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Autore: Sakurina    21/03/2009    2 recensioni
Velocemente, i suoi occhi si spostano sulla scrivania, studiando il profilo dei suoi eleganti e un po’ pacchiani mobili da “Barbie” – come li apostrofa sempre lui, con quel suo insopportabile fare saccente. Ed eccola lì, a proposito, la sua chitarra, appoggiata alla parete fra lo specchio e la scrivania, avvolta in quell’ingombrante custodia nera che lo rappresenta anche un po’. Sempre cupo, sempre scuro, sempre avvolto da quell’alone di impenetrabile distanza. Sempre rude e freddo all’apparenza, ma maledettamente sensuale e magnetico dentro. Sempre così dannatamente lui. Yamato Ishida. O semplicemente, Matt.
[Mimato] A Mimi18 per il suo compleanno. Auguroni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mimi Tachikawa, Yamato Ishida/Matt | Coppie: Mimi/Matt
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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È una luce calda e avvolgente quella che disturba il suo sonno

A Mimi,

Perché ci abbiam creduto fino alla fine

Nel Mimato e ci crederemo [sempre ù_ù].

Auguroni. <3

 

 

…:Return:…

 

 

 

“Ti sento

E parlo di profumo

T'infili in un pensiero

E non lo molli mai

Io ti sento

Al punto che disturbi

Al punto che è già tardi

Rimani quanto vuoi…”

[“Ti sento”, Ligabue]

 

 

 

 

È una luce calda e avvolgente quella che disturba il suo sonno.

L’aria odora un po’ di chiuso, di pelle e passione, di smog misto alla frizzante brezza del primo mattino, che spira leggera fra i grattacieli di quella grande – immensa – città.

 

Mimi mugugna qualcosa di indefinito ancora assonnata, sprofondando sotto le candide lenzuola – vuote e gelide - che la avvolgono a malapena.

 

Sente la lunga chioma accarezzarle le spalle morbide e setose – nude – dondolando al ritmo del leggero venticello, che le lambisce il volto e la spalla che sfugge al leggero velo del lenzuolo; rabbrividisce, passandosi una mano sulla parte infreddolita del corpo lievemente, con la vaga intenzione di riscaldarla.

 

Dovrebbe alzarsi per prendere la coperta che, come sempre, sarà finita a terra a causa del suo solito sonno irrequieto. Ma quello stato di dormiveglia è così dolce e privo di preoccupazioni che abbandonarlo le pare quasi una pazzia, un oltraggio al buonsenso umano.

 

Quindi accomoda nuovamente la testa sul cuscino, mentre quella brezza fresca continua a lambirle il corpo discinto, importunandola. E nello stato catatonico, Mimi pensa che ucciderà la mente brillante che ha pensato di spalancare la finestrella di fianco al suo letto all’alba.

 

È un tonfo sordo ad interrompere il suo stato di beatitudine, proveniente probabilmente dal corridoio, seguito da una imprecazione sibilata con tono irritato.

-“Merda…”-

Una voce roca, bassa, sexy… maschile. A giudicare dal tono, doveva essere sveglio da poco pure lui.

Ma chi…?

 

Mimi si sforza di aprire gli occhi, e la luce calda e soffusa che trapela dalle veneziane appena sollevate le ferisce gli occhi d’ambra con accecante violenza.

Si abitua lentamente al sole, che con i suoi primi raggi illumina la sua stanza, rivelandone l’estremo disordine. Del resto, da quando viveva da sola in quell’appartamentino in centro, il tempo di fare le pulizie lo aveva assai raramente – e la voglia di farle era ancora più scarsa, a dire il vero.

 

La prima cosa che il suo minuzioso sguardo da gattina infastidita fulmina è la finestra bellamente spalancata poco lontana da lei, dalla quale il frenetico frastuono di clacson si insinua prepotente, riempiendo la sua stanza già dalle prime ore dell’alba.

Velocemente, i suoi occhi si spostano sulla scrivania, studiando il profilo dei suoi eleganti e un po’ pacchiani mobili da “Barbie” – come li apostrofa sempre lui, con quel suo insopportabile fare saccente. Ed eccola lì, a proposito, la sua chitarra, appoggiata alla parete fra lo specchio e la scrivania, avvolta in quell’ingombrante custodia nera che lo rappresenta anche un po’.

Sempre cupo, sempre scuro, sempre avvolto da quell’alone di impenetrabile distanza.

Sempre rude e freddo all’apparenza, ma maledettamente sensuale e magnetico dentro.

Sempre così dannatamente lui.

Yamato Ishida.

O semplicemente, Matt.

 

Adesso che ci pensa, quel profumo forte e sensuale che aleggia vago nell’aria della camera, è proprio il suo.

Ma ora che ci pensa ancora di più, ricorda anche che quei marchi violacei che intravede sulla sua spalla e sul suo petto glieli deve aver fatti lui – come ogni volta.

E pensandoci ancora meglio, può sentire ancora le coperte calde dietro di sé, e un lieve formicolio sul fianco destro, arroventato da una scia più calda – dove il suo braccio forte ma elegante l’ha cinta per tutta la notte.

Ma… forse è ora di smettere di pensare.

 

Perché pensare la porterà a ricordare che quel brusio irritante che sente provenire dal salottino altro non è che Matt, col suo brusco modo di fare le valigie che un po’ stona sul suo aspetto da principino del reame.

Il suo svaligiare burbero le ricorda che probabilmente ha fretta, fretta di tornare in Giappone, fretta di tornare da Sora… ma basta pensare, insomma, Mimi.

Perché il tuo pensare è sempre direttamente proporzionale al tuo sognare ad occhi aperti, e sai che sognare su Matt Ishida ti ferirà ancora, come ti ha già ferito tutte le altre volte – a morte.

 

Ed è proprio la sua figura ad interrompere i suoi pensieri – che si era ripromessa di non fare, oltretutto.

Alto, fisico snello ma ben scolpito, capelli scompigliati di quel biondo così bello che fa quasi paura, buon gusto in fatto di vestiario, cantante e musicista terribilmente bravo e affascinante.

 

Si insinua come sempre nei suoi pensieri, interrompendoli, scuotendole l’anima nel profondo, causandole un’accelerazione cardiaca che non aveva mai provato prima di allora – prima di tutto quello.

E quand’era iniziato quello? Difficile a dirsi. Difficile a ricordarsi. Troppo tempo prima, comunque.

 

Matt si china verso la chitarra, raccogliendola e coricandosela in spalla con un sospiro. Nel farlo, si volta verso il letto, incontrando gli occhi inaspettatamente spalancati di Mimi.

 

-“Ah… sei sveglia.”- le sussurra, con voce roca e suadente, avvicinandosi leggermente al letto.

-“Già…”- sospira lei, stringendosi nelle lenzuola imbarazzata – assurdo, considerando tutto quello fatto la notte precedente, tutto quello visto e sentito in quel groviglio informe di coperte candide.

Mimi si scosta una ciocca di capelli ondulati, portandosela dietro l’orecchio, in un gesto che semplicemente sconvolge Matt, spingendolo ad avviarsi verso la porta con scatto repentino, lasciandola senza parole.

-“Scappa, scappa.”- lo sbeffeggia lei, con tono risentito e pieno di dolore.

Matt si ferma sullo stipite della porta, affondando con forza la mano sul legno, che scricchiola sotto quella pressione.

Abbandona la chitarra a terra con un pesante tonfo, per poi voltarsi e raggiungere a grandi falcate il letto a baldacchino al centro della stanza. Vi si fionda, cingendo Mimi da dietro e trascinandola contro il proprio petto, stringendola in un abbraccio carico di passione e struggimento.

-“Questo è dannatamente sbagliato e tu lo sai, Mimi. Io non dovrei essere qui, noi non dovremmo essere qui insieme, non sullo stesso letto. Tu non dovresti essere mia, e io non dovrei essere tuo… questo non…”-

-“E allora vattene, coraggio. Vattene come fai ogni volta. Perché torni sempre indietro…”- protesta lei, con voce strozzata dal pianto, che si accumula sul suo petto sofferente portandolo al limite, vicino alla frattura. –“…vattene, maledetto codardo.”-

-“Io ti sto usando Mimi, ti sto usando e tu non fai nulla per impedirmelo. E il peggio è che non ne capisco la ragione, non so da dove nasca questo mio bisogno di… te. E sei arrabbiata con me, e fai bene. Ma perché mi apri sempre quella porta ogni volta che arrivo a New York? Sbattimela in faccia, quella fottuta porta, Mimi. Fallo.”- la istiga Matt, sibilandole quelle parole sferzanti all’orecchio, con tono sconvolto e scosso, ma carico di sentimenti forti repressi.

-“Bel consiglio, Matt. La prossima volta cercherò di seguirlo, visto che sembra così facile.”- commenta lei sarcastica, liberandosi con grande fatica di quel braccio caldo e possente che la stringe a quel petto che aveva baciato per notti intere. –“Ti lascerò fottere al freddo di New York, vedi di venire in inverno, magari.”-

-“Non mancherò. Me lo merito.”- le sussurra infine lui, stampandole un dolce bacio sulla spalla morbida, per poi allontanarsi con passo felpato.

-“…come se tu non avessi la chiave dell’appartamento.”- sospira infine la ragazza, lasciandosi andare sul letto come un sacco di patate, privo di vita e grazia.

-“Non la userei mai contro la tua volontà, Mimi.”-

-“...sicuro?”-

 

Ma a quella domanda, Matt non diede mai una risposta.

Mimi l’attese a lungo, ma udì solamente il rumore pesante di valigie muoversi e la porta chiudersi con un colpo secco.

E poi la sua risatina isterica, che poi divenne divertita, per finire rassegnata, e svanire in un mare di lacrime, confuse fra le lenzuola e i suoi capelli serici da principessa sparsi su di esse.

Come tutte le volte in cui se ne andava.

 

E, dopo nemmeno due mesi, la serratura della porta del suo appartamento di New York scattò dall’esterno, aperto da una chiave.

 

 

 

 

-“Matt, ma questa chiave da dove salta fuori?”-

-“Boh, non mi ricordo, Sora.”-

-“Però è graziosa… sembra quasi da donna! Sarà di tua madre?”-

-“Probabile. Senti Sora… fra qualche giorno devo partire.”-

-“Per dove?”-

-“New York.”-

-“…capisco.”-

 

 

 

ab

 

 

 

*Angolo di Luly*

 

Cara Mimi,

eccoti la Mimato che ti promisi molto tempo fa. ^__^

Non ne ho mai scritte, spero che sia venuto fuori qualcosa di decente. ù_ù

So che ultimamente c’è tipo un oceano fra di noi, ma ci tenevo davvero a scriverti questa cosuccia per il compleanno.

Oh, a proposito… buon compleanno! *O*

Mille di questi [bianchiH] giorni!

 

Ti voglio bene,

Luly

  
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