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Autore: literatureonhowtolose    30/01/2016    4 recensioni
Qualche tempo prima avevano preso una decisione, o meglio, Patrick l'aveva presa e gli altri l'avevano appoggiata senza esitazione.
Ricordavano come fosse ieri il giorno nel quale era arrivato da loro dicendo, con una convinzione senza precedenti: «Proveremo tutte le pizzerie locali, e prometto che chiederò al pizzaiolo migliore di sposarmi.»
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Patrick Stump, Peter Wentz
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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petezzeria: the fic
Era la serata della pizza.
O, come erano soliti chiamarla, della Petezza.
Pete, il loro coinquilino, si stava affaccendando in cucina, mentre loro sedevano al tavolo già pronto per la cena e si guardavano nelle palle degli occhi.
La loro situazione era a dir poco disastrosa.
Vivevano come accampati, insieme dentro a un bilocale di circa un metro quadro. L'affitto e le bollette le pagavano a stento, viaggiavano da un lavoro all'altro e quando miracolosamente avevano dei soldi da spendere li usavano per birra e stronzate trovate sul web.
In mezzo a quattro uomini adulti, ci si sarebbe aspettati di trovarne almeno uno che fosse in grado di badare a se stesso e frenare gli altri.
Invece no.
Casi persi. Tutti quanti.
Nella merda. Tutti quanti.
Tyler si alzò di colpo.
Brendon e Jack aspettarono pazientemente che dicesse qualcosa.
«Svegliatevi! Dobbiamo fare soldi, yo!»
Gli altri annuirono. Poco ma sicuro.
Però, come?
Pete aveva cominciato a cantare alle pizze, lo si sentiva stonare dalla cucina. Diceva sempre che uscivano meglio, se si dimostrava loro amore.
Fu lì che a Jack venne l'Idea, quella con la i maiuscola. 
«Ragazzi», disse solennemente, «bisogna monetizzare Pete.»
Non appena Brendon e Tyler cominciarono a cogliere il senso di quelle parole, un sorriso vagamente folle si fece strada sui loro volti.
Corsero in cucina causando il repentino arresto dei canti rituali del loro amico, che li fulminò con lo sguardo.
«Pete. Amico mio.»
Brendon gli si avvicinò, poggiandosi al bancone pieno di farina e pentendosene immediatamente. Si scrollò la polvere bianca dagli avambracci e riprese il discorso.
«Hai un talento incredibile nel fare le pizze.»
Pete fece un sorrisetto imbarazzato, rivolgendo tutta l'attenzione alle proprie creazioni, che riposavano tranquille nel forno.
«Ma questo talento è sprecato, nel buio e nell'anonimato di queste quattro mura», disse Jack.
«Apriamo una pizzeria!», propose Tyler.
Pete tornò a guardare i coinquilini, le sopracciglia aggrottate.
«Siete scemi?»
Brendon alzò le spalle.
«Oddio, beh...», cominciò, solo per venire interrotto da Jack.
«Non è quello il punto, non cambiare discorso!»
Pete scosse la testa con decisione.
«Non sono degno. Non renderei loro», e a questo punto indicò le pizze infornate, «giustizia.»
Si scatenò l'inferno.
In mezzo a lodi e incitamenti mirati a fargli cambiare prospettiva, gli altri cominciarono a discutere, dandosi a vicenda la colpa di non essere stati abbastanza convincenti.
Avevano tutti e tre dei toni di voce assurdamente alti, e probabilmente l'intero vicinato li stava sentendo litigare sul niente.
Alla fine Pete si arrese e sbatté le mani sul bancone, sollevando una nuvola di farina che fece starnutire Tyler.
«E va bene, okay, facciamolo.»
I suoi amici sorrisero compiaciuti, battendosi il cinque dietro la schiena.
Funzionava sempre.
«Basta che voi stiate zitti, altrimenti spaventerete le pizze e faranno schifo per colpa vostra.»


Un anno dopo arrivò il grande giorno: fu il tempo di inaugurare la Petezzeria.
Per aprirla, i ragazzi avevano dovuto moltiplicare il numero di lavoretti part-time, chiedere prestiti, elemosinare, fare un viaggetto a Lourdes e Brendon aveva addirittura pensato di farsi pagare dalle persone che si portava a letto.
Non l'aveva fatto perché era rimasto colpito dall'infervorato discorso di Jack riguardante l'amore libero e i pochi piaceri gratuiti della vita.
Però, insomma, ce l'avevano fatta.
Il posto non era particolarmente grosso né particolarmente ben arredato, ma le pizze di Pete avrebbero fatto miracoli, ne erano convinti.
Così tanto, in effetti, che Jack e Brendon avevano deciso di spendere fino all'ultimo secondo disponibile a fare volantinaggio in strada, mentre Pete e Tyler preparavano il locale con l'aiuto di alcuni amici.
«Hey!» urlò Jack, facendo una corsettina imbarazzante per raggiungere un passante che aveva catturato la sua attenzione.
Il ragazzo si girò, un sopracciglio alzato sotto al ciuffo di capelli azzurri.
Jack ci mise un po' a recuperare l'uso della parola.
Gli capitava spesso di innamorarsi di gente incontrata in luoghi pubblici – fare il cameriere sarebbe stata una sfida per la sua libido insaziabile –, ma mai così. Di solito sentiva più che altro l'urgenza di sbattere la persona di turno al muro il prima possibile, o comunque di venir sbattuto al muro dalla persona di turno il prima possibile, non di tenerla per mano e guardare con lei reality show da quattro soldi sul divano, accoccolati come nelle rom-com più squallide.
«Huh... hey?» ripeté, un po' meno convinto.
Il ragazzo lo squadrò da capo a piedi e incrociò le braccia.
Jack gli tese un volantino. Di colpo aveva perso tutte le proprie capacità di persuasione ed eloquenza, il che era preoccupante, perché non gli era mai successo.
«Magari, tipo, facci un salto?»
Jack chiuse gli occhi, illudendosi che se il mondo fosse sparito alla sua vista allora lui sarebbe sparito alla vista del mondo.
Ovviamente non successe.
Siccome non sentì alcun tipo di risposta da parte del ragazzo dai capelli azzurri, riaprì gli occhi con la convinzione che si sarebbe ritrovato a fissare il vuoto.
E invece no.
Il passante stava leggendo il volantino, e più leggeva più il suo volto si illuminava. Era uno spettacolo affascinante.
«Grazie», disse, con aria di riverenza.
Jack alzò le sopracciglia. La situazione si era ribaltata piuttosto in fretta.
«Oh», si lasciò sfuggire, «Di nulla!»
Lo sconosciuto gli fece un piccolo sorriso, e Jack si sentì morire un po'.


Alex si catapultò in casa senza preoccuparsi di far rumore.
La sera prima Patrick e Dallon erano rimasti a dormire e avevano tutti quanti fatto le ore piccole, ma era pomeriggio inoltrato e se gli altri stavano ancora dormendo non era un problema suo.
«Sveglia, tristi sacchi di merda», esordì, lanciando la borsa in direzione dell'attaccapanni senza prestarci particolare attenzione, «Porto notizie dal mondo.»
Quando entrò in salotto, trovò Josh e Dallon sul divano a guardare un qualche documentario sugli ornitorinchi. 
Si girarono entrambi verso Alex con sguardo inquisitore.
«Dov'è Patrick?» chiese il ragazzo.
«Proprio qui», rispose Patrick stesso.
Era apparso dietro di loro, i larghi pantaloni della tuta che minacciavano di scivolargli lungo i fianchi.
Aveva in mano un bicchiere di latte di mandorla da cui sorseggiava con assoluta calma.
Alex fece un sorriso sghembo e si diresse verso di lui, spiaccicandogli il volantino sul petto.
Patrick alzò un sopracciglio per mostrare la sua confusione nei confronti di tale atto. Una sola occhiata al pezzo di carta bastò a fargli capire di cosa si trattasse.
Dallon e Josh abbandonarono il sofà e gli ornitorinchi per andare a sbirciare a loro volta.
«Sapete cosa significa, vero?» domandò Alex.
Josh annuì, Dallon disse: «Oh, puoi scommetterci.» 
Patrick strinse il foglio nella mano e bevve un sorso di latte, il tutto con un'espressione solenne in viso.
«Si torna in scena.»


Qualche tempo prima avevano preso una decisione, o meglio, Patrick l'aveva presa e gli altri l'avevano appoggiata senza esitazione.
Ricordavano come fosse ieri il giorno nel quale era arrivato da loro dicendo, con una convinzione senza precedenti: «Proveremo tutte le pizzerie locali, e prometto che chiederò al pizzaiolo migliore di sposarmi.»
Quello che era cominciato come un gioco si era fatto sempre più serio, Patrick viaggiava di ristorante in ristorante e testava la bravura di tutti i pizzaioli che gli capitavano a tiro portandosi sempre dietro Dallon, Alex e Josh in qualità di giudici aggiuntivi. 
Fino a quel momento, però, non aveva ancora trovato ciò che stava cercando.
Dopo mesi di sconforto nei quali Patrick aveva quasi rinunciato all'impresa per mancanza di materiale sul quale lavorare (aveva finito le pizzerie disponibili senza trovarne una che lo soddisfacesse completamente), finalmente un barlume di speranza aveva preso ad illuminare la sua umile esistenza. 
Varcò la soglia della Petezzeria pensando proprio a questo, i suoi fedeli compagni al seguito.
Ad accoglierli fu un ragazzo con un sorriso smagliante e dei capelli assurdi. 
Erano neri, ma una striscia bionda che non sembrava avere ragione di esistere li attraversava richiamando alla mente immagini di puzzole.
«Sei venuto», mormorò incredulo, guardando Alex come se fosse l'essere più bello nell'intero universo.
Alex alzò le spalle.
«Non ancora», disse con nonchalance, provocando le risate mal celate di Josh.
Jack sembrò apprezzare quel mica-tanto-sottile humor a sfondo sessuale, perché chinò il capo con reverenza.
«Benvenuti!» esclamò poi, rivolgendosi agli altri, «Un tavolo per quattro?»
Il ragazzo al centro, che indossava un fedora (Jack non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe trovato qualcuno che portasse un fedora senza sembrare un coglione), confermò: «Sì, per favore.»
Tyler si materializzò dietro all'amico e collega senza bisogno che quello lo chiamasse.
Aveva infatti osservato la scena e adocchiato un ragazzo coi capelli rosa – supponeva fosse tinta rossa ormai sbiadita, ma gli donava – dal quale non era più stato in grado di distogliere l'attenzione.
«Seguitemi, prego», li invitò.
Lui e Josh si scambiarono uno sguardo intenso, di quelli che nei film romantici vengono inquadrati in ventuno modi diversi, pure al contrario.
Dallon, notando la scintilla, gli diede un'incospicua gomitata. Josh si morse il labbro inferiore.
Brendon, vedendo altra gente entrare nella sala, si arrestò a metà strada, le ordinazioni di un tavolo pronte per essere comunicate a Pete.
Immediatamente decise che la guerra era aperta: se Tyler non avesse lasciato che fosse lui a servirli, avrebbe fatto in modo che non dormisse mai più sonni tranquilli.
La ragione di tale presa di posizione era da ricercare in uno dei nuovi arrivati.
Era straordinariamente alto, con delle gambe lunghissime, ma tutta la goffaggine che di solito accompagnava persone del genere in lui non esisteva nemmeno in minima parte. Era, anzi, elegantissimo.
E i suoi capelli assolutamente perfetti ed impeccabili quasi turbavano Brendon, che era abituato ad essere sempre considerato quello con i capelli migliori nella stanza.
Quando Tyler arrivò a prendere le bibite che gli avevano appena richiesto, Brendon gli si fiondò addosso.
«Okay, da qui faccio io», disse.
Tyler scosse la testa.
«Non penso», ribatté deciso, «Sono arrivato prima io.»
Brendon gli fece un sorriso tanto dolce quanto finto, mentre poggiava una mano sulla sua guancia.
«Non credo tu capisca, Ty», soffiò, «Sarebbe meglio lasciarmi fare.»
Con un cenno del capo indicò il palo della luce umano che ora sedeva al tavolo.
«Sei tu a non capire»,  ringhiò Tyler, lanciando un'occhiata veloce al ragazzo coi capelli rosa.
Seguì una furiosa gara di sguardi che finì in parità, siccome entrambi si arresero nel medesimo secondo.
«Va bene. Faremo così: prendi le ordinazioni, io ti aiuto a portare le pizze», pianificò Brendon, «E se ti azzardi anche solo a toccare quella dello gnocco con le gambe lunghe sei morto, Joseph.»
Tyler roteò gli occhi, ma gli strinse comunque la mano per sancire il patto.


«Ho una bella sensazione», disse Dallon, «Questo è il posto. Qui troverai la tua anima gemella.»
Non sapeva con esattezza se stesse parlando a Patrick o a se stesso: stava ancora cercando di riprendersi dalla vista di un cameriere con una bocca capace di portare pensieri impuri alla più innocente delle menti.
Patrick non rispose. Era molto concentrato sul menù che aveva davanti a sé, sebbene tutti sapessero che alla fine avrebbe preso una margherita.
«La forma prima della pizza», aveva detto loro all'inizio dell'impresa, «Quella più vera ed autentica, e dunque la più adatta per verificare la bravura di un pizzaiolo.»
Tyler arrivò a prendere le ordinazioni e non distolse un attimo gli occhi da Josh, ma d'altro canto pure lui fece lo stesso.
«Cosa posso portarvi?» chiese distrattamente.
Te stesso, possibilmente senza vestiti, pensò Josh.
«Una quattro formaggi», disse invece.
Avrei preferito portarti me stesso senza vestiti, pensò Tyler mentre scribacchiava sul blocco note.
Ordinarono anche gli altri e, inutile dirlo, Patrick richiese proprio la pizza prevista.
Non appena Tyler ritirò i menù, un'aria di aspettativa si levò attorno al tavolo del giudizio.
Patrick si scrocchiò rumorosamente le dita di entrambe le mani, e i quattro amici piombarono in un silenzio solenne.


«Pete, mi raccomando», sussurrò Tyler, posando il foglietto con le ordinazioni dove Pete poteva vederle senza problemi, «Dai il meglio di te. Queste ordinazioni sono importanti.»
Pete alzò lo sguardo dall'impasto che stava amorevolmente lavorando e lo posò su Tyler.
I suoi occhi severi gli ricordarono quelli di sua mamma quando, nei teneri anni andati dell'infanzia ai quali Tyler guardava con nostalgia, era solita sbraitare cose tipo: “TYLER ROBERT JOSEPH SCENDI IMMEDIATAMENTE DA QUELL'ALBERO OPPURE PER QUANTO MI RIGUARDA PUOI TRASFERIRTICI E NON METTERE MAI PIU' PIEDE IN CASA MIA”.
«Ogni pizza è importante proprio quanto le altre, Ty», gli disse, al culmine della serietà.
Tyler sbiancò.
«Non fare così, Wentzy», disse Brendon, dando una pacca sulla spalla a Tyler, «E' solo che il nostro amichetto ha una cottarella.»
Tyler si scansò bruscamente e roteò gli occhi.
«L'uso di due diminutivi nella stessa frase è deleterio», sputò. «E comunque non sono l'unico ad avere una “cottarella”, qui. O mi sbaglio, signor Gambalunga?» 
Brendon gli fece un altro dei suoi sorrisi deliziosamente finti e tornò alle sue occupazioni, augurando buon lavoro a Pete.


«Le consegno io», affermò Jack, che nel frattempo aveva finito di accogliere gente all'entrata, nel vedere le pizze pronte. 
La sala era piena, i clienti sembravano soddisfatti ed andava tutto per il meglio. Si meritava l'opportunità di consegnare dello splendido cibo allo splendido ragazzo dai capelli blu.
«Oh, andiamo», esclamò Tyler in preda all'esasperazione, «Ti ci metti anche tu, adesso?»
Jack, che non era al corrente degli sviluppi, alzò le sopracciglia con fare interrogatorio.
«Ma di cosa stai parlando?», domandò.
Tyler non ebbe il tempo di rispondere, perché Brendon arrivò come una furia.
«Voi due dovete smetterla di prendervi cotte quando lo faccio io», gridò, «E' maleducato e, francamente, anche fastidioso! Lo fate solo per rubarmi la scena!» 
«E io che pensavo di farvi un favore, a lavorare al posto vostro!», esplose Jack. «Siete degli ingrati, ecco cosa. Uno si fa in quattro per essere un buon amico e voi ringraziate così!»
«Quel tavolo era mio, siete voi che come al solito complicate le cose perché non sapete farvi i fatti vostri!» si lamentò Tyler.
Senza aggiungere altro cominciarono ad azzuffarsi e fu lì che Pete decise di averne abbastanza, non tanto perché ormai il loro litigio era diventato pubblico e tutti li stavano fissando, bensì per il bene delle pizze.
«Basta così», tagliò corto.
Tyler si fermò con la mano a mezz'aria e Brendon decise, dopo tutto, di non tirare una testata a Jack, il quale lo teneva per le spalle.
«Quante volte vi devo dire di non litigare davanti alle bambine?»
Dopodiché, con incredibile maestria, riuscì a caricarsi quattro piatti sulle braccia e li portò lui stesso al tavolo del destino.
Quando i clienti presero in mano le posate lui si fece da parte ma non tornò alla sua postazione: voleva vedere le reazioni che le sue creature avrebbero scaturito.
L'intero locale sembrava in attesa del verdetto, gli occhi puntati sui quattro uomini che, in quel momento, detenevano la massima giurisdizione.
Patrick non distolse lo sguardo da quello che, doveva ammetterlo, era un bel pizzaiolo mentre – come da rito – addentava per primo la fetta di pizza che si era appena accuratamente tagliato.
Fu come trovare l'amore.
I sapori si amalgamavano l'uno con l'altro come mai era capitato prima d'allora, tanto che Patrick pensò di aver scoperto almeno cinque gusti ancora possibilmente sconosciuti alla razza umana.
Non aveva trovato pasta più sottile e morbida, né pomodoro meglio distribuito e meno acido, né mozzarella così filante in ventitré anni di carriera da mangiatore di pizze.
Dalla sua espressione, gli altri capirono che dovevano assolutamente assaggiare a loro volta.
Non ci furono obiezioni di alcun tipo quando Patrick si lanciò sul pavimento e, in ginocchio, prese la mano infarinata di Pete fra le sue per poi chiedergli senza mezzi termini se volesse sposarlo.
Pete considerò l'offerta nel dettaglio, poi fece spallucce.
«La pizza sarà sempre il mio Grande Amore, ha il primo posto nel mio cuore», disse.
Avvertire quello sconosciuto gli sembrava corretto, soprattutto dato che il suddetto era veramente carino e Pete non avrebbe voluto ferire i suoi sentimenti.
Patrick si illuminò ulteriormente, se possibile.
«Oh, anche nel mio», assicurò, come se stesse confermando la cosa più ovvia e logica del mondo.
Nessuno fiatò, e se ci fosse stata qualche mosca nei dintorni probabilmente avrebbe smesso di volare.
«In questo caso, okay», accettò Pete, «Ti sposo.»
Il ristorante intero scoppiò in un coro di esulti e incitamenti, e gente che non si conosceva affatto si gettò in abbracci e discorsi riguardo al futuro matrimonio che gli amici di Patrick e Pete avevano già cominciato a pianificare (usando quello come pretesto per flirtare fino al collasso).
Patrick si alzò da terra e qualcuno che passava di lì per caso lo spinse contro Pete, come succede sempre nei film.
Risero entrambi, perché nei film succede anche quello, poi Pete si accorse di aver tralasciato un dettaglio importante e, grattandosi la nuca, chiese:
«Aspetta, ma tu com'è che ti chiami?»

 
Mi scuso per tutto ciò, e mi scuso soprattutto dal momento che ho già pensato a un seguito sul quale comincerò a lavorare a breve.
E nulla. E' una cosa nata dall'amore incondizionato di Pete per la pizza e da una noiosa serata in pizzeria. E dal mio essere Peterick trash (e Jalex trash e Joshler trash e Brallon trash ops). 
... mi dispiace. Per davvero.
  
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