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Autore: Atra    11/02/2016    5 recensioni
Attorno al Cimitero di Adele sembra tutto tranquillo da diciassette
anni.
Ma dentro di sé la Strega non ha mai risparmiato una parola
dall’acido di vendetta che le ribolle nel sangue.
Anche senza vedere realmente, Adele percepisce tutto ciò che
accade sotto di lei, sulla Terra da cui è stata esiliata.
E quando Artemisia manifesta la sua presenza, la Tiranna di Esthar
prepara il suo ritorno in scena.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono viva.
Il gelo sulla pelle, il fuoco nella testa; fossi in voi, mortali, non dormirei sonni tranquilli nella vostra miserabile vita.
Il tempo non è che il mero movimento della vostra Terra laggiù, posso calcolarlo anche dietro le mie palpebre chiuse.
Posso contare come secondi i semi del risentimento che la mia natura ha sparso sul mio terreno fertile, capace di nutrirli come se fosse l’unica cosa da fare.
Posso accarezzare invece dei minuti ogni singolo fiore di vendetta che è sbocciato nella cavità lasciata dal cuore, consumato dal potere e dal desiderio.
Posso gustare con la mia coscienza al posto delle ore i frutti spinosi e succosi di veleno che tali fiori hanno maturato, riempiendo in maniera sempre insoddisfacente il vuoto provocato dall’impotenza.
E, al posto degli anni, posso rivolgere con il pensiero uno sguardo alle vostre  patetiche vite, che nascono e si spengono affannose ed effimere.
E insolenti.
Terribilmente, ridicolmente, estremamente insolenti.

I mortali di Esthar guardano verso l’alto e hanno l’ardire di considerarsi superiori.
Ah, ho spesso percepito i vostri deboli sguardi sollevarsi tutti insieme a pungere con la sicurezza di una freccia il ghiaccio che mi avvolge.
Ma ho sentito anche le vostre voci tremanti sussurrare in un balbettio il mio nome nelle vostre case, nei vostri cuori, nella vostra intimità.
E cercate ancora di ostentare sicurezza agli altri uomini, fregiandovi del vostro status di privilegiati, diventando degli eremiti esiliati dal mondo, intestardendovi nel proteggere il vostro Eldorado di progresso, di pace e di incorruttibilità!
Gente di Esthar, non sei cambiata da allora. Hai fuggito ciò che io ti ho insegnato, punendomi per la verità che ho disseppellito nella tua natura.
E adesso ti credi al sicuro dagli occhi del mondo, quando la notte accoglie i tuoi incubi su una realtà che ti auguri non ritorni?


Non vi dimenticherete mai di me.
Voi mortali fiutate il pericolo più per il vostro potere che per voi stessi.
Questo me l’avete insegnato voi, ma solo perché io non avrei dovuto temere per me stessa.
Il tempo non ha cambiato nemmeno me.
Ma sapete...se fossi in voi, dormirei finché posso.

Non avrei mai immaginato di dirlo, ma un merito fittizio devo concedervelo.
Fittizio, perché quando il Caso vi usa per ottenere un risultato, tanto fortuito quanto calcolato, non si può parlare di un merito a tutto tondo.
Voi umani vi siete sempre beati di distruggere l’equilibrio più stabile nella natura.
Vi siete riempiti di questo piacere sadico e perverso, giustificandovi dietro una giustizia ipocrita, che nascondeva una brama di potere ben definita.
Invece non è stato il mio caso.
Nel momento in cui il mio potere stava sconfinando oltre la labile linea che separa una ragione solida dalla follia più sconclusionata...voi mi avete fermata.
Affidare alla Morte un corpo che la anelava con tutto se stesso, prigione di una mente così ribelle e bramosa di un paio di braccia per farlo a brandelli, era una fine troppo pietosa per il flagello che sono stata.
Invece affidarlo all’immortalità integro come è sempre stato, completo della sua logica contorta e follemente innamorata della dolce ebbrezza del potere...quella è stata una scelta sicura!


Io sono viva.
Controllatemi pure, umani, ma non sono le mie azioni che dovete prevedere.
Io la sento.
È un richiamo che proviene dal presente, ma che appartiene al futuro, per riportare sulla Terra il passato e compierlo una volta per tutte.

Si avvicina.
Prendete fiato, uomini e donne, bambini e vecchi.
Prendetelo ed esercitate le vostre urla per darmi il benvenuto.
Provate a immaginare ciò che avete temuto da sempre.
Sfidate la vostra paura, duellate contro i vostri limiti.

Provateci.
Provateci ora, perché tra poco non avrete più tempo per fare le prove.
Adesso andiamo in scena e cominceremo con il Pianto che scende dalle guance imperfette della Luna.
Voglio vedere le vostre lacrime, mortali. Voglio capire ancora una volta cosa vi avvicina alla pallida faccia della luna, in cosa siete così speciali.
A parte l’inettitudine.


Riportatemi laggiù.
Ah, manca poco, Adele.
È tempo di realizzare sogni e incubi, di liberarsi di questo gelo che inebria i sensi e ottenebra la visione degli eventi.
Ma ormai il passato è perso nei ricordi marciti nelle menti dei mortali e non ha più un buon sapore.
La rivincita, invece, è sempre la migliore, specialmente quando finalmente raggiunge la punta della tua lingua.

Permettetemi di levare un sorriso alla vostra sventura, mortali, e sorridete anche voi nella vostra ignavia.
Ridete, assaporate ancora il calice della sicurezza.
Dalla stessa coppa io berrò alla vostra salute.
Con la stessa coppa io brinderò alla vostra inettitudine.
E, come si suol dire, lo farò quando per voi sarà troppo tardi.

Il tempo torna da me come un vecchio amico e mi corregge: è già troppo tardi, umani.
È tardi persino per pensarlo.
Per capirlo.
Per averne paura.


Sto arrivando.
   
 
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