Capitolo
5: Rise.
Le palpebre chiuse di Tetsuya
tremano senza pace nell’immenso sforzo di aprirsi e, quando finalmente ci
riescono, il ragazzo riesce a fatica a mettere a fuoco l’immagine di Taiga
appena sopra di lui.
La faccia di Kagami è così colma
di terrore che Tetsuya è sul punto di cedere alla tentazione di dirgli che
andrà tutto bene, questo prima di ricordarsi che odia mentire e che, in ogni
caso, non crede di avere la forza necessaria per esalare una sola parola.
Ha tanto freddo e il corpo di
Taiga sembra così caldo che vorrebbe solo potersi stringere meglio a lui, ma
qualsiasi parvenza di energia fluisce via da lui assieme ad ogni singola goccia
di sangue che abbandona il suo corpo; quando, infine, pure il dolore si
stempera fino a soccombere, capisce che la fine è vicina.
Vorrebbe lasciarsi andare e
chiudere gli occhi, ma sa fin troppo bene che se lo farà, non sarà mai più in
gradi di riaprirli e in questo momento c’è Taiga accanto a lui, vuole essere in
grado di guardarlo per ogni secondo che gli è ancora concesso.
Lotta con tutte le forze che
ancora non gli sono scivolate via, poi la luce cessa di esistere e c’è solo
oscurità.
[…]
Shintarou non riesce davvero a
spiegarsi il perché, ma nel momento in cui Kuroko è spuntato fuori dal nulla,
il tempo ha cominciato a scorrere in modo più lento, fino a fermarsi.
Le azioni si susseguono, Tetsuya
si accascia sul braccio di Aomine, prima di cadere all’indietro, ma il tempo è fermo. In qualche modo è immobile,
ghiacciato, anch’esso carico di sgomento quanto lo sono tutti loro.
Prova a muoversi, Midorima, prova
a far ripartire il tempo, ma non riesce a far altro che guardare la pozza di
sangue che si allarga da sotto il corpo dell’amico. È un uomo di scienza,
eppure non riesce davvero a capacitarsi del fatto che un corpo così piccolo
possa perdere tanto sangue.
Quella vista lo riempie d’orrore,
ma non riesce a spiegarsi il motivo: il suo compito è quello di portare Kuroko
a Central City, dove verrà giustiziato per tradimento. Nel futuro dell’Alchimista
di Ghiaccio c’è in ogni caso la morte, eppure ogni fibra del suo essere sembra
volersi ribellare al destino dell’amico.
“È un po’ tardi per ricordarsi di avere una coscienza…” si dice, carico di
acrimonia, per poi rigirarsi tra le dita una delle Pietre Filosofali che ha
creato. Per lui sarebbe facile salvare Tetsuya, utilizzando la Pietra, ma
sarebbero tutti sforzi inutili.
Akashi lo vuole morto, quindi lui
lo lascerà morire. In ogni caso, meglio tra le braccia di Kagami che sulla
pubblica piazza come traditore.
«Shin-chan…»
La voce di Takao gli arriva come
un flebile sussurro, supplice, eppure lui ha la certezza assoluta che non lo stia
pregando per la vita di Kuroko; non solo, almeno.
“Cosa vuoi che faccia?” pensa, sentendosi un completo bugiardo nel
fingere pure con se stesso di non capire.
Akashi è il Comandante Supremo e
i suoi ordini non possono essere discussi, non ha senso salvare adesso la vita
di Tetsuya.
Seijuurou gli ha chiesto di
creare qualcosa per rendere invincibile il suo esercito e lui ha eseguito senza
fiatare, a costo della propria umanità, non c’è differenza con quanto sta
accadendo adesso. Così si convince per un primo momento.
Stringe i pugni fino a
conficcarsi le unghie nella carne. Vedere con i propri occhi l’effetto di
quello sterminio l’ha scosso nel profondo, ma mai quanto vedere un amico che
muore per mano di un altro amico.
“Da troppo tempo il mio volere non è più nelle mie mani” si dice,
ammettendo in fine questa verità che Takao l’ha supplicato di riportare a galla.
Si dà dello stupido, perché sa
che si sta mettendo in guai più grossi di lui, ma decide che farà tutto ciò che
è in suo potere non per servire qualcuno che ormai non ha più nulla di umano,
ma per fare ciò che è giusto.
«Levatevi. Ora».
Il tempo riprende finalmente a
scorrere.
Aomine e Kagami, al momento
dimentichi di avercela a morte l’uno con l’altro, si scambiano un’occhiata
dubbiosa, per poi farsi da parte a malincuore dopo una delle peggiori occhiate
omicide di Midorima.
La sabbia sembra ardere e scotta
le mani di Shintarou, in alcuni punti è così pregna di sangue da macchiargli le
dita di un rosso cupo, ma lui continua a tracciare un complicato cerchio
alchemico sul terreno, a pochi passi da Tetsuya.
Un solo errore significa non dare
scampo a Tetsuya, così come anche il metterci troppo tempo, quindi Midorima
trova uno strano equilibrio tra fretta e precisione; le dita gli tremano quando
finisce, al punto da rischiare più volte di farsi scivolare la Pietra
Filosofale dalle mani. Ritrova un po’ di stabilità quando, avvicinando il corpo
di Kuroko al cerchio, vede il petto del più piccolo alzarsi e abbassarsi, anche
se di poco.
“Sono ancora in tempo”.
Congiunge le mani e poi le poggia al terreno, avvertendo con chiarezza il potere della Pietra Filosofale che, usando lui come tramite, confluisce al corpo di Kuroko.
Subito, l’ampia ferita si chiude, la pelle di Tetsuya torna rosea e lo sterno si alza e si abbassa in modo regolare. Shintarou si sta concedendo un sospiro di sollievo, quando l’Alchimista di Ghiaccio si mette a sedere di scatto, con gli occhi spalancati e inghiottendo aria come reduce da una lunga apnea.
«Tsk,
cosa credevi di fare? Non sei in grado di metterti in mezzo in uno scontro tra
quei due, non fare cose stupide, Kuroko» lo riprende non appena è certo che
l’altro sia abbastanza lucido da comprendere le sue parole.
Kuroko si tasta con attenzione
l’addome, non dando segno di aver prestato più di una scarsa attenzione alle
parole dell’altro, poi alza lo sguardo e gli rivolge un sorriso luminoso,
insolito per qualcuno che come lui è abituato ad espressioni vuote, «Ti devo la
vita. Grazie».
«Taci!» lo rimbrotta l’altro ad
alta voce, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso per nascondere l’imbarazzo
causato da un ringraziamento tanto sentito. «In linea teorica, io dovrei
arrestarti» gli fa notare, mentre gli altri si avvicinano con cautela.
Una volta appurato il fatto che
Tetsuya è davvero vivo e in perfetta salute, Taiga abbandona qualsiasi parvenza
di contegno e non riesce ad evitare di stringere a sé l’Alchimista di Ghiaccio,
sentendo ancora addosso la morsa allo stomaco causata dall’averlo quasi perso.
«Tu sei pazzo» ringhia quindi in direzione di Daiki mentre questo sembra
volersi avvicinare troppo a Tetsuya.
Il sollievo derivato dal vedere il
più piccolo ancora vivo è tale che per qualche istante Aomine prende in seria
considerazione l’ipotesi di non cedere alla provocazione dell’altro. Si dice
che ha voluto uccidere Kagami e a causa di quel vortice di pensieri negativi
alla fine il suo migliore amico ci ha quasi rimesso la vita.
È bastato quello per spegnere del
tutto la sua rabbia verso l’Alchimista di Fuoco, ma questo non vuol dire che
lascerà cadere ogni offesa rivoltagli dal rivale, «Spiegami come potevo sapere
che si sarebbe messo in mezzo!» ribatte stizzito.
«Midorima-kun» sussurra Kuroko,
decidendo che ci sono questioni più importanti di un battibecco tra quei due,
«Ti ringrazio di avermi salvato, ma sappi che non ho alcuna intenzione di farmi
arrestare» termina, guardando l’altro alchimista con la determinazione di chi porterà
avanti le proprie convinzioni a qualsiasi costo.
«Idiota» si limita a commentare
l’altro, guardandolo con aria scocciata, «Se ti arrestassi, verresti condannato
a morte e allora a che pro salvarti?» domanda, retorico.
Quella di salvare Kuroko è stata
una decisione azzardata, al principio, ragionata con il pochissimo tempo che ha
avuto a disposizione, adesso riesce a prendere piena consapevolezza di ciò che
ha fatto. Ha salvato una vita.
Ciò che lui stesso ha creato per
distruggere altri esseri umani, può essere usato anche per salvarli, per dare
speranza. Scuote appena la testa nel pensare a quanto ciò sia assurdo: basta
una sola buona azione per essere del tutto assuefatti dalla sensazione di
benessere che causa.
«Ci sei arrivato, eh, Shin-chan?~» gongola Takao con un sorriso sornione che gli fa
venire una gran voglia di picchiarlo. Si trattiene perché, dopotutto, Kazunari
ha ragione; ci ha messo tanto – troppo – a capire quale strada vuole percorrere
e nonostante tutto lui gli è stato sempre vicino a controllare che non si
facesse troppo male con le sue scelte sbagliate.
Si dice che forse gli debba dei
ringraziamenti, ma non è da lui, quindi si limita a guardarlo ed ha la certezza
che Takao capisca.
Non c’è bisogno di chiedere a
Kise che intenzioni abbia, il suo voler è stato palesato nell’aiutare Kuroko a
coprire Ogiwara, nell’aver risparmiato Kagami e nell’aver cercato di tenere
nascosti più dettagli possibili sulla fuga di Tetsuya e sull’ubicazione della
base del SEIRIN.
Gli sguardi di tutti si
concentrano su Daiki.
«Fanculo» borbotta prosaicamente
l’Alchimista Scudo, «Akashi ha proprio perso la ragione, eh?» commenta,
passandosi una mano tra i capelli con aria all’improvviso esausta.
«Sì. Akashi-kun va fermato».
«Non basta che qualcuno di noi
vada ad ucciderlo? Eliminata la testa, le zampe cesseranno di muoversi, no?»
«No, Aomine» sbotta Midorima,
«Non è così semplice».
«Invece è semplicissimo, io
potrei farlo, nemmeno lui sarebbe in grado di fermarmi» fa notare Daiki con una
smorfia. Senza che se ne sia reso conto, tutta la rabbia che ha riservato per
Kagami si è spostata su Seijuurou, tuttavia Kuroko lo guarda con aria così
seria che si sente quasi obbligato a ragionare in modo lucido, senza lasciarsi
andare ancora all’ira.
«Potresti, Aomine-kun, non penso
che Midorima-kun stesse negando le tue capacità. Solo, non è questa la
soluzione… Si possono dire tante cose su Akashi-kun, ma non è mai stato
crudele, è evidente che il potere gli abbia fatto perdere il senno. La
soluzione migliore e cercare di farlo tornare in sé e lui stesso porrà fine a
tutto, quando si renderà conto dell’orrore che sta causando» dice l’Alchimista
di Ghiaccio, e Midorima si ritrova suo malgrado aa annuire.
Taiga segue quello scambio di
battute con una certa dose di apprensione; per un momento prende in seria
considerazione l’ipotesi che quelli siano completamente pazzi, passano da uno
schieramento all’altro con una facilità impressionante ed il perno di tutto è
proprio Tetsuya.
Sia lui che Kuroko sono ribelli,
eppure negli occhi di Aomine c’è stato solo orrore quando si è reso conto di
aver colpito Tetsuya al posto suo.
Kise si è messo nei guai con
Akashi per coprire Kuroko.
Midorima ha il compito di
arrestarli entrambi, eppure ha salvato l’Alchimista di Ghiaccio.
Tutti loro, adesso, stanno
pensando a come fermare il Comandante Supremo.
“È davvero curioso come sia sufficiente che una sola persona si opponga
ad un ordine malvagio perché tutti, inclusi coloro che lo stavano eseguendo, si
rendano conto della crudeltà” pensa, “Speriamo
solo che ciò si applichi anche a colui che ha emesso l’ordine”.
Odia Akashi con tutte le sue
forze ed è consapevole di quanto Tetsuya diventi ingenuo quando si parla del
Comandante Supremo, eppure non vuole costringere Kuroko a vedere un altro amico
morire, se esiste davvero un modo per evitarlo.
«Hai in mente qualcosa?» chiede,
dunque, con un lieve sospiro pregno di rassegnazione.
«In effetti sì» dice l’altro,
indirizzandogli un lieve sorriso di gratitudine, «Midorima-kun, tu hai l’ordine
di arrestarmi, non di uccidermi, giusto?»
«Giusto. Akashi vuole che ti
porti da lui a Central City e lì verrai giustiziato» conferma Shintarou.
«Allora arrestami e portami da
lui, per favore. Gli parlerò e gli farò cambiare idea» dice, senza che un solo
accenno di esitazione lo attraversi.
Gli altri si guardano tra loro,
convinti per la maggior parte che Seijuurou non cambierà mai idea, ormai il suo
animo è troppo corrotto per poter uscire da quel circolo di morte che tanto si
compiace a creare, eppure nessuno di loro se la sente di negare a Tetsuya un
tentativo.
Aomine pone la domanda che aleggia
nella mente di tutti. La risposta è abbastanza ovvia, ma vogliono sentirla
dalle labbra di Kuroko, per essere del tutto certi che la sua determinazione
non vacillerà in caso le cose non vadano come sperato «E se tu dovessi
fallire?»
«Allora non rimarrà che uccidere
Akashi-kun».
[…]
Quando Midorima, Takao e Kise
l’hanno portato al cospetto di Akashi, questo si è limitato a rivolgergli un
sorriso carico di superiorità, per poi ordinare di portarlo nelle prigioni,
dove avrebbe atteso l’alba per essere giustiziato.
Ormai mancano una manciata di ore
al sorgere del sole, ma Kuroko sa che non ha di che preoccuparsi. Seijuurou non
può fare a meno di fargli visita: non si accontenterà di togliergli la vita,
prima deve distruggerlo anche nello spirito ed è una cosa che vorrà avere il
piacere di fare di persona, da solo.
Le prigioni di Central City sono
umide e fredde, ma Kuroko è così abituato al clima rigido di Briggs che non se
ne rende quasi conto. Dal soffitto ricoperto di muffa, cadono ritmicamente
delle goccioline d’acqua, una ogni secondo, uno snervante orologio che farebbe
diventare pazzo chiunque, ma non Tetsuya. La cadenza regolare di quel rumore
sordo è quasi rassicurante, soprattutto quando, finalmente, assieme ad esso
risuonano anche dei passi. Li riconosce subito, sono lenti e leggeri, con una
nota vibrante di decisione, sono i passi di Akashi.
«Tetsuya» mormora il Comandante
Supremo, guardandolo dall’alto in basso, attraverso le sbarre.
Lui, incatenato al terreno,
privato pure del diritto di stare in piedi e fronteggiarlo da pari, ricambia lo
sguardo senza che si dipinga di una qualsiasi emozione. «Akashi-kun».
«Sciocco Tetsuya» lo apostrofa
Seijuurou con un accenno di risata, «Pensavi davvero che saresti stato in grado
di fermarmi?»
Non ha alcuna intenzione,
Tetsuya, di reggergli il gioco. Continua a guardarlo e non dà segno di aver
ascoltato la frase che ha appena pronunciato.
Lo scherno gli arriva alle orecchie,
ma non lo tocca affatto; come potrebbe? Lui sa fin troppo bene che dal suo
colloquio con Akashi dipende il destino di quest’ultimo, è il Comandante
Supremo ad essere in pericolo di vita, non lui.
Vuole salvarlo. Per quante azioni
malvagie possa aver commesso, per quanto sia il mandante dell’omicidio di
Ogiwara, Kuroko vuole che perfino lui abbia una seconda possibilità, perché sa
che quello che gli sta davanti non è il vero Akashi Seijuurou.
«Akashi-kun, ti prego, torna in
te» dice, allora, addolcendo appena il tono di voce.
«Non sono mai stato così “in me”
in vita mia» commenta l‘altro con noncuranza, per poi piegare le labbra in un
sorriso compiaciuto, «Speri sul serio di salvarti la vita in questo modo?»
«No, spero di salvare la tua vita in questo modo».
«La mia vita? Tra poche ore tu
morirai e non c’è nulla che tu possa fare per evitarlo» lo scherno vibra forte
nella voce di Seijuurou; non riesce davvero a credere a quanto stia cadendo in
basso l’altro, pur di salvarsi.
«Forse» gli concede Kuroko,
sbrigativo, come se non fosse quello il nocciolo della questione, «ma dopo che
sarò morto? Pensi che io e Kagami-kun saremo i soli a ribellarci? No. No,
questo è solo l’inizio» si concede una pausa breve, sufficiente a riordinare i
pensieri senza, però, dare il tempo all’altro di prendere la parola,
«Akashi-kun, tu governi col terrore, ma dove c’è paura non c’è rispetto e di
giorno in giorno sempre più persone ti si rivolteranno contro e tu non potrai
giustiziarle tutte. Resterai da solo e quando non avrai più il controllo su
nessuno, sarai tu ad essere giustiziato per le atrocità commesse. È davvero
così che vuoi che finisca? Akashi-kun, sei ancora in tempo per fermare tutto
questo».
Il sorriso crolla dalle labbra di
Seijuurou e gli occhi si dipingono d’ira. Fa un passo avanti e stringe con
tanta forza le sbarre che lo separano dall’altro che sembra quasi sul punto di
frantumarle, «Tu osi dare lezioni a
me? Tu hai perso ed io ho vinto, io ho sempre ragione! Io ho il potere su tutto e difronte a ciò tu non
sei nulla».
«Sono tuo amico».
«E mi hai tradito» gli fa notare
Seijuurou con ferocia.
«No» ribatte Tetsuya scuotendo
appena la testa, «No, sei tu che hai tradito la fiducia che noi tutti
riponevamo in te. Io ti sono amico e in questa veste è mio compito farti notare
quando commetti uno sbaglio, così com’è mio compito non abbandonarti anche
quando non vorrei far altro che odiarti».
«Tu mi saresti amico? Vorrà dire
che tra poche ore avrò un amico in meno» ribatte Akashi, mentre di parola in
parola il suo tono torna beffardo. «Spero che quando sarai sul patibolo riuscirai
davvero ad odiarmi, perché sei solo un sottoposto riottoso che sta per avere
ciò che merita».
Seijuurou gli concede un ultimo
sorriso spietato, poi si lascia alle spalle la cella, ripercorrendo il
corridoio dal quale è venuto.
Non può dire di essersi davvero
aspettato qualcosa di diverso, Tetsuya, ma sa che non si sarebbe mai perdonato
se non avesse fatto almeno un tentativo. Allo stesso tempo non riesce a
rassegnarsi, vuole davvero che tutto torni come prima, vuole davvero che l’altro
Akashi torni da loro.
Resta a fissare il soffitto della
cella, divorato dal muschio, fino a che non sente il passo svelto di Kise, pochi
minuti dopo. Non può fare a meno di sospirare, perché il suo tentativo è stato
un fallimento su tutti i fronti e questo vuol dire un’unica cosa e lui non è
mai stato troppo bravo con gli addii.
«Allora, Kurokocchi, com’è
andata?» chiede Ryouta a bassa voce, avvicinandosi a lui per quanto le sbarre
glielo permettano e inginocchiandosi sul pavimento per raggiungere la stessa
altezza dell’altro, non gli piace guardarlo dall’alto verso il basso.
«Kise-kun, seriamente… Se fosse
andata bene, sarei ancora qui?» gli fa notare l’Alchimista di Ghiaccio,
inarcando appena un sopracciglio.
L’altro si lascia andare ad una
risatina quasi isterica, carica di nervosismo e si gratta la nuca, a disagio
«In effetti… quindi non ci resta che ucciderlo…»
«Voglio fare un altro tentativo»
dice d’impulso.
«Cosa?»
Tetsuya si concede un sospiro,
«Hai sentito bene. Vorrei fare ancora un tentativo; di sicuro vorrà portarmi
personalmente al patibolo, ho ancora un’occasione per parlargli» tenta, pur
sapendo che la sua idea non verrà presa bene.
Non è nei piani un suo secondo
tentativo e in una situazione così delicata, qualsiasi cosa “non nei piani” può
causare errori fatali.
«Kurokocchi, dobbiamo
rassegnarci» gli dice l’Alchimista Specchio con una punta di dolore nella voce,
«Akashicchi non tornerà, non sappiamo neanche se sia ancora lì dentro da
qualche parte».
Allo stesso Kise costa tanto dire
quelle parole e Kuroko lo sa bene, tuttavia non vuole cedere senza combattere
fino all’ultimo, non è da lui, «Kise-kun, per favore, solo un altro tentativo».
«Non abbiamo tempo, dobbiamo uccid–»
Prima che possa rendersene conto,
la gola di Ryouta si riempie di sangue, che gorgheggia fuori dalla bocca al
posto della fine della frase. Solo dopo si rende conto dell’acuto dolore al
petto, causato dalla lama gelida che senza alcuna pietà lo ha trapassato.
«Sapevo che c’era qualcosa sotto.
Uccidere me, Ryouta? Non ne sarete mai in grado».
[…]
A Taiga non piace affatto l’idea
di Kuroko a Central City da solo con quel pazzo di Akashi. Il fatto che non sia
davvero solo, dal momento che con lui ci sono Kise, Midorima e Takao non cambia
il punto della situazione.
Kagami non si sente affatto
tranquillo, sente un brutto presentimento sottopelle e nonostante il caldo
afoso sente dei brividi ghiacciati corrergli sulla schiena.
Cerca di concentrarsi il più
possibile sul suo compito: lui, Aomine e tutto il SEIRIN devono convincere il
maggior numero possibile di soldati a passare dalla loro parte, questo in caso
Tetsuya fallisca nel far tornare in sé Akashi. Una volta che il Comandante
Supremo sarà morto, i suoi sostenitori dovranno essere una netta minoranza,
oppure ogni loro sforzo sarà stato vano. Se ci fossero ancora troppi soldati
fedeli ad Akashi Seijuurou, non riuscirebbero mai a prendere il controllo di
Amestris e quindi mettere fine alla guerra.
Per fortuna, il loro compito si
rivela molto più semplice del previsto, la maggior parte dei soldati non desidera
che un pretesto per mettere fine a quello sterminio.
Si dà dello stupido, tutto sta
andando per il meglio e lui continua a farsi paranoie basate su sensazioni meno
fondate degli oroscopi che segue Midorima. Per qualche istante pensa davvero
che tutto andrà bene. Solo per qualche istante.
«Bene, bene. L’Alchimista di
Fuoco».
Nelle sue iridi rosse comincia a
bruciare l’ira nel riconoscere Hanamiya Makoto, l’Assassino di Ogiwara. Stringe
con forza i pugni, conscio che la presenza dell’Alchimista Cremisi rappresenta
solo guai e lui non può proprio permettersi che la rabbia prenda il sopravvento
sulla ragione o non ne uscirà vivo.
“Come ha fatto Kuroko a trattenersi? Questo verme ha ucciso Ogiwara”
pensa digrignando i denti, non desiderano altro se non vedere quell’essere
bruciare fino a diventare meno che cenere.
«Hanamiya» ringhia, avvertendo in
modo in troppo chiaro il disgusto che gli causa il pronunciare quel nome.
«Non mi dire, anche tu sei
arrabbiato con me per aver eliminato un po’ di spazzatura?» ridacchia, folle,
avvicinandosi a lui. «Vorresti uccidermi, vero?»
«Non sai quanto» risponde in un
sibilo, pronto ad incenerirlo da un momento all’altro.
Le labbra di Makoto si distorcono
in un ghigno, mentre gli mostra una piccola sfera rossa che stringe tra pollice
e indice, «E come pensi di riuscirci, stupido sprovveduto?» domanda, con la
voce che si colora di scherno e superiorità.
Taiga si prende qualche istante
per maledire Akashi, l’unico che può aver dato a quel folle una delle Pietre
Filosofali create da Midorima. “Quel gradasso
le distribuisce come se fossero caramelle, dannazione!” pensa, non
lasciando che la preoccupazione trasparisca dai suoi occhi. Riflettendo con
attenzione, non è così assurdo che Seijuurou abbia affidato una Pietra ad
Hanamiya: senza dubbio, l’Alchimista Cremisi è colui che più lo appoggia in
questa guerra.
“Pietra Filosofale o meno, lui morirà oggi” decreta Kagami, per poi
schioccare le dita con violenza, non avendo mai sentito tanto prepotente il
desiderio di uccidere.
Hanamiya riesce a muoversi
abbastanza velocemente da schivare la fiammata che avrebbe dovuto incenerirlo e
appoggia i palmi delle mani sul terreno con tanta brutalità che diversi
granelli di sabbia vorticano qualche istante verso l’alto, per poi ricadere
inermi.
Taiga approfitta di quell’attimo
in cui Makoto è obbligato a restare immobile e schiocca ancora le dita,
tuttavia non fa in tempo a terminare il gesto che la terra davanti a lui
esplode, scaraventandolo diversi metri all’indietro. Sbatte così forte la testa
che per un lungo attimo la vista gli si colora di nero per poi venire
puntellata di accecanti pallini bianchi che gli feriscono il cervello come
tanti minuscoli spilli; nel tempo che ci mette a ritornare lucido, l’ombra
dell’Alchimista Cremisi già incombe su di lui.
Hanamiya lo blocca al suolo
sedendosi a cavalcioni su di lui e lo guarda come se si trovasse davanti ad un
giocattolo particolarmente divertente, «Adesso ti faccio esplodere una ad una quelle
dita e poi vediamo se ti va ancora di dare fuoco alle cose, razza di stupido
piromane» dice con tono cantilenante.
Taiga cerca di divincolarsi, ma la
presa dell’altro è inaspettatamente ferrea e lui non ha davvero il minimo
dubbio sul fatto che Makoto manterrà quanto appena promesso.
Può quasi sentire il potere
alchemico dell’altro scorrergli addosso e, per la prima volta in vita sua, ha
davvero paura per se stesso.
Un boato riempie l’aria, e Kagami
serra gli occhi, pur non venendo affatto invaso dal dolore che dovrebbe provare
nel sentire le proprie mani esplodere.
Si rende conto che il suo corpo
non è stato mutilato in alcun modo quando sente quello dell’Alchimista Cremisi
crollargli addosso, con un buco in mezzo alla fronte.
«Tsk,
alchimisti» sbotta, come se si trattasse di un insulto, Kasamatsu Yukio, il suo
salvatore, rinfoderando la propria pistola. «Siete così presi dalla vostra
alchimia da non realizzare che ci sono cose ben più pericolose».
[…]
Kuroko non riesce davvero a
credere a ciò che i suoi occhi stanno vedendo ed è sicuro che quella scena
rimarrà impressa a fuoco nella sua memoria.
Gli occhi di Kise si spalancano e
si riempiono di terrore, poi si immobilizzano, fissando il vuoto, coprendosi
subito con una patina opaca.
«Sai, Tetsuya?» la voce del
Comandante Supremo lo riscuote, crudele, «Penso proprio che ti ucciderò
adesso».
«Non essere stupido, Akashi».
Akashi non ha neanche bisogno di
voltarsi per riconoscere la voce che l’ha appena apostrofato. «Shintarou, anche
tu?» domanda, con un lieve sorriso tra l’amarezza e il divertimento, «Avrei
dovuto aspettarmelo».
Le dita di Midorima si chiudono
attorno all’elsa della propria spada, estraendola dal fodero quando vede
Seijuurou spalancare i palmi, puntandoli verso di lui.
Lunghi spuntoni di ferro si allungano
dalle mani del Comandante Supremo, in direzione dell’altro alchimista, per poi
riassorbirsi una volta raggiunto l’apice e ricrearsi.
Midorima, nella Generazione dei
Miracoli, è colui che da più tempo conosce Akashi, si allenano insieme da
quando entrambi erano bambini e non sognavano altro che diventare Alchimisti di
Stato, riesce quindi a schivare con relativa facilità gli attacchi dell’altro,
riuscendo grossomodo a prevederli. Gli spuntoni sono troppo lunghi da
impedirgli di passare al contrattacco, ma riesce comunque a tenergli testa,
nonostante gli anni passati seduto ad una scrivania immerso negli studi abbiano
in parte arrugginito i suoi riflessi.
Kuroko non riesce a concentrarsi
sullo scontro, la sua attenzione è del tutto calamitata sul corpo di Kise,
crollato scompostamente sulle sbarre della sua cella; prova con tutte le sue
forze ad avvicinarsi a lui, vuole fare qualcosa per la ferita che Seijuurou ha
inferto all’amico, nonostante sappia già che non c’è più niente da fare, ha
visto fin troppo bene la morte velare lo sguardo di Ryouta.
È tutto inutile e i polsi si
rigano di sangue nel punto in cui le catene gli impediscono di avvicinarsi all’altro,
eppure non riesce a smettere di tirare, non può arrendersi alla morte di un
altro amico.
«Kuro-chan,
basta» mormora una voce alla sua sinistra.
Non si è nemmeno reso conto di
Takao che è sgattaiolato nella sua cella, armato di un pesante mazzo di chiavi.
Finalmente distoglie lo sguardo
da Kise, scossa una rapida occhiata a Kazunari e poi i suoi occhi si posano sui
due alchimisti che si danno battaglia poco distanti da lì.
Midorima riesce ancora a tenere
testa ad Akashi, sì, ma indietreggia rapidamente e presto sarà con le spalle al
muro. Tetsuya sa che nel momento in cui Takao lo avrà liberato, dovrà scegliere
rapidamente; usare la pietra filosofale che ha nascosto sotto la lingua per le
emergenze e provare a salvare Kise o impedire ad Akashi di uccidere Midorima.
“Midorima-kun se la sta cavando bene, può resistere qualche secondo in
più” pensa Tetsuya, disperato, spostando in modo frenetico lo sguardo da
Shintarou a Ryouta.
«Kuro-chan»
sussurra Takao, intuendo i suoi pensieri, «È morto, neanche quella pietra lo
potrebbe riportare in vita. Questo lo so perfino io» dice, finendo di liberare
l’alchimista. La decisione deve essere presa all’istante e Kuroko, in cuor suo,
sa di non avere davvero scelta.
Si alza in piedi nel momento
stesso in cui sente i catenacci cedere e prega che la sua mancanza di presenza
non decida di abbandonarlo proprio adesso. Si concentra il più possibile sulla
propria volontà di sparire, al punto che per un solo istante a lui stesso
sembra di vedere le proprie membra svanire.
In quel momento Shintarou cade
all’indietro, nel tentativo di schivare uno dei colpi dell’Alchimista di Ferro
e Sangue.
Un piede di Akashi lo blocca a
terra ed un sorriso vittorioso gli si dipinge sulle labbra. «Questa è la fine,
Shintarou».
«No, è questa la fine,
Akashi-kun».
Le braccia di Kuroko avvolgono da
dietro il corpo di Seijuurou, in quello che sembra quasi un abbraccio. Akashi
Seijuurou, Alchimista di Ferro e Sangue, Comandante Supremo, è completamente
congelato prima ancora di potersi rendere conto della propria definitiva
sconfitta.
“Adesso è tutto finito” pensa Kuroko, distrutto dentro più di quanto
riesca ad ammettere. “Adesso può tornare
la luce”.
Death Note: Signore e signori, è finita.
Ebbene sì, questo bagno di sangue è finito *evita gli oggetti
contundenti che le vengono lanciati*
Lo so che mi volete morta, ma se non mi ammazzate, vi prometto l’epilogo!
(Sì, lo so di aver appena detto che è finita. In effetti, la storia in sé è
finita, l’epilogo è un extra un cui tutti vissero felici e contenti a parte
quelli morti dentro *fissa Kuroko* e quelli a cui è stata ammazzata la dolce
metà *fissa Kasamatsu* *Schiva ancora gli oggetti contundenti*).
Chiedo scusa per il ritardo, ma questo capitolo l’ho riscritto da capo
almeno una ventina di volte e anche adesso non è che mi convinca al cento
percento, diciamo che gli concedo un novanta percento scarso.
Che dire? Grazie a chi ha letto, recensito, messo la storia tra le
preferite/seguite/ricordate! E ringrazio anche di non aver reso pubblico il mio
indirizzo, già immagino la folla inferocita sotto casa – sigh.