Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Serpentina    19/02/2016    3 recensioni
Ewan Ellis è convinto che per poter ritenere la sua vita davvero perfetta, gli manchi solo una fidanzata. Riassume le caratteristiche della sua donna ideale in un decalogo e non esita a lanciarsi in una serie di appuntamenti ai limiti del surreale, pur di trovarla. Ben presto, grazie anche all'aiuto di una vecchia amica, capirà che ordine e metodo non vanno tanto d'accordo con l'amore!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Persino ‘La storia infinita’ ha una fine, perciò non stupitevi se vi annuncio che questo è il penultimo capitolo (includendo l’epilogo). Naturalmente, grazie a tutti voi lettori, in particolare a Calliope S, LittleDreamer90, marioasi e sunburn1985, che hanno recensito, e a gnometta19, che ha inserito la storia tra le seguite. 
Sottofondo musicale consigliato: 'Californication'.

 

Image and video hosting by TinyPic

Escogito, ergo sum
ovvero
Quoque tu, Albert!

 
Amate una ragazza con tutto il vostro cuore e baciatela sulla bocca. Allora il tempo si fermerà e lo spazio cesserà di esistere.
Erwin Schrödinger

Caroline Gimpsky doveva aver scoperto un modo per sopravvivere senza cuore nel petto; Jonathan lo aveva sospettato quando - al termine della confessione al cospetto di Albert - invece di difenderlo, aveva lasciato che lo colpisse senza batter ciglio.
–È per Sabrina, vero? Vuoi vendicarti spezzando il cuore di mia sorella come feci con la tua!
–Non puoi pensarlo sul serio, Al! Mi vendicai a suo tempo spaccandoti la faccia!- ruggì, indignato per l’insinuazione. –Incasso questo pugno per pareggiare i conti, ma credimi: non scherzo con Carrie. Sono innamorato di lei. Puoi accettarlo?
Tirò un sospiro di sollievo quando vide l’amico, superato lo sbalordimento, annuire; aveva ragione Jodie: chiunque affiderebbe la felicità di sua sorella a qualcuno fidato, piuttosto che a chicchessia. Albert si fidava di lui, glielo aveva appena dimostrato. Peccato che Caroline non fosse dello stesso parere: diede una gomitata a suo fratello e un calcio negli stinchi al povero Jonathan, indifferente ai suoi mugolati di dolore.
–Mi sembrava di aver parlato inglese. “Nessun coinvolgimento”, Johnidiota Carmastupido! Possibile sia circondata da coglioni?- sbraitò, infondendo in quella frase tutta la sua rabbia. –Io. Non. Ti. Amo!
–Va bene, non posso certo obbligarti a ricambiarmi- rispose Jonathan, deciso ad averla vinta. –Ti chiedo soltanto la possibilità di farti cambiare idea.
–Un appuntamento?- sputò lei, schifata. –Non sono tipo da appuntamenti.
–Uno solo, Carrie! Devo supplicarti in ginocchio?
–Sai che sforzo: sei già per terra!- sibilò la ragazza mentre si limava le unghie. –Comunque non servirebbe. Cercherò di essere chiara: io non provo assolutamente nulla per te. Sei semplicemente un’alternativa legale allo sballo chimico: mi dai le stesse sensazioni. Se non ti sta bene, quella è la porta- ripose la lima, prese borsetta e cappotto e soffiò –Voi maschi alfa restate pure qui a piangere le palle perdute, io vado a ballare. Tu- indicò un vilipeso Joanthan –Eclissati alla svelta e tu, fratellone, non aspettarmi alzato.

 
***

Tese un agguato ad Albert al termine della lezione. Questi doveva aspettarlo a sua volta, oppure possedeva un talento recitativo fuori dal comune, perché al vederlo batté le mani e tuonò –Scommetto che vuoi parlare!
–Esatto. In un posto appartato, però- rispose il botanico, animato da una fervente determinazione.
–Oh, no, non di nuovo!- gnaulò il fisico, esprimendo a versacci il proprio disappunto per essere stato trascinato in un claustrofobico sgabuzzino, pieno di scope e detergenti. –Avanti, sputa il rospo, vuota il sacco… muovi la lingua, insomma: Jodie mi aspetta!
–Ecco… a questo proposito- esalò Ewan, tormentandosi una ciocca di capelli, lo sguardo fisso in basso –Probabilmente mi odierai per quanto ti dirò, forse mi picchierai, persino, e ne avresti tutte le ragioni - magari non farmi troppo male, eh? - perché tu sei stato corretto, hai tentato svariate volte di mostrarmi il grosso, grossissimo errore che stavo commettendo, invano. Sono stato un deficiente, un emerito idiota, un imbecille, un…
–D’accordissimo su tutto - specialmente “deficiente, idiota” e simili - ma per piacere, taglia corto: questo postaccio puzza di muffa.
–Ho capito che mi piace Jodie. No, peggio: sono pazzo di lei!
Accese la torcia del cellulare e puntò gli occhi sull’amico: anziché adirarsi, ruggire che la donna era sua e se la voleva sarebbe dovuto passare sul suo cadavere, eruppe nella sua tipica risata roca.
–Era ora!
–C-Cosa i-intendi?
–Che, senza offesa, sei un po’ tardo. Vedi…
Non riuscì a finire il discorso perché la porta venne spalancata da una coppietta (palesemente in cerca di intimità); la ragazza, senza ombra di dubbio una matricola, avvampò, mentre il ragazzo sgranò gli occhi ed esclamò –Professor Ellis? Professor Gimpsky?
–Dimenticate di averci visti e noi dimenticheremo di aver visto voi- rispose prontamente Albert, poi, mossi pochi passi lungo il corridoio, si voltò per lanciare ai piccioncini dei preservativi, con la raccomandazione –Zero rischi, è questo il motto della Boston University!
–Veramente è “conoscenza, virtù e altruismo”- lo rimbeccò Ewan.
–Il mio, invece, è: chi se ne frega!- sbuffò Albert, seccato dall’incessante squillare del telefono. –Uh, che palle! Da quando è nato Al junior, Mitzi mi subissa di foto; per carità, è un bambolotto pacioccone, ma c’è un limite a tutto! Beh, ci vediamo.
–Aspetta!- lo fermò il botanico, trattenendolo per una manica del cappotto. –Devi ancora spiegarmi perché sarei tardo.
–Dimostra di non esserlo arrivandoci da solo- rispose enigmatico il fisico, dopodiché lo salutò con la mano e si avviò verso casa fischiettando.

 
***

Caricarsi di lavoro per sfuggire alle chiacchiere sulla festa degli innamorati aveva sortito come unico effetto di procurarle un mal di schiena coi fiocchi. Marion rincasò sfinita e la stanchezza riportò a galla pensieri faticosamente repressi su Albert. Non ricordava chi avesse detto “è più facile perdonare gli altri quando hanno torto”, ma concordava: si sarebbe precipitata da lui, se un esame di coscienza - una coscienza di nome Jodie - non l’avesse messa di fronte alle sue colpe. Si vergognava troppo per poter anche solo sognare il suo perdono. La consolò la certezza di una serata tranquilla senza sorella - che l’avrebbe trascorsa proprio insieme al fisico - né bambini - Jorge, definitivamente piantato in asso da Sasha (“Il karma ha fatto il suo dovere”, aveva commentato Jodie) dopo vari tira e molla, si era finalmente ricordato di essere padre - certezza che crollò quando vide i suddetti sorella e pargoli e Mariposa trillò –La zia mi fa bella per uscire!
“Ha tre anni, santo cielo! Cosa può combinare a San Valentino?”
Troppo stanca per affrontare una discussione, rimandò le spiegazioni a dopo una doccia corroborante e una cena frugale (praticamente uno spuntino). Si era ripromessa di mantenere la calma, ma i nervi cedettero nell’istante in cui Jodie la informò che Jorge aveva “rispedito i pacchi al mittente” per via di un impegno improvviso - “un impegno con nome, cognome e taglia di reggiseno”, aveva sibilato - e che la piccola aveva davvero un appuntamento.
–E tu hai acconsentito a questa follia?- abbaiò Marion, sconvolta. –È una bambina! Se si atteggia a ragazzina adesso, da adolescente sarà ingestibile! Tu… tu…
–Rilassati, mamacita- la rassicurò Manuel, alle prese con un’operazione difficilissima: annodare la cravatta. –Sarò la sua guardia del corpo.
–Mandi a cenare fuori mia figlia di tre anni sorvegliata dal fratello di sei? Cose dell’altro mondo!
Jodie rispose con un sorriso innocente e una scrollata di spalle, quindi riprese ad acconciare i capelli della nipotina. Quasi sicuramente Marion l’avrebbe rimbrottata, se non avesse suonato il campanello, costringendola ad una temporanea ritirata. Conosceva talmente bene la propria sorella da indovinare che sarebbero trascorsi esattamente tre secondi prima che si riprendesse dallo shock ed esclamasse –Albert! Cosa ci fai qui?- e toccò il cielo con un dito quando la sentì aggiungere –Non importa. Desideravo tanto vederti! Ti devo delle scuse.
–Idem. Ho esagerato, mi spiace, ma la tua passiva mancanza di autostima mi ha fatto incazzare: se potessi vederti con gli occhi miei o di Jo avresti una migliore opinione di te. Non hai niente da invidiarle e nulla da dimostrare… non a me.
–Perdonami. Per tutto. E grazie per avermi aperto gli occhi. Sbollita l’arrabbiatura ho capito che eri nel giusto: la competizione tra sorelle è normale, finché non ti impedisce di vivere; io ne ero ossessionata: ammiravo e detestavo le innumerevoli qualità di Jo senza pensare a quanto ha sofferto e faticato per diventare la donna che è oggi. Adesso basta, voglio cambiare. Sto provando a seguire il tuo consiglio: pensare a me stessa, senza paragoni con mia sorella o altri, nella speranza di meritarti, prima o poi.
–L’amore non si merita, Marion. Si dà e si riceve… se lo vuoi.
Non riuscire a comprenderli oltre a causa del volume della voce troppo basso innervosì Jodie, ma i suoni umidi misti a risatine che udì subito dopo la resero nuovamente giubilante: si erano rappacificati!
–Meglio andare a separarli, prima che si accoppino nell’ingresso!
Mariposa si seccò moltissimo per non aver ottenuto risposta alla domanda “che vuol dire accoppiarsi?”, tuttavia cedette alle pressioni della zia e si fiondò dai piccioncini tubanti cinguettando –Fatti da parte, mami, lui è il mio cavaliere!
Lo sconcerto di Marion raggiunse l’acme quando Albert, anziché negare con una battuta sulla fervida fantasia dei bambini, esclamò –Sei splendida, piccolina. E puntuale! Mai incontrata prima una femmina puntuale agli appuntamenti!- quindi, scambiato con lei un cenno d’intesa, aggiunse –Porto tua figlia a cena fuori, ti sta bene?
–Cos… ah, beh… s-sì. C-Cioè, è… s-strano, ma… credo non ci sia nulla di male.
–No, infatti- rispose Manuel, apparso sulla soglia della sua camera insieme alla zia. –Tanto li controllo io!- ammiccò in direzione di Jodie ed esalò –Allora, chi di voi due si sacrifica?
–Sacrifica?
–Io la ruota di scorta non la faccio!- gnaulò il bambino, esibendo un’espressione supplichevole. –Non mi lasciate solo, per favore!
Jodie sbadigliò e si stiracchiò vistosamente, dopodiché esalò –Dio, come sono stanca! E ho l’emicrania, i piedi, gonfi, i capelli sporchi… oh, cavolo, pure il brufolone premestruale, puntuale come le tasse! Ah, no, io in queste condizioni non esco! Non contare su di me, nipote!- sospinse gentilmente, ma con decisione, la sorella nella loro stanza e, prima di chiudere la porta, sorda alle sue proteste, celiò zuccherosa –Via, Marion, datti una ripulita!
Esaurite le obiezioni, la minore delle sorelle Carr si preparò velocemente per la serata. Rispose con un sorriso ai complimenti galanti di Albert e a quelli goffi dei suoi figli, infine sussurrò all’orecchio di Jodie, mentre questa la aiutava ad infilare il cappotto –Perché ho il sospetto che abbia architettato tutto tu?
“–Ehilà, amica! Pronta per la maratona? Non puoi immaginare la mia felicità: sei la prima che conosco ad apprezzare il cinema bollywoodiano quanto me!- esclamò Albert, impegnato nella scelta dei titoli da guardare.
Jodie, la voce resa metallica dalla trasmissione telefonica, sospirò –Spiacente, Al, dobbiamo rimandare: impegno imprevisto.
–Ewan si è deciso a dichiararsi? Era ora! Fate tanto e bene, mi raccomando- celiò il fisico, in brodo di giuggiole. –Inutile specificare cosa, sei una donna di mondo.
Jodie aveva ridacchiato, prima di spiegargli –Ma quale Ewan! Ormai è perduto. Figurati se Norma lo libera dalle sue grinfie! No, no, l’impegno… sono i miei nipotini. Quel figlio di put… donna avvezza al mercimonio che ho avuto la sventura di avere come cognato me li ha appioppati per andare a spassarsela con una nuova amichetta. Sono furiosa! Anche se li adoro, avrei gradito un po’ di tempo per me, senza contare che sono iperattivi e di pessimo umore: il padre aveva promesso una cena loro tre da soli - della serie “è San Valentino e voi siete i miei amori” - ma, come al solito, gli è bastato vedere uno stacco di coscia per dimenticarsene. Li ha feriti troppe volte per potersi permettere altri passi falsi, eppure continua a compierne, convinto che i figli perdonino a priori; non sa quanto si sbaglia: i bambini ci giudicano costantemente, con un metro di giudizio estremamente severo, e non dimenticano. Mi piange il cuore a pensare che l’irresponsabilità di quell’abominio subumano si ripercuoterà soprattutto su Mariposa: che idea potrà mai farsi degli uomini, con un modello del genere?
–Hai ragione: gli standard delle future relazioni si costruiscono nell’infanzia. Mio padre ha trattato le mie sorelle da regine e… beh, a parte Carrie, sono venute su bene- intervenne Albert, rattristato dal pensiero dei due pargoli illusi e delusi. Se suo padre si fosse comportato in quella maniera, lo avrebbe insultato, poi disconosciuto. Senza riflettere, pronunciò una frase che riuscì a stupirlo –Senti, Jo, forse… ecco… sì, insomma… una cena è una cena. Non sono l’ex di Marion (per fortuna!), però, se i bambini si accontentano…
–Ho capito bene, Al? Ti immoleresti per una buona causa?- il volume delle risate costrinse il fisico a disattivare l’opzione viva voce. –Sei consapevole di cosa proponi? Sì? Sicuro sicuro sicuro? Allora per me va bene! Solo… accetta un consiglio da amica: prenota per quattro.”
–Perché sei diffidente e malpensante- replicò con sussiego Jodie.
–È una tua idea?- soffiò Marion, indicando Albert, assediato dalla primadonna in miniatura, che aveva insistito per essere presa in braccio.
–Perché questo tono sorpreso?- batté delicatamente le nocche sul cranio. –La zucca è piena! Non di segatura, te l’assicuro. Ora possiamo andare, sennò perdiamo la prenotazione?

 
***

Qualunque essere umano - dotato di una minima sensibilità d’animo - in procinto di mettere la parola fine ad una relazione - di qualsiasi genere - con un suo simile, prova un misto di malinconia e angoscia; malinconia per i ricordi (si spera) belli che l’hanno accompagnata e per il senso di colpa dovuto alla consapevolezza che si causerà dolore all’altro, angoscia per il tono che prenderà la discussione: lo/la scaricato/a reagirà con dignità, indifferenza, oppure darà in escandescenze, arrivando addirittura all’aggressione fisica?
Questo turbine di pensieri si agitava nell’iperattiva testa di Ewan, seduto davanti a una fumante tazza di caffè. Stava bevendo a piccoli sorsi perché non gli piaceva, ma non poteva lamentarsi: se si demanda la scelta del luogo di un appuntamento, protestare è da immaturi.
–Non è buono?- gli chiese Norma, infastidita dal lungo silenzio seguito ai convenevoli iniziali.
Ewan alzò lo sguardo dalla tazza alla donna, che lo stava osservando apprensiva, le sopracciglia aggrottate sui luminosi occhi color zaffiro. Si sentì sprofondare. Una parte di lui avrebbe preferito rimandare l’incontro, ma la razionalità aveva prevalso, facendogli notare che sarebbe stato vergognoso continuare la farsa dopo San Valentino, senza nemmeno più la scusa di non voler essere un verme schifoso mollandola a ridosso della romantica ricorrenza (non festeggiata. Norma aborriva qualsivoglia volgare e melensa sceneggiata, dalle cene a lume di candela a qualunque articolo mielosamente commerciale); meglio sbrogliare la matassa e lasciarle il tempo di sanare le ferite.
–No, no, è eccellente. Davvero. Sono io il problema: sono di poca compagnia e me ne dispiaccio.
–Puoi sfogarti, se ti va- rispose Norma, accarezzandogli un braccio. Faticò a nascondere la delusione quando lui sussultò e si sottrasse al suo tocco. –Anche se non ti va: detesto le situazioni sgradevoli trascinate per le lunghe e, come tutte le donne, possiedo un sesto senso per le storie al capolinea.
–Stavo cercando le parole, però hai ragione: meglio essere diretti. Sei fantastica- evitò ogni accenno alla lista –E io un pazzo a non essermi innamorato di te.
–Perlomeno mi lasci con stile, vis a vis. La maggior parte degli uomini, oggi, è già tanto se telefona. Me la sono cercata: sapevo di avere poche chance, ma ho voluto provarci ugualmente. Hai tutto ciò che cerco in un uomo, e non nego che avrei preferito un finale diverso, ma non posso fartene una colpa: il tuo cuore è già occupato- asserì Norma, scrollando le spalle. Con enorme sorpresa del botanico, non gli gettò addosso il caffè, né gli inveì contro; si limitò ad una smorfia mesta e a mettersi in piedi. –Ho combattuto e perso e ora, se permetti, abbandono il campo con dignità.
Ewan, complice la goffaggine - sintomo del nervosismo che lo pervadeva - nell’alzarsi urtò con lo schienale della sedia quella alle sue spalle, turbando il quieto amoreggiare di una coppietta incollata per le labbra, le cui bevande si cosparsero sul tavolo e i vestiti.  Ammutolito, incapace di costruire un discorso di senso compiuto, deglutì a vuoto, lambiccandosi per trovare una replica degna della sua intelligenza, ma la ragazza che aveva urtato glielo impedì: irata, lo strattonò urlandogli una marea di insulti. L’unica frase a non contenerne fu –Scusati subito! Chi ti credi di essere, il Presidente?
Le strida attirarono l’attenzione degli altri avventori e del titolare, il quale intervenne per acquietare l’arpia e riportare ordine nel locale. Norma ebbe la prontezza di spirito di afferrare Ewan e trascinarlo in strada, lontano da quella furia.
–Non mi sarei stupita se ti avesse ammazzato!- esclamò, incredula di aver assistito a una tale sfuriata.
–Io, invece, mi stupisco che tu la prenda così bene… la rottura, intendo- pigolò lui.
–Mi ero accorta dell’attrazione reciproca tra te e Jodie- sospirò lei. –Per citare i libelli rosa che tanto piacciono a mia madre, tra voi si avverte un “ineluttabile magnetismo animale”; la tua gelosia era palese. Inoltre non ho molto da rimpiangere: sei un discreto baciatore, ma non ho ancora testato le tue abilità amatorie. Sei almeno riuscito a sottrarla al tuo amico e dimostrarle l’intensità dei tuoi sentimenti con un’infuocata notte d’amore?- gli incomprensibili balbettii del botanico, coloratosi di rosso papavero, furono sufficienti come risposta. –Lo prendo per un no! Poverino, quasi ti compatisco!
La sua risata assunse un timbro rauco che gli ricordò quella di Albert; immediatamente tornarono a galla le mille ipotesi su quanto aveva mancato di dirgli due giorni prima nello sgabuzzino.
–E-Ecco, i-io… non avevo realizzato di provare qualcosa per Jo - qualcosa di diverso dall’amicizia - e adesso è troppo tardi. Cosa mi garantisce che mi voglia? Lei e Al sono perfetti insieme: solari, estroversi, sicuri di sé, scherzosi - fin troppo, a volte - intellettualmente molto dotati, dinamici…
–Oh, Ewan, davvero non te ne sei accorto?- gnaulò Norma, scuotendo il capo. –Voi uomini siete così… così…
–Così?
–Niente- soffiò, inespressiva, prima di congedarsi dopo un abbraccio privo di calore.

 
***

Una volta a casa, si mise comodo: tuta, calzettoni antiscivolo, ‘Californication’ nelle orecchie, un buon libro in cui immergersi e una pregiata birra artigianale per coccolarsi. Assorbito dalla lettura, si accorse di essere ancora connesso alla Rete dal cellulare quando udì il trillo della casella di posta elettronica, che lo avvertiva di un messaggio in arrivo. Scocciato, in quanto convinto si trattasse del rettore Brown - il quale, nei giorni precedenti, lo aveva tartassato con la richiesta di una seconda intervista con Mina Lee, ufficialmente per lanciare un appello per rimediare al suo status di single, ufficiosamente per pubblicizzare ulteriormente l’ateneo, in particolare il nuovo laboratorio di agrobiologia - si coprì la faccia con il libro, piagnucolando –Mi rifiuto di leggerlo! Non voglio!- col medesimo tono che da piccolo riservava a pietanze ed attività sgradite. Fu l’immagine della madre - la quale, come la versione reale, lo strigliò per bene, rammentandogli i suoi doveri di adulto - a persuaderlo a prendere il telefonino e aprire la mail, il cui mittente non era affatto il rettore.
“Ehilà, vecchio mio (sì, vecchio; di due mesi, ma sempre vecchio resti)!
Data la tua malsana passione per i luoghi angusti, tetri e umidicci (apro e chiudo parentesi: sei fortunato che quei due studenti abbiano dell’ovatta a tenere separate le loro orecchie, qualcuno più intelligente avrebbe subito pensato cosa - eventualmente - implica trovare due uomini appartati in uno stanzino delle scope) ho deciso di inviarti una missiva (elettronica, ma pur sempre missiva. Se non  conosci il significato del termine missiva, consulta un dizionario); non ho idea, inoltre, di come reagirai alla scottante rivelazione, e sono troppo giovane e sexy per crepare o, peggio, venire sfigurato dalla tua ira funesta.”

–Albert ha bisogno di rivedere le sue priorità- sbuffò Ewan, stiracchiandosi pigramente.
“Bando alle stronzate. Sono ormai certo di aver acceso la tua curiosità, perciò andiamo al sodo... dopo una breve premessa. Meglio cominciare dall’inizio, no?
Durante il fortuito incontro in libreria non ho potuto fare a meno di notare un’intesa tra te e la formosa Jo. Ricordo anche il tuo imbarazzo quando ti parlai delle sue tette: non era il classico imbarazzo da educando scandalizzato, piuttosto l’imbarazzo colpevole del bimbo beccato con le mani nel vasetto di marmellata; ne dedussi che avevi fantasticato - parecchio - sui suoi tornanti (come darti torto?), e, conoscendoti, giunsi alla conclusione che dovevi essere attratto da lei. La mia brillante deduzione trovò conferma nel tuo comportamento in sua presenza. Quando ti baciava sulla guancia diventavi un peperone e ti tastavi con aria sognante, tipo Mickey Mouse o Donald Duck dopo un bacino di Minnie e Daisy.
Poi venne fuori quella lista del cazzo, e i miei piani andarono in fumo, o almeno così credevo: contrariamente alle mie previsioni, Jodie risultò incarnare tutti i dieci punti (apro e chiudo nuovamente parentesi: in futuro presta più attenzione ai tuoi beni. Sottrarti la lista, fotocopiarla e rimetterla a posto senza che te ne accorgessi è stato un gioco da pupetti!) ed avere una discreta cotta per te. Un vero peccato, perché confesso di averci fatto un pensierino, quando Marion mi ha scaricato.“

–Che cosa?- ruggì Ewan e, in preda alla rabbia, scagliò il libro contro il muro.
“Inutile che ti arrabbi, la mia lealtà nei tuoi confronti non ha ceduto alla tentazione. Non male per un cazzone della mia levatura, eh?
Nel disperato tentativo di svegliarti portai Jodie alla festa dell’università. Ottenni l’effetto sperato: eri geloso marcio! Ma Norma intralciò i miei piani, e ti giuro che mi morsi a sangue le mani dalla frustrazione: perché perdevi tempo appresso a lei, nonostante fossi innamorato di un’altra? Te lo rivelo perché so che ti vergognerai: persino Brown ha notato che la spogliavi con gli occhi (Jo, non Norma, sebbene pure lei fosse un bel bocconcino)! Sei come un libro aperto, amico mio, non hai segreti per me. Chi credi abbia fatto da suggeritore al nostro rosso preferito (apro e chiudo l’ennesima parentesi: la prossima volta evita di entrare sul più bello, non è salutare eccitarsi senza venire, al povero Phil sarebbero potuti scoppiare i gioielli!)? Mi sono sentito fighissimo, un moderno Cyrano de Bergerac, solo col naso in scala ridotta. Ah, già: l’altra differenza è che io la mia Rossana l’ho conquistata e, se mai dovessi perderla, sei autorizzato a cambiarmi i connotati. Mi ero ripromesso di non interferire, ma era necessario: stavi diventando preoccupante! Non sono un esperto di affari di cuore, ma so riconoscere due anime affini e credo, aiutandoti, di aver purificato almeno in parte il mio karma, visto e considerato che, avendo perso la scommessa, mi toccherà sborsare un mucchio di verdoni! Spero che tu non abbia gusti pretenziosi.
Bene. Ora sai tutto e puoi correre dalla tua bella a professarle amore imperituro. Sei cresciuto, piccolo El, sei un uomo, ormai… mi commuovo! Meno male che Carrie ha lasciato in giro una sua t-shirt, sono a corto di fazzoletti.
E se le rose non dovessero fiorire, possiamo sempre rinchiuderci nello sgabuzzino e spassarcela solo io e te!
Albert”

L’espressione del botanico divenne man mano meno allibita e più divertita, infine scoppiò a ridere e sbottò –Pezzo di cretino!
Rilesse più e più volte l’e-mail, travolto dalla marea di verità in essa contenuta. Lo stile era prettamente “Albert”: una patina di facezie che a uno sguardo superficiale nascondeva il penetrante acume del fisico; anzi, dava l’idea che questi fosse una persona frivola. Scolò altre due birre, quindi decise il da farsi.

 
***

Gli era costato un notevole esercizio di autocontrollo impedirsi di andare di corsa a bussare alla porta di Jodie, ma non poteva presentarsi lì, come nulla fosse, a tarda ora. Attese l’indomani mattina - mai stato più contento di avere lezione il pomeriggio - colmo di entusiasmo. Il creatore di Flash doveva essersi ispirato a lui, perché batté tutti i record di velocità nel lavarsi, vestirsi e fare colazione, prima di fiondarsi al MIT. Non aveva calcolato i ferrei controlli all’entrata: la receptionist stava ripetendo meccanicamente da cinque minuti che era vietato l’accesso ai non addetti ai lavori, e, se non fosse stato per Ingrid, l’avrebbe strozzata.
–Sei la mia salvezza!- trillò, abbracciandola di slancio.
La rossa si rivelò esserlo davvero: lo informò che Jodie non era in servizio, l’avrebbe trovata a casa. Sbuffò e lo rimbeccò quando le chiese l’indirizzo (–Sua sorella sta col tuo amico e non sai dove abita?), ma glielo scrisse su un biglietto e gli augurò buona fortuna.
Lungo il tragitto verso Cherry Street ripassò mentalmente il discorso che aveva preparato nel corso della notte insonne e controllò lo stato del bouquet composto appositamente per lei (che sapeva intendersi di florigrafia). Tanta la frenesia, salì a piedi fino all’appartamento, dove subì un’altra, cocente delusione: a comparire sulla soglia fu Marion, stampata in faccia un’espressione men che lieta.
–Certo che hai una bella faccia tosta!- soffiò, a braccia conserte. –Immagino stia cercando mia sorella. È uscita.
–Potrei aspettarla dentro, se non disturbo- pigolò Ewan, lievemente a disagio: Marion Carr gli era stata descritta come un dolce, materno angelo; o la sua memoria cominciava a fare cilecca, oppure Al, Jo e le sue amiche avevano uno strano concetto di “angelico”.
–Neanche per sogno!- ruggì lei, le guance chiazzate di rosso. –Non permetterò che l’uomo che mi porta via Jodie metta piede in questa casa!
–Ehm, comprendo il senso di protezione, però non esageriamo: mica la sequestro!- sbuffò, esasperato. –Devo soltanto parlarle.
–Di cosa? Di quanto l’hai fatta soffrire? Del fatto che non la ricambi, né la ricambierai mai?- ringhiò Marion, serrando i pugni. –Jo ha pianto per te, si è disperata per te… e adesso ci lascia! Perderò mia sorella e i miei figli la migliore zia che si possa desiderare! Perché per lei allontanarsi dal problema è la migliore soluzione. L’unica soluzione.
–A-Allontanarsi?
–Vuole tornare a Berkeley- piagnucolò Marion, coprendosi il viso con le mani. –Si trasferirà in California, ed è tutta colpa tua!
–Lei cosa?
–È andata dalla ditta di traslochi a tre isolati da qui. Sarai contento, adesso!
Senza aggiungere altro, Ewan percorse a ritroso le scale e si precipitò all’impresa indicata da Marion. Se si fosse fermato un attimo - e avesse posseduto la vista a raggi X - avrebbe visto la donna che lo aveva preso a pesci in faccia ridere di gusto e ammiccare in direzione dell’uomo appena uscito dalla cucina applaudendo.
–Un’interpretazione da Oscar! Avrei tanto voluto filmarti, sei stata ma-gni-fi-ca!
–Sono stata magistralmente diretta da un diabolico regista- replicò lei, scrollando le spalle, per poi baciarlo furiosamente. –Spero che questa messinscena serva a qualcosa.
–È cruciale, credimi: la prospettiva di un addio lo priverà degli ultimi freni inibitori e finalmente potrà dichiararsi… senza ordine e metodo! Peccato non poter assistere, Ewan che si impappina è uno spettacolo unico!
–Non ci resta che sperare in qualche ragazzino munito di smartphone- miagolò Marion. –Nel frattempo… perché non approfittiamo dell’assenza dei bambini per dedicarci alla “ginnastica da camera”?

 
***

La fortuna - a patto che esista - aiuta i metodici, più che gli audaci, a giudicare dalla fortuna sfacciata di Ewan: si scontrò con Jodie dopo pochi passi in strada, mentre era intento ad intonare mentalmente la litania “Capelli? A posto. Vestiti? A posto. Odore? Maschio, ma gradevole. Fiori? Intatti. Discorso? Oh, merda, l’ho dimenticato! Che le dico, adesso? Merda, merda, merda!”
–Ewan Ellis?
A differenza degli altri incontri, il tono era di domanda, quasi fosse sorpresa di trovarlo lì, e indecisa se esserne lieta o meno.
–Jo!- ululò lui, forse perfino più sorpreso. E felice. Se fosse stato un cartone animato, in quella scena il cuore gli sarebbe schizzato fuori da torace.
–Sono così contenta di vederti! Ho una notiziona!- trillò, poi notò i fiori e il tono mutò all’istante, divenendo gelido –Sono stupendi! Pochi, tra cui io, apprezzano il fascino discreto della Rosa muscosa. Un vero peccato. Che altro abbiamo? Biancospino, garofano bianco e nontiscordardime. Si direbbe una dichiarazione d’amore, anche se non comprendo la presenza di biancospino e rosa muscosa: Norma è a conoscenza dei tuoi sentimenti e non hai ragione di sperare che li ricambi, lo sai già. A meno che… per lei questi non siano semplicemente dei bei fiori, privi di significato.
–Oh, beh, ecco… veramente… sono per te- pigolò Ewan, avvampando in sincrono con Jodie. –Anche se, alla luce dei recenti avvenimenti, il bouquet più adatto dovrebbe comporsi di Suitopi, Renge e Camelia bianca.
La farmacologa richiamò alla memoria il significato di quei fiori e, rattristata, esalò –Mi stai dicendo addio?
–Arrivederci, spero- ribatté Ewan, prendendole una mano. –Mi piaci, Jo, sei tutto ciò che un uomo potrebbe desiderare. Anzi, credo di essere già un po’ innamorato. Vorrei che non partissi…
–Anche tu mi pia… Cosa? Sei pazzo?- sbraitò lei, infervorandosi. –Parto eccome! È il mio momento di gloria, col cavolo che ci rinuncio! Due settimane passeranno in un soffio, vedrai!
–Due cosa?
–Un ciclo di due settimane di conferenze sui risultati dei miei studi. Che c’è, non ti piaccio abbastanza da aspettarmi? La Camelia bianca proverebbe il contrario!
–Due settimane e basta? Oh! Ok. Soffrirò a starti lontano - il fiore di Loto non mente - ma posso reggerle. Poi torni, vero? - chiese Ewan con una nota supplichevole nella voce. Al vederla annuire emise un sospiro di sollievo e aggiunse –Bene! Perché vorrei uscire con te, sempre che riesca a perdonare la mia totale cecità dei mesi passati… e i racconti degli appuntamenti disastrosi… e il teatrino con Norma… e le lacrime versate a causa mia… non sai quanto mi dispiace! Se non mi fossi fissato su quella dannatissima lista forse…
–Forse? È certo, Ewan! Solo… lacrime? Non ti sembra un tanti nello melodrammatico?
Il botanico, esterrefatto, balbettò –M-Ma… M-Marion… h-ha detto… sono un povero ingenuo. Ha mentito, vero?
–Così pare. Marion bugiarda? Questa sì che è una novità!- ridacchiò Jodie, il naso tuffato nel boquet. –Devo ammettere, però, che questo nuovo lato di mia sorella non mi dispiace… è servito a portarti da me- si sporse in avanti quel tanto che bastava ad annullare la breve distanza che li separava e posare un bacio delicato come un petalo sulle labbra di Ewan… prima di rovesciargli in testa il mazzo di fiori con tutta la forza che aveva. –Altrimenti chissà quanto ci avresti messo, idiota!
–Toglimi una curiosità: sei così focosa anche a letto?
–Sei così fastidiosamente ordinato e metodico anche a letto?
Contrariamente alle sue aspettative, nonché a ogni pronostico dettato sul suo modo di essere, Ewan non si imbarazzò; sbuffata una risatina, curvò le labbra in una smorfia carica di malizia e rispose –C’è un solo modo per scoprirlo.
Jodie si finse sdegnata, lo allontanò con malagrazia e sospirò –Ewan Ellis, che ragazzaccio! Ho proprio una cattiva influenza su di te! Sicuro di volermi?
–Assolutamente. La ricerca della donna ideale può ufficialmente dichiararsi conclusa!
 
Note dell’autrice:
Ora potete lasciarvi andare a qualunque genere di esclamazione vi venga in mente: finalmente si sono decisi ( e non parlo solo di Ewan e Jo)! Certo, è stato necessario un intervento esterno, ma ce l’hanno fatta! Le difficoltà si superano, insieme, se c’è la volontà di farlo. Forse alcuni si stupiranno, o resteranno delusi, dell’uscita di scena di Norma: per come la immagino, non avrebbe mai fatto scenate. Al massimo, forse, avrebbe elegantemente intimidito Jo, ma, non essendo stupida, ha capito che Jodie non è tipo da farsi intimidire e ha gettato la spugna. Perché continuare a combattere una battaglia persa in partenza?
Il povero Jonathan è l’unico rimasto solo. Niente lieto fine per lui. Volontarie per consolare un cuore spezzato? ;-)
Sin da piccola, grazie a mia nonna, mi ha affascinata il linguaggio dei fiori (hanakotoba in giapponese), e ancora oggi mi capita di soffermarmi a esaminare composizioni varie chiedendomi se siano state assemblate con criterio o meno. Avendo per protagonista un botanico, non ho resistito alla tentazione di inserirlo nella storia:  il bouquet che erroneamente Jodie pensa sia per Norma è una vera e propria dichiarazione d’amore; Rosa muscosa = confessione d’amore, nontiscordardime (Wasurenagusa)  = vero amore, Biancospino = dolce speranza (che lei ricambi, ovvio), Garofano (Kaneshon) bianco = fedeltà eterna. Il secondo è un addio floreale: Pisello odoroso (Suitopi)  = addio, arrivederci, Camelia bianca (Tsubaki) = ti aspetterò e Fiore di loto (Renge) = dolorosa lontananza dalla persona amata, purezza (di sentimenti).
Spero che adesso la loro conversazione vi sia più chiara.
Rimando i ringraziamenti finali all’epilogo, nel quale scoprirete che ne è stato dei nostri eroi. Stay tuned!
Serpentina
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Serpentina