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Autore: Grify    17/02/2016    3 recensioni
Un anno dopo l'iniziazione di Quattro, Olivia: una ragazza abnegante di nome ma non di fatto, impulsiva e arrogante, durante la sua cerimonia della scelta abbandona senza remore la sua fazione per entrare a far parte degli intrepidi. Da subito attira su di se le attenzioni di Eric, capofazione, intrepido e incubo degli iniziati; che siano positive o negative questo è tutto da vedere.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Pov. Eric
-Sveglia! Sveglia razza di pappamolle! Avanti, in piedi!
Queste sono le prime parole che dico non appena irrompo nel dormitorio dei trasfazione. Lo ripeto girando per le brandine, sbattendo la mia torcia contro le testate in ferro producendo forti suoni metallici. Un ghigno malefico mi spunta sulle labbra al sentire i loro mugolii di protesta. Mentre continuo il mio giro noto la trasfazione rigida continuare bellamente a dormire, a differenza dei suoi compagni che, seppur di malavoglia, stanno iniziando svegliarsi e stropicciarsi gli occhi; così mi avvicino, registrando in poco meno di tre secondi una miriade di dettagli, come le sue labbra lievemente socchiuse, piccole e sottili, di un rosa molto pallido, con un leggero rigonfiamento sul labbro inferiore, una vera e propria tentazione a prenderlo tra i denti per scoprire se è così soffice come promette di essere alla vista. Poi mi ricordo il mio ruolo di capofazione e scaccio tutti questi pensieri molesti. Forse quando sarà un'intrepida...
Le punto la luce della torcia a pochi centimetri dalle palpebre, guadagnando un'espressione infastidita e facendola girare dall'altro lato. Come fa ad essere così fastidiosamente incredibile?!
Ritento sbattendo la torcia contro la testata in ferro della sua brandina e lei immerge quasi completamente la faccia nel cuscino. Senza che io riesca controllarlo gli angoli delle mie labbra si piegano all'insù alla scena di quel corpicino rannicchiato su se stesso sotto le coperte. Strattono con foga quest'ultime, scoprendo subito dopo che una sformata maglietta nera è l'unica cosa che indossa, un leggero strato di stoffa sotto la quale si cela un mondo, che a me non è concesso di esplorare. E per la seconda volta nel giro di un giorno mi ritrovo a percorrere avido le sue gambe nude per quasi tutta la loro lunghezza.
Quella non poco gradevole visione dura per pochi istanti prima che con uno scatto la trasfazione si riimmerga nelle lenzuola fino al mento, lanciandomi uno sguardo che potrebbe anche vagamente sembrare arrabbiato se non fosse per il velo di sonnolenza che lo copre.
-Ma cosa ti dice il cervello? 
Mi rimbrotta lei tutta scarlatta in viso. 
Non posso fare a meno di paragonarla ad un cucciolo di leone, con quei capelli gonfi e disordinati e il suo modo di guardarmi. Una leoncina. 
*Ti piacerebbe se quella leoncina ti mettesse gli artigli addosso, eh?*
Si intromette la familiare vocina, che saggiamente ignoro.
-Alzati. ORA.
Le ordino avvicinando il viso al suo, che si ritrae di scatto, sprofondando la testa sul cuscino.
-Perché?! 
Chiede di rimando supplicando con lo sguardo di poter continuare a dormire. Piccola, ingenua leoncina.
Quando rispondo, lo faccio con usando un tono di calma apparente sotto cui celo volutamente una minaccia.
-Perché lo dico io.
Rimaniamo per un tempo indefinito a fissarci, lei si ostina a non abbassare lo sguardo, così ingaggiamo una lotta le cui armi sono i nostri occhi e la capacità di incutere timore con essi. Alla fine lei, senza smettere di fissarmi truce, si alza dal letto, scalciando via le coperte e alzandosi in piedi con le braccia incrociate sotto il seno, mettendo così in bella mostra tutta la pelle che la maglietta non riesce a coprire. Dalla sua espressione non traspare imbarazzo, se non un accesa colorazione rosso fragola nella zona delle guance.
"Quanto potrei divertirmi con lei".
Penso con un pizzico di rimpianto.
-Vi do il tempo che impiegherò per uscire dalla stanza per mettervi qualcosa addosso, dopodiché voglio che siate tutti pronti e fuori dalla porta; se non ci arrivate sarà peggio per voi.
Avviso i trasfazione facendo un giro su me stesso, incamminandomi verso l'uscita.
Mentre attraverso l'uscio sento vari mormorii affannosi e fruscii di coperte e stoffe. Ottimo.
Una volta uscito conto fino a tre prima di voltarmi, trovando, come mi aspettavo, tutti i trasfazione al mio seguito. Cammino per i corridoi senza dire una parola fino ad arrivare al pozzo, dove noto che Lauren è già arrivata con gli interni al seguito, che non fanno altro che borbottare e sbadigliare come ippopotami. Una volta raggiunti io e Lauren guidiamo gli iniziati sul terrazzo, sogghignando. Una volta arrivati a destinazione ci troviamo di fronte i residui della festa di stanotte: mille bicchieri sparsi ovunque, roba da mangiare e da bere per terra, vomito e altre cose del genere; mi volto per osservare le espressioni degli iniziati e, in quasi tutti, è dipinta in faccia la confusione, perciò mi accingo a spiegare con una sola, semplice parola:
-Pulite.
Un coro di "EH?" "Come?" e "Cosa?" si leva dagli iniziati, che mi guardano sconcertati; e io trattengo una risata. 
"Proprio così"
-Prendete stracci e sacchi e mettetevi a pulire.
Ribadisco impassibile, indicando gli attrezzi delle pulizie riposti in un angolino, che loro ancora non avevano notato.
-Perché dobbiamo farlo? 
Chiede un tizio tra il gruppo avanzando con aria spavalda. Pessima mossa. Cammino anche io verso di lui e posso percepire perfettamente ogni cellula del suo corpo che freme per mettere quanta più distanza da me. Troppo tardi.
-Cosa hai appena detto?
Gli chiedo guardandolo, immaginandomi diversi scenari che finiscono tutti con lui coperto di sangue; e non di certo il mio.
-Ho chiesto: perché dobbiamo farlo? Signore.
Mi risponde mantenendo un tono neutro. Ha fegato, lo ammetto...almeno finché non glielo avrò strappato a morsi.
-Perché io sono un capofazione, tu, invece, solo un iniziato, che forse, anzi, molto probabilmente, non entrerà mai a far parte degli intrepidi, perciò se vuoi avere anche solo una minima possibilità di farcela...ubbidisci agli ordini dei tuoi superiori!
Gli ringhio contro, lottando contro l'istinto di tirargli un pugno.
-Qualcun'altro ha qualcosa da obbiettare?
Chiedo rivolgendomi agli altri iniziati. Mi soffermo ad osservare la rigida, buttata in un angolo isolato con le braccia attorno al corpo e i lunghi capelli a coprirle le guance. Sembra che stavolta non abbia niente da dire; eppure...non posso fare a meno di punzecchiarla.
-Tu, rigida dalla lingua lunga, non hai niente da dire?
Alza gli occhi su di me, guardandomi con indifferenza mista ad apatia.
-No...sono troppo stanca per assecondare il tuo bisogno di attenzione.
Mi risponde in tono annoiato. Gli altri iniziati trattengono il respiro, alternando lo sguardo da me a lei, in attesa.
"Come diamine fa a scegliere sempre e accuratamente le uniche parole in grado di farmi saltare i nervi?"
In tanto lei se ne sta ferma a guardarmi, forse non rendendosi neanche conto di quanto io sia arrabbiato, o forse si...chi può saperlo.
-Troppo stanca?
Muovo un passo nella sua direzione. Gli iniziati indietreggiano in massa. Un altro passo. Lei rimane immobile.
-Troppo stanca?
Ripeto, continuando ad avanzare.
-Troppo...
Un altro passo.
-Stanca?
Da questa distanza riesco a scorgere la piccola macchia celeste che emerge dal blu-oceano dei suoi occhi. Troppo piccola in confronto a quell'oceano blu, eppure riesce comunque a distinguersi se guardata con attenzione.
-Oh, avanti, smettila di procrastinare, puniscimi in uno dei tuoi modi sadici e perversi e facciamola finita.
Sussurra in modo da farsi sentire solo da me. La osservo cercando nella sua espressione una minima traccia di paura o timore, ma niente.
"Quindi è questo ciò che vuoi, eh? Penso di poterti accontentare"
Indico uno degli iniziati interni, dicendo:
-Vai a prendere una corda spessa, gli altri si mettano a lavoro...tu, invece, vieni con me.
Concludo afferrando la rigida per un braccio. La trascino fino al cornicione del tetto, lei inerme come una bambola di pezza, l'espressione insofferente.
-Sali.
Le ordini rivolgendole un sorriso che non coinvolge gli occhi, nella sua maschera di impassibilità si forma una crepa e lei tentenna qualche secondo prima di salire, guardandomi con confusione; nel frattempo il ragazzo di prima torna con la corda. Faccio girare la rigida verso di me e le lego i polsi con la corda, stringendo con forza fino a farle sbiancare la pelle, il tutto sotto lo sguardo, che ora lascia chiaramente trasparire agitazione e confusione, della ragazza. Un lume di comprensione si accende nei suoi occhi, sostituito poco dopo dal panico. Mi guarda con gli occhi sgranati simili a quelli di un animale in procinto di essere catturato, cercando di scendere dal cornicione.
-Eric...no!
Dice concitatamente. Afferro l'altra estremità della corda, poi le metto una mano sull'addome e faccio pressione. L'urlo agghiacciante della trasfazione che cade dal cornicione riempie l'aria e mette in allarme tutte le persone presenti, che si avvicinano come uno sciame d'api. Il suo corpo si tira dietro la corda, che si tende quando incontra l'ostacolo della mia mano che tiene l'estremità, impedendo alla trasfazione di sfracellarsi al suolo.
-Falla risalire! Falla risalire! Potrebbe morire, la corda potrebbe spezzarsi.
Mi grida dietro la sua amica bionda affacciandosi al cornicione, guardando ad intermittenza me e la rigida.
-Mi hai sentito?! 
Persiste cercando lei stessa di tirarla su, venendo però fermata da un ragazzo non bene identificato. Lego la corda ad un gancio sul pavimento e, prendendomi tutto il tempo, mi avvicino alla biondina.
-Torna a lavoro.
Le dico, quasi annoiato, ricevendo un'occhiata di fuoco. Lei e il ragazzo mormorano tra di loro per qualche secondo, lui tenta di convincerla a lasciar perdere e che sarebbe andato tutto bene, alla fine mi intrometto io:
-Mettiamola così, prima voi finite, prima la tua amica potrà tornare coi piedi per terra. Ti conviene muoverti, perché non so per quanto reggerà la corda.
Lei mi guarda per qualche secondo, alla fine distoglie lo sguardo e si allontana. 
"Brava ragazza" Penso mentre a poco a poco tutti ritornano a pulire.
I minuti trascorrono mentre cammino avanti e indietro sul cornicione, buttando di tanto in tanto qualche occhiata alla trasfazione, che resta stranamente zitta. Quando anche l'ultima briciola sparisce dal pavimento, con un salto scendo e afferro la corda tirandola verso di me, finché le braccia della rigida non sbucano dal bordo e gli si aggrappano. Mi avvicino e la prendo per le spalle per aiutarla, solo allora mi accorgo, con un tuffo al cuore, della sua faccia pallida come quella di un morto e che sta tremando da capo a piedi; si lascia sollevare oltre il cornicione senza opporre resistenza e a quel punto capisco, che davvero qualcosa non va.
OLIVIA
Sono ferma davanti ad Eric dopo aver trascorso l'ultima mezz'ora sospesa in aria e con le mani legate, i miei piedi che poggiavano nel vuoto, la corda che bloccava la circolazione all'altezza dei polsi, la mia vita appesa letteralmente ad un filo, paralizzata dalla paura, sentendo il ticchettare dei passi di Eric sopra di me. Eric. Alzo lo sguardo su di lui, gli occhi talmente spalancati da bruciare, e lo guardo con una rabbia tranquilla, non quella che ti spinge a picchiarlo fino a farlo svenire (beh forse anche quella) ma una che ti fa meditare una fredda vendetta. Mi allontano da lui senza un fiato, stringo le mani a pugno e mi posiziono al fianco di Lisa. Lei senza dire una parola mi prende la mano e la stringe, dandomi conforto.
Il capofazione sembra fortunatamente non voler girare il coltello nella piaga, limitandosi a lanciarmi un'occhiata che non so bene come interpretare. Il rumore di una porta che sbatte ci fa voltare tutti verso l'ingresso, da cui esce Tobias, vestito con un jeans nero e maglietta a mezze maniche dello stesso colore, fa qualche passo e si posiziona al fianco di Eric, mentre Lauren se ne va.
"Gli avrà dato il cambio"
Penso, poi mi giro sentendomi osservata e scorgo lo sguardo di mio fratello su di me, probabilmente ha intuito che qualcosa non va, abbasso lo sguardo sul pavimento, nessuno ancora ha spiccicato una parola e il silenzio inizia a farsi scomodo.
-Ora che Quattro è qui, tra poco faremo una gita alla recinzione, il treno arriverà a minuti.
Annuncia Eric posizionandosi vicino il cornicione, subito seguito a tutti gli altri.
-Tutto bene? Vuoi tornare al dormitorio? Adesso che c'è Quattro, lui sicuramente te lo permetterà.
Mormora la mia migliore amica accarezzandomi i capelli, e io a questo punto mi chiedo quanto possa sembrare stravolta in questo momento.
-No, sto bene. Sono solo un po'...scossa.
Al che Lisa mi guarda con le sopracciglia corrugate, insicura.
-Davvero.
Aggiungo con veemenza, mentre Amy, Roy e ciuffo rosso si avvicinano a me e Lisa simultaneamente.
-Ragazzi, davvero, sto bene.
Li prevedo prima che possano lanciarmi sguardi compassionevoli, cercando di essere convincente.
-Quel capofazione è un mostro! 
Sbotta Lisa guardandolo con un misto di rabbia e disgusto.
-Ve l'avevo detto che con lui non c'era da scherzare.
Dice Roy mettendosi al fianco della mia amica. 
-Però sembra che lui l'abbia puntata, quasi come se si divertisse. Sembra uno scienziato pazzo e sadico con la sua cavia, senza offesa Olivia.
Considera l'ex erudita prendendosi il mento tra il pollice e l'indice mentre George, senza dire niente, si toglie la sua giacca di pelle e me la mette sulle spalle. 
-Nessun offesa.
Rispondo tranquillamente mentre mi volto a guardare il ragazzo, con un po' di imbarazzo, che ricambia con uno sguardo sinceramente premuroso.
-Grazie.
-Amy ha ragione, Eric sembra avere una fissa per lei e a questo punto non so fino a dove si spingerà.
Asserisce Roy seriamente, mettendo con nonchalance una mano sulla vita di Lisa, e in quel gesto, anche se minimo, si nota qualcosa di più di un semplice contatto casuale. l'unica reazione della bionda è quella di irrigidirsi per un attimo. Faccio un'espressione interrogativa, mentre mille interpretazioni di quel gesto mi svolazzano in testa.
-Ahem, se non ve ne foste accorti il treno sta arrivando.
Si intromette la ragazza interna dai capelli blu del primo giorno, sbucando da dietro la spalla di George. Tutti allora ci giriamo verso i binari, eravamo talmente concentrati a parlare da non aver sentito il rumore metallico delle rotaie. Mi sistemo meglio il giubbotto, in modo che non mi scivoli quando salterò, in tanto che il treno si avvicina; i primi a saltare sono ovviamente Eric e Quattro, seguiti da tutti gli altri, io mi metto a correre parallelamente al treno e, quando mi sento abbastanza sicura, salto prima sul cornicione è da lì mi do la spinta per fare un balzo che mi fa atterrare con metà corpo dentro un vagone e l'altra metà fuori.
Entro completamente e mi sporgo fuori per vedere prima Lisa e poi Amy saltare dentro. Ci sediamo tutte e tre in un posticino del vagone, iniziando a parlottare tra noi.
-Lisa, sarei indiscreta se ti chiedessi di Roy e te? Ci sono sviluppi?
Domando, facendola sorridere a trentadue denti mentre fissa il suo sguardo in un punto davanti a se. Si morde la lingua con i denti prima di voltarsi con gli occhi lucidi e rispondermi:
-Ieri alla festa mi ha baciata! 
Il suo tono è basso e concitato e non smette di sorridere, io sgrano gli occhi e mi apro in un sorriso.
-Con baciata intendi...sulle labbra?
Si informa Amy, Lisa risponde con un poderoso cenno della testa.
-È fantastico! Ho sempre saputo che sarebbe successo, lo sapevo, lo sapevo!
Esulto agitandomi sul posto, non riuscendo a contenermi scuoto i pugni come se avessi vinto chissà quale gara.
-E mi ha anche chiesto di uscire insieme stasera.
Aggiunge, cercando di sembrare tranquilla, ma tradendo si con la voce insolitamente sottile.
-È...ottimo.
Commenta Amy con un gran sorriso.
-Cosa ti metterai?
Le chiede, aprendo, già lo so, un interminabile discorso.
-Mmm, non lo so; in effetti non ho avuto molto tempo per pensarci, cosa pensi che dovrei mettermi?
E così abbiamo passato tutto il tragitto a parlare di cosa metterà all'appuntamento. Siamo arrivate a destinazione con qualche idea, ma niente di deciso. 
Ovviamente ci accorgiamo di essere arrivati non dal fatto che il treno rallenta, anzi, forse va più veloce di prima, il che significa che dovremmo saltare giù, ma ce ne accorgiamo perchè il capofazione ci urla di scendere, per poi buttarsi giù dal treno l'attimo dopo: fa una capriola in aria e atterra agilmente in piedi sul terreno, senza vacillare neanche un po', le braccia leggermente aperte. La sua figura si staglia contro la delicata luce aranciata del tramonto, che conferisce ai suoi capelli, di solito sono di un biondo molto chiaro, dei caldi riflessi dorati. La luce sembra abbracciare i contorni del suo corpo, creando degli effetti di chiaro-scuro che evidenziano i muscoli marmorei delle spalle e della schiena. "Dannato capofazione dal corpo statuario".
All'improvviso sento qualcosa spingermi in avanti e, presa in contropiede, non riesco ad aggrapparmi e cado dal treno, cerco di darmi un minimo di spinta e di coprirmi il viso con gli avambracci per attutire l'impatto, ritrovandomi a ruzzolare nel terriccio. Quando l'attrito mi fa smettere di rotolare mi tolgo le braccia dal viso, indolenzita a causa delle pietruzze che mi si conficcavano nella carne durante la caduta, e mi rimetto in piedi, spazzolandomi i pantaloni e il giubbotto per togliermi di dosso i residui del terreno; guardo poi Amy e Lisa, a cui a giudicare dal loro aspetto è toccata la mia stessa sorte; qualche metro più avanti Owell, il gemello di Lisa e qualche altro che non conoscono se la ridono prendendoci in giro. Li guardo malissimo, mostrandogli i denti, sicura che loro sono i colpevoli.
"Ma perchè tutti i farabutti devono usare me come valvola di sfogo? Perché?"
Mi avvicino a passi pesanti verso di loro è una volta arrivata abbastanza vicino di un pugno sul petto a Owell.
-Siete malefici!
Ma non faccio in tempo a dire o fare nient'altro che le mie due amiche mi raggiungono e mi trascinano via, non prima però di aver inveito contro quei dannati, che continuano a ridersela.
Emetto un verso di frustrazione.
-Sono tutti così spregevoli.
Sbotto scuotendo i capelli per togliermi il terriccio.
-Lasciali perdere, meglio non attirare ulteriormente l'attenzione.
Dice Amy lanciandogli uno sguardo arrabbiato.
-Ma non possiamo neanche fargliela passare liscia, questo è poco ma sicuro. Mi hanno rotto.
Ribatte Lisa a denti stretti.
Il gruppo inizia a muoversi, capeggiato da Quattro ed Eric, dirigendosi verso la recinzione; li seguo in silenzio, a braccia conserte con la testa china, sguazzando  internamente nel mio pessimo umore.
Quando siamo vicini saliamo una scala in metallo traballante e rumorosa e arriviamo fino alla parte più alta della recinzione, oltre la quale si trovano i campi coltivati dei pacifici, che in lontananza appaiono come un puzzle multicolore: il rosso dei pomodori, il verde della lattuga, il giallo dei peperoni e il viola intenso delle melanzane. Eric inizia a parlare, esponendo il lavoro che fanno le guardie alla recinzione e qualcos'altro che non sono in vena di ascoltare, preferendo concentrarmi sul piacevole odore delle fioriture che viaggia attraverso il vento mattutino; inspirare l'inconfondibile aroma di natura dopo una settimana passata sepolta al quartier generale degli intrepidi mi calma un poco. I minuti si trascinano pigri mentre mi guardo intorno o gioco con la cerniera della giacca di George o mangio le unghie, e di tanto in tanto ascolto anche qualche parola del capofazione. 
Guardando l'orizzonte mi chiedo come mai dopo tanti anni ancora nessuno abbia pensato di spingersi oltre, di scoprire cosa cela il resto del mondo. Cosa può mai esserci di così pericoloso da frenare il coraggio degli intrepidi, la sete di conoscenza degli eruditi e la ricerca della verità dei candidi? 
Qualcuno mi schiocca le dita davanti gli occhi, riscuotendomi dai miei pensieri.
-Ti eri incantata?
Mormora divertita Lisa.
-Stavo pensando...
Rispondo, mentre la curiosità continua a stuzzicarmi la mente da un angolino remoto.
-Okay, noi invece stavamo pensando a come vendicarci di Owell e Matthew.
-Mmm...e cosa avete escogitato?
Alla mia domanda le due ragazza si scambiano degli sguardi complici accompagnati da un sorrisino, poi iniziano a espormi con dei sussurri concitati il loro piano. Mentre spiegano ad un certo punto mi metto una mano davanti la bocca per trattenere una risatina.
-Ci sto.
Affermo dando un'occhiata alle "vittime".
-Perfetto, allora quando torniamo ci mettiamo all'opera.
Dice Lisa.
-Prima però dobbiamo pensare al tuo appuntamento.
Ribatto, ed Amy concorda con me.
-Tu dovresti pensare al tuo corteggiatore, un certo interno con i capelli rossi.
Mi canzona Lisa passando una mano sulla giacca di pelle, sorrido imbarazzata sotto il suo sguardo malizioso e mi stringo nelle spalle.
-È stato gentile prima, come d'altronde anche voi.
Ammetto, non sapendo cos'altro dire e sperando che il discorso si concluda in fretta.
Fortunatamente dopo qualche commento da parte delle due l'argomento si chiude e iniziamo a parlottare d'altro finché gli altri iniziano a muoversi. Mi guardo intorno per qualche secondo, il capofazione ha smesso di parlare e tutti stanno scendendo dalla stessa scala con cui prima siamo saliti, così li seguo, un po' confusa. 
-Stiamo tornando al quartier generale? 
Domanda Amy, guardandosi intorno.
-Credo di si.
Le rispondo, scendendo l'ultimo gradino.
-Si, belle addormentate, stiamo tornando a casa.
Si intromette Roy, che aggira gli ultimi quattro gradini con un salto, atterrando con un tonfo al nostro fianco.
-Io direi più belle che addormentate.
Ribatte Lisa con un sorriso malizioso.
Di colpo sento Quattro ed Eric prorompere all'unisono, facendo cessare all'istante i vari mormorii:
-Attenti!
Subito faccio saettare lo sguardo a mio fratello e lo vedo lottare contro tre persone, esclusi, dal modo in cui sono vestiti, disposte a semicerchio intorno a lui; sposto l'attenzione dalla scena e mi accorgo che nell'arco di pochi secondi altri esclusi ci hanno circondato, alcuni armati di sbarre di ferro, altri di coltello, e ci si lanciano contro da ogni direzione. La maggior parte di noi inizia a rispondere agli attacchi e ben presto la situazione degenera, fino a venirsi a creare un miscuglio di corpi che sferrano e ricevono colpi. Per quanto mi riguarda rimango impalata a fissare esclusi e intrepidi scontrarsi, come se stessi guardando la scena attraverso un vetro; in un angolino della mia mente una vocina mi dice che, da iniziata intrepida, dovrei buttarmi nella mischia e combattere, ma trovarsi catapultata in una situazione del genere, reale, è sconcertante. 
Il rumore di un colpo di pistola si impone su ogni altro suono, oltrepassa la mia testa come come un colpo di frusta, sbattendomi coi piedi per terra, come se fino a quel momento stessi dormendo ad occhi aperti. Faccio uno scatto verso un escluso che impugna un coltello a mezz'aria, gli afferro il braccio con entrambe le mani per disarmarlo, lui mi spinge e io gli salto addosso conficcandogli le unghie nel collo, poi gli torco il polso con tutta la forza che ho fino a quando non schiude la mano, facendo cadere a terra l'arma; lui tenta di scrollarmi di dosso e io lo lascio fare, senza dargli tempo di reazione gli do una ginocchiata nello stomaco facendolo piegare in due, si butta su di me per darmi un pugno ma di riflesso mi scanso e raccolgo il coltello da terra, puntando lo sguardo sul ragazzo che adesso è di spalle. Scorgo ai lati del mio campo visivo un'ombra spostarsi velocemente verso di me, d'istinto ruoto su me stessa menando un fendente obliquo che provoca uno squarcio sulla guancia dell'aggressore. Alla vista della ferita che ho provocato ho un attimo di esitazione, ma capisco troppo tardi che ho fatto un passo falso; basta infatti quell'attimo al ragazzo alle mie spalle per bloccarmi le braccia dietro la testa con una mano e strapparmi il coltello con l'altra, premendomelo poi alla base della gola. Gli graffio ripetutamente il dorso della mano, scalcio e mi agito tentando di fargli lasciare la presa, ottenendo soltanto un colpo alla testa col manico del coltello, proprio nel punto in cui Tamara mi aveva inferto una ferita la sera prima, che si riapre facendomi colare del sangue sulla fronte.
-Ferma! O mi costringi a farti male.
Mi grida all'orecchio il ragazzo, poi inizia a trascinarmi attraverso quella matassa di armi, pugni e calci. Ognuno è troppo impegnato a combattere per accorgersi di me e io troppo stordita dal dolore alla testa per fare qualcos'altro oltre ad opporre una debole resistenza; cerco di gridare, ma la mia voce si perde tra la confusione generale. Ci allontaniamo sempre di più dalla mischia e il panico inizia ad essere più vivido man mano che le voci si attutiscono. 
-Che cosa vuoi da me?
Grido avvilita, piantando bruscamente i piedi per terra; i battiti del cuore accelerano fino a raggiungere un ritmo allarmante e i polpastrelli formicolano sotto la pressione del sangue sulle punte delle dita. Assalita da un maledetto senso di impotenza ricomincio a dimenarmi violentemente, cerco di colpirlo ma lui rinforza dolorosamente la presa sui miei polsi, mi dà uno strattone e continua a trascinarmi di peso verso i binari del treno.
  
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