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Autore: DarkLatias2000    30/01/2016    1 recensioni
"Non è stato cresciuto come essere umano; parla la lingua di altre creature, che crede più simili a lui. Impregnato di dolore suo e non suo, addestrato ad un livello di intelletto superiore, privato di quasi ogni traccia di desideri umani, per tutta la vita. Il suo scopo è solo uno, sa che è più importante della sua stessa vita, non esiste che possa tradirmi. Per quanto fragile e complicata possa essere, ho curato e impostato questa macchina con ogni mia forza. Mi sono assicurato che ogni suo ingranaggio funzioni secondo il preciso schema che gli ho impresso, un marchio indelebile: non esiste una sola possibilità che lui diventi la mia rovina."
"Dimentichi una cosa: per quanto tu possa affannarti, gli esseri umani non sono macchine. Non sottovalutare la fragilità e l'imprevedibilità del cuore di un ragazzo, perché basterà un minimo inceppamento per distruggere l’intero sistema."
Un passato atroce, una scelta da compiere, uno spirito spezzato in due.
La storia di N, come non l'avete mai letta.
[Nota: ho modificato il nome della protagonista di Nero e Bianco, Anita/White/Hilda/Touko/quello-che-è... semplicemente, purtroppo, non sono riuscita a farmi piacere nessuno di essi. Buona lettura]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Ghecis, Komor, N, Touko
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Videogioco
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Quell’ombra scura, enorme, che sembrava più alta di una sequoia, lo sovrastava come una statua che oscurava la luce del sole.
Era paura, quella che sentiva? No. Qualcosa di peggio. Sentiva di sapere che non era un bene guardare quella figura nera, che doveva allontanarsi. Ma gli amici non c’erano. Era solo. Nessuno poteva aiutarlo a difendersi da quella cosa. E non poteva muoversi. Quella che sentiva era la consapevolezza di non poter fuggire, di dover accettare il destino, quel destino oscuro che lo attendeva con quella figura alta in controluce che era proprio sopra di lui. La consapevolezza di non poter tornare indietro, di sapere che, se avesse accettato quel destino, non avrebbe mai saputo per certo se sarebbe sopravvissuto. Non gli faceva nemmeno così paura, in fin dei conti. Ma gli suscitava una strana rassegnazione, come se non avesse avuto altra scelta. Poteva forse scappare? Ormai, poteva solo vedere quello che gli stava di fronte. Non aveva altre possibilità. Eppure… sentiva che non doveva accettare. Doveva andarsene, da qualunque parte, in qualunque posto, non doveva restare lì. Era troppo vicino. Pochi centimetri ancora, e non avrebbe più avuto vie di scampo. La poca luce che brillava dietro la figura era debole, morta, e non solo perché era l’alba. Gli amici erano fuggiti, per paura. Paura di quella stessa figura che continuava ad avvicinarsi, fino a raggiungerlo. Era tutto così sbagliato? Quella forma alta e scura era veramente ciò che l'avrebbe segnato? Se gli altri erano scappati, abbandonandolo alla mercé di quell’essere, poteva significare solo che avrebbe dovuto seguire il loro esempio, andarsene come loro. Ma non poteva muoversi. Bloccato, incapace di trovare la salvezza. La figura gli era di fronte, occupando tutta la visuale, e intravide due occhi morti, grigiastri, due piccole gemme spente e opache che erano puntate come fari su di lui. Due piccoli, unici punti chiari in mezzo al nero. La figura era grande, sembrava un gigante. Bloccato come era, troppo debole e paralizzato per muoversi, non poté fare altro che continuare a guardare, consapevole che ormai fosse troppo tardi per tornare indietro. I giorni innocenti erano finiti. Lo aspettava un futuro incerto. La figura si abbassò verso di lui. In quel momento non comprese alcuna parola che le sentì pronunciare, e, probabilmente, anche se avesse potuto, si sarebbe comunque rifiutato di capire… anche se era qualcosa che, forse, sarebbe sembrato terribilmente importante, per chiunque altro.
“Io sono tuo padre.” Disse la figura.

   
 
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