Fear
A volte mi
chiedo perché ho iniziato questa stupida storia dei nemici che vanno a letto
insieme.
E’ ridicola,
semplicemente ridicola.
Dovrei
solamente dirle ehi, sweetheart, ci
siamo divertiti, ma ora è meglio tornare alle nostre
abitudini. Tu a rubare e io a cacciare i demoni.
Basta con le
telefonate notturne, appena sussurrate.
Basta con le
scopate ancora mezzi vestiti, con la paura di essere scoperti, con il sospetto
che l’altro voglia fregarci in qualche modo o che ci
sia qualcuno nella stanza vicino. Un complice magari.
Basta con le
camere di motel, usate per quei venti minuti.
Basta con le
risatine sarcastiche, con l’insultarci subito dopo.
Basta con le
menzogne raccontate a Sam, con il sgattaiolare fuori
dalla nostra stanza, di notte al buio, senza farsi sentire. E poi rivestirsi velocemente e tornare indietro e fingere...
continuare a fingere che vada tutto bene, che sia tutto okay, che non ci sia
nulla di cui preoccuparsi.
Basta… io non
ho tempo per queste stronzate.
Mi volto verso
di lei, ma Bela non mi guarda. Ha il viso rivolto verso la finestra e non riesco
a scorgere pienamente la sua espressione.
Le lenzuola
drappeggiano il suo corpo nudo, disegnando la linea delicata dei suoi seni e dei
suoi fianchi, adattandosi alla morbidezza delle sue
curve. Il suo petto si muove lentamente, seguendo il ritmo calmo della
respirazione. La sua pelle è liscia e fresca, priva di
imperfezioni. Ha un piccolo neo sulla spalla destra e uno sul seno. Ha
solo un velo di trucco leggero e non porta nessun tipo di gioiello, nemmeno
l’orologio. Sembra molto più giovane così. Quasi… gestibile.
E’ la prima
volta che la vedo completamente nuda. E’ la prima volta che abbiamo fatto sesso
senza fretta, spogliandoci con calma, trattenendoci a
giocare con il corpo dell’altro, ad assaporare ogni centimetro di pelle,
scoprendola pian piano, a rimandare l’orgasmo per poter andare avanti ancora e
ancora.
Di solito è
tutto molto impetuoso, quasi violento. Io le sollevo la gonna, le sposto le
mutandine e poi mi spingo dentro di lei, senza pensare di poterle fare del male.
Senza farmi importante di poter farle del male.
Mi spingo in
lei così urgentemente e così profondamente da cancellare tutto il resto, tutte le preoccupazioni e tutto... il destino che mi sono
scelto.
C’è solo
rabbia, disperazione, paura. C’è il tentativo di annegare tutto questo dentro
quelle spinte profonde e veloce, in quel piacere che
sale rapidamente e che cancella tutto all’improvviso.
Ma questa volta
è stato diverso, è stato come.. come dovrebbe essere
tra due persone che non si odiano. Che non sono nemici che
fanno sesso occasionalmente.
E’ stato come
dovrebbe essere tra due persone che cercano un po’ di calore in un altro essere
umano. Non importa se è il corpo di un nemico o di una persona di cui non ci
fidiamo.
A volte abbiamo
solo bisogno di un altro essere umano per ricordarci di
essere ancora vivi.
O di non essere
ancora morti.
Bela si
rigira pigramente
nelle lenzuola, il suo profumo aleggia per tutta la stanza, sulla mia pelle. Il
suo respiro è appena percettibile nel silenzio immobile della camera. E’ quasi
come se fossimo calati in una bolla di tempo.
Le pareti e le
lenzuola sono tinteggiate di arancione e dei colori
caldi del tramonto che entra dalla finestra. La guardo spostare una mano accanto
al viso, sul cuscino. Lei continua a non guardarmi, non so se le dia fastidio
che sia qui o se semplicemente non le
importa.
Non ho comunque intenzione di trattenermi ancora a
lungo.
Faccio
scivolare lo sguardo lungo il suo corpo, soffermandolo un attimo sul piede che
spunta dalle lenzuola, prima di tornare a fissare la sua nuca. Forse non le
importa nemmeno che la stia osservando.
Una ciocca di
capelli ondulati si è posata morbidamente sulla sua schiena, mentre le altre
sono adagiate sul cuscino. Per un attimo vengo assalito
dal folle impulso di accarezzarle la pelle calda della schiena con le dita, di
seguire il percorso di quella ciocca di capelli con la mia bocca, risalendo
piano verso il suo collo.
E poi di
sfiorarle l’orecchio con le labbra, posare le mani sul suo corpo, cercando di
nuovo il suo calore, e dirle che possiamo fingere che
tutto questo vada bene, che siamo felici insieme.
Ma ovviamente non
lo faccio.
Non avrebbe
senso. E complicherebbe o rovinerebbe maledettamente le
cose.
Almeno sappiamo
esattamente cosa significa l’uno per l’altra. Sappiamo che non possiamo fidarci,
non possiamo abbassare la guardia. Sappiamo che siamo
solo nemici che ogni tanto si concedono una scopata. Spesso
una scopata veloce e soddisfacente, a volte una scopata consolatoria come
oggi.
E a me sta bene
così.
Anzi a dir la verità è la cosa migliore per me. Nessun
coinvolgimento, nessun legame, nessuna aspettativa, nessuna spiegazione da dare.
E in compenso
buon sesso, fatto come Cristo comanda.
Per uno che ha
solo pochi mesi di vita è la soluzione
ideale.
“Dean?” mormora lei senza guardarmi, spezzando il silenzio
che si era venuto a creare. Continua a tener lo sguardo puntato verso la
finestra.
Non rispondo
sapendo che se vuol dirmi qualcosa, lo farà anche senza la mia
approvazione.
“Hai mai
paura?” mi domanda con un filo di voce. Guardo il profilo del suo viso, ma gran parte è coperto dalla sua spalla. Riesco solo a
vedere le lenzuola colorate di arancione dal sole, che
sta tramontando.
Sì, ho una
paura fottuta. Ho così paura che a volte penso che se solo ammettessi di essere
terrorizzato non riuscirei più a smettere di gridare.
Se lasciassi venir fuori qualcosa, anche solo un minimo della
paura che provo non sarei più in grado di riprendere il
controllo.
Perciò no,
ufficialmente va tutto alla grande.
“No, non ho
paura” replico con voce atona.
Lei lascia
spegnersi le mie parole nella stanza. Non si volta nemmeno
quando scendo dal letto e inizio a rivestirmi silenziosamente. Ho ancora
il profumo della sua pelle sulla mia, il ricordo del suo calore e della sua bocca.
“Già, lo
immaginavo” sussurra solo, prima che io esca senza voltarmi indietro.