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Autore: Amy90    09/02/2016    0 recensioni
"E poi… il respiro mozzato. Perché sebbene fosse buio non potevo fingere di non vederti, di non riconoscerti. Il buio non basta, il buio della notte non è nulla in confronto a quello che ho visto nei tuoi occhi, quando ancora stavi male, e io non sapevo aiutarti."
Nessuna pretesa, solo una serie di déjà-vu che continua a torturarmi da diverse sere e non potevo non mettere per iscritto... è una serie di riflessioni, in cui forse alcuni di voi si riconosceranno.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’avevo promesso a me stessa. Le gambe non avrebbero ceduto di nuovo, lo stomaco non si sarebbe contorto, il cuore non avrebbe sussultato, sarei rimasta padrona di me stessa, per quanto potesse suonare idiota o tremendamente pretenzioso. Ma non avrei permesso ai tuoi occhi di torturare ancora una volta il mio cuore già bellamente trafitto, sanguinava ancora.

E poi… il respiro mozzato. Perché sebbene fosse buio non potevo fingere di non vederti, di non riconoscerti. Il buio non basta, il buio della notte non è nulla in confronto a quello che ho visto nei tuoi occhi, quando ancora stavi male, e io non sapevo aiutarti… il buio che inghiottiva tutta la tua voglia di vivere, che sciupava tutta la tua bellezza. Ma eccoti di nuovo, stavolta bella per davvero, come ti ho sempre segretamente vista. Eri tu, colei che aspettavo davvero, ti ho riconosciuta dal tuo incedere lento, a suono di quei passi silenziosi che conosco, per tutte le volte che ho finto i pensieri offuscarmi la vista quando in realtà non avevo altro che occhi per te, di nascosto. E tutti i miei propositi andati in fumo ancora una volta. Ti ho raggiunta fingendo disincanto, come ormai sono abituata a fare, e mi riesce così bene che quasi ci casco persino io, quasi. Perché quando ho trovato il falso coraggio di guardarti in faccia… ho riconosciuto l’ansia nel tuo volto, tremavi come una bambina, ti ho dato il benvenuto alla festa, o meglio al mio cuore, abbracciandoti e ti ho chiesto se avevi freddo, ma implicitamente sapevo già la tua risposta, anche se avrei preferito fosse diversa… avrei preferito perlomeno poterti dire quanto conosco quello schifo di sensazione, quanto avrei voluto dirtelo, ma probabilmente l’hai capito che lo so, perché non mi hai mentito nel confessarmi il tuo malessere momentaneo, però forse l’hai fatto nel non essere per nulla stupita, e per certo il mio cervello ha mentito autoconvincendosi di non volerti tenere stretta a me, come si salva un fiore dal temporale. Chissà se l’hai capito, chissà se l’hai capito e apprezzato o chissà se l’hai capito e finto indifferenza, o se l’indifferenza non era finta, in quel momento non lo sapevo, non avevo la certezza più di nulla, ti ho vista cadere troppe volte e non potevo che fingere fosse un incubo passeggero per salvare il mio di respiro che avrebbe rischiato di accompagnarti… e così mi sono allontanata.

Quando sei entrata e ti ho vista alla luce eri di nuovo quella persona che conosco, che sento di conoscere solo io, che sento un po’ mia. È una bella pretesa egoistica, ma sento che è così, sento che è meglio se ti guardo da lontano perché sei troppo bella e io son troppo gelosa di te, ho paura di perdere anche quella finzione che mi tiene razionale, perché se togliessi tutti i freni inibitori sento che potrei sciogliermi a osservare come ti muovi, come parli, come sorridi, come alzi le sopracciglia quando parli e come sorridi, come sorridi mentre il mio cuore batte così forte e così lento, mentre sento un nodo alla gola perché vorrei baciarti, sfiorarti, e questo mi spaventa. E così si spaventa quando, mentre danzi alla musica che senti solo tua, che senti scorrerti tra le vene, guardi me, occasionalmente, forse per caso, o forse perché te l’ho stupidamente confessato che sei bellissima, a parole e a sguardi, non so trattenermi quando scivoli leggera e tutto attorno non è nulla quando ci sei tu. E ritorna alla mia mente quando quella sera alla mia confessione hai sorriso segretamente, esitato per un attimo e poi spinta a ballare con te, prendendomi per mano, quanto avrei voluto renderti felice, quanto avrei voluto esserne in grado, ma quando ci sei tu attorno non so più nulla, sei il mio spaesamento e la mia ancora, sei il mare aperto e il rifugio alle mie angosce…come puoi fami così bene e così male allo stesso tempo? Come può il tuo tocco spaventarmi a morte e farmi scivolare in un’agonia deliziosamente piacevole? Quando sei giunta e non sapevo chi fossi, mi hai preso alle spalle toccandomi e quasi sussurrandomi all’orecchio, hai fatto apposta o era casuale? Era abitudine, era cosa? Mi sono girata e quasi son morta al riconoscere la tua voce, non ho potuto guardarti in volto, il tuo profumo bastava a farmi sapere che tu eri lì con me, dietro di me, che cercavi me per recapitarmi un messaggio altrui… e come ti sembra divertire questo gioco di “ti chiamo ma non per me!” mentre io davvero ho rischiato di impazzire. E ripensandoci, era così stretto il passaggio tra me e il tavolo in cotanta occasione accaduta prima di quest’ultimo fatto? Perché già lì il mio buonsenso era stato messo a dura prova. Ma nulla in confronto a quando per ringraziare tutti, son giunta a te… son giunta ad abbracciarti mentre mi ripetevi una frase che sentivo ma ignoravo, l’hai forse capito? Io non ci trovavo il senso, non lo trovo tutt’ora granchè, ma so che in quanto a sensi tu sei sempre più avanti e potrebbe tranquillamente avercelo avuto e diverso da quello che ci trovo io ora, quando a pensare alle cose accadute si è soliti attribuirci un’interpretazione non per forza fasulla ma spesso e volentieri discostata dalla mera realtà… interpretazione che però non può aver nulla a che fare con la sensazione che ricordo a pelle, del nostro abbraccio stretto, ero io ad aver stretto troppo o tu a non volermi lasciar andare? Perché esattamente in quel momento le mie barriere son cadute, mi sono abbandonata a te completamente per una frazione di istante, e ho avuto la sensazione di esser perfettamente combaciante con te, di esser un unico pensiero, un unico grazie, il mio uguale a quello per gli altri (ma segretamente maggiore) e il tuo per essermi accorta della tua debolezza ed essermi spaventata come una cretina, in quel singolo istante ho avuto la certezza, ora un po’ svanita, che fosse un abbraccio di salvezza, da parte di entrambe, di aggrapparci l’una all’altra e riconoscerci segretamente come simili… ed è stata la sensazione più bella che potessi provare, quella di sentire di essere te, e di sentire te essere me. Per poi staccarsi e tornare alla dimensione reale, e tu ripetere la tua domanda, cercavi davvero risposta?
O invece, cercavi compagnia mentre leggevi le righe del mio cd preferito? Compagna di introspezione o analisi segreta su di me? Ero così confusa, cosa porta l’amore cieco mai a pensare. E chissà se l’invito era un invito o una semplice affermazione…

La mezzora di gioco l’ho passata a divertirmi a guardare te, a guardare come le tue guance si arrossavano, probabilmente per la birra e l’alcol più che perché ero io davanti a te, ma è bello pensarlo, è bello fingere sia così, è triste notare come succedano però sempre in concomitanza le due cose e io non sappia a quale causa davvero attribuire l’effetto, e non sai quanto mi angustia terribilmente questo dilemma! E come ci caschi continuamente. Ma così l’ho passata quella mezzora, a fingere che stessi al gioco pure tu, forse non era tanto finta, ma la dolcezza nel tuo sguardo è tale quando ti mostri come sei che rende difficile distinguerla da un vero interesse, perché sembra interessarti tutto oltre misura! E sei così bella da contemplare, e mi hai dato il pretesto e l’occasione di farlo da vicino senza sentirmi in colpa con me stessa.
Mi hai lasciata avvicinarmi così tanto, mi hai lasciata entrare in sintonia con te, di nuovo mi è sembrato di capirci all’istante, mentre scherzavamo e il tuo viso era così vicino al mio… e poi te ne sei andata, e con te l’illusione è svanita, lasciando una nota di dolce, e non nuovo, tormento nel mio cuore ormai sbrindellato in mille frammenti, al pensiero che non potrai mai esser mia, e io mai tua.
 
  
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