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Autore: ellephedre    22/03/2009    17 recensioni
Come è nata la relazione tra Usagi e Mamoru? Una commedia romantica con punte di divertimento, ambientata appena dopo la saga di Ail e Anne e prima dell'arrivo della Luna Nera.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Oltre le stelle Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Sailor Moon - Dentro di noi Note:
- Ho sistemato un po' il primo capitolo. Ho aggiunto qualcosa soprattutto alla fine, perciò consiglio di rileggerlo, se avete tempo. Nessun cambiamento radicale, ma ora sono maggiormente soddisfatta.
- Non ho un'idea precisa sul numero di capitoli di questa storia, so solo come la farò finire (con la scena di arrivo di Chibiusa). Non dovrebbe essere molto lunga però.
- '-san', '-kun' sono suffissi formali che si usano molto spesso in Giappone con le persone estranee. '-chan' si usa molto spesso con persone particolarmente care, familiari, amici o fidanzati.
- 'Tsuki no Usagi' significa 'Coniglio della Luna'; la Takeuchi lo ha scelto apposta come nome.
- Grazie a tutti per i commenti, sempre molto graditi. Grazie a Bunny1987, a luisina, a LAS, a maryusa, a luciadom, a chichilina, ad Ami_mercury, ad ISA1983, ad algin91 (nuovo recensore, grazie :) ) e ad Himechan. In merito a quanto detto da Ami_mercury, come lei già sa, la ringrazio molto per il sentimento, anche se credo che ciascun lettore possa recensire quello che preferisce, senza che questo debba infastidire altri autori o utenti. Personalmente sono felice di ogni commento che ricevo, l'unica cosa che vorrei è avere un commento da persone a cui ho dato qualcosa mentre leggevano quello che ho scritto. Se il numero di queste persone corrisponde a quello delle recensioni, di volta in volta, allora non posso che esserne soddisfatta: non è una questione di numeri.
Grazie ancora quindi a chi mi lascia un commento.


DENTRO DI NOI

Autore: ellephedre

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.



Cos'era quello sguardo?
Usagi, ferma davanti a uno scaffale, aveva in mano un manga. E lo stava guardando come se... non gli venne in mente un modo preciso per descrivere quel tipo di espressione: aveva visto altre volte gente con la bocca piegata nel più estasiato dei sorrisi e anche gente con occhi che sembravano dover lacrimare da un momento all'altro, ma le due cose combinate, no.
Le si avvicinò. «Cosa stai leggendo?»
«Ahhhh!»
Mezza libreria si girò a guardarli.
«Hahahaha, scusate, scusate!» Lei rivolse un paio di imbarazzati inchini generali in varie direzioni, infine si voltò nella sua direzione. «Scusa.»
«Non pensavo di spaventarti.»
«Lo so, è colpa mia che sono una sciocca. Ah, hai preso qualcosa!»
«Solo questo.» Le mostrò il libro di medicina che aveva trovato.
«Ahh...»
«E tu prendi qualcosa?»
«Uhh...» Gli parve di cogliere un movimento di mani dietro di lei.
Usagi si scostò dallo scaffale dei manga e puntò altrove. «Sì... ero interessata a questi libri di... psicologia» concluse, dopo aver visionato rapidamente le copertine.
Gli venne da ridere e gettò uno sguardo verso il manga che lei aveva posato dove si era trovata poco prima. Uno shoujo manga. Lo prese. «Non stavi leggendo questo?»
Lei arrossì. «No, no, mi piacciono, però... e va bene, mi piacciono. Comunque non mi serve comprarli, Rei a casa sua ne ha tantissimi e tra non molto potrò sicuramente leggerlo da lei.» Gli tolse di mano il fumetto e lo rimise al suo posto. «Senti, mi è venuta un po' fame, andiamo a mangiare qualcosa?»
Lui annuì e, quando Usagi lo precedette verso l'uscita, afferrò fulmineo il manga e lo infilò dietro il proprio libro.

«Buon appetito!» dichiarò Usagi, appena prima di cominciare a mangiare voracemente le proprie patatine.
Lui trattenne una risata. «Buon appetito.
» Infilò il coltello nella carne che aveva davanti.
Usagi rimase a fissarlo per un po', quindi masticò velocemente per riuscire a parlare. «Certo che sei elegante anche quando mangi.»
«Elegante?»
«Sì, ti comporti sempre in modo così calmo e... qual è la parola... po- po-...»
«Posato?»
«Esatto! Posato. In modo elegante, ecco.»
Si ritrovò a riflettere per qualche secondo. «Ho sempre pensato di comportarmi in modo normale.» Infilò in bocca un boccone di carne e prese a masticarlo.
L'espressione di Usagi si fece disperata. «Se questo è normale, io sono irrecuperabile. Beh, l'aveva detto anche quella maestra di bon-ton. Hmm... no, adesso che ci penso, lei non conta. Sai, era il nemico.» Abbassò la voce sull'ultima parola.
Lui stava ancora mangiando, per cui non parlò, ma cercò di ricordare a quale nemico si riferisse.
Usagi intuì la direzione dei pensieri di lui e, ridendo, sbatté una mano in aria. «Ah, no, no, tu non c'eri in quel periodo.» Si rese conto del proprio errore solo quando Mamoru si immobilizzò.
Non c'era stato perché sotto il controllo di Beryl.
Che stupida.
Non poteva mettersi a parlarne ora, non dentro quel ristorante, con tanta gente attorno.
Cosa poteva fare, cosa poteva fare?
Lo vide assumere un'espressione colpevole e non pensò più: buttò lì la prima stupidaggine che le venne in mente. «Avevo una cotta per Motoki.»
Ahhhh, stupidaggine sì!
Diventò di dieci tonalità di rosso diverse.
L'unica consolazione fu vedergli sparire dal viso ogni preoccupazione. Per forza, ora era concentrato sulla scemenza che gli aveva detto.
Lui iniziò a ridere di gusto, profondamente divertito. «Non era un segreto.»
«Lo sapevi già?»
«Una volta avevo anche consigliato a Motoki di smetterla di assecondarti, ma secondo lui tu lo consideravi solo un fratello maggiore.»
Mamoru comprese la portata del proprio sbaglio solo quando la bocca di Usagi si spalancò in una smorfia di indignazione. «Gli hai detto di smetterla di assecondarmi
«Voglio dire, di illuderti...» L'espressione di lei si fece ancora più offesa. «Di farti credere di avere una possibilità...»
Stava solo peggiorando la situazione.
Si aggrappò all'ultima ancora. «C'era Reika...»
Usagi rilasciò un grosso sbuffo. «Quando l'ho saputo mi sono rassegnata. Ma non è stato per niente carino quello che hai detto.»
«No. Scusami.»
Passarono alcuni lunghi momenti di silenzio durante i quali Usagi attaccò il proprio cibo, esercitando sulle patate una sorta di trasposta vendetta.
Lui avrebbe voluto poter rinnegare tutto, ma a quel punto era troppo tardi: entrambi sapevano bene che c'era stato un tempo in cui aveva creduto ad ognuna delle cose che aveva detto. Decise di attenersi solamente alla verità. «Credo che anche io avessi una... cotta per Sailor Moon.» Non l'avrebbe chiamata proprio così, ma non c'era un modo semplice per spiegare l'attaccamento ultraterreno che lo aveva spinto a rischiare la vita per lei.
Usagi si illuminò in un secondo. «Davvero?»
Lui annuì, felice di averle tolto il malumore.
«Anche io... per Tuxedo Kamen.»
Si era accorto anche di quella, ma non aveva mai creduto che per lei fosse una cosa troppo seria, dato che nemmeno lo conosceva. Vero, nemmeno lui aveva conosciuto lei, ma dubitava che Usagi avesse provato qualcosa di simile a quello che gli si scatenava dentro ogni volta che la sapeva in pericolo.
«A cosa stai pensando?» gli chiese all'improvviso lei, finendo di leccare la propria forchetta.
Tornò a guardarla.
«Quindi avevi contemporaneamente una cotta per Motoki e... Tuxedo Kamen?» Continuò anche lui a parlare di se stesso in terza persona, nel caso qualcuno fosse stato in ascolto.
Lei ridacchiò con allegro imbarazzo. «Haha, sì! Pensa che per un po' ho desiderato tantissimo che fossero la stessa persona.»
Questo non se l'era immaginato per nulla. Era stata invaghita a tal punto di Motoki da desiderare che fosse lui Tuxedo Kamen?
Non avrebbe dovuto stupirsene, in fondo Motoki era sempre stato gentile con tutti e le ragazze tendevano spesso a girargli intorno per via di quell'atteggiamento. Eppure lo infastidì pensare che Usagi potesse aver desiderato avere con il suo amico quello che per lui era sempre stato speciale, quella connessione fra lui e Sailor Moon che gli aveva impedito di pensare a chiunque altro. «E... non hai mai avuto sospetti sul fatto che io...» Lasciò la frase incompiuta, ma lei comprese senza problemi.
«No, per niente. Ci ho pensato per la prima volta solo quando eravamo sull'ascensore, prima che... beh, lo sai. Era anche la prima volta che parlavamo senza sfidarci, no?» Gli sorrise e tornò a mangiare.
La prima volta?
No... .
Masticò il proprio cibo amaramente: era anche peggio di quanto avesse pensato. Eppure... non serviva continuare a pensare alle inadeguatezze del loro rapporto passato. Si impose di non farlo: alimentare l'insicurezza sulla riuscita del suo rapporto con Usagi non poteva portare da nessuna parte. E lui voleva che quel rapporto funzionasse, lo desiderava più di qualunque altra cosa.
Se n'era accorto lentamente, ma... stare con lei, sapere che lei voleva stare assieme a lui... era come avere un legame col mondo.
Probabilmente era quello che provavano tutti coloro che avevano qualcuno accanto, che si trattasse una famiglia o più semplicemente di una persona amata, ma... per lui era una sensazione nuova. E non voleva più farne a meno.
Deglutì il boccone di cibo.
Erano ragionamenti parecchio... egoisti. Desiderava averla accanto per stare meglio lui stesso, non era quella la sostanza del discorso? Non aveva mai avuto modo di testare se fosse affetto da egoismo: aveva quasi sempre dovuto pensare solo a se stesso, in fondo.
La osservò mentre lei continuava a concentrarsi sul proprio piatto.
No, non avrebbe fatto nulla per favorirsi, se questo significava danneggiare in un qualunque modo lei. Ma forse era solo Usagi a tirare fuori il meglio di lui e invece con altri... Fermò quel pensiero.
La premessa era sbagliata: troppo a lungo Usagi aveva tirato fuori il peggio di lui, almeno quando non era stato nei panni di Tuxedo Kamen.
Continuò a fissarla: cosa c'era stato in lei che l'aveva spinto a comportarsi in quel modo?
Le aveva spiegato che era stato invidioso di lei, della sua vitalità; era la verità, ma molte altre volte era stato segretamente invidioso di quello che altre persone avevano avuto: amicizie, la capacità di entrare istintivamente in contatto con gli altri... una famiglia. E tuttavia non aveva mai riversato su nessuno tutto il sarcasmo che invece aveva buttato addosso a lei.
Sì, da principio l'aveva trovata... ridicola. Particolarmente carina, ma particolarmente ridicola. La sua, con le code e i chignon, era stata la pettinatura più strana che avesse mai visto; gli era sembrata uscita da un cartone animato, nient'altro che una ragazzina che buttava in giro compiti in classe fallimentari.
La seconda volta che si erano incontrati, si ricordava di essere stato di cattivo umore. E la ragazzina gli aveva persino gettato una scarpa in testa. Quando l'aveva sgridata, lei aveva osato rispondergli a tono.
Forse era quella la chiave: gli aveva risposto a tono.
Nessuno lo aveva mai fatto, tutti lo avevano sempre rispettato o, quando lui lo aveva deciso, temuto. E invece lei... lo aveva sfidato.
Sì... aveva covato un minimo di rancore per quel loro primo alterco e, quando l'aveva vista nuovamente, si era vendicato. E, ancora una volta, Usagi non si era fatta intimidire.
Forse lui aveva cercato di capire fino a dove sarebbe arrivata, ma quelle litigate erano diventate rapidamente uno degli eventi più interessanti di una vita altrimenti sempre uguale.
Rimase a guardare il tavolo.
... certo che amava complicarsi l'esistenza.
Posò di nuovo gli occhi su di lei: era ora di iniziare a farla diventare piacevolmente più semplice.

Usagi osservò con incredibile interesse la mano di Mamoru che riprendeva la carta di credito usata per pagare il ristorante.
Prima che potesse rimetterla nel portafoglio, si decise a chiedere. «Posso vederla?»
«... certo.» Lui gliela passò, perplesso.
Aveva un ragazzo con un conto in banca e delle carte di credito! Era avanti anni luce rispetto a tutte le sue amiche.
Rigirò il supporto in plastica tra le mani, quindi rilesse più volte il nome impresso sul supporto di plastica: Mamoru Chiba.
Chiba... Gli ridiede la carta. «Non ti ho mai chiamato Chiba-san. O Chiba-kun. Strano vero?»
Come era d'uso con persone più grandi e con gli estranei, da principio aveva chiamato persino Motoki col cognome: solo in seguito lui aveva insistito perché lei usasse il suo nome proprio. Mamoru certo non le aveva mai offerto o concesso una simile prerogativa.
Se ne accorse anche lui. «Già. Nemmeno io ho mai usato il tuo cognome.»
Lei rise e lo prese per mano. «Eravamo in confidenza!»
Mamoru ci ragionò su e fu d'accordo con lei: insultandosi e litigando sempre, in un certo senso lo erano stati. Non aveva mai pensato ad Usagi come Tsukino. Forse per via di Motoki, l'unico con cui l'avesse mai discussa; lui, in fondo, aveva sempre usato il suo nome proprio.
Tsukino... «Tsuki no Usagi.» Che coincidenza. «Coniglio della luna.»
«Sì, era destino» commentò lei, facendo spallucce.
Della luna... Rise. «Da lì mi era venuto in mente il nome 'faccia di luna'.»
Usagi si fermò in mezzo alla strada, trattenendolo per la mano e sbattendo la scarpa sul marciapiede.
Quando avrebbe imparato a tenere la bocca chiusa?
«Non è molto furbo continuare a ricordarmi cose come quella» gli fece notare lei, incrociando le braccia.
Un'osservazione di grande intelligenza.
«No, per niente.» Non poteva che concordare e maledirsi per non averci pensato prima.
«... Dove vuoi andare ora?»
Usagi si placò un poco, ma sembrò non avere idee in merito, o aver esaurito l'entusiasmo per quelle che aveva avuto.
Lo precedette di qualche passo, senza tentare di riprendergli la mano.
Lui si sentì ancora più stupido. Doveva rimediare. «Vuoi andare al parco di Setagaya? C'è anche un giardino botanico lì.»
Per un istante gli sembrò che l'idea le piacesse molto, ma appena dopo gli aveva già nascosto ogni scintilla di euforia.
«... va bene.»
Controllarsi così non era da lei.
Avrebbe tanto voluto chiederle cosa poteva fare per renderla felice, ma intuì che non poteva essere così semplice: Usagi si aspettava che lui lo capisse da solo.
Ci avrebbe provato, sperando di non fallire.

In piedi sul treno in movimento, Usagi non riusciva ad essere veramente felice di andare al parco con Mamoru.
Oh, trovava che fosse un posto incredibilmente romantico, però avrebbe dovuto essere un luogo per coppie... romantiche, appunto.
Invece loro erano ancora lontani dall'esserlo.
Le faceva un po' male, più che altro perché desiderava moltissimo che fossero più a loro agio.
Mamoru stava cercando di essere gentile quanto gli riusciva, ma lei aveva l'impressione di non facilitargli quel compito: lui l'aveva ritenuta a lungo solo una sciocca ragazzina e in fondo non era certo cambiata. Ancora adesso gli faceva ricordare senza problemi quello che aveva pensato di lei.
«Usagi?»
Alzò lo sguardo verso di lui.
«C'è un posto per sedersi.» Le indicò con la testa un singolo sedile libero.
Non era una bambina. «Posso restare in piedi.»
Il treno aprì le porte e lei osservò senza interesse la carrozza che si riempiva di gente.
Quando tornò ad abbassare di nuovo la testa, le sembrò di vedere... lo aveva ferito con quel tono brusco?
Ecco, lui cercava di essere carino e pure lei rovinava tutto.
Si sentì riempire prima di frustrazione, poi di tristezza. Perché non poteva essere tutto più semplice?
Lo amava. Tantissimo.
Stare assieme a lui avrebbe dovuto essere magico, romantico... e invece c'era sempre qualcosa che non andava. C'erano momenti di imbarazzo, momenti in cui sentiva di dover sapere quello che invece lui le stava dicendo per la prima volta, momenti in cui lui ricordava che, prima di sapere che lei era sia Serenity che Sailor Moon, l'aveva considerata... ridicola.
Fuori dal finestrino, la città riprese a muoversi a gran velocità.
Sorrise amaramente: era proprio una bambina.
Le relazioni non erano favole. Nella loro situazione, poi, non ci si poteva aspettare che ogni cosa si sistemasse nel giro di un giorno solo. La pazienza non era decisamente il suo forte, ma doveva armarsene e avere fiducia.
Il treno si fermò ancora una volta e le porte si aprirono nuovamente; la carrozza iniziò ad essere invasa da un altro grosso gruppo di persone.
Si rannicchiò automaticamente nell'angolo tra il sedile e le porte chiuse, anche se per esperienza sapeva che sarebbe finita schiacciata comunque. Attese la fastidiosa sensazione, e, quando non arrivò, si girò.
Mamoru le stava davanti e con le braccia aveva creato un piccolo spazio, bloccando la spinta di altre persone.
Si sentì riempire di dolcezza: la stava salvando. E, anche se non c'era nessun nemico da cui proteggerla, quel gesto non le risultò certo meno caro.
C'era una sola cosa che contava veramente. Ed era lì, tra loro.
Appoggiò la testa contro il suo petto.
E, sopra tutto il rumore, ascoltò mentre il battito dentro di lui diventava un ritmo di serenità.

Gli teneva di nuovo la mano.
Mamoru prese un appunto mentale: non farla schiacciare dentro un treno può funzionare, una prossima volta.
Ovvero, funzionavano i gesti... carini. Lei li avrebbe chiamati così, ne era sicuro.
Si trovavano ormai dentro il parco: iniziò a guardarsi intorno, cercando di scovare nuove opportunità per gesti di quel genere.
All'improvviso sentì Usagi agitarsi e staccarsi da lui. Correva in avanti, muovendo il braccio in aria. «Naru!»
Naru? Una ragazza dai corti capelli marroni si voltò verso di lei, sorpresa. «Usagi!»
Giusto, era la ragazza che aveva partecipato con loro alla recita di Biancaneve, l'amica di cui gli aveva parlato, quella che non sapeva nulla di... tutti loro. Né di lui né delle altre.
Assieme a lei, si avvicinò ad Usagi anche un ragazzo con occhiali molto spessi e piuttosto basso. Già, si ricordava anche di lui: si chiamava Umino, aveva l'età di Usagi ed era un suo compagno di scuola.
Decise di avvicinarsi al gruppo.
«Che fortuna incontrarci qui per caso, Usagi. Sei da sola? Magari puoi unirti a...» L'amica di Usagi assunse un'espressione di completa incredulità quando lui si fermò accanto a loro.
«Oh. Ciao.»
Usagi si voltò. «Ah, vi ricordate di Mamoru, vero?»
«Ciao» li salutò lui.
Naru lanciò un rapido sguardo alle loro spalle. «Allora ci sono anche le altre?»
«No» Usagi era perplessa al pari suo. «Siamo solo noi due.»
Gli occhi dell'amica di lei si allargarono mentre la bocca si chiudeva. La aprì d'improvviso.
«Ehm... ho visto un banchetto di gelati là dietro. Mi accompagni un attimo a prenderne uno, Usagi?» La afferrò per un braccio senza darle il tempo di rispondere. «Torniamo subito!»
Un secondo dopo, erano entrambe fuori dalla sua vista.
Mamoru rimase in compagnia di Umino Gurio.
«Ah-ehm.»
Abbassò lo sguardo nella sua direzione.
Gli sembrò di vedere il sole luccicare lungo tutto il bordo dei grossi occhiali rotondi, mentre iniziava a parlargli. «Sembra che tra te e Usagi sia nato qualcosa. Devi sapere che conosco Usagi da molti anni.» Si appoggiò la mano sul petto. «Lei è stata la prima ragazza a cui io abbia mai donato il mio cuore.»
Eh?
«Ora è Naru la luce della mia vita, ma Usagi rimane la mia più cara amica. Potrà sempre contare su di me.»
Forse ora lo stava guardando dritto negli occhi, ma non avrebbe saputo dirlo, dietro quelle lenti.
Doveva rispondere?
Il ragazzino alzò un dito in aria. «Non ti permetterò di giocare con i suoi sentimenti.»
Finalmente capì la direzione del discorso. «Non è un problema.»
«Che intenzioni hai con lei?»
Doveva ammettere di non aver mai pensato di dover affrontare quel tipo di discorso al primo appuntamento e con uno che non era neanche suo padre, tuttavia... «Sono... cose tra me e Usagi. Comunque apprezzo il tuo interesse perché ho capito che tieni a lei. Per me è lo stesso.»
Il ragazzino continuò a valutarlo. Infine annuì. «Vigilerò.»
Lo lasciò perdere solo per non iniziare a ridere.

«Devi raccontarmi tutto!»
«E il gelato?»
Naru svuotò il proprio borsellino e la trascinò verso il banchetto mobile. «Due per favore. Fragola e panna per lei, cioccolato e vaniglia per me.» Si girò di nuovo nella sua direzione. «E ora che ti ho offerto il gelato, spara!»
«Vuoi dire Mamoru?»
«Sì, voglio dire lui! Quando, dove e come?»
Non posso dirtelo, non posso dirtelo, non posso dirtelo.
Non erano forse quelle le uniche risposte che poteva darle?
Sospirò. «Niente, ci... ci siamo parlati un po' meglio, mi ha trovata simpatica e l'altro giorno mi ha chiesto di uscire.»
Raccontando quella generica storia, per un attimo desiderò davvero che fosse la loro. Non avrebbe mai voluto avere alcun dubbio sul fatto di piacergli totalmente. Uffa, doveva farla finita con quei pensieri.
«Tutto qui? Ti ha chiesto di uscire da un momento all'altro, senza un motivo?»
«... no. Noi...» Cercò di attenersi maggiormente alla verità. «Beh, all'inizio continuava a prendermi in giro e credevo fosse un antipatico. Poi ha iniziato a diventare più... gentile e... ho scoperto che mi piaceva. E dopo... sì, mi ha chiesto di uscire solo poco tempo fa e io ho accettato.»
Naru rilasciò un sospiro. «Oh, Usagi, com'è romantico.»
Veramente a quel punto ci dovevano ancora arrivare.
«Ma non sei agitata? È veramente molto carino ed è anche più grande. E ti ha chiesto di uscire!» Naru le strinse le mani, ridacchiando.
Giusto, era così che si sarebbe dovuta sentire. Stava uscendo col ragazzo che amava, con Mamoru. Mamoru a cui... piaceva molto. Ricordò le parole di lui e arrossì. «Sì, io... sono contenta.»
«Per forza! Senti, allora adesso io e Umino ti lasciamo sola con lui. Chiamami stasera, per favore.»
Annuì.
Tornando da Mamoru e Umino, ringraziò mentalmente Naru. Entusiasmarsi era non solo quello che sapeva fare meglio, ma anche quello che le ci voleva.

«Prima il tuo amico ha detto che sei stata 'la prima ragazza a cui abbia mai donato il suo cuore'.»
Usagi sussultò per le risate e finì col naso contro il proprio gelato. Quant'era freddo!
Iniziò a ridacchiare. «Sì, Umino usa sempre paroloni per tutto. Aveva una grossa cotta per me prima di mettersi con Naru.» Si guardò le mani. «Me lo puoi tenere?» Indicò il gelato.
Mamoru annuì e glielo tolse di mano.
Lei iniziò a rovistare nella propria borsetta, sentendo il gelato che iniziava a scivolarle lungo la faccia.
Ahhh! Doveva sbrigarsi a trovare un fazzoletto!
All'improvviso sentì un dito sul naso. Alzò lo sguardo su di lui in tempo per vederlo mentre ne leccava la punta.
Diventò di un rosso molto intenso e la vergogna non c'entrò niente.
Lui aveva... aveva...
Mamoru si limitò a sorridere. «Mi ha anche avvertito di non ferire i tuoi sentimenti.»
Lei cercò di riprendere l'uso della parola. «Sì... lui... davvero?»
... era meglio se stava zitta.
Mamoru continuò a sorriderle in quel modo tanto... dolce.
Oh, non stava sognando. Per poco mancò la presa sul cono, quando lui glielo rese.
Diede al gelato una leccata felicissima e ancora più felicemente gli prese una mano, mentre riprendevano a camminare.

Forse la vera chiave era semplicemente seguire l'istinto.
In fondo non aveva fatto altro che quello e Usagi gli aveva tenuto nuovamente la mano. Gliel'aveva lasciata solo per sedersi sulla panchina dove ora si trovavano.
Era meglio attenersi a quella prima conclusione, perché non avrebbe saputo spiegarsi cosa avesse fatto, di preciso, per renderla così felice. L'aveva trovata buffa e carina col gelato in faccia, le aveva pulito il viso e poi aveva pensato che fosse ancora più buffa e carina così piena di imbarazzo. Tutto qui.
Non aveva nemmeno detto qualcosa di particolare.
Criticare le cose che funzionavano non era utile e non l'avrebbe fatto se quello stesso istinto altre volte non l'avesse portato da tutt'altra parte con lei.
Comunque per ora era tutto quello che aveva.
Gli venne in mente una domanda. «Hai qualche attività di club dopo la scuola?»
Usagi scosse la testa, finendo il proprio gelato. «Perché me lo chiedi?»
«Per sapere quando sei libera per uscire insieme.»
Sulla faccia di lei apparve un sorriso luminoso.
Sì, meglio seguirlo quell'istinto. «I miei orari sono più vari, per via delle lezioni universitarie e del mio lavoro part-time, però troveremo il modo. E poi ci sono sempre i fine settimana.»
Usagi continuò ad annuire, sempre con lo stesso sguardo felice.
Lui rimase a contemplarla mentre lei iniziava ad addentare il cono.
Certo che aveva dei tratti davvero... delicati. Era capace di assumere espressioni molto brusche, e lui lo sapeva molto bene, ma era strano pensare che potesse farlo con quel viso. Lo aveva avuto spesso sotto gli occhi, ma poterlo osservare con tranquillità gli permise di considerarlo in un modo completamente nuovo.
Sì... incredibile che potesse sembrare tanto aggressiva con quel viso a forma di cuore, con occhi così grandi e blu, con un naso così piccolo e una bocca così... morbida.
Che aveva già baciato. Lo ricordò solo in quel momento.
A quel tempo aveva creduto che fosse Sailor Moon, in una delle sue trasformazioni.
E, quando la battaglia era finita e l'aveva trovata ancora una volta in giro per la sala da ballo... non aveva voluto da lei spiegazioni che probabilmente non sarebbe stata in grado di dargli. Sailor Moon e le sue amiche erano parse confuse quanto lui su ciò che erano e sull'identità di coloro contro cui stavano combattendo.
No, quando l'aveva portata fuori dalla sala, non era stata sua intenzione parlare.
Solo... stare insieme.
Perché attorno ad Usagi, quella sera, c'era stata l'essenza stessa che aveva preso vita ogni notte nei suoi sogni, e per lui non era mai stata tanto reale come in quei momenti.
Vederla addormentarsi gli era sembrato ironicamente appropriato e continuare ad osservare il suo viso era stata l'unica azione di cui era stato capace, a lungo.
Baciarla... non c'era stato alcun pensiero dietro quella singola azione. Lo aveva fatto e basta.
In seguito si era vagamente meravigliato della facilità con cui aveva dato il primo bacio della sua vita, un gesto che aveva immaginato sarebbe venuto solo dopo le usuali analisi che faceva su ogni situazione. Eppure non se n'era mai pentito.
Era stato impossibile pentirsi di aver sentito labbra così... morbide.
Con la mente tornò al presente, all'immagine che aveva davanti.
Usagi addentò l'ultimo pezzo di cono, quindi si inumidì la bocca, assaggiando il sapore di gelato lì rimasto.
Lui distolse lo sguardo.
Non era ancora tempo di pensare a baciarsi.
Lo colpì un pensiero e riportò le parole che le aveva sentito dire quella stessa mattina.

"Aspetta aspetta, ho capito! Dobbiamo uscire insieme."
"Ahh, che sciocca! Torniamo indietro. Dovevi chiedermelo tu."
"Di uscire insieme, no? Ho sempre voluto sentirmelo chiedere dal ragazzo che avrei amato e non posso proporlo io, rovino tutto."

Sorrise. Se ad Usagi importava tanto di una cosa come quella, supponeva che per lei una questione come il primo bacio sarebbe stata di importanza capitale. Era meglio non dirle che a quell'evento non aveva nemmeno assistito.
Lo colpì un secondo pensiero: che quello fosse stato anche il primo bacio di lei era solo una sua ipotesi. Il compagno di classe che aveva appena incontrato era stato innamorato di lei e come lui avrebbero potuto essercene altri. Usagi non aveva avuto altri ragazzi, secondo quello che gli aveva detto, ma non occorreva una relazione per un bacio.
L'idea lo riempì di un'irritazione che non riuscì a scacciare.
«C'è qualcosa che non va?»
Inspirò e si girò verso di lei.
«... no.»
Usagi lo guardò dubbiosa, ma la sua espressione si rallegrò quasi subito. «Sai a cosa stavo pensando? Se sei d'accordo, mi piacerebbe tanto poterti chiamare Mamo-chan di tanto in tanto.»
Mamo... chan?
I diminutivi non gli erano mai piaciuti; il 'chan' poi era così familiare che era la prima volta che lo sentiva associato al proprio nome, almeno da quando aveva smesso di essere un bambino.
Usagi si spostò sulla panchina fino a farglisi più vicina, poi appoggiò entrambe le mani sulle sue. «Posso, Mamo-chan?»
Lo fissò con i grandi occhi blu e la morbida bocca rosa- «Sì.»
«Ahh, grazie!» Gli stampò un rapido bacio sulla guancia.
Già.
Mamo-chan tutte le volte che voleva.

CONTINUA...


   
 
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