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Autore: Anonimadelirante    18/02/2016    1 recensioni
Il ‘per sempre’ è composto di tanti ‘adesso’.
“Paige ride e si produce in un inchino inelegante; con quel sorriso che è la conseguenza logica di ogni azione di Derek – perché è così assurdo, e non è come se avesse poi chissà quale altra scelta, come se potesse fare a meno di sorridergli, ogni volta che lui se ne esce con questo tipo di gesti, così incredibilmente imbarazzanti e inadatti a qualsiasi tipo di cotesto. Così buffamente, tragicamente, romantici. [...]
Derek ricambia l'occhiata, ed è solo un secondo, davvero.
È solo un secondo, ma è come se, improvvisamente, tutti quegli anni, quei mesi e quei secondi si contraessero in uno spasmo del cuore; come se la vita iniziasse e finisse nel sorriso scanzonato di Stiles.”
[Past!Paige/Derek, pre-Stiles/Derek | spoiler 3x08 & futur!fic]
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Paige, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '‘U.P.’ – Gloria in exelsis deo'
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Pairing/Characters: Multiparing perché sì. Principalmente Derek/Paige e Sterek. Con la partecipazione speciale di Joshua (OC fidanzato di Laura) le sorelle Hale e tutto il pack al completo.
Avvertimenti: fluff e altra roba da cariare i denti
Disclaimer: i personaggi non mi appartengono manco un po', ma sono di quella mente perversa di Jeff (e company). In particolare, non mi appartengono Derek, Stiles e Paige (sig c,c)
Word Count: 1053 w.
N/A: Nulla di nuovo sul fronte occidentale. Nuova OS per la serie ‘U.P. – Gloria in excelsis deo” e- boh. Davvero, nulla di nuovo. Ci si sente nell'angolo recensioni, per proteste del tipo “speravamo di esserci liberati di te!”

 

 

 

 

 

 

Sedici anni, tre mesi
e diciassette giorni (secondi)
Il ‘per sempre’ è composto di tanti ‘adesso’
(Emily Dickinson)

 

 


Ha sedici anni, tre mesi e diciassette giorni la prima volta che se ne rende conto.
Paige si alza in piedi con un colpo di reni, passandosi una mano sulla stoffa della gonna – canticchia, un motivetto che suonava il pomeriggio prima col violoncello e si stiracchia, allungando le braccia verso il cielo terso. Derek l'accarezza con lo sguardo, la testa rovesciata verso l'alto, un sorriso sbilenco sul volto. È quasi estate, la scuola è agli sgoccioli e il parco della cittadina è affollato di bambini schiamazzanti, al sole dei primi di giugno.
Paige continua canticchiare, e la luce del sole le scivola addosso, ballando insieme a lei sull'erba fresca.
Ed è in quest'istante – le gambe di Paige che si muovono al ritmo della brezza, il vestitino bianco che le volteggia attorno, le labbra che si schiudono e gli occhi che ridono, e lo fissano – che Derekcapisce. Con un'ombra di sicura intuizione, si lascia scivolare dentro il calore di quel pomeriggio, in una fitta tiepida al petto: la ama.
Be', forse questo no, non ancora. Ma potrebbe amarla, se solo avesse il tempo di scoprire cosasignifica. Ha sedici anni, tre mesi e diciassette giorni e ancora non ci pensa, a cose come “per sempre”. Tanto meno a “finché morte non ci separi” – la morte è così lontana e lui ha solo voglia di ridere, ridere e stringerla fra le bracca; e non lasciarla andare mai più.
Ancora non ci pensa – “nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia” – ma ha questo sentore, una eco lontana, come un gattino accoccolato sul petto, che prende a far le fusa all'improvviso – e ancora non ne ha idea, “di amarti e onorarti”, ma Paige sta volteggiando e ride, ride – e all'improvviso è così bella, lo è sempre stata, con quel vestitino bianco e i fiori intrecciati fra i capelli.
Derek arriccia il naso. Balza in piedi, sbilanciandosi in avanti e acchiappandola per un braccio.
Paige smette di cantare, si blocca: «Cos-». Sono così vicini che basterebbe sospiro e sarebbe l'ennesimo bacio che Derek le ruba in quel modo, ma questa volta è lui ad allontanarsi per primo. Lei barcolla per un attimo, ma è un momento troppo breve, perché cada – le labbra di Derek sono tiepide e sorridono contro la sua mano. Paige ride e si produce in un inchino inelegante; con quel sorriso che è la conseguenza logica di ogni azione di Derek – perché è così assurdo, e non è come se avesse poi chissà quale altra scelta, come se potesse fare a meno di sorridergli, ogni volta che lui se ne esce con questo tipo di gesti, così incredibilmente imbarazzanti e inadatti a qualsiasi tipo di cotesto. Così buffamente, tragicamente, romantici.
E rimangono lì, a caracollare sul prato, una addosso all'altro, dondolando al ritmo di una canzone finita ore prima.
Paige ride sul suo petto, e Derek può sentire le sue labbra premergli contro la maglietta, il suo corpo vibrare contro il suo.
Ha sedici anni, tre mesi e diciassette giorni e ancora non ha idea di cosa gli riserberà la vita, ma sa, con istintiva sicurezza – semplicemente, sa – che rimarrebbe così per sempre, secondo dopo secondo, fino formare un futuro lontano, a stringere Paige e non temere.

 

(Cora strilla, su un'altalena poco lontana, e Laura parlotta con quello che assolutamente non è il suo ragazzo – «Ma come cavolo ti viene in mente! Io Joshua siamo solo amici
Si sono incrociati mentre risalivano la stradina di ghiaia che porta all'aiuola dietro gli scivoli.
Paige è letteralmente impazzita, quando ha visto Cora, tutta treccine e grandi occhi da bambina e ha preteso di rimanere ai giardinetti con loro. Peter si è appoggiato ad un albero, una smorfia in viso che ha sempre, da un po' di tempo a questa parte.
Derek lo ignora.)

 

 

***

 


Sono passati anni, mesi e, a volte Derek li ha contanti, moltissimi secondi – s'è trovato adulto, senza essere sicuro di essere cresciuto. Di certo è invecchiato.
Ci sono state poche cose – pochi prima e dopo – nella sua vita, che avrebbero potuto farlo crescere, senza invecchiarlo annientarlo ucciderlo.È sotto il porticato di una casa non sua – o forse sì, è solo una questione di prospettive: Scott dice che è sua come di tutti gli altri, visto che è stata ufficialmente nominata “la casa delle vacanze del branco” – e rimane appoggiato alla ringhiera in legno. Sorride.
«Attento a non farti male, lupo brontolone.» lo prende in giro Stiles, arrivandogli alle spalle e scansandolo all'ultimo – accenna col mento ai palmi che premono contro le schegge. Gli lancia un'occhiata divertita, per poi raggiungere Malia e Kira che parlottano, le teste così vicine da toccarsi.
Derek ricambia l'occhiata, ed è solo un secondo, davvero. È solo un secondo, ma è come se, improvvisamente, tutti quegli anni, quei mesi e quei secondi si contraessero in uno spasimo di cuore; come se la vita iniziasse e finisse nel sorriso scanzonato di Stiles.

 

(C'è Cora, che strilla, e non ha più le trecce, è vero, ma si dondola su un'altalena nuova – a spingerla è Isaac, 'sta volta, le labbra arricciate a rovinargli la facciata da “licantropo pessimista e senza senso della moda” – parole di quello scemo di Stilinski, eh. E Scott non ha affatto la smorfia irritata di Peter, appoggiato ad un albero poco lontano, la testa piegata in una muta risata – Lydia sbuffa e si raccoglie i capelli con una mano, sventolandosi con l'altra. La guarda lanciare un'occhiata di finto rimprovero a Jordan.)


Sorride ancora, piano, cauto – sorride ed è come avere di nuovo sedici anni, tre mesi e diciassette giorni, nel pomeriggio assolato di quell'estate morente, la sensazione che Stiles lo stia ancora fissando, con quel guizzo di luce negli occhi, e il petto gonfio di- felicità.
È a casa. Non è la sua prima casa, magari non sarà l'ultima, ma ha di nuovo una famiglia – ha di nuovo qualcuno con cui stare, qualcuno che lo ama, non importa molto di che tipo di amore si tratti – e quei secondi, quel gigantesco pugno di ‘adesso’ che doveva realizzare il suo futuro con Paige ritorna – ritorna e sorride, e ammicca, nel riflesso dorato degli occhi di Stiles.)

  
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