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Autore: Mary_loveloveManga    18/03/2009    3 recensioni
Eccomi qui, con la solita one-shot che, stavolta, misteriosamente, non è AU. Ed è un miracolo! E sapete a chi lo dovete questo miracolo? A Callistas! Sì, perchè la storia è dedicata a lei! E spero vivamente che le piaccia. Questo è solamente un piccolo modo per ringraziarla. Bene. Parla di Kagome e della vera forza. Ma cosa sarà mai, questa "vera forza"? LEGGETE E COMMENTATE!!!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola storiella, forse un po’ sciocca, forse no. A me piace. Forse perché è semplice e, ultimamente, la semplicità non è più apprezzata. E, poi, mi piace anche perché la dedico alla mia Bedda-chan. Alias Callistas. Che magari ora starà guardando lo schermo del suo nuovo computer, pensando che sono pazza e chiedendosi dove avessi preso tutta questa confidenza con lei. Questo è solo un piccolo modo, insignificante, per cercare di ringraziarla per tutto quello che sta facendo per me. Per il fatto che mi sta aiutando molto e mi sta facendo guardare avanti senza che io le avessi chiesto niente. La ringrazio perché, anche se poteva benissimo non farlo, mi è rimasta accanto e mi sta aiutando tantissimo, più di quanto crede. Ed io ripeto che la ringrazio infinitamente, per questo. Ora mi dileguo. Un bacione a tutte!! Mary

LEGGETE E COMMENTATE IN TANTI!!!

 

 

 

La “vera forza”

 

 

 

Fece un piccolo passo avanti, tranquilla, e intanto prendeva la mira con l’arco, verso l’albero che avrebbe dovuto colpire, diversi metri lontano da lei.

Scoccò la freccia, invano: la destinazione presa da essa era completamente differente da come l’aveva programmata. Ed in più, in quella giornata, era la quarta che smarriva, finita in chissà quale parte del bosco. Certo, avrebbe potuto chiedere a lui di recuperarla, ma… non ne aveva voglia. Non se la sentiva di parlargli, quella mattina.

Si sedette stancamente a terra, farfugliando maledizioni incomprensibili verso qualcuno di inesistente. Piuttosto erano rivolte a se stessa.

Sentì una mano leggera e calda, posarsi sulla sua spalla destra e, successivamente, vide un suo compagno di viaggio sistemarsi accanto a lei. “Qualcosa che non va?”  chiese l’uomo sorridente, voltandosi verso di lei in cerca del suo sguardo.

“Maestro Miroku…” sussurrò, stupita dalla presenza del bonzo. Non erano mai rimasti soli, loro due. Si sentiva un po’ in imbarazzo, con quella vicinanza.

“Allora, c’entra per caso InuYasha?” le scompigliò i capelli ridendo, quando la vide arrossire violentemente. “Ormai tutti hanno capito che c’è del tenero, fra voi. Da quando è scomparsa per tre anni ed è tornata, lui non fa altro che pensarla.” le confessò.

“Oh! Le assicuro che non è affatto così. Tra noi non c’è nulla. O almeno, se c’è qualcosa, io non ne so niente.” borbottò imbarazzata, stringendo nel pugno della mano un lembo della divisa scolastica delle medie, scolorita dal tempo. Anche se aveva ricevuto il diploma, continuava ad indossare quel completo, in memoria dei vecchi tempi, quando viaggiavano per i villaggi in cerca di Naraku e dei pezzi della sfera dei quattro spiriti.

“Si capisce che le vuole bene. Il suo problema è che non sa esprimersi. Purtroppo, oramai, tutti hanno notato questo suo difetto. Anche lei, divina Kagome.” proferì il monaco buddista, volgendo il suo sguardo al cielo azzurro, degno di una splendente mattinata di sole. “Ciò, però, non cambia quello che prova per lei.”

 “Forse…”  acconsentì. “Ma non riesco a capire il perché di tutti i suoi dubbi.” Si passò, sbuffando, una mano fra i capelli corvini, scompigliati dal venticello leggero che aleggiava nell’aria.

“Beh, i dubbi sono umani e lui, anche avendo un aspetto demoniaco, ha un cuore umano. Ed anche parecchio confuso. Gli sono successe tante cose, è normale che abbia dubbi, ora.”

“Sì, ma sono io che dovrei farmeli, tutti i problemi che si fa lui.”  disse la ragazza. “Sono io, al contrario suo, a non meritare il suo… amore.” continuò, iniziando a giocare con l’arma che poco prima impugnavano le sue mani delicate.

Miroku la squadrò confuso, poi sorrise leggermente. Kagome gli faceva tenerezza. Era una bambina. Ingenua, per giunta. Si domandava spesso perché, una ragazza come lei, rimanesse in quel mondo tanto burbero, poco elegante, poco raffinato. Non adatto a quel corpicino esile e a quel sorriso spontaneo, sincero, che avrebbe creduto a tutto e tutti. Poi, dandosi dello sciocco, si rispondeva da solo. L’amore, a volte, spinge a fare cose impensabili per chiunque, che poi si rivelano tanto semplici, una volta fatte. Era semplicemente l’amore per il mezzo demone, a portarla in quel luogo così inadatto a lei. L’invitò a continuare il suo discorso. A spiegare cose le passasse per la testa.

“Io sono solamente d’impiccio, per lui. Riesco sempre a finire nei guai ed ogni volta deve venire ad aiutarmi. Non so cavarmela da sola, purtroppo.”  gli rivelò, arrossendo e torturandosi una ciocca di capelli. “Lui è forte e io no. Non può essere fiero di me. Non può… amarmi. Se veramente è questo, ciò che prova. Non sarò mai né alla sua altezza, né a quella di Kikyo.”  concluse il discorso in un sospiro, provata da quella triste realtà.

Il ragazzo la guardò. Non era tanto più grande di lei, ma la vedeva come una bambina. Forse, semplicemente per il fatto che aveva sempre guardato la vita da adulto ed ora era forse troppo serio, troppo maturo, per la sua giovane età. Ma lo aveva trovato un comportamento normale, costretto com’era a guardare in faccia la morte ogni giorno. A pensare che ogni volta che si svegliava, potesse essere l’ultima. Vivere con il terrore di essere risucchiato dal suo stesso corpo. Ora, tutte queste paure erano lontane, dissolte, gli rimaneva solo un vago ricordo di quelle emozioni che tanto a lungo lo avevano soppresso, recandogli un immenso dolore. Il suo comportamento, comunque, non era mutato e, con il passare degli eventi, ora si ritrovava a comportarsi in maniera puramente paterna, con quella ragazza tanto dolce. “Lei sa cos’è la vera forza, Kagome?” domandò semplicemente.

“N-no!”  esclamò, un po’ stupita da quelle parole. In effetti, non aveva mai pensato a cosa potesse essere la “vera forza”. “Lei lo sa, maestro?”

“Devi sapere che, la vera forza, è l’essere consapevoli di una cosa che ti piace fare, una passione, e metterci tutto l’animo. E, quando ci riuscirai, avrai scoperto la vera forza. È semplice, divina Kagome.”  spiegò, prima di tornare a guardarla.

“Oh… è questa la vera forza?”

“Sì.”  Il monaco si alzò da terra e raccolse il suo bastone. “Bene, ora vado. Sango e i bimbi aspettano il loro uomo di casa.”  disse ridendo. Iniziò a camminare verso il bosco, da dove, con un po’ di strada, sarebbe arrivato al villaggio.

“Miroku!”  gridò, per farsi sentire. “La ringrazio. Lei è un uomo molto saggio. Ah, mi saluti la sua famiglia!” l’altro ricambiò il saluto, prima di sparire tra le fronde degli alberi.

Si alzò dall’erba, piena di nuove energie, ed impugno l’arco. Chiuse gli occhi, poi li riaprì, decisa a non sbagliare il tiro.

“La vera forza è mettere l’animo in una cosa che ti piace fare. E riuscirci!”  scoccò la freccia che, purtroppo, contro le sue aspettative, come le altre precedenti, si disperse nel bosco. “Oh! Ci rinuncio! Stupido aggeggio!” e gettò l’arma a terra, frustrata.

“Te la prendi anche con gli oggetti, adesso?” Kagome si girò di scatto, sentendo quella voce dietro di sé.

“I-InuYasha!” balbettò.

“Sono tue, queste?”  le chiese, porgendole delle frecce che teneva fra le mani artigliate. “Le ho trovate nel bosco. Come ci sono finite?”

“Ehm… non ne ho la minima idea! Sai, le mie frecce vanno tutte a segno!”  stava mentendo. Sapeva che fosse sbagliato, ma era necessario. Oltre la figura della debole, non poteva fare anche la figura dell’incapace. Doveva sembrare alla sua altezza. Doveva sembrare all’altezza di Kikyo. Per sperare che forse, lui la potesse amare veramente.

“Ah, sì? Fammi un po’ vedere.”  Incrociò le braccia, evidentemente diffidente.

“Va bene…”

Sapeva che avrebbe fatto anche la figura della bugiarda, adesso. Ma ci voleva provare.

Eseguì la solita procedura. Stavolta serrò gli occhi, prima di scoccare. Concentrò tutto il suo potere spirituale sulla freccia e tenne bene in mente il suo obbiettivo.

Non aprì gli occhi. Sentiva il silenziò intorno a sé. Stava cercando le parole adatte per spiegare la sua menzogna. La sua mente si bloccò, quando sentì l’esclamazione di stupore da parte dell’hanyou al suo fianco. Socchiuse le palpebre, notando di aver fatto centro. Sospirò di sollievo.

“Vedi?”  si vantò, dopo essersi ripresa.

“Sì.”  La guardò con due occhi da cucciolo, poi le sorrise e la prese per mano, spingendola per la strada verso il villaggio. “Andiamo.”

Kagome lo prese sotto braccio. Ringraziò mentalmente Miroku, per averle regalato quella lezione di vita. Anche se, in fondo, forse l’aveva sempre saputo.

Ognuno ha una propria forza e nessuno è paragonabile a nessun’altro. Ma, d’altronde, lei era solo una bambina, per quanto potesse sembrare o dimostrare di essere adulta. E lui lo sapeva. E lui l’amava per questo. Sempre che fosse questo, ciò che provava. Un giorno, però, gliel’avrebbe confessato e, forse, quel suo essere bambina, le sarebbe piaciuto. E anche molto.





 

  
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