Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: DeathBoyAndSunshine    07/02/2016    2 recensioni
Raccolta di Solangelo scritta a quattro mani, due cuori e molti feels.
Enjoy!
Cap. 1 - Italian Food (DeathBoy)
Cap. 1.b - I temibili Haiku di Will Solace (Presente nell'account di Dramy96123, alias Sunshine ---> http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3111687&i=1)
Cap. 2 - Tradizioni di famiglia (DeathBoy)
Cap. 3 - Il Compleanno di Will (Sunshine)
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Quasi tutti, Will Solace
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Italian Food
Autore: DeathBoy
Titolo: Italian Food

Fandom: Percy Jackson
Pairing: Will/Nico (Solangelo)
Genere: fluff, romantico
Rating: giallo
Summary: "Passare inosservato era una delle cose che gli riuscivano meglio. In tutta la sua vita, tolta sua sorella Bianca, non c'era mai stato nessun altro che riuscisse a vederlo – vederlo davvero. Neanche Percy, troppo preso da Annabeth e dalle varie profezie che si erano succedute, ci era riuscito. L'aveva odiato per questo come non gli era mai capitato prima, anche se ormai era tutto passato – ogni tanto si scopriva a guardarlo ancora con aria nostalgica, ma era sicuro che non sarebbe durata per sempre – e  si era rassegnato a restare non visto. Poi però era arrivato Will Solace, e improvvisamente sembrava che non ci fosse un solo posto al mondo in cui potesse nascondersi dal suo sguardo: il figlio di Apollo sembrava in grado di notarlo anche nell'oscurità più assoluta, il che era irritante, come solo qualcuno imparentato con il dio del sole poteva essere."
Note: Hola  a tutti! Qui è DeathBoy che vi parla, ancora  mezza  sommersa dai feels  a causa di questi due *fangirla*. Spero che vi piaccia leggere questa shot tanto quanto a me è piaciuto scriverla, se trovate errori di grammatica e /o altro vi prego di farmelo notare, e ovviamente ogni recensione è ben accetta!









ITALIAN FOOD
 

 

Ci aveva provato in tutti i modi.
Aveva mangiato leggero a cena, si era ammazzato di fatica scalando il muro d'arrampicata – quattro volte – e cercando di battere Percy e gli altri a pallavolo, aveva persino contato tutte le ossa che ornavano il soffitto sopra la sua testa – anche questo quattro volte – eppure la situazione non era cambiata di una virgola.
Non riusciva a dormire.
Eppure non gli pareva di aver offeso Morfeo in qualche modo – non di recente, almeno – quindi perché, per tutti gli dèi, era ancora sveglio a quell'ora della notte – o del mattino, che dir si voglia?
Si passò una mano tra i capelli arruffati, sbuffando.
Forse il motivo era il silenzio. Insomma, non che quello nella Casa di Ade gli fosse mai pesato – dopotutto esserne l'unico abitante non gli lasciava molta scelta –, ma da quando Hazel era tornata al Campo Giove, dopo le due settimane che aveva passato con i Greci per gli allenamenti congiunti, dormire era stato quasi impossibile. Gli costava molto ammetterlo, ma si era così abituato a dormire con qualcuno vicino – Bianca prima di arrivare al Campo Mezzosangue, Reyna e il Coach mentre trasportavano l'Athena Parthenos, Hazel da quando avevano iniziato a condividere la Casa di Ade – che ora non riusciva più a prendere sonno, da solo.
Era imbarazzante per chiunque, ma per un figlio di Ade era a dir poco umiliante.
Trattenendo un'imprecazione si alzò dal letto, passandosi una mano sul viso, e si trascinò fuori, scivolando nell'oscurità. L'essere intercettato dalle Arpie non lo preoccupava, non era la prima volta che sfruttava il buio per uscire indisturbato dal Campo. Si avviò verso la foresta, intenzionato a camminare fino a crollare a dormire ai piedi di un albero, anche a costo di continuare fino all'alba. La luna illuminava a malapena il suo percorso, il silenzio della notte rotto a malapena dal rumore del suo respiro. Mentalmente ringraziò di essere figlio di Ade, sicuro che senza la sua vista notturna, eredità di suo padre, probabilmente sarebbe già inciampato in qualche trappola della casa di Ermes, facendo un baccano tale da svegliare anche i morti.
«Dove accidenti credi di andare?»
Trattenne a stento un gemito.
Passare inosservato era una delle cose che gli riuscivano meglio. In tutta la sua vita, tolta sua sorella Bianca, non c'era mai stato nessun altro che riuscisse a vederlo – vederlo
davvero. Neanche Percy, troppo preso da Annabeth e dalle varie profezie che si erano succedute, ci era riuscito. L'aveva odiato per questo come non gli era mai capitato prima, anche se ormai era tutto passato – ogni tanto si scopriva a guardarlo ancora con aria nostalgica, ma era sicuro che non sarebbe durata per sempre – e  si era rassegnato a restare non visto. Poi però era arrivato Will Solace, e improvvisamente sembrava che non ci fosse un solo posto al mondo in cui potesse nascondersi dal suo sguardo: il figlio di Apollo sembrava in grado di notarlo anche nell'oscurità più assoluta, il che era irritante, come solo qualcuno imparentato con il dio del sole poteva essere.
«Sono sonnambulo, Solace. Non si devono svegliare i sonnambuli.»
Il sorriso che Will non riuscì a trattenere fu un bagliore bianco nell'oscurità. «Puoi fare di meglio, Nico.»
Il diretto interessato fece spallucce, senza rispondere, e si inoltrò tra gli alberi, sperando che l'altro si arrendesse davanti alla sua poca loquacità e decidesse di andarsene a dormire senza denunciare la sua passeggiata fuori orario a Chirone. Ovviamente però non aveva fatto i conti con la testardaggine del ragazzo, il quale non solo iniziò a seguirlo inciampando in ogni sasso o radice che gli capitasse tra i piedi, ma si mise d'impegno per parlare abbastanza per entrambi.
«Fammi capire, sei uscito nel bel mezzo della notte solo per fare una passeggiata nella foresta?»
«Shh!», lo zittì, «non sono affari tuoi, Solace. E poi perché diavolo mi stai seguendo? Tornatene a dormire!»
Sapeva che trattarlo male non era giusto, eppure non poteva farne a meno. Forse lo faceva per sfogarsi su qualcuno, forse per metterlo alla prova e vedere se fosse in grado di sopportare il suo caratteraccio.
(O per farlo scappare prima di prendersi una cotta per lui peggiore di quella che già aveva – come se fosse possibile.)
«E rischiare che tu decida di fare un altro viaggio nell'ombra? Sei ancora convalescente, ricordi?», lo riproverò con tono serio, scoccandogli un'occhiata di disapprovazione.
Nico sollevò un sopracciglio, scettico, «e come faresti ad impedirmelo, anche se fosse?»
Will fece spallucce, «non voglio fermarti, ma venire con te, così posso tenerti d'occhio.»
Il figlio di Ade si bloccò così di scatto che l'altro gli andò a sbattere contro, mandandolo quasi al tappeto. Allucinato, si voltò a guardarlo, aprendo la bocca come se volesse dire qualcosa, per poi richiuderla e scuotere la testa, riprendendo a camminare.
«Se vuoi venire con me», disse senza girarsi, «cerca di stare zitto, Solace. E guarda dove metti i piedi.»
Will sbuffò, «sono il figlio del dio del sole, ricordi? Vedere al buio non è esattamente una delle mie qualità più brillanti.»
Probabilmente no, convenne Nico mentre lo afferrava per un braccio per guidarlo tra gli alberi, ma non è che a lui dispiacesse poi così tanto.
 
***
 
«Quindi? Qual è il vero motivo di questa scampagnata notturna?»
Stavano passeggiando da una quindicina di minuti, Nico con le mani affondate nelle tasche e Will al suo fianco, silenzioso come non gli era mai capitato.
Il figlio di Ade scrollò le spalle, «non riuscivo a dormire», ammise in tono neutro.
«Potevi venire da me», lo rimproverò Will.
«Eh?», boccheggiò Nico, arrossendo violentemente, sicuro di aver capito male.
L'altro lo fissò perplesso per qualche secondo, poi assunse una tonalità simile a quella volta che i gemelli Stoll avevano rovesciato un barattolo di vernice rossa in testa a mezzo Campo.
«A c-chiedermi un sonnifero!», balbettò agitando le braccia come un pazzo, «n-non nel senso d-di d-dormire insieme... n-n che ci sia qualcosa di male eh, insomma, io...»
«Lasciamo perdere, okay?»
Un silenzio imbarazzato calò su entrambi e li accompagnò ancora per qualche metro, finché non sbucarono in una radura e non si sedettero sull'erba, lo sguardo fisso in cielo per non rischiare di incrociare quello dell'altro.
«Dicevo sul serio, a proposito del sonnifero», disse Will dopo un po', «nella Casa di Apollo ne abbiamo delle scorte, se vuoi usarle. Devi ancora rimetterti completamente in sesto, e hai bisogno di dormire.»
«Ci penserò», rispose scrollando le spalle, «ma per ora credo che continuerò a fare lunghe passeggiate fuori orario.»
«In qualità di tuo medico, mi vedo costretto a protestare. Non puoi andartene in giro di notte da solo, e se stessi male? Potremmo non accorgercene in tempo!»
Alle volte quel ragazzo gli ricordava una mamma chioccia apprensiva.
«Solace, per la millesima volta, sto bene! E poi chi ha deciso che sei il mio medico?», sbottò, strappando un filo d'erba e rigirandoselo tra le dita.
«Io. Perché, hai qualcosa in contrario?»
«Perché, servirebbe a farti cambiare idea?»
Will rise, «ovviamente no! Ma prometto che cercherò di non stressarti troppo, se tu prometti di non uscire più da solo di notte, ci stai?»
«Cos'è, un ricatto? E poi con chi dovrei uscire, scusa? Con te?», lo provocò, lanciandogli un'occhiata furba.
«Credo di poter sopportare qualche ora in meno di sonno, per il mio paziente preferito. Allora, ci stai?»
Nico sospirò, fingendosi scocciato – come se passare altro tempo con Will potesse mai scocciarlo – e disse, spiccio, «giuro sullo Stige che non farò passeggiate notturne da solo la prossima volta che non riuscirò a dormire. Contento ora?»
Will sorrise soddisfatto. «Che ne dici di uno spuntino?»
 
***
 
«Pizza? Mi hai portato a mangiare una pizza alle due del mattino?»
«Questa non è una pizza, Solace. È la pizza.»
«Non è la prima volta che ne mangio una, Di Angelo. Cosa avrebbe questa di tanto speciale?»
Il figlio di Ade non aveva fatto altro che decantare le lodi della sua pizzeria preferita, aperta 24 h su 24, da quando Will si era ripreso abbastanza dal suo secondo viaggio nell'ombra da riuscire a camminare, e cioè da circa dieci minuti, che era anche il tempo che avevano impiegato a raggiungerla partendo dal vicolo in cui erano sbucati.
«Fidati di me, Will. Ti piacerà», gli assicurò Nico, entrando per primo. Will lo seguì, il viso solcato da un sorriso luminoso.
«Si può sapere che hai da sorridere tanto?», gli chiese il figlio di Ade una volta che si furono accomodati ad un tavolo per due, le mani pallide strette intorno al menù.
«No, niente», disse Will scuotendo piano la testa, senza tuttavia smettere.
«Solace...»
Will sbuffò, «cos'è, adesso sono tornato “Solace”?»
Nico arrossì, accorgendosi per la prima volta di averlo chiamato per nome. Gli era sembrata una cosa così naturale, come se fosse nato per pronunciare quelle quattro lettere. Non ci aveva neanche pensato su, l'aveva fatto e basta. 
«Tu cosa prendi?», chiese cercando di sviarlo.
«Non lo so ancora», rispose Will, lasciando cadere il discorso, lo sguardo che scorreva velocemente sul menù, «tu? Magari potrei prendere lo stesso, giusto perché è la prima volta.»
Nico scoppiò a ridere, «non credo che tu sia ancora pronto, per questo.»
«Uhhh», scherzò Will, «questo suonava molto come una sfida! Che cosa prenderai mai, di tanto terribile?»
«Pizza alla diavola», disse con fare cospiratorio, «con doppio salame piccante!»
«Per tutti gli dèi», scherzò, «dì la verità, l'hai scelto perché brucia come l'Ade, non è vero?»
«Perché, invece di fare battute di dubbio gusto, non la prendi anche tu?», lo sfidò, «sono curioso di vedere se bruci come il sole!»
«E poi ti lamenti delle mie battute», commentò l'altro alzando gli occhi al cielo, «e comunque, ci sto!»
Neanche venti minuti dopo Will era accasciato sul tavolo, mezzo moribondo, mentre Nico finiva la sua seconda fetta di pizza, sforzandosi di non ridere.
«Per l'Olimpo», tossì il figlio di Apollo afferrando un bicchiere d'acqua, «sarà anche buonissima, ma il doppio salame è troppo, per me.»
«La prossima volta prendi qualcosa di più leggero, Solace. Non vorrei essere costretto a essere io, il tuo medico», ghignò Nico.
«Che l'Olimpo ce ne scampi», scherzò Will, addentando un'altra fetta – dopo aver tolto tutto il salame, ovviamente. «Prometto che la prossima volta ci andrò più piano.»
Nico ridacchiò, non riuscendo a trattenere un sorriso. Non ricordava l'ultima volta che si era sentito così, e in realtà non sapeva neanche definirlo, quel così – o forse non voleva farlo, perché gli faceva più paura di quanto fosse disposto ad ammettere.
«Tutto bene?»
Si riscosse dai suoi pensieri, «sì, mi sto solo godendo la pizza.»
«É eccezionale», ammise Will, «avevi ragione.»
Nico si concesse un sorriso soddisfatto, «lo so. Mi ricorda quella che mia madre ci faceva da piccoli, quando vivevamo ancora a Venezia.»
«Ci sei più tornato? A Venezia, intendo», chiese Will, curioso.
L'altro scrollò le spalle, «no, ma mi piacerebbe molto. Magari, adesso che è tutto finito potrei anche andarci.»
«Sarebbe bello», disse Will, «ho sempre desiderato visitare l'Italia.»
Nico sorrise, «ti stai auto invitando, Solace?»
«Ovviamente», rispose, alzando un sopracciglio con fare superiore.
«E se non ti volessi tra i piedi?», domandò Nico, fregando una fetta di salame che l'altro aveva avanzato, «cosa pensi di fare?»
Il figlio di Apollo sorrise, scrollando le spalle, «Non puoi rifiutarti, di Angelo», disse facendogli l'occhiolino, «ordini del medico!»
 

 






   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: DeathBoyAndSunshine