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Autore: Jade Tisdale    05/02/2016    2 recensioni
[Nyssara | What if? | Spoiler 4x12]
E se fosse stata Sara a liberare Nyssa dalla sua prigione a Nanda Parbat?
Storia ambientata dopo la restaurazione dell'anima di Sara e legata in parte agli eventi di Legends of Tomorrow.
«Non lasciarmi più. Mai più.»
Sara le accarezzò una guancia col dorso della mano, e Nyssa si perse nelle sue iridi di ghiaccio, tanto belle quanto misteriose e impenetrabili.
Attese una risposta con fervore e, quando la bionda pronunciò quelle parole, non riuscì a crederci davvero.
«Non ti lascio più.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Malcolm Marlyn, Nyssa al Ghul, Sarah Lance
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I won't leave you again

 

 

 

 

 

 

Sara Lance era una delle poche persone che, a soli ventotto anni, poteva vantarsi di essere tornata dal regno dei morti.
Era sopravvissuta sei anni lontana da casa -uno su un mercantile, due su Lian Yu e tre a Nanda Parbat.
Era stata per diverso tempo la fidanzata della figlia del Demonio.
E ora stava per diventare una leggenda.
Per questo motivo, Malcolm non si stupì quando vide Sara varcare la soglia del santuario, tantomeno quando si accorse che i suoi mercenari non avevano tentato in alcun modo di ostacolarla.
Era stata la fidanzata di Nyssa. Probabilmente, alcuni guerrieri credevano ancora di doverle portare rispetto; ma non era così, e quel comportamento da parte dei suoi soldati gli diede assai fastidio.
Malcolm giunse le mani dietro la schiena, sorridendo appena. «So perché sei qui» esordì, con tono fermo. «So cosa vuoi.»
Bene pensò Sara. Ma, anziché tramutare il suo pensiero in parole, continuò a fissare il nuovo Ra's negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo.
«La mia risposta è no» rispose bruscamente lui, ricambiando lo sguardo di sfida della bionda.
«Me lo devi» soffiò quest'ultima, scuotendo appena la testa. «Almeno questo, me lo devi.»
«Non ti devo proprio nulla.»
La ragazza corrugò le sopracciglia, scocciata. Questa volta, senza pensarci due volte, parlò. «Bene.»
Con uno scatto quasi impercettibile, Sara colpì Malcolm con un calcio allo stomaco, riuscendo così a farlo cadere a terra e a guadagnare tempo.
Tre mercenari della Lega si scagliarono su di lei, ma Canary riuscì a fronteggiarli senza difficoltà.
Il primo di loro tentò di colpirla con la sua spada, ma Sara, dopo aver evitato prontamente i suoi attacchi, riuscì a rubargli l'arma e a colpirlo con essa, ferendolo al fianco sinistro.
Il secondo guerriero riuscì a sfiorarle appena la spalla. La bionda imprecò silenziosamente, dopodiché, si affrettò ad evitare di farsi colpire di nuovo, bloccando i colpi di spada del nemico con la propria: nel mentre, anche il terzo mercenario si unì alla battaglia, e Sara si ritrovò a dover fronteggiare due uomini alla volta.
Dopo un continuo volteggiare da una direzione all'altra per riuscire a contrastare entrambi, riuscì a disarmare uno dei due e a ferire gravemente l'altro.
Si diresse così in direzione dell'uomo disarmato, che, nel tentativo di riappropriarsi della propria spada, si era allontanato dallo scontro.
Sara utilizzò l'arma come una sorta di lancia, che si conficcò nella schiena del guerriero. Non appena la estrasse dalla pelle di quest'ultimo, la puntò alla sua gola.
In un attimo, una strana sensazione si era impossessata di lei.
Non riusciva a controllarla.
Percepì un formicolio fastidioso nella mano destra, la stessa che stava stringendo la spada.
Fallo.
Gli effetti del Pozzo le stavano facendo il lavaggio del cervello.
Sapeva che Malcolm la stava osservando, e non voleva dargli la soddisfazione di vederla uccidere qualcuno.
Però, le sembrò di essere una sorta di calamita che necessitava di spargere sangue.
Sapeva che non avrebbe resistito a lungo.
Fallo.
Chiuse gli occhi. Non voleva vedere il sangue di quell'uomo schizzarle addosso.
Percepì il suo braccio muoversi con forza, e solo quando fu certa di averlo ucciso trovò la forza di alzare le palpebre.
La testa dell'uomo giaceva di fianco al suo corpo. I suoi occhi privi di vita e il sangue sparso per terra le fecero venire la pelle d'oca.
Subito dopo, il rumore di un battito di mani si diffuse nell'aria.
Sara si voltò di scatto, ancora ansimante e pallida in viso.
«I miei complimenti. A quanto pare la sete di sangue si è impossessata anche di te.»
Per un attimo, la bionda ripensò a Thea, e a Laurel.
Cos'avrebbe pensato sua sorella se avesse scoperto che aveva ucciso di nuovo?
Non se n'era andata proprio per evitare che accadesse?
Non avrebbe voluto combattere, ma quando vide Merlyn estrarre la sua spada dalla fondina, capì che non era ancora finita.
Si scagliò su di lui accecata dalla rabbia, ma Malcolm non si lasciò intimidire.
Le loro spade si incontrarono, dando vita ad una danza incontrollata.
«Solo perché sei stata esposta al Pozzo di Lazzaro, non significa che mi batterai» sibilò il nuovo Ra's al Ghul, bloccando appena in tempo un colpo della ragazza. «Ti ho uccisa una volta. Non mi farei scrupoli a rispedirti di nuovo nell'entroterra.»
Sara sferrò un altro attacco, questa volta riuscendo a colpire Malcolm alla mano: il sangue iniziò ad uscire con rapidità, ma l'uomo continuò a combattere a denti stretti.
Non aveva paura di lei, ma avrebbe dovuto comunque prestare attenzione.
Il Pozzo non esisteva più, e non avrebbe più potuto curare le sue ferite.
Cercò di colpire Sara in pieno viso, ma la ragazza riuscì ad evitare ogni attacco con estrema agilità: dopo essersi accovacciata a terra, ferì per l'ennesima volta Merlyn, questa volta alla gamba sinistra.
L'uomo si scagliò su Canary, ma lei evitò nuovamente il suo colpo, facendo crescere in lui una rabbia sconfinata.
Ma, non appena la bionda ne ebbe l'occasione, concentrò tutta l'ira che aveva in corpo in un attacco, che le permise di rompere a metà la spada del nemico.
«Non mi va di restare qui a combattere per ore» disse, puntandogli la lama all'altezza del petto. «Che vogliamo fare?»
Malcolm serrò le labbra, infastidito.




Nanda Parbat era esattamente come la ricordava: misteriosa, immensa, e piena di passaggi segreti. Uno di questi la condusse in una prigione sotterranea, piuttosto ristretta e buia.
Le bastarono un paio di secondi per scorgerla nell'oscurità. Era distesa a terra, con le catene ai polsi e alle caviglie, priva di sensi.
Presa dall'emozione, Sara iniziò a respirare affannosamente. Malcolm alzò la grata che la divideva dalla sua amata, dopodiché, lei corse dentro alla cella.
Non appena uno dei mercenari liberò Nyssa dalle catene, Sara le passò una mano sul viso, pieno di graffi e sporco.
Non ebbe alcuna esitazione. Prese l'erede tra le proprie braccia e, prima di tornare al piano superiore, lanciò un'ultima occhiata omicida a colui che aveva imprigionato la sua amata per mesi in quella prigione.




Quando Nyssa si svegliò, era già sera inoltrata.
Stanca com'era, avrebbe tanto voluto girarsi dall'altra parte del letto e riaddormentarsi, senza pensare a dove si trovasse o ad altro; ma quando aveva aperto gli occhi, la prima cosa che aveva visto erano stati i biondi capelli di Sara, e da allora aveva scacciato via l'ipotesi di rimettersi a dormire.
«Ciao» sussurrò la sua ex, seduta su una sedia poco più in là. «Come ti senti?»
In tutta risposta, Nyssa fece una smorfia. Il suo cuore batteva ad una velocità incontrollabile.
Si mise a sedere, cercando in ogni modo di evitare lo sguardo di Sara, e fu allora che si rese conto di essere nella sua stanza.
Provò una strana fitta al braccio sinistro e, istintivamente, lo sfiorò con la mano: non appena lo fece, però, il suo palmo incontrò una superficie perfettamente liscia.
Un cerotto.
Cercò con lo sguardo le altre ferite che si era procurata nelle ultime settimane, constatando che erano state tutte cucite, bendate o disinfettate.
Alzò il capo in direzione di Canary.
«Ti ho medicata» disse lei, indicando con lo sguardo il kit di primo soccorso posto di fianco al letto. «Ti ho portato anche del cibo e dell'acqua» proseguì, ma prima che potesse recuperare il vassoio dal tavolo in legno, la voce di Nyssa la bloccò.
«Non ho fame.»
Sara si strinse nelle spalle, a disagio. «Oh.»
Nyssa abbassò lo sguardo, e Sara fece altrettanto.
Trascorsero alcuni secondi silenziosi, alternati dal rumore del respiro delle due donne, l'unico suono percepibile all'interno della stanza.
«Ho saputo di tuo padre» esordì poco dopo la bionda, con un filo di voce. «Mi dispiace.»
«A me no.»
Sara sospirò.
Era strano.
Fino all'anno precedente, non si sarebbe mai sentita in imbarazzo di fronte alla donna che amava. Ma da quando era morta -e risorta- erano cambiate tante cose, troppe per fingere che fra di loro non ci fosse alcuna tensione.
«Posso prepararti un bagno caldo, se vuoi» propose.
«Sto bene così, grazie» fu la schietta risposta dell'erede. Quest'ultima si alzò in piedi e si diresse verso la portafinestra a piedi nudi.
«Dovresti restare a letto» suggerì Sara, avvicinandosi all'amata. «Sei stata rinchiusa in una cella per settimane. Devi recuperare le forze.»
«La smetti di comportarti come se fossi la tua priorità? Non mi sembra che tu ti sia preoccupata delle mie condizioni di salute negli ultimi mesi!» sbottò la mora, seriamente seccata.
Canary si bloccò nuovamente, assimilando il significato delle parole che Nyssa le aveva appena detto.
Non aveva tutti i torti.
Nei mesi passati sarebbe potuta tornare a Nanda Parbat, tornare da lei e salvarla, ma non lo aveva fatto.
Nemmeno lei sapeva il perché.
«Mi dispiace» sussurrò, deglutendo. «Ci sono state delle complicazioni. Io-»
«Ma certo» soffiò la figlia del Demonio con stizza. «Avevi di meglio da fare.»
«Non volevo dire questo.»
Nyssa le diede le spalle. Si posizionò davanti alla finestra, ma non la aprì: finse di contemplare l'orizzonte, ma in realtà, era troppo presa dai mille pensieri che aveva in testa per potersi permettere un solo momento di riposo.
Era stanca, e non solo fisicamente. Era stanca di soffrire per amore, stanca di combattere per amore, stanca di tutto ciò che riguardasse l'amore.
Ma poi, le bastò ripensare al sorriso genuino di Sara e al modo in cui era morta per farla tornare alla realtà.
Sospirò, passandosi le mani tra i capelli. Poi, senza pensarci due volte, si diresse dall'altro lato della stanza.
«Dove stai andando?» chiese Sara, seguendola con lo sguardo.
«Ho cambiato idea» disse la mora, prendendo degli indumenti puliti da un cassetto e il kit di primo soccorso. «Vado a farmi un bagno caldo, così mi schiarisco le idee.»




Dopo un tempo che le parve interminabile, Nyssa uscì dal bagno con un groppo in gola.
Non sapeva quanto tempo aveva trascorso nella vasca -minuti, forse ore- e quanto aveva impiegato per cambiare le bende e i cerotti bagnati, ma quando tornò nella sua camera Sara era ancora lì dove l'aveva lasciata, in piedi di fronte alla portafinestra ad attenderla.
La figlia del Demonio si diresse lentamente alle sue spalle, senza fare il minimo rumore.
Era arrivato il momento di dire le cose come stavano.
«Vattene via.»
La bionda sussultò appena. Si voltò, incontrando lo sguardo rigido di Nyssa. «Cosa? Perché?»
«Perché sì, Sara. Non sei più la benvenuta a Nanda Parbat.»
Senza volerlo, strinse le mani a pugno. Sara se ne accorse.
 «Non puoi dire così. Dopo tutte le cose che sono successe, non puoi dire così.»
Nyssa serrò le labbra. Non avrebbe dovuto aggiungere altro.
«Perché non mi vuoi più al tuo fianco? Cos'è cambiato?» chiese la bionda. Poi, un'ipotesi si fece spazio tra i suoi pensieri, e lei non seppe tenere a freno la lingua. «C'è... un'altra?»
Nyssa scosse la testa, mentre un sorriso amaro le contornava le labbra.
Come se rinchiusa in una cella avessi trovato il tempo di rimorchiare pensò, anche se sapeva benissimo che Sara si riferiva al periodo successivo alla sua morte. Come puoi pensare che avrei potuto tradirti con un'altra donna? Come puoi anche solo pensare una cosa simile?
«Allora qual è il problema?»
Abbassò lo sguardo, col cuore che batteva a mille. Non avrebbe voluto dirlo, ma doveva. «Sei... diversa.»
Sara inspirò profondamente.
Il Pozzo.
Era davvero quella la causa dei suoi problemi? Era quello il motivo per cui Nyssa non la voleva più?
Probabilmente sì, e di certo non poteva biasimarla: era diventata pericolosa, più di quanto già non fosse in precedenza.
Lei stessa aveva paura di quello che avrebbe potuto fare. Non si stupiva del fatto che anche Nyssa potesse essere spaventata.
«Se avessi potuto scegliere, avrei preferito non tornare» ammise, con voce tremante. «Piuttosto che diventare un mostro, avrei preferito restare morta.»
L'erede si irrigidì di colpo.
Per mesi, al solo sentire la parola morta, era scoppiata a piangere.
E anche ora, nonostante Sara fosse viva e vegeta davanti a lei, faticava a trattenersi.
Si passò una mano sul viso, nel tentativo di reprimere non solo le lacrime, ma anche l'espressione che l'avrebbe tradita, facendo capire a Sara che le stava mentendo.
Ma ormai era tardi.
«Se non ti conoscessi, direi che è questa storia del Pozzo a farti impazzire. Ma io ti conosco, e so che c'è qualcos'altro che ti tormenta.»
La mora scosse la testa con esasperazione.
«Non puoi restare.» Un sussurro disperato si diffuse nell'aria. «Torna a casa. Ti prego.»
«Sei tu la mia casa.»
Fu quella frase a rompere l'equilibrio che Nyssa aveva mantenuto fino a quel momento.
Le lacrime iniziarono ad accarezzare le sue guance silenziosamente, senza che lei potesse fare nulla per fermarle.
Avrebbe tanto voluto che Sara spezzasse la distanza che le separava con un bacio, ma non lo fece. Se ne restò impalata davanti a lei, con la bocca semiaperta e lo sguardo confuso.
Non sapeva cosa fare. Era passato troppo tempo dall'ultima volta che aveva interagito con lei. Non sapeva come comportarsi.
Poi, mosse un passo verso l'erede, e si arricciò una ciocca mora tra le dita.
«Vuoi dirmi qual è il problema?»
Nyssa tirò su col naso. Si asciugò le guance col dorso della mano destra e, con voce tremante, si decise a parlare.
«Sono in guerra con Malcolm Merlyn» spiegò, mentre la bionda faceva scendere lentamente la mano fino al suo fianco. «Una guerra iniziata nove mesi fa e che si concluderà solo con la morte di uno dei due.»
Sara le baciò appena l'incavo del collo, ma Nyssa la scostò da sé con dolcezza.
«Non è il caso.»
Ma Canary non l'ascoltò. Le baciò il mento, e questa volta la mora non si oppose.
«Puoi ancora uscirne» sussurrò, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli nocciola di lei.
«Ormai è troppo tardi. Ho distrutto il Pozzo. Quando te ne andrai Malcolm mi rinchiuderà di nuovo in una cella o mi obbligherà a combattere con lui.»
«Allora non me ne andrò.»
«Non posso costringerti a restare.»
Sara socchiuse un poco le palpebre. «Allora puoi venire via con me. Per sempre.»
«Non posso» disse la figlia del Demonio, scuotendo appena la testa. «Non posso, Sara. Nelle sue mani la Lega... non mi fido di lui. E poi, ho promesso che lo avrei ucciso. Devo farlo.»
«È per vendetta?»
Nyssa si allontanò nuovamente da lei, dirigendosi verso il proprio letto.
Non rispose, ma Sara sapeva che lo faceva per lei. Sapeva che lo faceva perché, più di un anno prima, Malcolm l'aveva uccisa, e Nyssa voleva vendicarsi. Era fatta così.
«Ora sono qui -sono viva-, perciò non hai più bisogno di vendicarti. Troveremo una soluzione, habibti, te lo prometto. Ma adesso vieni via con me. Ti prego.»
L'erede si sedette sul materasso morbido. Era voltata di spalle, ma Sara immaginò il sorriso stanco sulle sue labbra.
«Non posso e basta» sussurrò, senza voltarsi.
Sara la raggiunse, e quando le fu davanti non riuscì a placare il desiderio di baciarla.
Nyssa, intuendo le intenzioni della bionda, l'attirò lentamente verso di sé poggiando le mani sui suoi fianchi. Quando Sara fu abbastanza vicina, le prese il viso tra le mani e le dedicò un lungo, intenso sguardo.
«Ti farai uccidere» sussurrò, e Nyssa sapeva che era la verità. Era troppo debole per combattere, ed era inevitabile che in uno scontro avrebbe perso. Non le restava altro che sperare che Malcolm le concedesse una tregua per un po’.
«Parlerò io con lui» disse Canary, intuendo i pensieri dell'amata, «lo convincerò a lasciarti stare per un po’. Lui-»
L'erede catturò le labbra di Sara tra le proprie, non lasciandole il tempo di finire la frase. «Ora basta parlare» bisbigliò a pochi centimetri dal suo orecchio, riprendendo subito a baciarla.
Nyssa si distese sul letto e Sara, sopra di lei, iniziò a spogliarla con lentezza, stando attenta a non sfiorare le parti del corpo lesionate dell'amata.
Osservò ammaliata quel corpo perfetto e sublime che tanto le era mancato, e iniziò ad accarezzarlo, dalle spalle alle braccia ricche di fasciature, dai seni al torso pieno di tagli.
Nyssa lasciò che le dita di Sara sfiorassero e riscoprissero il suo corpo. Le permise di baciarle ogni centimetro di pelle, ogni graffio e ogni cicatrice, senza opporsi in alcun modo.
Nelle sue mani, sapeva di essere al sicuro, così come, in cuor suo, sapeva che Sara non avrebbe permesso più a nessuno di toccarla.
Si fidava di lei.
L'erede si beò di quella danza di baci strana quanto piacevole senza interrompere la sua amata.
Ma, ad un tratto, Canary risalì fino alle sue labbra e Nyssa sentì il bisogno di affievolire quel peso sul cuore che si era impadronito di lei non appena l'aveva rivista.
«Non lasciarmi più. Mai più.»
Sara le accarezzò una guancia col dorso della mano, e Nyssa si perse nelle sue iridi di ghiaccio, tanto belle quanto misteriose e impenetrabili.
Attese una risposta con fervore e, quando la bionda pronunciò quelle parole, non riuscì a crederci davvero.
«Non ti lascio più.»
Era una promessa.
Stavolta, non l'avrebbe più lasciata.

   
 
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