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Autore: Axxurra    19/02/2016    0 recensioni
Riku e Sora sono migliori amici da una vita e hanno sempre affrontato tutto insieme finchè Riku non decide di mettere fine a tutto questo, senza neanche una spiegazione. La loro amicizia sembra finita per sempre fino a quando Sora non ha bisogno di un tutor in algebra.
|Riso|
|Titolo provvisorio|
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kairi, Riku, Sora, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Ciao a tutti!

Questa è la mia prima long fic e sono molto nervosa >.<

Vi chiedo di farmi notare tutti gli errori che ci sono o di dirmi se vale la pena di continuare la storia.

Vi lascio alla lettura.



Feci un respiro profondo e presi tra le mani il compito di algebra che la professoressa mi stava porgendo, quello sguardo non prometteva niente di buono.
<< Cavolo. >> sussurrai, sul foglio spiccava un enorme 4 contornato da correzioni che non mi scomodai a leggere, vista la calligrafia incomprensibile.
<< Mi congratulo con chi ha avuto un buon voto poiché il compito non era per niente semplice. >> disse la prof. Hebi*, tornata alla sua cattedra dopo aver distribuito i test che avevamo fatto la settimana scorsa << Per chi è andato male. >> il suo sguardo si posò su di me per qualche secondo << Consiglio di rimboccarsi le maniche e recuperare poiché senza questi concetti non potrete affrontare gli argomenti che seguiranno. >>
Il suono della sua voce fu presto rimpiazzato da quello più assordante della campanella che annunciava la fine della lezione ed io, insieme al resto della classe, mi preparai velocemente per uscire dalla classe il prima possibile.
<< Hikari*. >> la professoressa mi richiamò prima che potessi varcare l’uscio della porta. Vidi Tidus farmi un cenno che interpretai come un silenzioso “Buona fortuna” prima che uscisse dall’aula.
Mi avvicinai lentamente alla cattedra mentre l’insegnate si sedeva sulla sedia, gli occhi fissi su di me.
<< Hikari, vogliamo parlare del compito? >>
Rimasi in silenzio facendomi più piccolo di quanto già fossi, ingoiai a vuoto mentre mi scrutava con gli occhi cerulei attraverso il vetro degli occhiali che portava sul naso << Sai bene che potresti fare molto di più, sei un ragazzo intelligente. >> annuii, era la prima volta che qualcuno pronunciava il mio nome e la parola “intelligenza”nella stessa frase senza ironia o negazioni. Non suonavano affatto bene insieme.
<< Se vuoi posso assegnarti un tutor, ci sono molti ragazzi di classi superiori che possono aiutarti. >> l’idea non mi piaceva per niente: Un ragazzo più grande, secchione, che si divertiva a prendermi in giro per le mie difficoltà non era la cosa più bella del mondo, ma anche quella di mia madre che mi costringeva a passare le vacanze estive a marcire sui libri e a studiare algebra non era molto meglio.
<< Per me va bene, professoressa. >>
<< Molto bene, chiederò ai miei alunni migliori se sono disponibili e vedrai che per domani avremo già un tutor. >>
<< Grazie professoressa. >> chinai il capo e uscii dalla stanza affrettandomi per arrivare in palestra senza beccarmi una nota per il ritardo. Proprio non ci voleva.
 
Quel giorno dovevamo condividere la palestra con una classe più grande. La palestra al secondo piano era stata allagata la notte scorsa da degli intrusi e per questo era inaccessibile.
Arrivato in palestra mi affrettai a raggiungere i miei compagni di classe che si erano saggiamente messi sul lato destro della palestra lasciando spazio alla classe dei ragazzi più grandi che ancora doveva arrivare.
<< Sei ancora vivo, Sora?Pensavamo che la professoressa lingua di serpente ti avesse ucciso. >> disse Tidus appena mi misi al suo fianco << Per fortuna sono riuscito a fuggire prima che i suoi artigli mi colpissero. >> risposi sentendo le risate dei miei compagni che ascoltavano la conversazione << I ragazzi più grandi? >> chiesi. Non che mi importasse molto ma ho sempre odiato attirare l’attenzione e avere gli sguardi curiosi di tutta la classe su di me mi metteva a disagio e non poco.
In quel momento la porta della palestra si spalancò e,come se li avessi  richiamati io, la classe entrò. Passai i miei occhi velocemente su di loro e una chioma rossa attirò la mia attenzione. Kairi, mia amica dalle elementari, mi fissava dall’altra parte della stanza, ricambiando il mio sguardo sorpreso.
 I muscoli del mio stomaco si contrassero mentre la mia mente realizzava: se quella era la classe di Kairi allora lì doveva esserci anche lui. Spostai velocemente lo sguardo cercando un viso troppo conosciuto che trovai pochi secondi dopo, era da mesi che non lo vedevo da così vicino.
E’ sempre lo stesso”, constatai e mi diedi subito dello stupido ricordandomi che le persone non potevano cambiare in tre mesi e che, considerando il fatto che lo avevo osservato da lontano per tutto quel tempo, se ci fossero stati cambiamenti li avrei visti prima. Ma ora che potevo vederlo meglio era più facile convincersi che lui fosse sempre lo stesso . I capelli erano sempre del solito bianco latte e sfioravano le spalle muscolose, il viso mostrava ancora quei lineamenti costretti in un’espressione seria e minacciosa, gli occhi chiari erano gli stessi di sempre. Ma io sapevo che non dovevo farmi ingannare dall’aspetto, non più. Spostai lo sguardo prima che potesse accorgersi dei miei occhi su di lui.
<< Buongiorno ragazzi. >> il professore entrò in palestra facendo così zittire il fastidioso mormorio che si era creato.
<< Buongiorno professore. >>
<< Visto che oggi abbiamo degli ospiti ho pensato a un torneo di pallavolo. 1 A contro 2 D, che ne dite? >>
La palestra si riempì di mormorii eccitati e di dissenso e mano a mano i ragazzi si posizionarono vicino la rete di pallavolo. Io mi diressi in un angolo della palestra e lì mi sedetti guardando i miei compagni litigare per chi doveva essere il capitano della squadra.
Non mi è mai piaciuta la pallavolo. Essendo molto più basso di tutti i miei compagni, nonostante i miei sedici anni e il fatto che sono un maschio, per me è più difficile riuscire a buttare la palla d’all’altro lato della rete senza colpirla o anche prenderla al volo e questi momenti saranno addirittura triplicati giocando contro una classe più grande e sicuramente più brava.
Il professore mi fece un sorriso, capendo la mia situazione, e soffiò nel fischietto che, conoscendolo da due anni, non levava mai annunciando l’inizio della partita. Kairi era alla battuta, colpì la palla lasciandola perfettamente dall’altra parte del campo dove fu presa da Wakka. Quanto la invidiavo, pure essendo bassa lei era capace di giocare a pallavolo. I suoi movimenti erano eleganti e naturali, niente a che vedere con l’imbranato Sora che non riesce neanche a fare un palleggio decente senza finire a terra.
Sorrisi tristemente a quei pensieri e i miei occhi andarono automaticamente a cercare lui. Lo vidi mentre schiacciava la palla, i muscoli che si contraevano per lo sforzo e gli occhi socchiusi mentre segnava l’ennesimo punto per la sua squadra. Il viso come sempre impassibile ma gli occhi luminosi. Lui adorava la pallavolo, lui adorava vincere.
 
 
<< Sei negato, Sora. >> Mi sorrise mentre mi tendeva una mano. Mi massaggiai la testa dolorante e lasciai che la sua mano accogliente e calda mi aiutasse a rialzarmi << E’ per questo che ho chiesto il tuo aiuto. >>
Lui rise scompigliandomi i capelli castani << Non posso fare miracoli, So. >> tolsi la sua man dai capelli, offeso, e incrociai le braccia. Dovevo essere davvero buffo perché lui prese a ridere più forte.
<< Ci riproveremo la prossima volta, i miei genitori mi aspettano per cena. >> posò la palla con cui ci stavamo allenando nella cartella che aveva posato qualche ora fa a terra vicino alla mia << Ma non credo che tu ti sia spinto a chiedermi aiuto solo perché sei negato. Qualcuno ti ha dato fastidio? >>
<< No,nessuno. >> sussurrai portandomi la cartella sulle spalle mettendomi al suo fianco mentre ci avviavamo verso casa. Sorrisi pensando che lui potesse essere preoccupato per me, anche se non lo mostrava apertamente. Faceva sempre così, era preoccupato per me ma non poteva mostrarsi debole ai miei occhi.
<> lui mi fissò per un momento pensieroso, portò di nuovo gli occhi acquamarina davanti a se mentre percorrevamo la strada per andare a casa << Mia madre chiede sempre di te, si chiede perché questa settimana tu non ti sia mai fermato da noi. >>
Mi morsi il labbro per quello che avevo appena detto, non volevo fargli capire quanto fossi preoccupato. Da quando eravamo piccoli passavamo tutti i giorni insieme, almeno una volta a settimana lui rimaneva da me o viceversa. Era come se qualcosa si fosse spezzato, era distante e il modo in cui mi parlava era diverso dal solito.
Eravamo arrivati a casa sua << Non è successo niente Sora, davvero. >> si appoggiò al muro che aveva dietro, guardandomi con gli occhi acquamarina << Questa settimana ero pieno di impegni, niente di cui la tua stupida testolina dovrebbe preoccuparsi. >>
Per fortuna tutte le paranoie che mi stavo facendo erano infondate. Non mi avrebbe mai evitato volutamente, non lo farebbe mai. Sorrisi e mi catapultai tra le sue braccia. Non so perché lo feci, so solo che in quel momento avevo solo bisogno di sentirmi amato. Mi alzai sulle punte stringendomi a lui, godendomi la sensazione del suo petto caldo a contatto con la mia pelle,del suo profumo che mi riempiva le narici e posando il capo sulla sua scapola. Aspettai di sentire le sue braccia forti circondarmi la vita, come erano solite fare, ma questo non avvenne.
Le sue mani si posarono sulle mie spalle spingendomi via, spalancai gli occhi mentre il calore del suo corpo mi veniva negato lasciandomi al freddo gelido di quella sera. Lo guardai, confuso. “Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
Lui mi fissava, gli occhi acquamarina spalancati << Ci vediamo, Sora. >> sussurrò roco prima di entrare in casa velocemente e sbattere la porta lasciandomi solo, ferito e confuso.
                               
 
Sfortunatamente non erano paranoie infondate. Quella è stata l’ultima volta che l’ho considerato il mio migliore amico, due giorni dopo lui mi ha detto esplicitamente di non voler più avere niente a che fare con me. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, posai la testa sulle ginocchia dimenticando per un attimo di essere in palestra esposto agli occhi curiosi e impiccioni degli altri ragazzi. Oramai da un mese si ripeteva sempre la stessa routine: Alzarsi, fare colazione, andare a scuola, vederlo, tornare a casa, piangere e deprimersi per la maggior parte della notte e poi ricominciare un altro giorno con il solito falso sorriso sulle labbra.
Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei ridotto così, ho sempre amato la vita in generale, ridere e scherzare con gli amici, eppure ora la mia vita era diventata un susseguirsi di incertezze e dolore. Prima non riuscivo a rendermi conto di quanto avessi bisogno di lui e solo adesso che è così distante capisco come lui sia stato il mio punto di riferimento per tutti questi anni. Anni passati a prenderci in giro, a giocare fino al tramonto, a chattare a notte fonda fino a quando uno dei due non crollava, a essere l’uno l’ombra dell’altro.
Alzai la testa dalle gambe. L’ora era finita e i ragazzi si stanno radunando per tornare alle proprie classi.
<< Tutto bene, So? >>
Annuii alla domanda di Kairi, alzandomi in piedi e affiancandola, spalla contro spalla, che erano quasi della stessa altezza. Quando le avevo detto di me e lui ne è rimasta sorpresa. Non poteva credere che si fosse comportato in quel modo e aveva anche cercato di parlargli senza risultati. Per lui l’argomento “Sora” era abolito per sempre. Aveva fatto di tutto per non farmi sentire solo, venendomi a trovare improvvisamente a casa oppure telefonandomi appena poteva anche se le nostre conversazioni e i nostri incontri erano per lo più pieni di silenzio e lacrime.
<< Kairi. >> Si avvicinò, spalancai gli occhi ritrovandomelo così vicino, soprattutto perché era stato lui ad avvicinarsi. La divisa della scuola metteva in risalto i muscoli tesi, la cravatta slacciata sicuramente per tenerla più comoda durante la partita. Anche se eravamo così vicini i suoi occhi non mi guardavano, puntati verso Kairi << Ora abbiamo Inglese, è meglio muoversi e non perdere tempo. >> poi si girò e uscì dalla palestra e Kairi, dopo avermi lanciato uno sguardo apprensivo, lo seguì. I suoi occhi non avevano sfiorato la mia figura nemmeno per un momento. Ignorato, ancora.
 
 
Mi incamminai velocemente per i corridoi vuoti della scuola. Le lezioni erano iniziate da ben quindici minuti ed io ero in ritardo proprio nell’ora di algebra. Sbadigliai assonnato, le poche ore di sonno che mi ero concesso non mi avevano riposato e avevano lasciato dei fastidiosi e ben visibili cerchi scuri sotto ai miei occhi blu stanchi.
<< Buongiorno Hikari. Ben arrivato in classe. Pensavo che non sarebbe venuto. >>
Mi sedetti al mio banco, accanto a Tidus, scusandomi per il ritardo.
<< Ehy So. >> mi girai verso Wakka che era nel banco dietro di me << Non hai una bella cera. >>
<< Stai ancora male per quello stupido? >> mi chiese Tidus, guardandomi.
Ignorai la domanda e posai la testa sul banco, irritato. Stava pur sempre del “mio” ex migliore amico, non era molto chiedere di contenersi.
Passai il resto della lezione, che si era ridotto a trenta minuti, con la testa al passato , sperando vivamente di poter uscire al più presto da quell’aula che stava diventando troppo asfissiante. Quando la campanella suonò la professoressa mi richiamò.
<< Hikari, sarai felice di sapere che uno dei migliori ragazzi più grandi ha accettato di farti da tutor. >>
Sospirai sollevato, finalmente la giornata stava prendendo la piega giusta.
<< Riku Kurosa* è disposto a iniziare ad aiutarti già la settimana prossima. >>
  *Hebi:Serpente Hikari: Luce Kurosa: Oscurità
   
 
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