Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: lapoetastra    21/02/2016    2 recensioni
Una lettera.
Un ricordo.
Un nuovo viaggio.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Lucy Pevensie, Mr. Tumnus
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Non sono bravo con le parole.
Non lo sono mai stato, in realtà, e tu lo sai meglio di me.
Quando devo dire qualcosa di importante mi impappino, biascico, oppure sto zitto.
Ora però ho raccolto tutte le frasi che sono state in questi anni troppo timide e pavide per salpare dal porto sicuro delle mie labbra e giungere al confine del tuo udito.
Stai crescendo, ormai sei quasi una donna.
Ti vedo diventare grande ogni volta di più, e quando ritorni nel tuo mondo so che il tempo ruberà la tua infanzia ancora più velocemente.
Vorrei pregarti di restare piccola, almeno solo per un po’.
E invece, come mio solito, sto zitto.
Non voglio che tu diventi un’adulta, gli adulti sono stupidi, gli adulti non hanno immaginazione.
Gli adulti smettono di credere a me, ed a Narnia, e per loro un armadio è solo un luogo in cui riporre gli abiti.
I minuti che cancellano la giovinezza dal tuo viso cristallino si portano via frammenti dal mio cuore, e se da un lato il mio animo gioisce nel vederti diventare sempre più bella, come un fiore leggiadro che sboccia a primavera, dall’altro tremo, ogni giorno più forte.
Non sono pronto per lasciarti andare, non sono pronto a vivere senza di te, senza vederti, senza sentire la tua risata da cui nasce la mia.
Eppure dovrò farlo, un giorno, quando sarai troppo grande per tornare qui, da noi, da me.
E quando giungerà il momento in cui cercherai di attraversare l’armadio ed incontrerai solo il freddo ed impersonale legno, non ti spaventare.
Non vuol dire che è successo qualcosa di grave, non vuol dire che noi non ti vogliamo più.
Significa solo che sei diventata una donna, e che devi lasciarti la bambina che eri alle spalle, così come i ricordi ad essa legati,
per vivere la vita che meriti nel tuo mondo umano.
Quando ciò avverrà, leggi questa lettera, che ho sigillato fino a quel momento in modo che tu curiosa come sei, prima, non la possa leggere, affinché il tuo animo non venga angosciato da un timore che ora fortunatamente è ancora lontano.
E quando poggerai gli occhi su queste righe, ti prego di non piangere.
Sorridi.
Sorridi, ricordando ciò che siamo stati, ciò che sempre saremo nella tua mente e nel tuo cuore, se vorrai.
E ti chiedo di non scordarmi, mai.
Spero che il tuo cuore di donna conservi sempre un piccolo posto per il tuo fedele ed affezionato Mr Tumnus.



< Mamma, ma chi è questo Mr Tumnus? E… perché hai questa lettera? È scritta per te? >, domandò John, tenendo il foglio spiegazzato ed ingiallito tra le piccole mani di bambino.
Aveva trovato quella lettera per caso, mettendo ordine nella soffitta, e nonostante fosse chiusa, era stato troppo curioso per lasciare perdere, così l’aveva aperta e l’aveva letta dalla prima all’ultima parola, senza tuttavia capire il senso di quelle righe scritte con un inchiostro colorato sbavato in più punti, come se ci fossero cadute sopra delle piccole gocce d’acqua.
Lucy smise di lavare i piatti e guardò il figlio, che aveva semplicemente in mano tutta la sua infanzia.
Sorrise, allora.
Sorrise, come le aveva chiesto il signor Tumnus nella sua ultima lettera.
E pianse, un poco, impercettibilmente, ma non di tristezza, bensì di felicità, quella felicità incommensurabile che le invadeva il cuore ogni volta che pensava a Narnia ed a tutti i suoi magici abitanti.
Accarezzò con le mani umide i morbidi capelli del figlio, che la guardava, vorace di spiegazioni.
Solo allora Lucy si rese conto che John aveva proprio l’età che aveva lei quando era venuta per la prima volta a conoscenza del mondo dietro l’armadio.
< Ti racconterò una storia meravigliosa, tesoro >, gli mormorò, commossa.
< Ma prima giochiamo a nascondino, che ne dici? Era un gioco che adoravo, quando ero piccola come te. Ed adoravo anche nascondermi negli armadi, sai? Nessuno mi trovava mai, lì >, aggiunse poi, in tono misterioso.
Il figlio sorrise, ingenuamente contento di quel segreto che così inaspettatamente gli era stato rivelato.
Lucy lo guardò con occhi colmi di dolcezza.
< E se incontri un fauno >, sussurrò, < ricordati che sono esseri molto permalosi. >
Poi, senza dargli tempo di rispondere, si girò ed iniziò a contare ad alta voce, felice che quel gioco le desse l’occasione di piangere senza farsi vedere.
Piangeva di commozione, perché a breve il suo bambino, che era già corso nell’altra stanza e che sicuramente si stava nascondendo in uno dei grandi armadi come gli aveva suggerito lei stessa,
avrebbe vissuto la straordinaria esperienza di Narnia.
Piangeva di malinconia, perché avrebbe dato qualsiasi cosa per essere ancora piccola, per essere di nuovo la protagonista di quel mondo che era sempre stata la sua unica e vera casa.
Ma quando vide John correre verso di lei, con gli occhi grandi e luminosi ed i capelli castani così uguali ai suoi spruzzati di candida neve, non riusciva più a smettere di sorridere.
   
 
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