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Autore: Socrata    12/02/2016    1 recensioni
Non era una storia come tante, come invece cercava di ripetersi ogni volta che lui tornava a tormentarla.
Lo aveva conosciuto al primo anno d'università: sostituiva il professore alle lezioni di Diritto Privato. Era osannato da tutte, ma lei lo reputava troppo innamorato di se stesso per trovarlo interessante. Eppure, fu proprio lui a chiamarla quando rifiutò il voto all'esame: era luglio del 2009.
Da allora era iniziata la loro strana relazione, fatta più di intenzioni, di parole mai dette e di delusioni che di qualcosa di reale.
Un rapporto che in bene o in male, mentre Dante era divenuto ormai professore associato, era arrivato sino alla preparazione al concorso di magistratura di Eleonora.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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Image and video hosting by TinyPic Quinta lezione 2.0

Quinta lezione

She's electric, She's in a family full of eccentrics…She done things I never expected, and I need more timeeee!!!”

Eravamo in macchina, su Via Ostiense, mentre Federico cantava gli Oasis a voce sostenuta: per la verità aveva una bellissima voce, invidiabile se si fosse considerato che non aveva mai frequentato alcun corso di canto. Aveva imparato da solo, o almeno così sosteneva. Al tempo, ci piaceva musica molto simile e passavamo moltissimo tempo insieme, tanto che molte conoscenze erano convinti che fossimo amanti in segreto. Ovviamente tra noi non c’era mai stato nulla di romantico, a parte qualche abbraccio da amici nei momenti più difficili.

Lo guardavo mentre canticchiava e si spostava i capelli, più lunghi del normale, dal viso e guidava la sua Matix: la luce rossastra del tramonto gli colorava i capelli castani di una sfumatura ramata che ricordava molto il colore dei miei capelli, mentre gli occhi si accendevano a contatto con il sole. I lineamenti leggeri e delicati gli conferivano un’aria spesso da bambino, sebbene la sua altezza raccontasse un’altra storia. Era sempre stato più alto di tutti coloro che si trovassero nelle sue vicinanze, ma dimostrava ancora diciassette anni scarsi: mi metteva di buon umore, specie quando cantava sovrappensiero o in momenti rilassanti o euforici.

Cercavo di capire che senso avesse la sua ultima frase, proferita con un filo di voce, ma il sorriso contagioso di Federico mi distolse definitivamente dallo stress della giornata, dai miei mille pensieri e da Dante. Ultimamente tendevo a pensarci decisamente troppo, il che non era da me, specie in vista di una sessione di esami.

Fortunatamente quella sera avrei rivisto i miei cugini, la mia famiglia, Alessandra e avrei passato una serata all’insegna del puro divertimento. Supponevo che Fede avesse organizzato qualcosa per la serata, ma non indagai oltre per permettergli di fare il misterioso. Sicuramente ci teneva più di quanto ci tenessi io, che non ero mai stata una grande amante dei compleanni, anche se la curiosità iniziava a rodermi da dentro ma finora l’esonero di economia politica e diritto privato mi avevano consumato energie, tempo e risorse.

Mostro, allora che ti metti per stasera?”

Cosa dovrei mettermi di particolare? Ci sanno giusto Alessandra e la mia famiglia!

Va bene! Ma nella vita non si sa mai!”. Ah, tana. Trovavo sempre estremamente divertente stuzzicare il mio migliore amico, perché a differenza di tante altre persone, non sapeva mentirmi.

Non si sa mai? Che pensi possa succedere? Al massimo andremo a berci qualcosa io, te ed Ale!

Lui si prese qualche secondo, poi si girò lentamente verso di me e con fare lamentoso aggiunse: “Ma se neanche bevi…Secondo te ti porto a bere?

Ah… perché mi vuoi portare da qualche parte??”. Era veramente tenero, quando finiva per inciampare nei suoi stessi piedi.

Assolutamente no, non ho programmato niente. Perché vuoi fare qualcosa? Possiamo sempre sentire Alessandra, figurati. Nessun problema, però comunque devi metterti qualcosa di carino!”. Chissà perché improvvisamente aveva iniziato a parlare più velocemente: era divertente quando cercava di nascondere qualcosa.

Va beeeene. Metterò qualcosa di carino…

Lo scelgo io però!

Ah, pure! E tu scusa??”

Io ho già lasciato tutto da mamma Carola!” e chiuse la conversazione con una linguaccia. Eravamo arrivati a casa mia.

*** *** ***

Verso le otto di sera iniziarono ad arrivare i primi invitati e io ovviamente ero in ritardo, per dare ascolto a quel capriccioso di Federico, avevo finito per mettere a soqquadro l’armadio.

Federico si stava cambiando nel bagno del piano di sotto, mentre la mia camera era al piano di sopra, era sparito già da un pezzo, senza contare che il suo cellulare con faceva che squillare e vibrare per gli innumerevoli messaggi che continuava a ricevere. Era assurdo, ma sembrava essere il suo di compleanno, non il mio: era candidato favorito per il premio dell’uomo più cercato del giorno.

Mia madre andò ad aprire al campanello e potei sentire la voce cristallina di Alessandra, che a quanto potevo intuire dai suoi passi, aveva optato per un paio di tacchi. Sul parquet. Il Generale Carola ne sarebbe stata entusiasta! Risi tra me e me al pensiero di mia madre che sbiancava davanti ad un sicuro tacco stratosferico della mia amica: per essere un’ingegnera, era troppo bella e troppo curata. Glielo dicevo sempre.

Presi qualche attimo per guardarmi allo specchio: sopracciglia selvagge, capelli anarchici, come il colore che li distingueva, un seno decisamente troppo grande per le mie spalle e delle gambe troppo grosse per i miei gusti. Non ho niente di speciale, niente. L’università è piena di ragazze molto più attraenti di me… Mi rattristai per un attimo, poi sorpresa mi risvegliai. Certi pensieri non erano da me, non mi era mai interessato come vestissero le ragazze della mia facoltà, tanto meno la mia indifferenza alla moda o al mio look. Non mi ero mai posta certi problemi, neanche quando avevo iniziato la mia storia con Marco.

Non diedi comunque troppo peso a quel pensiero, dando la colpa allo stress dell’esame appena sostenuto. Finii di vestirmi e mi truccai leggermente, dopo di che scesi al piano di sotto.

Evidentemente nel frattempo erano arrivati tanti altri zii, cugini e amici di famiglia, ma fu facile per me trovare Federico, visto che si ergeva sempre sulla folla. Era vicino una finestra del grande salone di casa mia: aveva optato per un jeans chiaro, una maglietta semplice e una camicia a maniche corte sopra. Aveva al polso il braccialetto che gli avevo regalato ai diciotto anni, mi faceva sempre sorridere questo dettaglio: era l’ennesima dimostrazione che mi volesse bene. Accanto a lui c’era Alessandra: in una parola, bellissima. Aveva scelto una gonna leggera, e una canottiera rosa con dei merletti che metteva in risalto la silhouette slanciata. Quei due erano molto vicini, forse a causa della musica e della troppa gente ma per un attimo, vedendoli così da lontano, mi sentii improvvisamente sola. Federico era piegato leggermente verso Ale, e lei con un bicchiere in mano lo ascoltava sorridente.

Ehi babbei!”, richiamai la loro attenzione in mezzo a diverse persone che continuavano a farmi gli auguri e a dirmi quanto fossi bella, sebbene non si scordassero mai di omettere che con qualche chilo di meno sarei stata anche meglio. Dannata sincerità, almeno il giorno dei miei vent’anni, potrebbero farne a meno!

Mi avvicinai anche io verso la finestra, mentre Federico mi seguiva con lo sguardo senza dire una parola, supposi che tutto sommato fosse soddisfatto della sua scelta del vestito. Ale mi salutò con un sorriso e poi rivolse il tuo sguardo a Federico, il quale però lasciato il bicchiere a metà stava ancora guardando verso di me. Li raggiunsi finalmente e il mio amico non tardò troppo nel prendersi i meriti dell’opera svolta prima: “Beh, direi che non ti sta male questo vestito”.

Ale lo interruppe, “L’hai scelto tu?

Lui alzò gli occhi al cielo, “Senza di me, che farebbe? Hai visto come si concia…” e mi sorrise dolcemente, era evidente l’aria di sfida, ma feci comunque la finta offesa.

Sì, sì… vienimi a chiedere una mano la prossima volta che una ti si incolla in biblioteca! Farò finta di conoscerti!!O peggio.. non ti passo i miei schemi di diritto privato!

Alessandra seguì con attenzione lo scambio, come sempre, e con voce ferma e pacata chiese: “Cos’è sta storia della biblioteca?”. Pensai che alla fine noi donne siamo tutte uguali, sempre curiose.

Mah Ale, una sottospecie di femmina che si era appiccicata a Federico questo lunedì. Mai vista e conosciuta, avendo tutta la biblioteca a sua disposizione, ha ritenuto che la luce migliore venisse dalla finestra accanto a Teddy…”, mi rivolsi verso il mio amico, “Che poi, ci vuole coraggio eh! Sei un orso!

Ha parlato la principessina, dovresti imparare da Alessandra! Tu sei la motivazione vivente del perché gli uragani disastrosi portano nomi femminili!

Ma davvero???!!

Alessandra sospirò e decise di allontanarsi per qualche secondo, andando a riprendersi da bere. Io e Federico cercavamo di guardarci in cagnesco, ma passati pochi secondi scoppiammo a ridere.

La serata proseguì in tranquillità, tra scarti dei regali, candeline e vari cibi. Come al solito, molti di quei parenti che non vedevo molto spesso vennero a chiedermi del fidanzato, che ovviamente scambiarono subito per Federico. Ormai avevo imparato una formula che lasciava spiazzati chiunque il tempo necessario per permettermi la fuga. Più o meno funzionava così:

Ele, allora, te lo sei trovato un ragazzo? Magari è proprio quel tipo laggiù!”. “Tipo laggiù” che c’era ormai da svariati anni, eppure certi parenti proprio non riuscivano a ricordarselo.

Ogni tanto, giovedì piove…

Al che, data la risposta completamente insensata, potevo approfittare di quell’attimo di disorientamento del mio interlocutore per scappare. Che poi, non ero mai scappata da domande del genere, ma ultimamente mi innervosivano, specie quando davano per scontato che condividessi una certa intimità con Federico. A quanto pare, non ero l’unica seccata dalla monotonia familiare: Alessandra era parecchio taciturna. Negli ultimi tempi per la verità aveva cambiato atteggiamento, era più silenziosa del previsto, perdeva più facilmente le staffe quando si lasciava andare e si curava più del solito per uscire. Pensai che il primo anno di università cambiasse un po’ tutti indistintamente.

Erano ormai le dieci, quando i miei amici si avvicinarono a me con dei regali, in realtà Alessandra mi stava tendendo una busta per le lettere. Come era prevedibile non c’era alcun bigliettino di auguri smielato da parte sua, la cosa mi fece sorridere. Erano passati ormai sei anni da quando ci eravamo conosciute, eppure rimaneva sempre la stessa ragazza riservata ed elegante, non amava le grandi dimostrazioni d’affetto ma c’era sempre accanto a me.

Il suo regalo non la smentiva, erano tre biglietti per la fiera dei cavalli che si sarebbe tenuta di lì a poco alla nuova fiera di Roma. Ale conosceva bene il mio amore per i cavalli, aveva potuto conoscerlo personalmente quando mi veniva a vedere agli allenamenti. Una volta iscritta all’università, non avevo trovato più molto tempo per cavalcare.

Aleee grazie!! Ci andiamo tutti insieme allora!”, la abbracciai forte, in modo da metterla anche leggermente in imbarazzo e infatti non resistette molto prima di allontanarmi in modo goffo e imbarazzato.

Bene, ora che la principessa ti ha dato il suo regalo, ti do il mio!”, Federico era l’esatto opposto della mia amica. A lui piaceva stare al centro della scena, era solare ed affettuoso, il che lo rendeva estremamente socievole ed affabile. Il suo regalo si presentava come una scatola e onestamente non avevo veramente idea di cosa potesse trattarsi. In salone, l’attenzione dei miei familiari si era concentrata su quello che stava avvenendo, come se si aspettassero chissà quale evento.

Scartai il regalo con una certa fretta e rimasi sbalordita dal pensiero di Federico: un planetario per interni. Un planetario, lo stesso planetario che avevo visto in un negozio almeno sei mesi prima mentre camminavo in giro con lui. Conoscevo anche il prezzo di quel planetario e proprio questo dettaglio mi aveva spinto a non comprarlo, banalmente non potevo permettermelo. Guardai il mio amico in un insieme di emozioni, che andava dalla pura gratitudine all’incredulità, al senso di colpa perché potevo solo immaginare i sacrifici che aveva sostenuto per poterlo comprare.

Le stelle ed il cielo erano sempre stati una mia grande passione e per un attimo, alla fine del quinto anno di liceo classico, avevo pensato di poter prendere ingegneria aerospaziale, ma poi la macchina mi si era fermata davanti la facoltà di giurisprudenza e mi ero resa conto che per me quella facoltà era l’unica. Come i grandi amori: puoi cercare di fuggirli, ma alla fine te li ritrovi sempre davanti e non importa con quanti altri proverai a sostituirli, quando capiterà l’occasione, e capiterà sempre, non potrai ignorare certi sentimenti.

Così, avevo fatto della volta celeste la mia passione, senza approfondire eccessivamente. Quante estati io e Federico avevamo passato con il naso all’insù, in una gara a chi scovava più stelle cadenti.

Sei un cretino!!!”, alla fine ripiegai per la reazione burbera. Ero incapace di giustificare un regalo simile.

Federico rise, aspettandosi probabilmente quella risposta: “Se vuoi me lo riprendo…!”, fece per togliermi il mio nuovo planetario ma con l’atteggiamento tipico di una bambina di sette od otto anni, abbracciai la scatola e la schermai con il mio corpo.

No! Ormai è mio! Potevi pensarci prima!”.

Teddy mi mise una mano sulla testa e mi scompigliò i capelli, sorridendomi, “Prego, Mostro!”.

Tra noi non c’era bisogno di parlare, era superfluo che lo ringraziassi, io più di tutti sapevo quanto doveva essergli costato quel regalo, nessuna parola sarebbe stata sufficiente tuttavia Federico non perdeva occasione di darmi del “Mostro”, dovuto dal fatto che non ero una grande amante delle smancerie, un po’ come Alessandra, o più semplicemente non ero in grado di esternare le mie emozioni più profonde e finivo per mascherarle sempre dietro un velo di ironia.

Mia madre arrivò tra noi, incuriosita dai regali e dopo averli studiati, entusiasta propose a tutti di provare il planetario. Ormai la sera era sopraggiunta, così non ci fu bisogno neanche di chiudere le persiane per creare il buio. Ci mettemmo solo qualche minuto per montarlo e quando a luci spente, si accese il mio regalo, proiettò in tutto il salone la volta celeste mentre molto lentamente si muoveva in senso antiorario.

Eravamo tutti con la testa sul soffitto, sorpresi da quel momento che sembrava anticipare l’estate. Era semplicemente perfetto. Ero completamente rapita dal mio regalo mentre cercavo di riconoscere le costellazioni che non mi resi conto che Alessandra si era avvicinata a Federico.

E’ successo qualcosa?”, chiese lei guardandolo di sfuggita, ma facendo in modo che potesse sentire solo lui.

Non mi pare…”, Fede rimase con la testa reclinata verso l’alto e un sorriso accennato.

Stai ridendo troppo. Non sei te stesso da oggi pomeriggio, cosa è successo?

Sono sempre stato un buffone, lo sai Principessa…

No, tu non sei mai stato un buffone. Sei divertente, ma oggi sei troppo sopra le righe. Sicuro che non sia successo nulla?

“… Non capisco di cosa parli. Beh, ora dovremmo andare avanti con la serata. Gli altri ci aspettano”.

Come vuoi” e detto questo Alessandra si avvicinò a me, “Che ne dici di andarci a fare due passi? È una bella serata..”.

Ecco, la fase B della giornata di oggi.

Va bene, salgo a prendere la borsa”, incrociai mia madre e le disse che stavamo per uscire. Il planetario fu spento, in pochi minuti salutammo tutti i parenti che si sarebbero trattenuti ancora per poco e uscimmo.

Decise di guidare l’unico uomo del gruppo, non mi meravigliai troppo quando prendemmo la sua macchina e andammo in un posto ben preciso. Federico non era esattamente il tipo di ragazzo da avere sempre le idee chiare, anzi spesso per lui un posto valeva l’altro. Ma lo lasciai portare a compimento la sua missione e quando la macchina si arrestò davanti a Giolitti, al laghetto dell’Eur, ebbi modo di notare anche gli altri amici.

Mi girai verso Federico ed Alessandra per chiedere spiegazioni.

Ci tenevano tutti a festeggiare il tuo compleanno e visto che ieri sera non era possibile per via dell’esame, abbiamo pensato di fare oggi”, mi disse Ale che era rimasta l’unica ancora sul sedile. Federico era già corso incontro agli altri, noi ragazze stavamo per raggiungerlo mentre gli altri amici da lontano iniziarono a gridarmi i loro auguri.

Ci prendemmo tutti un caffè, tranne Alessandra che non ne beveva. C’erano Francesco, un amico che ormai conoscevo da tempo ma eravamo troppo diversi per creare qualcosa di profondo, Riccardo, un ragazzo più grande di me di qualche anno, Matteo e Kim, Nestor e Silvia, Paolo e Livia e tanti altri. Mi guardai intorno e mi sentii veramente una ragazza fortunata, avevo dei buoni amici e più di tutti ne avevo due fantastici.

Era ormai mezzanotte e stavamo guardando le stelle, quando Federico si allontanò e tornò con delle lanterne cinesi. Di nuovo qualcosa che mi piaceva fare: esprimere desideri. Sono sempre stata convinta che sia importante seguire i propri sogni, cercando di realizzarli, ma ogni tanto è bello lasciarsi guidare solo dai sentimenti come quando si cerca una stella cadente ad Agosto, o quando si lancia una lanterna. In quei momenti mi sono sempre sentita libera di esprimere qualsiasi cosa, che andasse anche contro la mia razionalità. Spesso in questi momenti ero divenuta consapevole di speranze che io stessa neanche conoscevo, quindi in conclusione, mi piaceva poter esprimere dei desideri. Qualcosa che sarebbe rimasto solo per me.

Tutti eravamo pronti a lanciare le nostre lanterne che realisticamente sarebbero finite nel laghetto, intorno a noi non c’era molta gente e la luce soffusa non permetteva di vedere bene. Piano piano le lanterne iniziarono a volare in alto, ma quando venne il mio turno, chiusi gli occhi e invece di desiderare di diventare un Pubblico Ministero, per una frazione di secondo mi venne in mente solamente quello sguardo fiero e quella cravatta sempre ben annodata.

Non me ne resi conto ma la mia lanterna si era appena alzata in cielo e non avevo espresso alcun desiderio. O almeno così pensavo: ero confusa, come spesso mi capitava da qualche mese a quella parte.

Non mi resi conto che Federico si era avvicinato a me:

Mostro, che desiderio hai espresso?”, mi chiese lui guardandomi dall’alto.

Io… non lo so…”, era la pura verità. Non riuscivo a smettere di seguire la strada della mia lanterna. E un forte odore di colonia mi invase, ma iniziava a diventare una sensazione piacevole, familiare.

“… Ele, chi è quel tipo che oggi ho visto all’università?

Emanuele, un ragazzo che ho conosciuto per sbaglio qualche mese fa mentre cercavo l’aula della lezione…

Non parlo del ragazzo, parlo di quello in giacca e cravatta”. La fermezza del suo tono di voce catturò la mia attenzione e mi girai verso di lui, ancora più destabilizzata nel vederlo osservare dritto di fronte a sé.

Perché ti interessa?

Perché interessa a te…”, e così dicendo si girò verso di me.

A me non interessa: è il dottor Dante Palermo. Ci stava facendo lezione, è bravo ma non lo sopporto. Voglio diventare una giurista migliore di lui!”, il mio sguardo si incendiò di una nuova forza e dentro di me soffiò il vento della sfida. Ero fiduciosa, prima o poi l’avrei raggiunto.

Capisco…”, il mio amico abbassò per un attimo gli occhi a terra, dove c’era un tappeto di petali di ciliegio. Prima che potessi chiedermi e chiedergli cosa avesse, tirò su la testa e i suoi capelli si scompigliarono più del normale anche a causa della folata di vento improvvisa, così iniziai a rimetterli a posto, lui si mosse e forse fu per la luce rossastra del lampione del parchetto o per le emozioni che accompagnano ogni compleanno, ma mi guardò dritto negli occhi e con un sorriso indecifrabile mi disse “Allora fai del tuo meglio, perché io non intendo perdere!”.

Non capii quello che voleva dire, non in quel momento almeno ma a ripensarci, forse avrei potuto sforzarmi di comprendere cosa effettivamente Federico stesse cercando di comunicarmi.

 

 

Nel frattempo, la sera del 29 maggio del 2008 altre due persone passeggiavano nel parco del laghetto dell’ Eur.

Sono belle le lanterne, vero?”, disse una ragazza bionda abbracciata al suo accompagnatore, il quale però non stava guardando le luci nei cielo, ma una ragazza dai capelli rossi appoggiata ad un muretto, circondata da amici. Lei stava chiudendo gli occhi mentre la sua lanterna prese il volo, quando aprì di nuovo lo sguardo, era persa nei suoi pensieri.

Sono… magnifiche”.

Il ragazzo in jeans e maglioncino rimase fermo per qualche istante e incrociò il suo sguardo con un ragazzo alto, dai capelli castani, di circa vent’anni. In quel momento il vento diffuse il profumo che quel giovane uomo in jeans aveva scelto, come ogni altro giorno, mentre scompigliò i capelli dell’altro.

Quello scambio silenzioso fu interrotto dalla ragazza bionda, “andiamo, abbiamo un discorso in sospeso a casa.. Potresti scoprire che sono la tua Beatrice, caro il mio Dante”.

Dante le rivolse un sorriso malizioso, le mise una mano intorno ai fianchi e riprese a camminare, allontanandosi da quella ragazza dai capelli rossi che non lo aveva notato.

 

 

 

Angolo dell’autrice: mi scuso fortemente per il ritardo, pensavo di aggiornare molto prima, purtroppo la vita lavorativa è dura!

Allora cosa mi sento di dire di questo capitolo.. E’ una storia che potrete leggere solo con pazienza, se vi aspettate che tutto sia improvviso e lineare, temo di dovervi deludere. Dante ed Eleonora hanno bisogno di molto più tempo per conoscersi e spero di annoiarvi! Nella storia credo fosse interessante introdurvi per bene un personaggio come quello di Federico, e sinceramente sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate, se vi siete fatte delle idee e che tipo di sensazioni vi lascia. Lo stesso dicasi per Alessandra, spero che vi piacciano perché a me piacciono moltissimo!!

Come potete notare ho inserito delle immagini, per come io mi sono immaginata i personaggi, e non è un caso che non abbia ancora inserito Dante. Chissà come ve lo immaginate, magari lo lascerò semplicemente alla vostra fantasia..

Infine ringrazio Angyblu che come sempre è disponibile a recensire, e tutte coloro che con mia grande sorpresa hanno inserito questa storia fra le preferite o le seguite, vi ringrazio di cuore. Grazie!

Nel prossimo capitolo, Eleonora affronterà l’esame di diritto privato!

Stay turned!

 

Soc.

 

   
 
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