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Autore: londra22    05/02/2016    1 recensioni
E se all'improvviso ti ritrovassi rinchiusa in ascensore con la tua cotta adolescenziale e lui soffrisse di claustrofobia?
Ma Alice Marchetti adesso ha 25 anni e non riesce a credere che basta ancora solo un sorriso di Antonio Barbieri per capitolare. Riuscirà a resistergli e finalmente ad andare avanti?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un ritorno dal passato
Anche quella giornata era finita, finalmente!! Prendo tutta la mia roba dalla mia scrivania e mi trattengo dal fare un salto di gioia a stento. Oggi il mio capo era stato davvero terribile, non volevo dargli un altro motivo per riprendermi. Marco ancora mi sfotte di aver scelto Giovanna – sono – una – iena – Bergamotto come capo. Faceva presto lui a parlare!  I fatti erano questi se volevo restare a Milano e non sprecare il mio quasi inesistente stipendio nei viaggi fuori seda per niente rimborsati, dovevo sorbirmi la strega (nomignolo affettuoso affibbiato da noi dell’ufficio). Passo davanti alla cucina con discrezione cercando di resistere al profumo del caffè appena fatto. Guardo l’orologio che segnava le 20:17 e sospiro, per quanto desiderassi una tazza di caffè, non potevo rischiare di farmi beccare dalla strega. Poi ripenso all’impegno di stasera e mi fermo improvvisamente in corridoio. C’erano gli Script! Dovevo assolutamente restare sveglia durante il loro concerto e non perdermi nemmeno un secondo. Faccio dietro-front e con passo felpato torno in cucina. Come avevo potuto dimenticarmi del concerto? Semplice, quella strega era una settimana che mi faceva sgobbare come una matta. Era stata una settimana assurda, due degli autori che seguivamo erano in ritardo con i loro capitoli e ci eravamo trovate in un bel guaio con il direttore.  Il fatto che io abbia fatto di tutto, e che alla fine ci sono riuscita, a sistemare la situazione non importa, perché secondo la strega era colpa mia se non avevano consegnato i capitoli in tempo. Certo, forse aveva ragione. In fondo mi ero solo incollata al telefono per i primi tre giorni chiamandogli a tutte le ore del giorno, per poi incollarmi al loro citofono a tutte le ore del giorno prendendomi ben due porte in faccia. E pensate che lei mi abbia ringraziato se oggi, l’ultimo giorno della consegna, i capitoli erano, già corretti dalla sottoscritta, sul suo tavolo? Assolutamente no. Sbuffo, scuoto la testa e mi verso una generosa quantità di caffè in un bicchiere da portar via. Mi affaccio alla porta per controllare se ci fosse la strega in vista.. via libera! Arrivo di fronte all’ascensore e sorrido. Mi aspettava una bella serata. Amavo i concerti e gli script era uno dei miei gruppi preferiti. Per questo avevo accettato subito quando Matteo me lo aveva proposto, nonostante una piccola parte di me non era sicurissima di continuare a vederci. Era davvero un bel ragazzo, ma dopo tre appuntamenti non era ancora scattata la scintilla. Dico io, ma perché? Ci avevo provato in tutti i modi, quando l’avevo conosciuto grazie ad una mia amica qui in ufficio, ero sicurissima che fosse perfetto.  Il problema che non lo era per me, ecchepalle!  Non avevo proprio potuto rifiutare gli Script, per i primi due secondi avevo pensato di dirgli la verità, ma poi lui aveva uscito i biglietti ed io avevo mandato al diavolo tutto, in fondo un ultimo appuntamento non poteva nuocere a nessuno. Perché l’ascensore non si decideva ad arrivare? Do una sbirciatina all’orologio: 20:40. Dannazione, Matteo ed io avremmo dovuto saltare la cena. Peccato, avevo saltato il pranzo. Tutta colpa della strega, brutta stregaccia maniaca del controllo!
Finalmente arriva l’ascensore e sospiro felice. Poco importa se era stracolmo e che probabilmente sarebbe buona educazione fare un sorriso di cortesia e aspettare il prossimo. Al diavolo la buona educazione, mi aspettavo gli Script!
 Il sorriso di cortesia lo feci lo stesso mentre spingevo senza troppa gentilezza, certo, ma lo feci comunque. Riuscii a infilarmi in un angolino e sorridendo vittoriosa mi bevvi il mio caffè in santa pace. Il mio ufficio era al venticinquesimo piano e di solito ci mettevo esattamente quindici minuti ad arrivare al piano terra, ma dopo aver dato una breve occhiata alla folla in torno, mi resi conto che ci avrei messo come minino venti minuti. Addio cena.
Solo arrivati al decimo piano ritornai a respirare come si deve. Eravamo rimasti solo in quattro, io e tre uomini. Sorrisi, perché ritrovarsi in ascensore con tre uomini era certamente il sogno erotico della mia migliore amica Sara. Sono seria, me lo aveva confidato in una delle nostre serate tra donne.
un giorno di questi mi devo ritrovare in ascensore con un bell’uomo". Anzi non uno, ma due..anche tre! So io cosa farci!” aveva urlato alzando il bicchiere per brindare.
Curiosa di vedere se questa poteva essere il suo sogno erotico perfetto, mi voltai con nonchalance per accentarmi se era dei begli uomini. Be erano vestiti davvero bene, molto bene. Uno di loro aveva un completo nero con una bella cravatta rossa (io adoravo il rosso!); un altro aveva lasciato la giacca da qualche parte perché portava la camicia arrotolata sui gomiti (davvero sexy!) e cavolo si notava il suo fisico da paura; e l’ultimo aveva anche lui un completo giacca e cravatta, ma sicuramente di marca (magari era un Armani! Adoravo gli Armani, calzavano sempre a pennello!). Alzando lo sguardo mi accorsi che Mr. Armani mi fissava, gli altri due parlottavano tra di loro, ma lui no mi fissava. Mascella squadrata, zigomi alti, labbra da paura, pelle abbronzata, occhi color nocciola e quel taglio post- sesso che fa sbavare qualsiasi donna. Stavo per fare la mia mossa, perché cavolo Mr. Armani era un bel bocconcino! Quando mi resi conto di chi era. Io conoscevo Mr. Armani!
“Alice?” disse Mr. Armani sorpreso
“Antonio?” chiesi io di rimando sorpresa. Lui sorrise venendomi incontro ed io non potei trattenermi da andargli incontro e stringerlo in un abbraccio. Gli altri due smisero di parlare e ci osservarono stupidi.
“ Che cavolo ci fai qui?” mi chiese Antonio dopo aver sciolto l’abbraccio continuando a tenermi per le spalle. Come che ci facevo io qui? Mi ero trasferita a Milano per frequentare l’università sei anni fa. Se l’era scordato? Che stronzo!
Dovette leggermi tutto questo in faccia perché sorrise e aggiunse “ volevo dire che ci fai in questo edificio?” aaaaaaah adesso ci siamo.
Infatti sorrisi e gli dissi “ Ci lavoro” ma poi corrugai la fronte “ piuttosto tu che cavolo ci fai qui, a Milano?”. Sul serio che ci faceva a Milano? L’ultima volta che ci eravamo visti risaliva a tre anni fa a Natale, quando era tornata per le vacanze in Sicilia.  Da quando anche mia madre si era trasferita io non ero più tornata a casa.
Antonio mi sorrise enigmatico, mi lasciò andare e con una scrollata di spalle disse “ ci vivo”. Ah.  Da quando? È per quale motivo io non lo sapevo? Di cosa mi sorprendevo? Questo ragazzo era stato sempre un enigma per me.
Lasciai correre e continuai a sorridere. “Ma non mi dire…” mi lasciai scappare.
“Quindi vi conoscete?” chiese il tipo con la cravatta rossa spostando lo sguardo dall’uno all’altro. Antonio in tutta risposta annui, probabilmente incerto su come presentarmi. Be almeno questo non era mai cambiato.
“Siamo vecchi amici” dissi al tizio in giacca e cravatta che sorrise malizioso e mi porse la mano presentandosi “Fantastico!Io sono Giorgio” poi indicando il tizio senza giacca aggiunse “ lui è Stefano”. Strinsi la mano a entrambi sorridendogli educatamente. Stefano era davvero, ma davvero bello e Sara sarebbe stata super d’accordo con me.
“esattamente quanto vecchi amici?” chiese Giorgio sempre con quel sorriso malizioso guardando Antonio di sfuggita per poi concentrarsi su di me. “ ti prego dimmi che conosci qualche storia umiliante su questo idiota” e avvicinandosi al mio orecchio aggiunse “sai…lui ne conosce fin troppo su di me”.
 Dove cavolo era capitata? Se lo avessi raccontato a Sara non ci avrebbe mai creduto.
Non potei comunque trattenermi dallo scoppiare a ridere, perché ne conoscevo davvero di storie umilianti sul conto di Antonio. E lui lo sapeva per questo s’irrigidì al mio fianco e guardò minacciosamente Giorgio.
Purtroppo non feci in tempo a raccontargliela nemmeno una perché le porte dell’ascensore si aprirono al settimo piano che a quanto pare era proprio il piano di Giorgio e Stefano poiché Antonio non perse tempo per spingere a spingere i suoi amici fuori dall’ascensore e dirgli prima che si chiudessero le porte “ buon  lavoro idioti”.
“Sei sempre il solito fortunato” dissi corrucciata e lui scoppiò a ridere.
“Menomale!” disse ridendo “ Perché non avevo assolutamente che tu ti lasciassi scappare qualcosa”
“Tipo cosa?” lo stuzzicai e lui scosse la testa ridendo. “Ti riferisci alla festa dei miei sedici anni?” e lui scoppiò di nuovo a ridere. Faceva delle belle risate di pancia, mi era sempre piaciuta questa cosa di lui.
“Che serata eh?” disse ridendo. “o a quello che successe ai miei diciotto anni, quella è stata una festa grandiosa” e come dargli torto, era stato sempre dannatamente bravo a organizzare delle feste da urlo.
All’improvviso l’ascensore si bloccò e le luci si spensero. Perfetto, eravamo rimasti bloccati. Dopo un paio di secondi si accesero le luci di emergenza e riuscì a mettere a fuoco Antonio in quella debole penombra.
“Grandioso” dissi sospirando. Volevo solo andare al mio concerto, perché il destino faceva di tutto per mettermi i bastoni tra le ruote?
“Dannazione si è bloccato!” disse Antonio andando verso la porta e testandola per cercare di aprire le porte. Io mi appoggiai alla parete dell’ascensore e continuai a osservare i suoi inutili disperati tentativi di aprire le porte. Lo sapevo per esperienza non si sarebbero aperte, mi era già capitato un paio di volte di rimanere chiusa in ascensore e l’unica soluzione era di aspettare i pompieri.
“Sta tranquillo ci tireranno fuori di qui molto presto” dissi nel tentativo di calmarlo poiché era parecchio agitato.
“ah si? E tu come fai saperlo?” mi chiese secco premendo tutti i bottoni. Tutta l’ilarità di poco fa era sparita adesso era completamente nel panico.
“Mi è già successo” risposi osservandolo curiosa “I pompieri arriveranno tra poco” aggiunsi per rassicurarlo, ma fu tutto inutile perché mi fulminò con gli occhi.
“ Stai bene?” chiesi visto che continuava a camminare in tondo.
“No” rispose non guardandomi negli occhi e continuando a percorrere l’ascensore.
“Soffri di claustrofobia?” gli chiesi curiosa e lui si fermò.
“Si” sospirò passandosi una mano tra i capelli.
“Ma va? E perché io non ne sapevo nulla?” chiesi sempre più curiosa e incurante del suo disagio.
“Be neanche io so di tutte le tue fobie” mi rimbeccò lui ed io scoppiai a ridere ottenendo come risultato un’occhiataccia.
“Credo di non averne nemmeno una” gli dissi dolcemente e lui dapprima mi guardò in silenzio per poi sbuffare.
“Perché la cosa non mi sorprende?” disse semplicemente innervosito.
Cavolo soffriva sul serio di claustrofobia ed io non sapevo come aiutarlo, sul serio non ne avevo la più pallida idea. E poi cavolo eravamo stati amici per anni, ok un’amicizia un po’ ambigua visto e considerato che io ero cotta di lui, ma io non ne sapevo comunque niente.
Andai verso di lui e lo presi per le spalle prima che decidesse di riprendere a ripercorrere il perimetro dell’ascensore, mi faceva girare la testa.
“Perché non ci sediamo e facciamo dei respiri belli profondi?” dissi prendendogli la mano e trascinandolo sul pavimento. Dopo avermi guardato confuso, si lasciò comunque guidare, ma nonostante si sedette per terra e faceva dei respiri profondi come gli avevo suggerito io, la situazione non migliorava. Infatti cominciò a sciogliersi la cravatta, ma talmente era nervoso che non riusciva sciogliere nemmeno quel semplice nodo.
“Faccio io” dissi avvicinandomi e scacciando le sue mani. Nei pochi secondi che ci misi a sciogliere quel semplice nodo potei costatare che aveva un bellissimo odore che mi fece venire la pelle d’oca.
“Grazie” disse dopo che ebbi finito e gli sorrisi in risposta. Poi cominciò a sbottonarsi la camicia ed io m’impietrì, ma lui parve non accorgersene perché continuò fin quando non l’ebbe sbottonata tutta. Ed io potei ammirare i suoi addominali da paura. Cavolo ne faceva di palestra eh! Che poi non aveva mica questi addominali l’ultima volta che l’avevo visto. Va bene che forse questa era la prima volta che gli stavo cosi vicino da poter ammirare i suoi addominali da paura, ma ero sicura al punto da giocarmi tutta la mia collezione di DVD di Grey’s Anatomy che no, non aveva questi addominali due anni fa. Ed io non avevo smesso di fissarli.
Quando mi accorsi poi che una povera ma fortuna gocciolina di sudore li scivolava su quel ben di dio, mi si seccò la gola. Ecchecavolo! Avevo l’irrefrenabile desiderio di seguire la scia di quella gocciolina con la lingua..No, Alice no! Riprenditi!
Schiarendomi la gola, mi allontanai da lui e diedi un’occhiata all’orologio erano passati solo cinque minuti da quando l’ascensore si era bloccato. Tornai a guardarlo e sembrava ancora più in difficoltà nonostante fosse ormai rimasto a petto nudo.
“Che cosa posso fare per aiutarti?” chiesi incapace di starmene con le mani in mano senza aiutarlo, anche perché se non avessi fatto qualcosa, avrei continuato a fare pensieri peccaminosi su di lui. Aveva delle spalle cosi ampie…
“Non riesco a respirare” disse alzandosi di nuovo e sbattendo le mani sulla porta. “ Quanto ci mettono a tirarci fuori di qui? E poi sarà rimasto qualcuno in ufficio per accorgersi che l’ascensore è rimasto bloccato?”
“Sono passati solo cinque minuti, sta tranquillo” dissi alzandomi anch’io togliendo la polvere dai pantaloni (non volevo nemmeno pensare a quanto fosse sporco il pavimento). “ E poi la sicurezza resta nell’edificio fino alle undici” e lui mi guardò sorpreso.
“E tu come lo sai?” mi chiese curioso
“Il mio capo soffre di menopausa precoce, quando è in quei giorni, mi tocca fare il triplo del lavoro” dissi con una smorfia ricordando cosa mi era toccato sopportare oggi da quella strega.
“Una maniaca del controllo come capo eh?” scherzò nonostante la sua crisi di panico.
“Perché a te è andata meglio?” chiesi curiosa, volevo cercare di capire come mai si fosse trasferito anche lui a Milano.
“Direi proprio di si” disse enigmatico ed io lo fissai confusa e lui passandosi una mano tra i capelli (tra l’altro gesto molto sexy) aggiunse “ Sono io il capo”.
“Poveri dipendenti che devono sopportarti” non mi trattenei da stuzzicarlo
“Sono un capo fantastico” mi disse guardandomi negli occhi.
“Sei un maniaco del controllo anche tu, quindi dubito fortemente che tu sia un capo fantastico” lo corressi e lui sorrise.
“ Allora che lavori fai qui a Milano?” chiesi curiosa.
“Lavoro nel settore commerciale, il mio ufficio è al ventisettesimo piano”.
“Un po’ altino per uno che soffre di claustrofobia” osservai.
“Non me ne parlare” disse sospirando e passandosi di nuovo una mano tra i capelli nervosamente. “Eri tentato di non accettare il lavoro, vero?” lo stuzzicai, niente era più forte di me e sinceramente era migliore della reazione che avevo fino ai sedici anni ogni volta che parlavamo visto che non facevo altro che guardarlo con ogni sognanti. Ero proprio cotta.
“Un po’” ammise divertito per poi scoppiare a ridere e aggiungere “i primi giorni ho pure provato a fare solamente le scale, ma ci voleva un’ora in ufficio e un’altra ora per riprendermi”.
Ci credo! Le uniche volte che decidevo di fare le scale era per fare un po’ di ginnastica, ma la maggior parte delle volte mi fermavo al quinto piano e poi prendevo l’ascensore. Non potevo farci niente, non ero mai stata un tipo sportivo.
“Mi manca l’aria” disse di nuovo ricominciando a farsi prendere dal panico. Stavo per suggergli di togliersi i pantaloni, ma all’ultimo minuto mi morsi la lingua per fermarmi. Se si fosse tolto pure i pantaloni sapevo che niente mi avrebbe fermato dal saltargli addosso. Cavolo quindici minuti in ascensore con lui ed ero diventata una maniaca.
“Quanto ci mettono?” continuava a dire cominciando a respirare forte. A un certo punto si buttò per terra in ginocchio e si prese la testa tra le mani.
Ti prego dimmi che non si stava per mettere a vomitare perché a quel punto lo avrei seguito a ruota. Mi abbassai per portarmi al suo livello e gli presi la testa fra le mani per guardalo in faccia. Era pallidissimo e mi fissava con gli occhi colmi di panico.
Ed io lo baciai.
E lui era completamente sorpreso. Poi mi strinse tra le braccia e mi ritrovai la sua lingua in bocca.
All’improvviso sentimmo un rumore forte sopra le nostre teste e dopo essermi staccata da lui, guardai in alto e vidi la testa di un vigile del fuoco che rideva. Fantastico, essere sorpresi a pomiciare in ascensore da un vigile del fuoco venuto a tirarti fuori? Fatto!
“Due minuti e sarete fuori” disse il Vigile del fuoco per poi aprirsi in sorriso e aggiungere “o avete bisogno di più tempo?”
 
  
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