I PERSONAGGI NON SONO MIEI E NIENTE DI QUELLO CHE SCRIVO è REALMENTE ACCADUTO! [o almeno non così!]
Love Is
Strong As Death
Heartache's knocking on the door
shadows dance outside her
window
Tears keep falling on the floor
as the world around her crumbles
[Circle Of Fear – HIM <3]
I The Used erano sul palco e
l’energia e l’adrenalina erano al massimo.
Quinn ricambiò il sorriso che
Bert gli aveva rivolto quando le prime note di On My Own uscirono dalla sua
chitarra.
Quella era la sua canzone e Bert gli sorrideva sempre
prima di iniziare a cantarla, come se volesse il permesso per
farlo.
Bert iniziò ad intonare le
prime parole della canzone voltandosi nuovamente verso il pubblico in delirio,
mentre il suo chitarrista teneva lo sguardo su di lui con il sorriso che
sembrava essersi fossilizzato sul suo viso.
Erano a metà del brano quando
Quinn si decise a distogliere lo sguardo, facendolo scivolare sul pubblico, poi
su Jeph, che aveva la testa bassa coperta da uno dei suoi amati cappelli ed
infine su Branden che invece la muoveva su e giù come
sempre.
Improvvisamente però la voce
del cantante si smorzò, facendo si che Quinn voltasse nuovamente la testa verso
di lui.
Quello che vide gli fece
gelare il sangue nelle vene.
Il microfono che il suo
ragazzo teneva in mano era caduto e aveva rotolato per qualche metro, lui aveva
gli occhi rivolti a terra, la schiena un po’ incurvata che si alzava ed
abbassava freneticamente a causa del suo respiro affannoso ed entrambe le
braccia strette intorno allo stomaco.
Il pubblico, dopo qualche,
eterno, secondo smise di urlare e si venne a creare un silenzio innaturale per
un concerto rock.
- Bert?! Che hai?! – urlò nel
panico, sfilandosi la chitarra e lasciandola li per
terra.
Gli corse incontro ma, appena
fece per toccarlo, gli occhi blu del ragazzo si fissarono nei suoi.
- N-non credo di stare bene
Quinn…- riuscì a sussurrare con voce appena udibile prima che i suoi occhi si
chiudessero e crollasse al suolo.
Quinn, a causa del suo esiguo
peso, non riuscì a dargli un sostegno e, per evitare che si facesse male
rovinando a terra, cadde con lui, prendendolo tra le braccia e ignorando il
successivo dolore alle ginocchia.
- Bert! Bert, amore, che
succede!? Oddio ragazzi, aiutatemi! – urlò mentre dal pubblico si elevava
nuovamente un rumore assordante di gente
preoccupata.
Subito Jeph e Branden, che
avevano assistito a tutta la scena, accorsero in suo aiuto, chiudendosi a
cerchiò intorno all’amico privo di sensi.
- Bert! Bert, amico,
svegliati! – disse il bassista, dandogli leggeri schiaffi sulle
guance.
- Jeph, non si sveglia! Chiama
qualcuno, per favore! – urlò, con gli occhi colmi di lacrime il piccolo, tenendo
stretto a se il cantante.
Branden subito si tirò su e
guardò dritto verso il backstage guardando che una serie di tecnici del suono e
anche il loro manager stavano correndo verso di
loro.
- Chiamate l’ambulanza,
veloci! È svenuto!! – urlò in loro direzione.
Mentre tutti si mettevano in
moto Bren aiutò Quinn ad alzare il ragazzo svenuto da terra per portarlo fuori
dal palco, mentre Jeph recuperava il microfono e tentava di tranquillizzare il
pubblico.
Quando i paramedici arrivarono
con la barella Bert, incosciente, fu caricato sull’ambulanza. Quinn decise di
salire con lui mentre urlava agli altri che si sarebbero visti dopo in
ospedale.
- Bert…Bert mi senti? – lo
chiamò piano, con voce carica di ansia e nervosismo, mentre una mano stringeva
la sua e l’altra gli accarezzava la fronte madida di sudore, mentre il
paramedico nel frattempo gli infilava la mascherina
dell’ossigeno.
- Che è successo? Perché è
svenuto? – chiese poi Quinn verso di lui.
- Ha avuto un collasso ma solo
dopo degli esami potremo saperne la causa…- gli rispose il ragazzo con quella
calma e quel controllo che il chitarrista aveva perso da
tempo.
Annuì e tornò a guardare Bert
steso immobile sul lettino e continuando ad accarezzargli il viso. E continuò a
farlo fino a quando, alla fine di un lungo corridoio bianco, Bert non fu portato
dietro ad una porta e lui costretto a rimanerne
fuori.
Si sedette su una di quelle
scomodissime sedie di plastica della sala d’aspetto e si prese la testa tra le
mani, affondando le dita tra i capelli biondissimi e umidi di
sudore.
Sentiva un profondo e costante
dolore al petto e faticava a respirare.
Cosa era
successo?
Un attimo prima era li che gli
sorrideva e cantava, ed un secondo dopo…era crollato a terra privo di
sensi.
Si morse il labbro inferiore,
fino a farsi male e si coprì gli occhi con le mani fino a quando non sentì dei
rumori avvicinarsi a lui.
Alzò la testa giusto in tempo
per vedere Jeph e Brendon entrare nella sala d’aspetto con il fiato
corto.
- Quinn! Hanno detto qualcosa?
– chiamò il bassista, Quinn si alzò per essere accolto tra le sue braccia e
trovare un minimo di consolazione.
- Ancora no. Il medico ha
detto che devono fargli degli esami per capire da cosa è dipeso il collasso. –
disse, sulla spalla di Jeph mentre sentiva anche una mano di Bran sulla
schiena.
Jeph annuì – Dai, vedrai che
non è nulla. Forse è solo lo stress del tour. Quando starà meglio lo porteremo a
casa…- disse, cercando di convincere anche se stesso di quelle parole che
dovevano tranquillizzare il biondo.
- Si, Jeph ha ragione. Vedrai
che andrà tutto bene. – convenne il batterista accarezzandogli la schiena in
modo consolatorio. Si sentiva a disagio in quel momento, e totalmente inutile.
Conosceva Quinn da quando erano appena dei ragazzini ed ora non riusciva a fare
o dire niente per far smettere alle lacrime di scivolare dagli occhi del suo
amico.
Quinn annuì e si allontanò da
loro, tirando su col naso e cercando di pulirsi le guance bagnate di lacrime con
il polso.
- Mettiti a sedere ora e cerca
di calmarti. Vado a prenderti un the o una camomilla, che ne dici? – propose
Jeph facendolo indietreggiare verso le sedie di plastica per farlo mettere a
sedere.
Il chitarrista annuì ancora e
Bran ebbe un crampo al petto nel vedere i suoi occhi così persi, fissi, vuoti,
distanti, lontani anni luce.
- Vado a prendergli qualcosa
da bere. Resta con lui. – gli disse Jeph all’orecchio e lui annuì seguendolo con
lo sguardo fino a quando non sparì dietro un
angolo.
Non riusciva davvero a vedere
i The Used, il loro gruppo senza Jeph. Lui era la colonna portante di tutto.
Così assolutamente pazzo ma anche così paterno e
razionale.
Non perdeva mai la calma che
lo caratterizzava. Aveva sangue freddo che tornava molto utile in situazioni
come queste, che invece lui non riusciva assolutamente ad
affrontare.
Si sedette con un sospirò
vicino all’amico decidendo di lasciarlo nel suo mondo, dove magari, stavano
ancora cantando sul palco e Bert stava ancora saltando a destra e a manca
urlando e facendo sentire che c’era anche lui al
mondo.
Pensò che Quinn neanche si
fosse accorto della sua presenza ma si dovette ricredere quando un sussurro roco
abbandonò le sue labbra.
- Bran…-
Il batterista si voltò verso
di lui e gli si fece più vicino.
- Dimmi…- il biondo lo guardò.
I suoi occhi erano così lucidi, rossi, completamente in contrasto con la sua
pelle che al momento era più pallida del solito.
- Mi ha sorriso…Bert, prima di
cadere a terra. Stava bene, mi ha sorriso e io…ho guardato il pubblico, e te e
Jeph…poi lui…lui è caduto. – disse, con voce appena udibile, mentre piccole
lacrime si raccoglievano ai lati dei suoi occhi.
- Ha avuto un malore Quinn.
Nessuno di noi avrebbe potuto prevederlo. – disse, passandogli una mano dietro
la schiena.
Il ragazzo scosse la testa –
Non è vero. Io avrei potuto. – lo contraddisse.
- No Quinn. Non darti colpe
che non…- il chitarrista lo interruppe scuotendo ancora la
testa.
- Ieri sera…mentre eravamo a
letto. Si è alzato improvvisamente e…è andato a…- un singhiozzo uscì dalle sue
labbra e prese un respiro profondo per cercare di finire la frase. - …è corso a
rimettere in bagno. – concluse, tirando su col
naso.
Branden lo guardò un po’
sorpreso, poi sospirò e lo portò più vicino a se,
stringendolo.
- Avrei dovuto costringerlo a
stare a letto. A posticipare questa data. – sussurrò ancora, nascondendo il viso
nell’incavo del collo dell’ amico.
- è inutile rimuginarci su
Quinn. Vedrai che andrà tutto bene. Bert ha la pellaccia dura…- disse,
scompigliandogli un po’ i capelli.
Il ragazzo annuì lentamente ma
non disse altro.
Nel frattempo Jeph tornò da
loro tenendo con due mani tre bicchieri.
Due di the per lui e Quinn ed
uno di caffè per Branden che lui accettò più che volentieri, rivolgendogli un
mezzo sorriso di ringraziamento.
Rimasero per molto tempo in
quella sala d’aspetto.
Dottori e infermieri che
passavano davanti a loro, senza nessuna notizia.
Jeph che aveva abbandonato il
buon proposito di lasciar stare le sue povere
unghia.
Branden che batteva
nervosamente il piede sul pavimento, si alzava, camminava per un po’ avanti ed
indietro, poi tornava a sedersi.
E Quinn invece con lo sguardo rivolto a terra.
Non fece un solo movimento.
Dopo quelle che dovevano
essere tre quarti d’ora d’attesa Jeph scattò in piedi, facendo sobbalzare
Branden.
- Cazzo, non c’è la faccio
più! Ma perché non ci dicono niente!! – sbottò, portandosi nervosamente i
capelli indietro.
- Sta calmo Jeph. Vedrai che
ci diranno presto qualcosa…- cercò di tranquillizzarlo, il bassista annuì
facendo un respiro profondo, conscio del fatto che innervosirsi non sarebbe
servito a nulla.
Rimasero ancora qualche minuto
in silenzio prima che Quinn non parlò, con tono basso e roco, a causa del fatto
che non aveva parlato per lungo tempo.
- E se ha qualcosa di grave?
Cosa faremo? C-cosa farò? – chiese. Le domande rivolte ai suoi compagni, ma il
suo sguardo ancora ancorato al pavimento.
- Dio Quinn, smettila di
essere così pessimista! Non è per niente il momento adatto! – rispose brusco
Jeph, assottigliando lo sguardo verso l’amico.
Il chitarrista alzò lo sguardo
su di lui e lo fissò nei suoi occhi, poi annuì
mestamente.
- Scusa. –
sussurrò.
Il moro sospirò e si avvicinò
a lui. – Scusa tu. Non volevo essere così brusco. Dai…vedrai che non è nulla di
grave. Andrà tutto bene. – disse, annuendo convinto del sue
parole.
Proprio in quel momento vide
Branden alzarsi di scatto e guardò anche lui il punto a cui era rivolto
l’amico.
Un uomo vestito con un camice
bianco ed un paio di occhiali appoggiati quasi sulla punta del naso veniva verso
di loro.
Il bassista prese Quinn per un
braccio e lo fece alzare, raggiungendo il medico.
- Siete qui per il Signor…-
abbassò lo sguardo sulla cartellina che aveva in mano prima di completare la
frase – McCracken? – chiese, tornando a guardarli.
Jeph annuì – Si. Cosa è
successo? Come sta? – chiese, sfregandosi le mani sudate sui
jeans.
- Le cose sono un po’
complicate. Vedete…abbiamo fatto degli esami e in correlazione con i sintomi del
paziente possiamo essere quasi sicuri che si tratti di un caso di pancreatite
acuta. – disse, con tono grave l’uomo.
Il respiro di Quinn si fece
più affaticato ed accorgendosene Branden gli si fece più vicino, posandogli una
mano sulla schiena.
- é…è grave? – chiese ancora
Jeph facendo scrocchiare le dita di una mano.
- Non sono presenti ecchimosi
cutanee quindi possiamo ancora dire che siamo nello stato iniziale della
malattia. – disse, poi prese un respiro profondo.
- Ora dovrò farvi delle
domande, quindi se volete accomodarvi nel mio ufficio per favore…-
Quando furono nell’ufficio del
medico il clima di nervosismo era tangibile.
Quinn stava facendo di tutto
per trattenere le lacrime.
Pancreatite acuta. Che brutto nome che aveva. Ma cosa voleva
dire? Bert era in pericolo? Perché invece di fare così il misterioso
quell’idiota di un medico non si decideva a dire le cose
chiaramente?
Branden giocava nervosamente
con l’orecchino che gli ornava il lobo dell’orecchio destro e continuava a
muovere il piede a terra, guardando in attesa il
dottore.
Jeph era invece seduto
compostamente davanti alla scrivania, ma si mordicchiava il labbro
inferiore.
- Volevo chiedervi se voi, che
vivete con il paziente tutti i giorni potete dirmi qualcosa sul suo conto…-
iniziò il medico, sporgendosi in avanti e puntando i gomiti sulla
scrivania.
Jeph, che sembrava essere
l’unico in grado di farlo, annuì, invitandolo a fare tutte le domande che
voleva.
- Bene…- respirò
profondamente, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi l’attaccatura del
naso.
- Il Signor McCracken ha mai
avuto problemi seri con l’alcool? Beve molto? – chiese, cercando di essere
cauto.
Quinn sobbalzò leggermente
mentre le lacrime gli bagnavano le ciglia.
Lo sapeva. Lo sapeva che prima
o poi quel fottuto alcool gli avrebbe fatto male. Perché non si era imposto?
Perché non aveva fatto ancora di più per farlo smettere?
Inutile. Si sentiva così
inutile.
Jeph sospirò pesantemente e,
dopo aver taciuto per qualche secondo, annuì.
- Si. – sbuffò – Non
nascondiamoci dietro un dito. – disse rivolto più ai suoi compagni che non al
dottore – Si, beve. Molto. Troppo. –
rispose infine.
Il medico annuì, comprendendo.
– L’abuso di alcool e anche di nicotina possono essere le cause principali di
questa patologia. – iniziò, con le sopracciglia
sollevate.
Quinn strinse il pugno,
infilandosi quasi le unghia nel palmo e tese i muscoli del
volto.
- Possiamo vederlo? – chiese
improvvisamente Branden.
- Ancora no. È stato messo
sotto sedativi. I dolori che questo male produce sono molto acuti e dobbiamo
tenerli sotto controllo con antidolorifici molto forti.
–
Il biondino sobbalzò e parlò,
per la prima volta. – Ma…non è in pericolo no? Potete curarlo, vero? – chiese,
speranzoso.
L’uomo sospirò – Nulla è certo
ancora. Ma faremo tutto quello che è in nostro potere per fare in modo che vada
tutto bene. – rispose, guardandolo comprensivo.
Ma quelle parole non lo
rassicurarono neanche un po’ e neanche la mano di Branden che ora stringeva la
sua.
- Comunque potete vederlo
domattina. Vi consiglierei di andare a casa a riposarvi e di tornare domani. –
gli disse poi, con un mezzo sorriso paterno.
Branden sospirò e annuì – Va
bene. Ragazzi dai, andiamo. – disse, tirando su di peso Quinn che sembrava non
essere dotato di vita propria.
Jeph annuì e lo seguì in
piedi, prima di porgere la mano al medico che gliela
strinse.
- Grazie. – disse, con un
sorriso triste.
- Arrivederci. – salutò invece
l’uomo.
Quando uscirono dall’ufficio
però Quinn si allontanò da Branden che lo guardò
sorpreso.
- Non voglio tornare in
albergo. Voglio restare qui. – disse.
Jeph sospirò – Quinn, è
inutile rimanere qui. Non puoi fare nulla. Sta dormendo. – disse, cercando di
convincerlo.
- Beh, se sta dormendo non gli
darò alcun fastidio, no? – disse, poi abbandonò la tecnica da bambino
capriccioso e sospirò – Dai ragazzi. Non riuscirei a dormire comunque, con lui
qui in una camera d’ospedale. – disse, mentre la voce si faceva più
fievole.
Jeph stava per ribattere
ancora, ma fu Branden a prendere la parola.
- Certo. Capiamo. Rimani se
vuoi…io e Jeph torniamo in albergo, no? – si voltò verso il bassista ma quando
vide che stava per rispondere, e non per dargli una risposta affermativa, lo
interruppe ancora, rivolgendosi di nuovo a Quinn.
- Domani mattina presto
torniamo qui. – disse, poi si avvicinò e lo abbracciò
velocemente.
- Grazie Bran…- sussurrò il
chitarrista, poi guardo Jeph – Sta tranquillo, okay? – il ragazzo sospirò e poi
annuì, arrendendosi ai suoi compagni che avevano deciso di coalizzarsi contro di
lui, e lo abbracciò anche lui.
- Va bene. Ma cerca di dormire
almeno un po’, ‘kay? – disse e Quinn accennò un sorriso,
annuendo.
Quando riuscì a trovare la
stanza di Bert, dopo aver bellamente costretto l’infermiera a dirglielo, erano
le undici e mezza di sera.
La testa gli doleva per
l’ansia, la stanchezza e il tanto piangere, ma quando lo vide steso su quel
letto, con i capelli neri sparsi sul cuscino così serenamente addormentato gli
venne spontaneo fare un sospiro ed un piccolo sorriso gli si formò sul
viso.
Gli andò vicino e gli prese la
mano, sedendosi su un divanetto vicino al letto.
- Ehi amore…- sussurrò,
portandosi la sua mano alle labbra e guardando la sua figura
addormentata.
- Mi hai fatto prendere un
bello spavento, lo sai? Ho avuto quasi un infarto…e sono ancora troppo giovane
per morire, non pensi? – il sorriso sparì dal suo volto che prese un espressione
scura e disperata.
Sentì le lacrime pungere i
suoi occhi – E anche tu sei troppo giovane amore mio, per morire. Rimani con me,
okay? Non lasciarmi…- sussurrò, mentre le lacrime scorrevano senza pietà lungo
le sue guance pallide.
- Vorrei così tanto poterti
proteggere da tutto amore mio. -
Poi appoggiò la testa
sull’avambraccio del suo ragazzo e lasciò che la stanchezza lo portasse in un
posto magnifico…dove l’amore è più forte
della morte.
This fortress of tears
I've built from my fears for
you
This fortress won't fall
I've built it strong for
you
[Fortress of Tears – HIM <3]
Okay, ora penso di dover spiegare tutto
questo, no?
Allora...sarà una piccola fanfic di quattro
capitoli [o almeno penso. Purtroppo, o per fortuna non saprei, non ho il dono
della sintesi xD].