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Autore: avana98    21/02/2016    0 recensioni
[Anime/manga vari]
Premetto, che non sono molto brava con le trame.
Conoscete la storia del poema del vento e degli alberi? Se non la conoscete, andate immediatamente a cercarla,perche non è mai esistita storia più dolce ne tanto triste e maliconcina. Quindi se amate i manga yaoi, quelli seri, con trame difficili e profonde. Ma più precisamente i magna classici. Non potete non conosce, colei che in patria e denominata la madre dello shonen ai.
Tornando alla mia storia, un nuovo personaggio entrerà a far parte di questa tragica storia. Ed avra a che fare con un bel biondino di nostra conoscenza.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest
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Gli occhi segnavano le scorre delle parole nella mia mente, mentre con le sopracciglia corrucciate, labbra socchiuse, tremanti d'emozione. Mi accingevo a terminare l'ultimo volume di quel quel tragico romanzo mascherato da fumetto. Una lacrima scintillante e cristallina mi solcava il

viso scosso. Kaze to ki no uta, alias, il poema del vento e degli alberi. Non credevo che al mondo potesse esserci nome che mi avrebbe fatto provare al solo suono: dolore, dolcezza e nostalgia. Chiusi l'albo che avevo tra le mani. Mi abbandonai stanca sul materasso. Nella mia mente, fiumi di pensieri che lasciarono il mio corpo spossato. Morfeo con dita gentili, cercava di trasportarmi con se nel suo mondo onirico.

Ma prima di seguirlo, una desiderio lascio le mie labbra, mosse quasi di propria volontà, io stessa a stento a ricordare se pronunciai realmente quella frase oppure era solo un miraggio dovuto alla spossatezza.
Gilbert portami con te.






Sentivo freddo, ed il corpo mi pareva umido. Aprii lentamente gli occhi. Pioggia fitta ed implacabile si abbatteva su di me, mal protetta dalle fronde degli alberi. Aspetta alberi? Che ci facevo io in un bosco? L'ultima cosa che ricordavo, era il calore del mio letto e la stanchezza che

anche il quel momento non accingeva ad abbandonare il mio corpo. Uno strano rumore di zoccoli e di ruote sul bagnato, mi distolsero dai miei pensieri. Segui quel suono che mi condusse ad una carrozza in legno trainata da cavalli. Fermai a forza il mezzo parandomi davanti. Il

cocchiere era visibilmente indispettito, ma frenò. "Le chiedo perdono", dissi un po intimorita. "ma saprebbe dirmi dove mi trovo? Mi sono persa" "nei pressi della prestigiosa accademia di Lacombrade, io sto andando proprio li" Lacombrade, mi suonava familiare, ma non persi altri

pensieri sul nome, piuttosto sul suo suono. Lacombrade era un nome francese. E in Italia non esistevano accademie francesi, vogliamo parlare, poi della carrozza con cavalli che molto probabilmente svolgeva la mansione di taxy. "Senti ragazzina se non vuoi altro spostati che sono di fretta". L'uomo mi riscosse dalle mille domande che mi frullavano in testa. "La prego, siate gentile e non ridete di me per quello che vi

sto per chiedere. In che nazione mi trovo e in che anno siamo?" Il cocchiere non riuscii a trattenere il riso, anche se ci provò e questo lo apprezzai."Hai perso la memoria ragazzina? Siamo in Francia, 1880." Mi sentii gelare il sangue nelle vene, non potevo credervi. Era un sogno doveva esserlo. Eppure la fame che mi attanagliava lo stomaco, il freddo che scuoteva il mio corpo tanto forte da sembrare che mi entrasse

fin nelle ossa. La maglia leggera che avevo in dosso bagnata mi cadeva pesantemente sulle spalle. Tutto questo pareva fin troppo reale. L'uomo incitò il cavallo a partire ed io lo fermai." Per favore, mi faccia salire". "Ma tu li hai i soldi per pagare?. Io non sapevo che rispondere, con me non avevo nulla. Dalla carrozza a si sporse il capo di un ragazzo, che io purtroppo non riuscii a vedere bene poiché nascosto

dall'oscurità della notte. "La faccia salire buon uomo, pagherò io per la fanciulla, non importa dove voglia andare, chiedete pure a me il prezzo che vi sembra opportuno. Il cocchiere non disse più nulla e mi fece salire. Il mio salvatore, era un ragazzino, da quello che avevo potuto

scorgere dalla voce. "Dove siete diretta signorina?" Non so perché risposi in quel modo. Ma mi parve cosi naturale e giusto che in fondo non ci riflettei più di tanto. Forse ero semplicemente mossa dai fili del destino, come una marionetta che nulla conosce del proprio padrone se non le mani. "Lacombrade"

  
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