La sala comandi è immersa in un silenzio innaturale. Perfino il ronzio dei monitor sembra smorzato, il pulsare cadenzato, regolare, dei sensori.
Non è rimasto spazio per le parole, dopo la sconfitta. Chi ha qualcosa da dire, ha il buon senso di tenerlo per sé. I membri dell’equipaggio che possono permetterselo disertano la sala e evitano la presenza del Generale. Chi non può, tace, gli occhi persi nello spazio sconfinato che si apre oltre i pannelli flessi, mentre l’incrociatore procede verso nessun luogo particolare. Nessun ordine è più arrivato, dopo quello di evacuare il pianeta e recuperare il ragazzo. Il sommo Snoke non ha più parlato. Il Generale Hux attende di conoscere il proprio destino, e con lui tutti i sopravvissuti alla disfatta, alla distruzione di Starkiller.
No, non tutti. Il ragazzo non attende. Perduto ai confini di sé, nel sonno ovattato e benedetto dell’incoscienza.
Non è del proprio futuro che si preoccupa Kylo Ren. Hux è pronto a scommetterlo. È del suo passato. Del suo recente fallimento. Per quanto la mano di Snoke possa colpirlo duramente, non lo ferirebbe con la stessa violenza con cui lo ha ferito la ragazza. Non sa se invidiarlo o disprezzarlo, per questo. Deve essere un sollievo non dover temere il domani.
Immobile, il Generale scruta lo spazio senza vederlo. Potrebbe essere solo, nella sala comandi. Di fatto lo è, completamente. Non ha bisogno di notare il comportamento sfuggente dei suoi. Esiste un biasimo che non necessita di parole, esistono condanne che non richiedono una sentenza per essere pronunciate. Sì, è invidia che prova per il ragazzo dormiente, definitivamente. Doversi preoccupare di un solo nemico sarebbe una tale liberazione!
Un piccolo, invisibile tremito increspa l’apparente, impassibile compostezza del suo volto. Solo un riverbero che percorre i suoi lineamenti come una lama fredda, sezionando gli zigomi, accendendosi in un baluginio d’acciaio negli occhi azzurri, deformando le labbra in una smorfia crudele.
Volta le spalle all’immensità indifferente che gli si spalanca davanti. Non deve rivolgersi a nessuno mentre lascia la sala. Non è tenuto a farlo, e i soldati che rifuggono il suo sguardo non ne sentono di certo il bisogno. Esce seguito dall’eco metallica dei propri passi, il mento levato, la figura dritta e marziale. Mentre percorre il corridoio i pochi Stormtrooper di turno si fanno da parte, accellerando il passo. Temono la sua rabbia gelida e silenziosa più di quanto temano gli eccessi d’ira del ragazzo. O così gli piace credere, così ha bisogno di credere. Di nuovo il volto si increspa, come colto da uno spasmo. Perché, ora che tutto è caduto, ora che perfino la sua stessa esistenza è sospesa al giudizio non pronunciato del sommo Snoke, tutto ciò a cui riesce a pensare è a come la ragazza ha saputo piegare Kylo Ren, farlo sanguinare come mai avrebbe creduto di poterlo veder sanguinare? È inspiegabile come sia potuto accadere, e ancora più inspiegabile perché debba continuare a ritornare col pensiero alla visione di lui, nella neve, esanime, spezzato. Aveva provato un sussulto, nel vederlo, un fremito di soddisfazione. Alla fine anche il grande Kylo Ren poteva essere ferito, dunque? Ma poi il Cavaliere aveva sollevato lo sguardo a incontrare il suo, e la soddisfazione era inaridita nella sua bocca, aveva perduto ogni dolcezza, lasciando solo cenere amara. La spada della ragazza, di quella ribelle, doveva essere andata davvero a fondo.