Quell’ombra
scura, enorme, che sembrava più alta
di una sequoia, lo sovrastava come una statua che oscurava la luce del
sole.
Era paura, quella che sentiva? No. Qualcosa di
peggio. Sentiva di sapere che non era un bene guardare quella figura
nera, che
doveva allontanarsi. Ma gli amici non c’erano. Era solo.
Nessuno poteva
aiutarlo a difendersi da quella cosa. E non poteva muoversi. Quella che
sentiva
era la consapevolezza di non poter fuggire, di dover accettare il
destino, quel
destino oscuro che lo attendeva con quella figura alta in controluce
che era
proprio sopra di lui. La consapevolezza di non poter tornare indietro,
di
sapere che, se avesse accettato quel destino, non avrebbe mai saputo
per certo
se sarebbe sopravvissuto. Non gli faceva nemmeno così paura,
in fin dei conti. Ma
gli suscitava una strana rassegnazione, come se non avesse avuto altra
scelta.
Poteva forse scappare? Ormai, poteva solo vedere quello che gli stava
di
fronte. Non aveva altre possibilità. Eppure…
sentiva che non doveva accettare.
Doveva andarsene, da qualunque parte, in qualunque posto, non doveva
restare
lì. Era troppo vicino. Pochi centimetri ancora, e non
avrebbe più avuto vie di
scampo. La poca luce che brillava dietro la figura era debole, morta, e
non
solo perché era l’alba. Gli amici erano fuggiti,
per paura. Paura di quella
stessa figura che continuava ad avvicinarsi, fino a raggiungerlo. Era
tutto così
sbagliato? Quella forma alta e scura era veramente ciò che
l'avrebbe segnato? Se gli altri erano scappati, abbandonandolo alla
mercé di quell’essere, poteva
significare solo che avrebbe dovuto seguire il loro esempio, andarsene
come loro. Ma non poteva muoversi.
Bloccato, incapace di trovare la salvezza. La figura gli era di fronte, occupando tutta la visuale, e intravide
due occhi morti, grigiastri, due piccole gemme spente e opache che
erano
puntate come fari su di lui. Due piccoli, unici punti chiari in mezzo
al nero.
La figura era grande, sembrava un gigante. Bloccato come era, troppo
debole e paralizzato per muoversi, non poté fare
altro che continuare a guardare, consapevole che ormai fosse troppo
tardi per tornare
indietro. I giorni innocenti erano finiti. Lo aspettava un futuro
incerto. La
figura si abbassò verso di lui. In quel momento non comprese
alcuna parola che
le sentì pronunciare, e, probabilmente, anche se avesse
potuto, si sarebbe
comunque rifiutato di capire… anche se era qualcosa che,
forse, sarebbe sembrato terribilmente
importante, per chiunque altro.
“Io sono tuo padre.” Disse la figura.