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Autore: nephylim88    02/02/2016    1 recensioni
Mel. un marito. Un figlio. Un altro figlio in arrivo. Una vita felice, normale. Soprattutto felice. Ed è proprio qui, il problema.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Nelle settimane che seguirono, la mia situazione migliorò. La gravidanza procedeva bene. Avevo fatto anche un’amniocentesi per essere sicura che mio figlio stesse bene. Non che normalmente fossi a favore di esami invasivi in gravidanza (beh, esami invasivi in generale), ma ero in preda ad un’ansia incredibile, e non riuscivo a capire perché. Anche Alberto, alla fine, cominciò a caldeggiare perché facessi quel test. Risultò tutto a posto. Anzi, ci dissero anche il sesso del bambino. Era una bimba.
Col tempo sparirono le nausee e gli incubi si diradarono. In realtà, il mio sonno era ancora agitato, alla mattina mi svegliavo stanca, e avevo ancora un nodo di ansia alla gola che non mi abbandonava mai. Ma era senz’altro meglio degli incubi e del freddo che mi avevano accompagnato durante le settimane precedenti!
Riuscivo anche a stare dietro a Paolo, ora. Chiamavamo ancora Elisa, perché comunque avevo bisogno di aiuto, ma era diverso. Adesso non stavo più stesa a letto come una povera esaurita. Riuscivo anche a fare le pulizie.
Ogni giorno chiamavo papà, per sapere come procedeva. Lo avevano operato, l’operazione era andata bene e ora era sotto chemioterapia. Due volte a settimana lo andavo a trovare per aiutarlo in casa e per fargli un po’ di compagnia.
Insomma, nonostante tutto, le cose sembravano marciare. Tuttavia… non mi sentivo tranquilla. Ogni volta che guardavo la mia pancia sempre più visibile, o mio figlio, o mio padre, o mio marito, mi prendeva un terrore inspiegabile. E poi, l’ho già detto, alla notte non dormivo bene, mi sembrava di essere sempre scomoda. A volte mi sentivo anche osservata, mentre mi preparavo per andare a letto o mentre leggevo un qualsiasi libro per addormentarmi. Senza contare quel terribile incubo che riguardava il mio Paolino... sul momento non avevo proprio pensato ad andare a controllare che stesse bene, forse perché era stato Alberto a svegliarmi, se si fosse accorto che qualcosa non quadrava sarebbe andato lui stesso a controllare. E poi la mattina dopo Paolo era sveglio e pimpante come al solito. Nonostante questo, però, mi riscoprii ancora più ansiosa. Dalla sera dopo cominciai a controllare regolarmente la camera di Paolo. Fortunatamente, ebbi il buon senso di farlo quando lui era già addormentato. Non volevo spaventarlo più del necessario, altrimenti solo Dio sapeva che razza di squilibrato sarebbe diventato, vedendo sua madre impazzire in quel modo e cercare mostri che non esistevano. Entravo in camera, guardavo rapidamente in giro, lo mettevo a letto. Dopodiché aspettavo che si addormentasse, poi guardavo dentro il suo armadio, sotto il suo lettino, se ero particolarmente nervosa aprivo le finestre e controllavo… beh, finivo col controllare che non ci fosse nessuno appeso al muro di casa, visto che abitavamo al secondo piano. Il più delle volte, però questa mia ansia non serviva a nulla. Più che altro perché nel bel mezzo della notte mi svegliavo e quindi, già che c’ero, mi precipitavo in camera di Paolo per controllare che stesse bene.
Non successe praticamente più nulla di strano per diverse settimane. Precipitò tutto nel momento stesso in cui cominciai a rilassarmi.
Cominciò con una cosa molto banale. Alberto. Amavo mio marito, lo amavo davvero. Ma cominciava a darmi ai nervi. Mi aveva consigliato più e più volte di andare a consultarmi con qualcuno per queste mie ansie. Come se fossi pazza. In realtà ne avevo già parlato col dottor Righi e lui sosteneva che fosse tutto normale. Gli sbalzi ormonali potevano causare quei colpi di freddo e probabilmente le allucinazioni e i brutti sogni erano dovuti allo stress. Dopotutto, mio padre era malato di cancro, il primo parto era stato piuttosto difficile (anche se dubitavo fortemente che esistessero parti facili, del tipo “uno, due e un due tre, ecco il suo bimbo, signora!” “già faaaattoooo??”) e poteva tranquillamente essere che l’idea di avere un secondo figlio mi mettesse più paura di quanto pensassi. Dopotutto, era vero che dopo il primo figlio si acquisiva esperienza, ma c’era anche da dire che era comunque una situazione nuova. Imparare a gestire e formare due  personcine diverse non era un’impresa da poco. Non ero la prima a cui era successo un così forte stress durante la seconda gravidanza. O la terza. O la quarta. Se la situazione esterna era difficile, non era raro che si ripercuotesse sulla gravidanza. Infatti dovevo stare molto attenta. Per il momento i valori erano normali, ma se avessi continuato a stressarmi così, le cose sarebbero potute mettersi male. “Potrebbe influire anche la relazione con suo marito, in questo caso.” aveva concluso il dottore alla fine di quella lunga filippica. Aveva capito cosa mi aveva spinta a sfogarmi con lui, anche se non avevo menzionato Alberto, se non per dirgli che mi aveva consigliato di parlare con qualcuno di quello che mi stava succedendo. Infatti, non mi sentivo sostenuta da mio marito. Innanzitutto, quando mi aveva proposto di farmi aiutare l’aveva fatto senza un briciolo di tatto, poco mancava che mi dicesse “sei pazza, fatti curare.”
Per di più, aveva cominciato a uscire praticamente ogni sera. Ogni. Stramaledetta. Sera. Fra rimpatriate con compagni di medie, liceo e università, partite di calcetto e cene di lavoro, in pratica non lo vedevo più. E stavamo pure cominciando a litigare, per questo. Da marito iperpremuroso, improvvisamente cominciò a diventare assente. Sì, ogni volta che poteva mi aiutava in casa. Mi chiamava spesso per sapere come stavo, veniva con me alle visite. Ma, oltre a questo, basta. Da lui non ottenevo altro. Cominciavo ad essere sinceramente stufa di quella situazione. Non mi passò mai per l’anticamera del cervello che, forse, dietro a tutte queste assenze potesse esserci altro.
Il seme del dubbio venne piantato una sera. Ero al quarto mese di gravidanza. Mentre parlavo con Elisa del più e del meno (stavamo guardando un cartone animato con Paolo, la porta-finestra sulla terrazza spalancata per lasciar passare un po’ d’aria, visto il caldo torrido di quei giorni), mi chiamò Massimo, uno dei migliori amici di Alberto, con cui era uscito quella sera. Risposi immediatamente, pensando fosse successo qualcosa di grave.
“Pronto, Mel?”
“Ehi, Massimo! Tutto bene?”
“Sì, tutto a posto! Tu come stai? Il piccolo sta bene?”
“Beh…” ma perché lo chiedeva a me? Non era con Alberto? “Paolo sta bene…”
“E la gravidanza come procede?”
“Bene. Tutto a posto… ma… perché mi chiami? Alberto non è lì con te?”
“No, infatti chiamavo per sapere che fine ha fatto. È dalla scorsa settimana che non lo sento. Ho provato a chiamarlo al cellulare, ma non risponde.”
“Oh…” che cavolo stava succedendo? Perché Alberto non era con Massimo?
“Perché? Ti aveva detto che sarebbe stato con me?”
“Io… non ne sono sicura…” già, adesso cominciavo a nutrire seri dubbi. Non doveva trovarsi con Massimo a giocare a calcetto? O forse avevo confuso gli innumerevoli impegni sociali di mio marito?
Poteva anche essere. Dopotutto, ero molto stressata. Poteva anche essere che mi fossi confusa.
“Sai una cosa, Massimo? Può essere che mi sia sbagliata.” già, nulla di più probabile… e allora perché non ci credevo? “Sono un po’ stanca, ultimamente, è possibile che abbia fatto confusione!”
“Tranquilla, Mel, è comprensibile! Salutami Alberto e digli che si faccia sentire, o alla prossima partita gli spacco le rotule!”
Risi. “riferirò! Ciao, Massimo!”
Misi giù il telefono. Elisa mi fissò, incuriosita. Scossi leggermente la testa, prima di rinchiudermi in un mutismo totale. Sì, doveva essere andata così per forza. Alberto non mi aveva detto che era uscito con Massimo. Mi aveva sicuramente detto che era fuori con qualcun altro. Magari avevo confuso i nomi. Ecco, sì! Sicuramente era così!
Gli avrei chiesto conferma non appena fosse rientrato a casa.
Guardai lo schermo della TV, senza minimamente prestare attenzione al cartone. Fissavo le immagini senza vederle. La spiegazione che mi ero data non mi convinceva. Provai a telefonare a mio marito. Dopo quattro squilli mi rispose la segreteria telefonica. Posai il telefono. Sicuramente Alberto mi avrebbe richiamato. Di sicuro.
Mi addormentai. Mi svegliai mezz’ora dopo, sentendo la musica dei titoli di coda del film. Elisa si offrì di mettere Paolo a letto al posto mio. Mezza rintronata dalla dormita, annuii. Poi, sbadigliando, mi allungai verso il telefono. Nessun segno di Alberto. Telefonate, sms… nulla. Provai a richiamarlo. Ancora nessuna risposta. Che strano…
Che fine aveva fatto mio marito?
  
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