Soul
of Gold
*
Gemini
Quando
si svegliò fu un’immensa sorpresa.
Credeva
di aver dato tutto ciò che poteva dare davanti al Muro del Pianto, la sua vita,
il suo corpo, la sua anima… e invece era ancora vivo.
Il
suo peso aveva scavato un avvallamento nella neve. Come mai c’era la neve?
Pazienza: in fondo non gli interessava poi tanto.
Aveva
sentito dire che morire assiderati era la morte più dolce perché era come
addormentarsi.
Avrebbe
potuto lasciare che accedesse… sì… aveva dato tutto, aveva compiuto la sua
missione. Non aveva motivo di attardarsi inutilmente sulla terra.
Avrebbe
chiuso gli occhi e si sarebbe lasciato andare, lasciando che i fiocchi di
cristallo lo ricoprissero e diventassero il suo sudario.
Saga.
Sbarrò
gli occhi a quel richiamo.
Lo
aveva sentito dentro di sé più chiaro che se fosse stato una voce reale.
Athena?
Perché ti arrendi, Saga? Perché mi
abbandoni?
No! Mia Signora, io non vi
abbandonerei mai! Ma che cosa posso fare? La mia esistenza in questo mondo non
ha più alcuno scopo.
Sei ancora un Saint della dea Athena, oppure no Saga?
Sì.
Allora fidati di me. Alzati. Ho
bisogno che tu combatta un’ultima battaglia. Alzati, Saint dei Gemelli. Voi
dovrete combattere in mia vece poiché un altro male minaccia la terra.
Cosa dobbiamo combattere?
Lo saprai. Ora alzati. Vivi.
Raggiungi i tuoi compagni.
I miei compagni!
L’immagine
dei dodici Gold Saint uniti come una sola anima davanti a Muro del Pianto agì su
di lui come un elettroshock.
Un’esplosione
di Cosmo spazzò via la neve che lo seppelliva e lui si alzò a sedere, ansimante
per lo sforzo.
Accanto
a lui c’era lo scrigno che conteneva l’armatura dei Gemelli.
Anche
se non sentiva più la presenza di Athena ormai sapeva
cosa doveva fare: Saga spazzò via la neve che lo ricopriva e sotto le dita
sentiva la vibrazione del cosmo di Kanon che ancora
la permeava come un canto malinconico.
Era
solo la sua anima che gli raccontava tutto dei suoi ultimi momenti e di quanto
aveva pensato a lui nel momento in cui restituiva la Cloth
di Gemini. Nello stesso momento Saga seppe che non lo avrebbe più visto.
Sono fiero di te, fratello mio.
Nonostante
il freddo e la debolezza afferrò le cinghie di cuoio e riuscì a caricarsi lo
scrigno in spalla.
Era
pesante ma lo avrebbe portato lo stesso perché quello era il suo destino,
perché se la sua dea glielo aveva chiesto per lui non contava nient’altro che
la sua volontà.
***
Così
era iniziato il suo viaggio.
Avrebbe
potuto muoversi alla velocità della luce ma non avrebbe saputo dove andare.
Raggiungi i tuoi compagni.
Erano
vivi. Lui era vivo.
Saga
sapeva che erano lì, da qualche parte e che presto avrebbero avuto bisogno di
lui.
Vagava
da un villaggio all’altro in quella terra di neve e ghiaccio che aveva scoperto
essere Asgard.
Viveva
di carità o del suo lavoro, fermandosi il tempo appena necessario a riposare e
a sforzarsi di percepire un cosmo simile al suo.
Un
bagliore d’oro in quel paesaggio di neve e vento era tutto ciò che gli serviva
per decidere quale direzione prendere.
Raggiungi i tuoi compagni.
La
domanda che lo rodeva incessantemente era… ci sarebbe stato anche lui? Anche Aioros era vivo?
Per
questo andava avanti più che per le altre ragioni. Per trovare lui, solo per lui,
per vederlo e per chiedergli perdono per quello che gli aveva fatto.
Speso
lasciava che il suo Cosmo si spandesse libero su quelle terre come un richiamo
e restava in attesa di una risposta che sperava sempre fosse la sua.
Avrebbe
voluto mettere da parte il sentimento del tutto personale che gli occupava il
cuore a volte accantonando la sua missione, ma non riusciva in alcun modo a
smettere di pensare ad Aioros.
Era
un tormento continuo il desiderio di rivederlo e la paura di leggere il
disprezzo nel suo sguardo, e se amare era soffrire, Saga accettava la
sofferenza come parte dell’espiazione per il suo egoismo.
Sì,
egoismo: non poteva chiamare in altro modo il fatto di impiegare ogni energia
giorno e notte per ritrovare lui e lui solo, quando c’erano altre dieci persone
ugualmente coinvolte in questa nuova prova che il destino aveva forgiato per
loro.
Avrebbe
dovuto pensare alla battaglia, si ripeteva, Athena
non lo aveva certo fatto rialzare perché rincorresse i capricci del suo cuore.
Sicuramente
c’erano cose più importanti a cui pensare che non l’amore che lo consumava e lo
scaldava come il fuoco consumava gli sterpi che usava per alimentare la fiamma
delle notti che trascorreva all’addiaccio.
Eppure
non ci riusciva. Non riusciva a togliersi di dosso l’impressione che quella
nuova vita gli fosse stata concessa come un’occasione unica e preziosa per
ritrovare Aioros e chiedergli scusa.
Si
sentiva un egoista ma non voleva mentire a sé stesso perché aveva già imparato
a sue spese che nascondere ciò che provava veramente poteva essere disastroso.
La
lotta che un tempo era stata tra bene e male nel suo animo adesso era tra
l’egoismo e il senso del dovere.
Di
giorno, quando era impegnato a lavorare o a percorrere le distanze che lo
portavano sempre più vicino a dove percepiva Cosmi d’oro simili al suo,
riusciva a distrarsi, ma nel buio e nel silenzio della notte la lotta
riprendeva impietosa.
Fu
un giorno, mentre camminava in direzione di una città che gli sembrava più
grande delle altre, che Saga percepì qualcosa di anomalo.
Aioros.
Il
Cosmo del Sagittario ardeva impegnato in battaglia contro una forza oscura.
Il
primo istinto di Saga era di correre in suo aiuto, solo che la paura che Aioro potesse distrarsi dalla battaglia vedendo proprio lui
lo bloccò.
No,
non sarebbe stata una mossa saggia apparire a lui all’improvviso.
Saga
si decise a fare ciò che aveva affinato nei tredici anni in cui era stato
Sacerdote: agire a distanza.
Si
fermò e posò lo scrigno a terra, concentrando il suo cosmo per proteggere Aioros a chilometri d distanza come se lui fosse stato
effettivamente lì.
Lo
protesse da tanti colpi che invece di colpire solo il Sagittario si
infrangevano sul suo corpo. Non bastava.
Aioros
scoccò la freccia d’oro e quell’istante in cui aveva rinunciato a difendersi
per colpire il nemico gli era costato caro.
Aioros!
No!
Lo
sentì precipitare nella scarpata e poi l’impatto del suo corpo con l’acqua
tanto intenso da schiacciargli l’aria fuori dai polmoni.
Con
l’armatura d’oro poteva salvarsi. Doveva salvarsi!
“Cloth del Sagittario, allontanati da me. Non voglio che
vada perduta assieme al mio corpo se non sopravvivrò. Vai, e che tu possa
essere di aiuto ad un altro valoroso in questa guerra che è appena iniziata”
Sempre
così, Aioros: anteponeva il bene di qualcun altro in
ogni caso, anche quando stava affondando nelle acque torbide di un fiume in una
terra estranea.
“Eppure
avrei voluto rivederli, per sapere come sono adesso che sono adulti… e poi
avrei voluto rivedere Saga”
La
nostalgia di Aioros lo colpì come un pugno allo
stomaco, facendolo cadere in ginocchio.
Quando
la cloth obbedì all’ordine e si staccò dal suo corpo
Saga non poteva stare a guardare: raccolse il suo Cosmo e lo usò tutto fino
all’ultima fibra per spingere il corpo di Aioros
verso la superficie.
Lui
lo sentiva.
“Chi
sei?”
Non chiedermelo.
Non
glielo avrebbe detto. Non avrebbe permesso che Aioros
cadesse nella sua stessa debolezza di distrarsi dalla battaglia per colpa sua.
“Mi
stai aiutando. Perché ti nascondi?”
Lo
spinse sulla riva dove poteva respirare.
Il
suo cuore sarebbe potuto scoppiare per il desiderio di dirgli chi era ma no,
non poteva!
“Chiunque
tu sia, ti ringrazio”
Aioros
si abbandonò a lui con fiducia assoluta quando sprofondò nell’incoscienza e
Saga avrebbe dovuto ritirarsi perché lo sforzo di mantenere quel contatto era
sfiancante.
Ormai
Aioros era al sicuro ma lui ancora non voleva
lasciarlo.
Non
poteva lasciarlo dopo averlo ritrovato!
Aioros
rispondeva appena, non rifiutava il suo cosmo anzi lo cercava, sebbene non ne
fosse cosciente.
Saga
era certo che lo avesse riconosciuto, ma se avesse avuto fortuna non ne avrebbe
conservato alcun ricordo una volta sveglio.
Nell’incoscienza
lo tenne stretto e gli sussurrò incessantemente tutte le scuse che forse non
avrebbe mai potuto fargli e gli fece capire che lo amava, santo cielo, quanto
lo amava!
Lo
lasciò solo quando fu costretto, perché lo sforzo lo stava letteralmente
uccidendo.
Si
svegliò che era caduto faccia a terra nella neve.
“Ho
usato tutto il mio Cosmo per una sola persona. Non avrei dovuto farlo, non
dovrei bruciare tutte le mie energie in una sola volta quando la vera battaglia
non è ancora iniziata e tanti altri potranno avere bisogno di me. Ma lui… no,
non posso perdere di nuovo Aioros!”
Il
respiro gli bruciava in gola per il freddo e per l’angoscia.
Si
accorse di avere le mani che annaspavano sul petto che gli lasciavano segni
profondi sullo sterno attraverso la stoffa.
Era
un egoista, non aveva giustificazione: per lui Aioros
era più importante degli altri dieci.
Se
ne vergognava eppure era così, e non poteva sopportare il pensiero che fossero
entrambi vivi per miracolo e non avere neanche un’occasione di incontrarlo.
La
sua vita era sempre stata difficile, ma togliergli l’unica cosa che desiderava
con tutto sé stesso gli sembrava troppo!
Non
sarebbe stata punizione, sarebbe stata crudeltà… eppure lui non aveva fatto lo
stesso? Quando Aioros era fuggito con Athena neonata, lui non aveva forse nascosto la verità a
tutti, togliendo ad Aioria e Shura
il diritto di sapere?
Forse
allora lui meritava di morire lontano da Aioros senza
poter incrociare il suo sguardo neanche per un attimo.
Il
pensiero che potesse essere quello il suo destino lo fece scoppiare in
singhiozzi disperati.
Le
sue lacrime scavavano piccoli crateri nella neve e subito si congelavano,
orlandogli le ciglia con il suo dolore cristallizzato.
Lui
sapeva qual era il suo dovere, voleva compierlo, però…
Aioros.
“Athena, mia Signora, ti prego, concedi un attimo di debolezza
a questo cuore che ti supplica.
Combatterò
per te, farò tutto ciò che mi chiederai, ogni battaglia potrà essere la mia
ultima ed io non mi tirerò indietro finché avrò un solo alito di vita. Ti prego
solo di una cosa: lascia che io possa rivederlo almeno una volta prima che la
mia anima torni alla morte. Se il mio è egoismo ne pagherò le conseguenze, ma
ti prego, Athena, lascia che io possa parlargli. Io
ho bisogno di lui!”
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Cantuccio
dell’Autore
Non
avevo visto “Soul of Gold”. Sinceramente mi chiedevo come sarebbe stato un
potenziale incontro tra Saga ed Aioros.
Ora
l’ho visto tutto e questi sono i deprimenti, angstosi
risultati dopo l’ultima puntata.
Spero
vi sia piaciuto questo primo capitolo.
Makoto