Intravedo ciò che voglio essere oltre le apparenze,
scorgo il malessere abitare nelle stesse stanze,
nei luoghi in cui gli scenari di un futuro
forse troppo azzardato
prendono vita e si moltiplicano.
Non ho problemi di sonno.
Se scrivo in piedi,
preferisco il contenuto alla calligrafia.
Quindi scrivo in piedi.
E capisco che:
ciò che non è mio lo rendo tale;
mi sfogo sporcando le tele;
penso che gli altri mi guardino male;
penso alle troppe cose da fare.
Respiro ansia nei giorni peggiori
tra sbalzi d'umore improvvisi,
soddisfazioni senza preavvisi.
Ho solo problemi a svegliarmi.
Consumo i polpastrelli picchiettandoli
sul tavolo, sulla gamba, sulla sedia.
Attendo che le cose di compiano da sole,
ben consapevole che così non si deve agire.
Rimango inerme di fronte ai bei, cari, propositi:
annuali, mensili, settimanali.
Quelli giornalieri li deludo un po' meno.
Incasso i colpi dei consigli non seguiti
che siano carezze o pugni poco importa,
mi saranno utili prima o poi,
come tutto ciò che voglio buttare,
tutto serve ma tutto ingombra.
Eppure:
non sento nessun fiato sul collo,
ho la testa fra le nuvole,
da qui fisso la realtà ingannevole.