Morte per
forza e ferute dogliose
nel prossimo si danno, e nel suo avere
ruine, incendi e tollette dannose; 36
onde omicide e ciascun che mal fiere,
guastatori e predon, tutti tormenta
lo giron primo per
diverse schiere.
(Dante Alighieri, Inferno, canto XI)
Lì, dove muore la speranza
Nell’esatto
momento in cui vide per la prima volta suo padre, Goku si chiese perché mai avesse
espresso un tale desiderio.
No,
l’Inferno non era per tutti; e anche se egli aveva affrontato nemici ben più
spietati della stessa morte, in quella determinata occasione ebbe davvero il
timore che i suoi occhi non avrebbero sopportato a lungo quella vista.
A
fargli male non era tanto l’immagine fin troppo nitida di Bardack
che ardeva tra i roghi infernali: no; egli non sopportava l’idea che le
divinità tutrici della pace e della giustizia potessero riservare ai peccatori
delle pene tanto atroci.
Re
Enma e tutte le divinità Kaio
non si definivano forse buone?
Non
sarebbe stato sufficiente rinchiudere le anime dannate all’Inferno e impedire
loro di uscire di lì?
In
fondo, nessuno mai avrebbe rimpianto tali individui.
Nessuno,
certo; eppure Goku aveva espressamente chiesto al quasi onnipotente drago Shenlong di fargli vedere almeno una volta suo padre.
Per
un attimo – uno solo – si pentì di tale richiesta, ma ciò non fu sufficiente
dal farlo desistere. Voleva e doveva parlargli, in qualunque modo e a qualunque
costo.
«Allora,
ti decidi oppure no?»
Goku
si voltò per un attimo verso la sua guida e ne incrociò lo sguardo.
Impassibile.
Era
chiaro: da quando il figlio di Al Satan aveva
assorbito l’ex Supremo, anch’egli era divenuto una sorta di divinità. Era
dunque la sua parte buona a renderlo
tanto cinico? Il suo vecchio amico e rivale Piccolo sarebbe inorridito di
fronte a tanta crudeltà.
«Vado,
vado immediatamente.»
***
Bardack aveva perso tutto, a parte la capacità di soffrire.
Gli
dei non gli avevano nemmeno concesso la possibilità di bruciare sul serio.
Da
circa un’eternità, ormai, egli sentiva la propria pelle squagliarsi e le
proprie ossa bruciare; eppure, nonostante l’incessante scorrere del tempo,
ancora conservava tra atroci dolori e indicibili pene la consapevolezza di esistere.
Quella
era la sua condanna: continuare a possedere un’anima.
Già;
ma cosa aveva fatto per meritarsi tutto ciò?
Perché
non riusciva a ricordare chi egli fosse?
«Papà»
Ecco,
quello doveva essere un altro dannato.
Uno
nuovo, per giunta.
Gli
capitava spesso di udire le voci di qualcuno intorno a sé. Di solito, si
trattava di lamenti disperati, di urla e di pianti. Voci che poi,
inesorabilmente, nel giro di pochi giorni finivano col spegnersi.
Come
la sua, del resto.
«Papà,
riesci a sentirmi?»
Eppure,
il nuovo arrivato non sembrava affatto sofferente.
Non
nel fisico, per lo meno.
La
melodia di quella voce aveva qualcosa di decisamente anomalo rispetto ai toni
infernali. Sembrava molto più pacata, più intensa… più viva.
«Fa’
uno sforzo, papà, ti prego!»
Quel
tipo doveva essere un guardiano celeste.
Forse,
Re Enma aveva deciso di mandare qualcuno all’Inferno
a dare un’occhiata.
O
ad aumentare le pene.
«Pap…»
«Basta,
Goku. Mi dispiace, ma il tempo è scaduto. Una creatura ancora in vita non può
giacere troppo a lungo negli Inferi, lo sai bene.»
Il
saiyan indietreggiò di qualche passo, mantenendo lo
sguardo sul corpo martoriato del proprio genitore.
Certo,
egli conosceva le regole, e lo stesso Re Enma lo
aveva avvertito: se proprio lo desideri,
parlargli, ma non sperare che possa risponderti. Hai solo pochi minuti per
provarci: usali come meglio credi.
«È
tempo di andare. La tua permanenza qui è durata fin troppo.»
Goku
chiuse gli occhi e si lasciò sfuggire una lacrima.
Dentro
quell’unica goccia di acqua e sale era racchiusa tutta l’amarezza di un figlio
che non aveva potuto salutare degnamente il proprio padre.
Bardack aveva meritato quella pena, in fondo: aveva vissuto da
assassino.
Eppure,
chissà perché, il giovane saiyan avrebbe fatto di
tutto per tirarlo fuori da lì.
Il
guerriero si voltò e prese a seguire la sua impassibile guida.
Ora
sapeva che cosa avrebbe chiesto l’anno successivo al drago Shenlong.
FINE
Angolo
dell’autrice
Dopo
quasi un anno di assenza, torno a pubblicare una storia su EFP, e lo faccio
buttandomi nuovamente sul mio fandom preferito.
Chi
mi conosce – ammesso che qualcuno si ricordi ancora di me – sa bene che questa
non è la mia prima storia incentrata su un Inferno ispirato a quello di Dante
Alighieri. I riferimenti sono molti: si va dall’estrema crudeltà delle pene, ai
dannati arsi vivi, al fatto che non ricordino il loro passato etc.
Come
il Sommo Poeta, anche Goku ha bisogno di qualcuno che lo accompagni, e proprio
per tale motivo ho fatto figurare anche Piccolo – che, in questo caso, diviene
la controfigura di Virgilio.
Anche
se il lieto fine di questa storia è solo accennato – Goku, nel finale,
prospetta di far resuscitare Bardack – spero comunque
che la lettura sia stata di vostro gradimento. Voglio specificare inoltre che
il fatto di non voler esplicitare in quale saga/serie il saiyan
abbia chiesto al drago Shenlong di poter vedere suo
padre è una scelta assolutamente voluta.
Grazie
a chiunque abbia speso un po’ del suo tempo per leggere questa storia.
A
presto,
9dolina0