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Autore: M4RT1    24/02/2016    2 recensioni
Derek non temeva il buio. Lui aveva sua madre, le sue sorelle, i parenti. Lui non era solo. Mark sì. E se ne vergognava, Derek lo sapeva. Aveva otto anni e non avrebbe mai ammesso di aver paura. Così, quando dormivano insieme, era Derek a proporre di tenere le luci accese.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Derek Sheperd, Mark Sloan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Non balla mai in pubblico.
"Non mi ricordo i passi."
"Improvvisa! Ballare è facile."

Avevano nove anni. Quarta elementare, teatro della scuola. Erano soli, sul palco, insieme. Le luci basse, i volti pallidi degli spettatori appena illuminati nel buio della sala. 
Toccava a lui. Toccava a Derek.

"Forza, Sheperd!"

La voce dell'insegnante superò la musica, il vociare, perfino il battere incessante dei denti del bambino. Superò Mark, in piedi accanto a lui, e giunse alle orecchie di Derek, che sobbalzò. La calzamaglia rossa era stretta, soffocante.

Nove anni, quarta elementare. Mark rideva sguaiatamente appena dietro le quinte, sicuro ed elegante nel suo vestito scuro da presentatore. Derek giurò che non avrebbe mai più ballato in pubblico.



A dodici anni voleva essere un pilota di formula uno.
"Ma perché corri così tanto?"
"Perché così mi sembra di volare. E poi non penso a niente, quando vado forte."

Velocità. Derek adorava la velocità.
A quei tempi lui e Mark avevano una bicicletta color senape vecchia e cigolante, ma che erano riusciti a rimodernare usando un nuovo campanello e molta vernice blu. Ci salivano a turno, uno avanti e l'altro aggrappato dietro. Era il loro scooter.

Quando toccava a Derek guidare, correva. Anche Mark correva, ovviamente, e faceva le impennate e i testa-coda, ma l'altro ragazzino era quasi spaventoso per quanto pedalava forte.

"Voglio essere un pilota!" gridava mentre il vento ghiacciava il naso di Mark. "Voglio diventare un campione di Formula Uno!"

Due mesi dopo la cerimonia del diploma delle medie, la bicicletta si ruppe.



Detesta i fuochi artificiali.
"Derek! Ehi, Derek, vieni a vedere!"
"Preferisco restare dentro, se non ti dispiace."

Gli ricordavano il rumore dello sparo che colpì suo padre. Durante il primo anno di Specializzazione si offrì di completare il turno di notte pur di starsene in sala operatoria, nel silenzio ovattato dell'adrenalina di un'operazione. Quando proprio non poteva evitare di assistere agli spettacoli pirotecnici, passava il tempo cantando o parlando a voce alta con i vicini.

Un Capodanno in cui lui e Mark erano separati - lui era a casa, l'amico in viaggio - provò perfino a telefonargli (chiamata intercontinentale) pur di farsi tenere compagnia. Mark non sentì il cellulare, troppo impegnato a fare chissà cosa, e quando lo richiamò dovette sopportare quasi dieci minuti di rimostranze per aver preferito una tipa qualunque al suo migliore amico.

Da quel trentuno di dicembre si promisero che avrebbero trascorso insieme tutti i Capodanno.



Ha imparato a memoria l'intera tavola periodica per far colpo su di una ragazza.
"Okay, ricomincio."
"Andiamo, hai davvero intenzione di farlo? Mai provato a toglierti semplicemente i vestiti?"

Era il loro primo anno di college. Mark era in quel periodo della vita in cui qualunque cosa respirasse meritava una visitina al ripostiglio accanto alla mensa. Derek era innamorato perso di una biondina dagli occhi grigi al terzo anno di biologia applicata.

Le aveva chiesto di uscire, una sera. Lei stava ballando a un party e lui prendeva da bere al buffet. Aveva incrociato il suo sguardo e, per un momento, si era sentito forte, sicuro, perfino figo quanto il suo migliore amico. Le aveva domandato il numero e lei aveva riso forte. In quell'istante, tutto attorno a lui si era fermato e Derek aveva sentito il sangue affluirgli alle guance. 

Due giorni dopo le aveva chiesto una possibilità. Le aveva raccontato un mare di cavolate su di lui e sui suoi premi di biologia, fino a farle credere di essere una specie di genio. 

Non riuscì comuque a uscire con lei. 



Gli piacerebbe tagliarsi i capelli a spazzola, ma non avrebbe il coraggio di affrontare le occhiatacce di tutti.
"Hai mai avuto voglia di cambiare?"
"Amico, io non ho bisogno di farlo. Sono bello così."

Tagliarli via tutti. Recidere quella caratteristica che lo rendeva così fastidiosamente se stesso. Diventare qualcun altro. Ci aveva pensato spesso, da quel giorno. Ci aveva riflettuto mentre si chiudeva la porta alle spalle e lasciava sua moglie e il suo migliore amico, perdendo entrambi. 

Eppure, mai avrebbe immaginato di porre quella domanda proprio a Mark. Avrebbe dovuto pensarci, invece. Avrebbe dovuto pensare che, esattamente come non aveva mai avuto il coraggio di radersi i capelli e lasciarli scivolare nello scarico della doccia, non sarebbe riuscito nemmeno a odiare il suo migliore amico.

Quella domanda fu un modo per buttarsi tutto alle spalle.



 
Non ha mai avuto paura del buio.
"Teniamo la luce accesa, ti va?"
"Oh, d'accordo."

Era Mark ad avere paura del buio. Era lui ad accendere tutte le luci di casa, quando i suoi non c'erano e lui era un bambino di otto anni da solo in una villa a tre piani. Era Mark a rifuggiarsi sotto il piumone dei supereroi e raccontarsi storie ad alta voce mentre le auto disegnavano ombre inquietanti sulle pareti.

Derek non temeva il buio. Lui aveva sua madre, le sue sorelle, i parenti. Lui non era solo. Mark sì. E se ne vergognava, Derek lo sapeva. Aveva otto anni e non avrebbe mai ammesso di aver paura. Così, quando dormivano insieme, era Derek a proporre di tenere le luci accese. Fingeva di aver paura e lasciava che l'amico lo prendesse in giro.

Mark non scoprì mai quel segreto.

 
  
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