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Autore: lisitella    27/01/2016    11 recensioni
Io studentessa al secondo anno di lettere. Lui al quarto anno di ingegneria: Eravamo innamorati follemente e... poi la doccia fredda.
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Desidero un giorno da ricordare


 

Solo rovine intorno a me: questa la mia sensazione quella mattina quando mi svegliai dopo un’ora di sonno angoscioso. Ma dovevo farmi forza per quella creatura che mi portavo in grembo. Si, solo lei, ormai mi dava il coraggio, la speranza per potere ricostruire qualcosa intorno a me.

Io, studentessa al secondo anno di lettere. Lui al quarto anno di ingegneria. Innamorati follementi nel giro di pochi giorni. Tre mesi meravigliosi. Poi la doccia fredda: rimango in cinta. Non è possibile, e tutto acquista un altro aspetto. Prima l’incredulità, poi un altro po’ di tempo di attesa di non so che, poi Antonio che cerca un modo per farmi abortire e prima ancora per farmi convincere che è bene agire così.

Anche se non sono a sfavore dell’aborto, io quel figlio, Antonio, l’ho voluto tenere contro il tuo volere e quello dei tuoi: quel figlio che già sentivo in me, che era ormai parte integrante di me stessa.

Poi la tua decisione, in un momento di entusiasmo, di sposarmi, poi quell’altra, di volerci ripensare. Poi quel giorno, un giorno che avrei voluto cancellare dal libro del mio destino, un giorno che avrei preferito fatto di nulla, di vuoto fra la prima parte della mia vita e la seconda. Solo un biglietto mi desti, un biglietto che ti eri voltato e rivoltato nella tasca prima di darmelo. Neppure di parlarmi eri capace, di dirmi cosa pensavi, il perchè. Avrei preferito non sapere nulla, piuttosto che saperlo da quel biglietto, in brutta copia, scritto giorni prima, tentando di dare una forma alle parole per poi farne una bella copia da mandarmi. Non aspettatevi che venissi a chiederti spiegazioni, me lo dicesti.

Per quanto tempo restammo in silenzio, io ancora fra le tue braccia nonostante l’assurdità! Poi mi accompagnasti alla stazione e mi abbracciasti e mi baciasti sulle guance, come quando si lascia un amico che si è sicuri di rivedere: Noi, invece, sapevamo che non ci saremmo più visti.

Il biglietto lo lessi poi da sola: dicevi che non mi amavi più. Mi venivano in mente le tante volte che avevamo ascoltato i movimenti di nostro figlio nel mio pancione e tu non li sentivi. Io volevo Cristina o Gabriele  e tu Aurora o Giovanni, la nostra decisione di chiamarla Federica. Mi veniva in mente le volte che assieme avevamo previsto le cose che volevamo nella nostra casa.

Quanto può fare un pezzetto di carta anche se malconcio e mal scritto!

Restavo sola, sola con te, figlio mio. Solo io che mi chiedevo se fosse valsa la pena di mettermi contro tutti per tenerti, io che ti desideravo con tutta me stessa. Il mio e il tuo futuro erano in balia di un nuovo programma. Io sarei rimasta sola ancora per un po’, con tanta gioia da non poter più raccontare a nessuno e poi ci saresti stato tu. Non vedevo l’ora che venisse quel momento, volevo vederti, stringerti, sentirti mio. Ma dovevo farcela, non aver paura.

E ce l’ho fatta, grazie a tanta gente che mi ha aiutata: ora ho Cristina, ha due anni: mi racconta già a modo suo, con tante smorfiette e pause, la favola di Cappuccetto Rosso. C’è una bambina, una mamma, una nonna, un nonno che fa il cacciatore. Manca solo un papà nella favola: chissà che un “giorno da ricordare” non ce lo riporti.

   
 
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