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Autore: Sebenileben    04/02/2016    1 recensioni
Sherlock è diviso fra due mondi, quello della realtà e quello della fantasia. All'interno di uno dei tanti loci del suo palazzo della memoria elabora diverse vite parallele dove si confronta con John o con chiunque sia abbastanza importante da entrare in un posto così riservato ed oscuro come il suo immenso palazzo della memoria.
Racconterò quasi tutti gli episodi che verranno dal punto di vista di Sherlock Holmes, spero soltanto di non annoiarvi.
Vi auguro una buona lettura, spero vi piaccia!
PS: sarei felice di sapere la vostra opinione sulla storia, grazie!
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Un flebile suono, simile ad un lamento fuoriuscì dalle sue labbra schiuse ed io, ancora in preda agli effetti dell’ultimo trip che avevamo avuto, non feci altro che stendermi al suo fianco ed osservarlo mentre riposava. Ormai sovrappensiero e in parte ancora in trance per gli effetti dovuti alla grande quantità di droga assunta, mi ritrovai ad accennare un piccolo sorriso, il quale mi increspò giusto l’angolo sinistro delle labbra, le quali solo dopo qualche istante si distesero completamente, facendo in modo che le gote fossero più visibili e gli zigomi più marcati. Quel semplice sorriso fu capace di mostrare quanto fossi realmente rilassato in quel momento. Mi sentivo in paradiso, rilassato proprio come se fossi steso su una soffice nuvola di medie dimensioni, mentre con una folata di vento venivo cullato in modo particolarmente piacevole. Bastava socchiudere gli occhi per venire trascinato da un posto all’altro del globo e vivere migliaia di esperienze emozionanti.
Poggiai dunque con delicatezza il viso accanto il suo, premendo la nuca contro l’angolo dell’unico cuscino che si trovava in quella stanza. Feci tutto con estrema grazia, non volevo svegliarlo, dato che condividevamo quel comodo rettangolo di stoffa imbottita di piume ogni qualvolta decidevamo d’avere un’esperienza extrasensoriale. Era davvero importante per me condividere solo ed esclusivamente con lui quelle emozioni tanto forti, perché mi faceva sentire libero.. libero di essere me stesso.
Come spesso accadeva, di domenica mattina ci svegliavamo in quella stanza. Si trattava del diciassettesimo locale di un rudere abbandonato almeno da una ventina anni, il quale si trovava in periferia. A terra era pieno di pezzi di intonaco troppo impregnati di muffa e di umidità per restare attaccati alle pareti ormai completamente malandate. Il cattivo odore della muffa rischiava spesso di intossicarci.. ma anche quella volta l’avevamo scampata.
Nonostante tutto, non era poi così male quel luogo. Adoravamo andare lì proprio perché non ci importava se era sporco o se non c’erano i vetri alle finestre, ci piaceva perché era il nostro posto ed io e John potevamo urlare e divertirci, senza che nessuno potesse rimproverarci.
Gli effetti degli allucinogeni che avevamo assunto erano ormai spariti da un pezzo, ma se mi concentravo come solo io sapevo fare, riuscivo ancora a rivivere la fantastica esperienza della sera prima. Ricordo di aver portato John in un bosco poco lontano dalla periferia di Londra, acceso il fuoco, ci siamo seduti davanti ad esso e se in primo luogo avevamo iniziato ad analizzare un pezzo di legno mangiucchiato, poco dopo eravamo già impegnati ad esporre tutte le nostre teorie su quale potesse essere il colpevole di quel massacro. Avevamo trovato un caso da risolvere e la cosa sembrava intrigante.
Ovviamente John si limitava sempre a guardare e non ad osservare, perciò sbagliava spesso le sue deduzioni. Si trattava ovviamente di un roditore di grandi dimensioni che aveva degli incisivi di almeno due centimetri e mezzo, considerando le dimensioni di ogni incisione che c’era sul legno, sembrava un animale pacifico e che aveva compiuto le sue azioni con molta calma, perché non erano presenti schegge di alcun tipo. Mi persi per qualche istante ad osservare gli altri dettagli incisi nel bastone e senza rendermene conto cominciammo a comunicare quasi telepaticamente. Lui mi faceva capire cosa mi voleva dire ed io lo stesso. Era davvero singolare come cosa. Solo lui riusciva a capirmi al volo e la cosa mi faceva sentire davvero al sicuro.
Succedeva sempre così, prima iniziavamo a discutere a parole, ma poi, quando la sostanza allucinogena saliva, iniziavamo a sentirci così distaccati dai nostri corpi, che riuscivamo a comunicare anche solo con uno sguardo. Eravamo capaci di intraprendere anche discorsi molto dettagliati senza il minimo sforzo e sinceramente non sapevamo nemmeno noi come facevamo, ma durante i nostri viaggi eravamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Conversavamo tranquillamente senza aver bisogno di una cosa così primitiva come la parola.
«Senza offesa John, ma non esistono tarli con degli artigli, quindi si tratta sicuramente di un roditore, di almeno tre chili, considerando l’ampiezza del morso. Se osservi bene si tratta di un maschio, ha un dente spezzato, probabilmente se l’è rotto mentre combatteva con un altro castoro per conquistare una femmina.
Un momento però.. i castori sono molto pacifici come animali, si stanziano in colonie vicino ad un corso d’acqua.. perciò l’acqua deve essere vicina, ma il dente, il dente come se l’è spezzato John?»
Se avessi avuto più tempo per esaminare quel bastone, ci sarei sicuramente arrivato, ma per una volta in tutta la mia vita, non mi interessava molto dare una risposta a quel quesito, preferivo godermi la compagnia del mio amico e liberare la mente da qualsiasi pensiero.
 
Ricordo ancora l’effetto che ebbe quella sostanza sul senso della vista. Più fissavo il fuoco che era di fronte a me e più le estremità di luce si allungavano e si modellavano sopra le nostre teste, come grandi lingue di fuoco colorate. Il calore veniva percepito in modo diverso dal mio corpo, perché da una parte sentivo il petto ardere, mentre dall’altra quando uno spiffero d’aria fresca mi coglieva alla sprovvista, era come se mi trapassasse e mi catapultasse in un’altra realtà.
Ma ora era tutto differente, quelle fantastiche emozioni ahimè erano giunte al termine ed ormai John non riusciva più a passeggiare al mio fianco lungo i corridoi del mio palazzo mentale.
 
«Sherlock.» Strizzai forte gli occhi. Per quale motivo sentivo la voce di John così lontana? Era al mio fianco e stava dormendo, lo sentivo! Infatti allungai velocemente un braccio verso il suo corpo ancora dormiente e con i polpastrelli della mano percepivo il calore della sua coscia attraverso i pantaloni di cotone pesante. Gli strinsi la coscia fra i polpastrelli, era lui ed era di fianco a me. Era tutto troppo reale per essere frutto della mia immaginazione. Eppure la sua voce sembrava rimbombarmi in modo fastidioso nella testa e la cosa mi fece storcere le labbra. Mi infastidiva incredibilmente.
«Dannazione Sherlock, mi stai ascoltando?» Venni improvvisamente risucchiato all’indietro. Ripercorsi tutta la serata precedente in un centinaio di flash e in modo brusco John mi fece uscire dal mio solito stato di trance, che mi avvolgeva mentre ero all’interno del mio Mind Palace.
Aprii gli occhi, questa volta sul serio, ritrovandomi steso sul nostro divano, supino e con gli indici poggiati sulle labbra. Dannazione, mi trovavo nel salotto del 221B di Backer Street e non era vero nulla, John non era il mio compagno di trip mentali. Ero quasi deluso da quanto era stato realistico quel pensiero. Da quanto tempo ero steso su quel divano a fantasticare su me e John inseparabilmente drogati?
«Accidenti John, sai che non devi disturbarmi mentre sto pensando.»
Non feci nemmeno in tempo ad entrare nella parte della vittima frustrata che lo sguardo del Dottor Watson cambiò improvvisamente. Osservai i suoi occhi, le pupille erano dilatate, brutto segno. Passai immediatamente alla sua carnagione, troppo pallida per poter essere associata ad una persona in splendida forma. Poi diedi uno sguardo alle mani, tremavano leggermente. In meno di una frazione di secondo avevo capito cosa stava succedendo. Solo una persona poteva rendere John così nervoso.
Scattai immediatamente in piedi. La vestaglia che aveva avvolto il mio corpo per quasi due giorni era appena stata sfilata e lanciata sullo schienale del divano che ormai aveva preso la forma del mio corpo. La chiamavo “la posa da pensatore” quella piccola deformazione che avevo creato sulla pelle nera del divano.
«È tornato Sherlock. Moriarty è tornato.»
«Impossibile.. si è fatto saltare le cervella davanti i miei occhi.»
«Eppure il suo cadavere non è stato mai ritrovato.. ed ora questo.» Aggiunse John, riuscendo con quella sua osservazione a farmi salire dentro un senso di appagamento.
Se Moriarty non era morto davvero, avrei potuto confrontarmi nuovamente con lui e Dio, la cosa era così intrigante che non riuscii a nasconderla dietro un’espressione impassibile, perché solo Dio sapeva quanto ero in realtà eccitato all’idea.
Mi porse una lettera chiusa da un sigillo rosso; prendendola fra le mani ne studiai la carta, il tipo di cera e nell’alzarla verso la luce della stanza, mi assicurai non fosse qualcosa di pericoloso. Intravidi ci fosse un foglio, dunque dovetti aprire la lettera e poi il foglio che conteneva per visualizzarne il messaggio.
«Boom.»
«Che significa, Sherlock?»
«Non lo so, John. Sembra troppo semplice dire si tratti di una bomba. È firmata J.M., ma non sono certo sia realmente lui.. è morto John, l’ho visto con i miei occhi.»
   
 
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