. Disse loro che era inutile piangersi addosso, e tutto ciò che avrebbero dovuto fare era andare avanti con le loro vite, continuando a diventare sempre più forti perché era “ciò che Lisanna avrebbe voluto”. La loro rabbia nei confronti di se stessi era quasi tangibile, ma lui sapeva che nonostante tutto ce l’avrebbero fatta, perché in fondo erano Mirajane ed Elfman Strauss.

Quello che non sapeva era… lui stesso come avrebbe fatto. Certo, avrebbe dovuto seguire i suoi stessi consigli: andare avanti e diventare più forte, ma perdeva fiducia in se stesso man mano che sentiva le lacrime formarsi alla base degli occhi, e lentamente bagnare il viso.

Quando fu certo che nessuno lo stesse guardando, allentò un po’ la tensione che gli fluiva in corpo come se fosse sangue, e cadde in ginocchio di fronte alla lapide. Stavolta le lacrime che bagnarono il suo viso furono improvvise, come un fiume che straripa. Piegò la schiena in avanti e batté i pugni sull’erba.

«Perché?» biascicò tra i denti. In realtà non sapeva neanche quale fosse la propria domanda, ma quella era l’unica parola che gli era venuta in mente per esprimere il proprio stato d’animo.

Non era riuscito a convincere Elfman a portarlo con loro per quella pericolosa missione, dove avrebbe potuto proteggere Lisanna. Non era riuscito a proteggerla. Non era riuscito a rivelarle i propri sentimenti. Non era riuscito a dirle quelle parole che l’avrebbero resa felice.

Non aveva fatto in tempo.

Aveva fallito in tutto… e ora aveva perso anche lei. Strinse le labbra per farsi coraggio e dopo un po’ le riaprì per sussurrare ciò che avrebbe dovuto confessare a Lisanna tempo prima, non alla sua lapide.

«Ti amo.» disse, e si morse il labbro inferiore, arrossendo lievemente quasi ci fosse davvero la ragazza che riusciva a scaldargli il cuore invece di quella fredda pietra. Poi alzò la testa e rivolse lo sguardo a quel cielo buio e senza stelle, pensando che magari, lassù, da qualche parte, ora la sua amata stava sorridendo. Magari l’aveva resa felice con quelle due parole. Pensandoci bene, data la sua scarsa abilità di capire l’amore, non sapeva se lei ricambiasse o no, ma gli andava bene così: voleva solo che lei sapesse di essere amata. E le persone amate sono felici di ciò, no?

 

Erano ormai passati due anni dalla morte di Lisanna; Natsu era diventato uno dei più forti maghi in circolazione, e tutto sembrava essere tornato sereno alla gilda. Elfman era diventato un uomo tutto muscoli, responsabile e alquanto maturo, mentre Mirajane aveva tirato fuori il lato più dolce e gentile del suo carattere, e si prendeva cura della gilda.

Il mago dai capelli rosa aveva conosciuto nuove persone, fatto molte amicizie, imparato tante cose, ma non aveva mai dimenticato Lisanna. Quando pensava a lei, il suo cuore si riempiva di felicità, ma subito quella gioia si trasformava in tristezza e angoscia. Non aveva ancora realizzato che la fonte della propria felicità se ne fosse andata. Non sarebbe mai riuscito a farlo. Lui rideva, scherzava e diceva stupidaggini come il Natsu di sempre, come quello che tutti conoscevano, ma sapeva, sentiva che dentro non era più lo stesso. La morte della sua amata gli aveva lasciato un vuoto incolmabile, ed era davvero troppo profondo, buio e freddo perché il ragazzo potesse almeno guardarci dentro per trovare il modo di riempirlo. Ma ogni giorno copriva la bocca di quel vuoto con pezzi di risate e gioie passeggere, che non sarebbero di certo bastati, ma ormai aveva imparato che l’unico modo di andare avanti era quello.

Aveva promesso a se stesso che sarebbe andato una volta al mese a fare visita alla tomba di Lisanna in chiesa, ma aveva finito con l’andare tutti i giorni alla sua lapide poco distante dalla gilda. Era un’abitudine ormai: non appena tramontato il sole, si recava alla lapide, controllava che non ci fosse nessuno nei paraggi, e si sedeva a gambe incrociate sull’erba, guardando davanti a sé con espressione neutrale. Si potrebbe pensare che stesse pregando, meditando o qualcosa del genere, ma lui in realtà non faceva altro che raccontare la sua giornata a quella pietra di fronte a lui, e a volte gli sembrava perfino che gli rispondesse. Ma sapeva bene che non era così: nessuna fredda pietra avrebbe mai potuto sostituire Lisanna.

Natsu non andava quasi mai alla tomba nel cimitero della città. Quando vedeva il nome della sua amata su quella pietra… si sentiva strano. Non triste, solo strano. Come se ci fosse qualcosa di maledettamente sbagliato in tutto quello.

Aveva sempre pensato alla morte come a qualcosa di pesante che incombe sugli esseri viventi per privarli del diritto della vita. Come a una sconfitta, o peggio ancora a una resa. Ed era per questo che gli sembrava tutto così sbagliato. Per lui quel nome inciso sulla bianca pietra, quel Lisanna Strauss con sotto la data di nascita e morte, non aveva davvero senso. Lisanna, la sua Lisanna, era piena di vita, e non si sarebbe arresa a nulla, neanche alla morte. Quando entrava in quel cimitero vedeva un mucchio di pietre con incisi nomi di persone morte, e che, nel bene o nel male, ora avevano trovato la pace; e poi c’era quella tomba, quella che non aveva niente a che fare con le altre, quella tomba che non sarebbe dovuta essere lì. La tomba di troppo.

 

Il Dragon Slayer del Fuoco non si riteneva particolarmente credente in qualcosa come una divinità: lui credeva nelle azioni delle persone e nei loro sentimenti. Nonostante ciò, il giorno del secondo anniversario della morte della ragazza, per quella che credette fosse la prima volta nella sua vita, egli pregò affinché in qualche modo –qualsiasi modo- Lisanna potesse tornare. Sapeva di non essere per nulla il primo a chiedere cose del genere, anzi, sarebbe stato un ingenuo a sperarvi. Non sapeva neanche perché lo avesse fatto, magari gli serviva davvero un po’ di speranza.

Eppure, come se qualcuno avesse davvero ascoltato la sua richiesta, successe l’impossibile: si scoprì che Lisanna in realtà era finita in un mondo parallelo senza magia, Edolas, dove viveva con Mirajane ed Elfman di quel posto; ma alla fine, lei tornò davvero a casa. Tornò davvero da lui.

E finalmente, quando tornarono alla gilda insieme, si sedettero sull’erba l’uno di fronte all’altra, come ai vecchi tempi; solo che stavolta non stettero fermi a guardarsi negli occhi fino a che il sole non fosse tramontato. Natsu fece la prima, impacciatissima mossa che gli fece battere il cuore ancora più velocemente di quanto non stesse già facendo.

«Lisanna…» sussurrò, le prese una mano con la propria tremante, e abbassò per un attimo lo sguardo su di essa. Che stesse sognando? No, non era così. Lei era davvero lì, di fronte a lui, e lo sapeva perché nessun sogno, neanche il più realistico, lo aveva mai fatto sentire così bene. Perché sì, era in quel momento che aveva capito cosa significasse davvero “stare bene”. Significava avere il cervello immerso in una nuvola di zucchero filato, lo stomaco pieno di gatti volanti, e il cuore riscaldato da fiamme eterne.

Poi spostò lo sguardo dalla mano e lo posò nuovamente sugli occhi blu oceano della ragazza. «Io ti amo.» riuscì a dirle, e prima che lei lo dicesse, lui sapeva già cosa stesse per dire. Gli occhi di Lisanna si riempirono di stupore, subito dopo sostituito da una felicità senza pari. Le sue guance diventarono rosse come il sole che tramonta d’estate, e le sue labbra s’incurvarono per formare il più sincero dei sorrisi.

«Anch’io ti amo, Natsu.»

E così dicendo si avvicinò a lui quel poco che bastava per far sì che le loro labbra s’incontrassero.

Ora Natsu era davvero felice: non solo perché era finalmente riuscito a confessarle i suoi sentimenti ed era stato ricambiato, ma soprattutto perché l’aveva davvero resa felice. E ormai l’aveva capito, era un dato di fatto: la felicità di Lisanna era anche la sua.

 

Natsu sbattè le vecchie e pesanti palpebre, e sorrise tra sé e sé ricordando quei bei tempi. S’inginocchiò di fronte alla tomba e vi pose un mazzo di fiori indaco, i preferiti della defunta. Alzò lo sguardo verso il cielo: era buio, e le stelle non accennavano a comparire, come la prima volta. Sospirò, e con voce bassa, ma sempre in qualche modo giovanile, si mise a raccontare della sua giornata. Certo, i suoi racconti non si potevano paragonare a quelli di quando era ancora un ragazzo, ma il piacere nell’esporli era rimasto invariato. Pian piano alcuni bambini cominciarono ad avvicinarsi a quello strambo vecchio dai capelli rosa ciliegio che sembrava parlare da solo. Ormai ci era abituato: ogni volta che i bambini di Magnolia lo vedevano, avvertivano il bisogno di chiedergli di raccontare loro come fosse stato essere un Dragon Slayer. E lui puntualmente si sedeva in mezzo a loro e cominciava a raccontare. Sembravano così interessati a cosa lui dicesse, pensò. Lui, al contrario, non ascoltava mai cosa gli dicessero gli anziani, a malapena ascoltava Makarov.

E stavolta era felice, davvero felice, e non c’era nessun vuoto a impedirgli di esserlo. Lo era perché quando lei, l’amore della sua vita, Lisanna Dragneel era in punto di morte, gli aveva detto di essere felice. Era morta, ma felice, e andava bene così.

«Mi manchi» mormorò, poggiando la testa sul tappeto d’erba «e so che anch’io manco a te.» accennò un sorriso birbante. «Ma l’importante è che entrambi siamo felici, no?» disse con voce rauca, e anche se era assolutamente convinto di essere felice, una calda lacrima gli solcò lentamente il viso.


Angolino Autrice

 Salvee! :3 Con questa one-shot partecipo al contest di Kore Flavia "Notp contest". Devo dire che è stata davvero una bella sfida, e ringrazio tantissimo Kore per questa opportunità! :D

Spero che questa storia vi sia piaciuta, spero di scriverne altre in questo fandom -magari su un'Otp, hum...

Grazie a chiunque l'abbia letta/la stia leggendo/la leggerà/ha intenzione di leggerla in un futuro prossimo e incerto.

Alla prossima!


-Ayepandayay

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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