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Autore: Giulz95    24/02/2016    0 recensioni
"-Grazie.- Accennò al cadavere dietro di lei. –Se non fosse…-
-Sei sola?- La interruppe. La ragazza lasciò un sospiro abbassando le spalle. Mentire non sarebbe servito a nulla.
-Sì.-
L’uomo la guardò per un secondo facendo scorrere i suoi occhi sulla sua figura. Devo avere un aspetto terribile. Fanculo, non che lui sia meglio. Non che nessun altro sia meglio. L’apocalisse arriva con una ventata di carne marcia e malnutrizione, condita con la scarsa igiene personale e la spossatezza. Cristo, devo fare davvero schifo. Slegò velocemente un paio di scoiattoli dalla corda e li lanciò ai piedi della ragazza, che alzò lo sguardo verso di lui. L’uomo alzò le spalle voltandosi verso il bosco, cercando con gli occhi una traccia della preda ben più grande. Della mia preda.
-Il cervo è mio.- E si incamminò sparendo tra la boscaglia."

PS: Per meglio comprendere gli avvenimenti precedenti alla storia vi consiglio di leggere la fanfiction su Wattpad "Novocaine". Il link è alla fine del primo capitolo, ed è un AU sui pentatonix durante l'apocalisse Zombie. Io ho solo aggiunto un personaggio e rivisitato alcune cose. Diciamo che l'ho usata come spunto, ecco.
Buona Lettura!
Genere: Angst, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Glenn, Lori Grimes, Nuovo personaggio, Sophia Peletier, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Devil's backbone'
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Una volta salita sul camper trovò Carol accanto a Jim. Il mattino seguente sarebbero partiti per il CCM, Rick le aveva chiesto se sarebbe andata con loro, e lei aveva detto che ancora non ne era sicura, ma che per il momento potevano contare su di lei. Nemmeno Julie sapeva perché l’aveva fatto, ma lo sceriffo ne approfittò per chiederle di stare accanto a Jim per sicurezza, e lei aveva acconsentito. Se dovesse trasformarsi, è meglio che ci sia qualcuno in grado di prendere una decisione. La donna dai capelli grigi si voltò a guardarla sorridendole tristemente. Era la mamma di Sophia, e il suo viso aveva la stessa dolcezza di quello della bambina, solo più triste. Dietro di lei, Jim era in un bagno di sudore, la pelle percorsa da brividi. Sapeva com’era. Aveva già visto tutto.
 
“Tienila al caldo.” Avi le aveva ordinato mentre accendeva il motore della jeep allontanandosi il più velocemente possibile da quella strada. La testa di Kirstie era sulle sue gambe, i capelli biondi sparpagliati attorno al suo viso e pregni di sudore. La ragazza tremava, sudava, respirava a fatica. Avi le aveva detto che probabilmente era denutrita e qualche virus schifoso doveva esserle entrato in circolo. Non poteva essere stata morsa, Kirstie rimaneva sempre in macchina durante gli attacchi, e comunque erano stati tutti prudenti, tutti al sicuro. No, doveva essere influenza, doveva. Un lamento silenzioso le uscì dalle labbra prima che iniziasse a tossire portandosi la mano davanti alla bocca. Quando Kevin la prese in braccio correndo verso il motel dove si erano fermati, i jeans e le scarpe di Julie erano macchiate di sangue.
 
 
-La febbre è aumentata.- Carol sciacquò la pezza dopo averla rimossa dalla fronte dell’uomo. Julie non sapeva cos’altro dire, quindi annuì e basta. Dimmi qualcosa di nuovo. –Non ho avuto occasione di ringraziarti per aver salvato Sophia ieri sera.-
 
-Non ce n’è bisogno, davvero.- Julie annuì posando l’arco contro lo sportello del piano cucina. –L’ho…L’ho portata con me al campo prima. Volevo chiederti se per te andava bene, ma eri impegnata.-
 
-Certo…- Sorrise. –Le hai salvato la vita, mi fido di te.- Mi fido di te. Julie rimase senza parole prima che Carol parlasse di nuovo rivolta a Jim. –Hai bisogno di qualcosa?-
 
L’uomo annuì per un attimo prima di parlare con fatica. –Uhm acqua… Vorrei, vorrei solo un po’ d’acqua.-
 
Carol annuì scendendo dal camper, e Julie prese il suo posto. Jim sembrava un brav’uomo. Le dispiaceva che fosse toccato a lui. La garza che fasciava la ferita era impregnata di sangue e pus, segno dell’infezione in corso. Distolse lo sguardo quando si accorse che Jim la stava guardando con la coda dell’occhio.
 
- È rimasta una tomba per me?-
 
Julie alzò lo sguardo fissandolo per qualche minuto. Sapeva. Non era sicura lo avesse accettato, ma non sperava di sopravvivere. Questo gli avrebbe reso la pillola meno amara forse.
 
-Mi dispiace che stia succedendo a te.- Lo guardò dritto negli occhi, cercando di essere il più sincera possibile. –Vogliono andare al CCM. Sperano di trovare una cura.-
 
-Quel…- Jim si riaggiusto sul materasso con difficoltà. –Quel suono che senti è Dio che ride mentre fate dei piani.- Julie annuì. –Tu non sei d’accordo con loro?-
 
Prese fiato. –L’ho già visto succedere. È un processo rapido, se anche esistesse una cura…Non arrivereste in tempo.-
 
Jim annuì leggermente. –A chi è successo?- La ragazza abbassò lo sguardo e l’uomo si scusò.
-Voglio solo parlare, finché ancora ci riesco. I tuoi segreti sono al sicuro con me, sarò muto come un morto.-
 
Julie lo guardò, l’ombra di un sorriso sul viso dell’uomo di fronte a lei. Ammirava il senso dell’umorismo, soprattutto sul letto di morte.
 
-Ad un’amica.- Iniziò guardando in basso. –Dopo un paio di settimane dal contagio. Non ha voluto dirlo, non eravamo preparati.-
 
-Ha… Ha morso qualcuno?-
 
Julie scosse la testa. –No. È caduta a terra, pensavamo fosse svenuta. Quando ci siamo resi conto che non respirava più abbiamo trovato il morso. Le ho sparato prima che potesse fare del male a qualcun altro.-
 
-Come si chiamava?-
 
-Kirstin.- Julie sorrise, il nodo alla gola onnipresente.
 
-La conoscevi bene?-
 
La ragazza annuì guardando in basso. –Da prima di tutto questo. Lavorava con il mio fidanzato. Era una brava ragazza, ma era spesso ammalata… Influenza, infezioni alle vie respiratorie… Ho pensato anche io che Dio ridesse di noi quando è stata la prima a…- Chiuse la bocca passandosi la mano sugli occhi per asciugarli.
 
-Mi dispiace. Non volevo…- La tosse interruppe le sue parole. Julie afferrò il secchio ai piedi del letto passandoglielo e Jim lo afferrò chinandosi sopra di esso. Piccole gocce di sangue denso caddero dalle sue labbra, e la ragazza distolse lo sguardo. Quando Jim le ripassò il secchio il suo sguardo era perso nel vuoto. –Sta attenta alle mangrovie. Le radici possono far incagliare la barca. Lo sai, non è vero?- Stava delirando. La febbre doveva essere molto alta a quest’ora. –Amy è andata… A nuotare- Si voltò guardandola. –Tu terrai d’occhio la barca, giusto? Dovresti farlo.- Sembrava le stesse chiedendo di restare con gli altri. Tieni d’occhio la barca, tieni d’occhio il gruppo. Occupati di loro. Proteggili. Julie abbassò la testa prima di annuire.
 
-Terrò d’occhio la barca, Jim. Non preoccuparti.-
 
 
...
 
 
Morales le aveva dato il cambio al fianco di Jim poco prima che facesse buio. Non era più riuscita a parlare con l’uomo, la febbre era troppo alta e non poteva fare altro che ascoltarlo delirare. Le stringeva il cuore, ed era grata che Kirstie avesse continuato a svenire quando era toccato a lei. Il suo corpo era molto più debole rispetto a quello dell’uomo, ma per lo meno non era stato così umiliante.
Aveva deciso che sarebbe partita con il gruppo. Le parole di Jim l’avevano condizionata, le era sembrato una specie di ultimo desiderio. Avevano bisogno di lei, e detestava ammetterlo, ma anche lei aveva bisogno di loro. Non poteva più stare sola.
Decise di sfruttare le ultime ore di luce per andare a caccia, dare un’occhiata in giro e magari controllare il perimetro prima di notte. Ma era distratta, preoccupata per il viaggio. Si sentiva in colpa principalmente. Partire con loro, allontanarsi così tanto, significava rinunciare alla sua ricerca, almeno per ora. Avi avrebbe dovuto attendere. Stupida. Non lo rivedrai più, lo sai anche tu. Hai sentito gli spari no? Lui era disarmato. Ma era ricco di sorprese, quell’uomo. Capace di adattarsi, e questa è la miglior qualità che si possa avere in un mondo così. Non ci avrebbe mai creduto se non lo avesse visto con i suoi occhi. Il modo in cui prendeva le decisioni per il gruppo, come teneva i piedi fissi al terreno e come le aveva insegnato a macellare le prede che lei riportava dalla caccia. L’aveva sorpresa, e lei aveva sorpreso lui probabilmente. La piccola ragazzina di città, tanto superficiale quanto tutti gli altri, con le sue comodità che aveva sempre dato per scontate… Si era adattata. Si era adattata a tutto, anche allo stare da sola. Sarebbe stata in grado di cambiare ora?
Puntò la freccia contro lo scoiattolo fermo sul tronco di fronte a lei, ma spostando il peso sentì un ramo scricchiolare sotto il suo piede. Anche lo scoiattolo doveva averlo sentito, perché in un attimo era sparito sui rami più alti dell’albero. Julie sospirò abbassando l’arma, ma sentì dei passi avvicinarsi e si nascose velocemente dietro un cespuglio, l’impugnatura salda sull’arco. Incoccò silenziosamente una nuova freccia, quasi di istinto. I passi erano stabili e regolari, quindi non era un putrefatto. La ragazza vide arrivare Shane attraverso la vegetazione, il fucile a pompa alto davanti a lui. Stava puntando qualcosa, ma sapeva che non era abbastanza idiota da sparare in mezzo ai boschi per nulla. Seguì la linea di tiro, e ad una decina di metri scorse la schiena di Rick. Lo sguardo tornò immediatamente sull’uomo davanti a lei. Strinse l’arco nella sua mano trattenendo il fiato e si alzò senza fare rumore, la sua arma dritta davanti a lei. Se avesse premuto il grilletto, l’avrebbe ucciso. Nemmeno lei sapeva il perché, qualcosa che aveva a che fare con Atlanta e la fiducia che Rick le aveva concesso seppur erroneamente con i Vatos. Furono secondi lunghissimi quelli che precedettero il respiro affannoso di Shane, che abbassò il fucile al suo fianco prima di accorgersi della sua presenza. Quando si voltò verso di lei, la ragazza stava abbassando l’arco, ma la freccia era ancora tesa, puntata ad un angolo più stretto. Lo guardò fisso negli occhi, la sua espressione indecifrabile. Shane sorrise nervosamente prima di parlare.
 
-Julie.- Abbassò lo sguardo continuando a sorridere prima di guardare in avanti. Stava chiaramente evitando il contatto visivo. –Pazzesco vero? Dobbiamo iniziare ad indossare giubbotti fluorescenti.- Julie continuava a guardarlo. –Pensavo dovessi ripartire prima di sera.-
- Jim mi ha chiesto di tenere d’occhio la barca, mentre delirava per la febbre.- La sua voce era glaciale, mentre Rick tornava verso di loro. –Gli ho promesso che l’avrei fatto.-
 
Shane la fissò per qualche minuto prima di voltarsi verso Rick.
 
-Tutto bene?-
 
-Sì.- Shane rispose. –Solo uno stupido scoiattolo.-
 
 
 ...
 
 
I grilli erano particolarmente rumorosi quella notte. Le avevano sempre conciliato il sonno da bambina, in campeggio con i suoi genitori. Ma sommati a tutti gli avvenimenti della giornata e al mal di testa dovuto alla caduta in città, stavano avendo esattamente l’effetto opposto. Il campo era silenzioso, T dog sorvegliava Jim perché lei potesse riposare, ma invece di stendere il suo sacco a pelo nel pick-up bianco come aveva fatto la notte scorsa e addormentarsi, era seduta con la schiena appoggiata all’abitacolo, lo sguardo rivolto verso l’alto e una sigaretta tra le dita. Aveva ringraziato chiunque fosse in ascolto quando nella tasca della giacca di un putrefatto aveva trovato il pacchetto di Marlboro nuovo di zecca. Aveva smesso di fumare tre anni fa. Avriel lo detestava, e lei comunque aveva iniziato da ragazzina per sentirsi più grande dei suoi anni. In più, in America le sigarette costavano un occhio della testa. Così l’aveva fatto, aveva smesso, un po’ perché gliel’aveva chiesto lui, un po’ perché si era messa in testa che doveva curare di più la sua salute. Quando il mondo era andato a puttane però, i suoi polmoni erano l’ultima cosa di cui si preoccupava. Non fumava molto: una, massimo due al giorno. Dovevano bastare. Dio solo poteva sapere quando avrebbe trovato un altro fumatore trasformato in carne marcia.
Quando sentì un rumore accanto a lei si voltò di scatto, la mano destra posata sull’impugnatura del coltello al suo fianco. Si rilassò quando vide avvicinarsi Daryl.
 
-Cristo…- Aspirò dal filtro prima di prendere la sigaretta tra le dita e scuotere la testa. –Mi hai fatto prendere un colpo.- Tenne la voce bassa per non svegliare nessuno.
 
-Tieni.- Le lanciò una bottiglietta di plastica arancione. Lanciò. Ancora. –Antidolorifici con i controcazzi. Per la tua testa.-
 
Julie lo guardò per un secondo. –Dove…-
 
-La scorta di Merle, l’ha lasciata sulla moto. Ben fornita direi. Anfetamine, estasi… Un po’ di tutto.- La sua voce era diversa, priva di quel tono graffiante che la caratterizzava.
 
-L’importante è essere preparati ad ogni evenienza. Tu?-
 
-Cosa?-
 
–Sei come lui?-
 
-Nah. Non mi ha mai attirato l’idea. L’ho visto fare un sacco di stronzate. Non ne vale la pena.- La guardò con la coda dell’occhio. –Sorpresa?-
 
-Dovrei?-
 
L’uomo alzò le spalle. –Questa gente pensa che io sia un bifolco stronzo e strafatto. Ho visto come mi guardano.-
 
Notò di nuovo come non si riferisse a lei. Questa gente. Sorrise leggermente. –Fanno cilecca solo sull’ultima parte, allora.- L’uomo abbassò la testa annuendo. L’aveva ferito? Dannazione.
-Non… Non volevo…-
 
-Non importa.-
 
-Daryl.- Lui alzò lo sguardo e lei incollò i suoi occhi a quelli dell’uomo. –Era una battuta. Davvero. Non volevo.- Sorrise sarcasticamente. –E comunque sei l’unico che non mi guarda come fossi una specie di bestia selvatica uscita dai boschi.- Lascio cadere la testa indietro e lasciò uscire il fumo denso dalle sue labbra. –Si fottano.- 
 
Daryl la guardò e si ritrovò a fissarla mentre mordeva la pelle attorno il suo pollice, i gomiti appoggiati al bordo del pick-up. Aveva indossato la felpa, ma l’aveva lasciata aperta sul davanti. La canotta nera era stata sostituita da una bianca con dei disegni blu e viola, leggermente più scollata. Riusciva a vedere l’inizio di una scritta spuntare dalla scollatura, ma non capiva cosa dicesse. Era una lingua diversa, probabilmente.
La ragazza si sentì quasi a disagio. La stava guardando all’altezza del seno, la testa leggermente inclinata di lato e la fronte aggrottata. Stava cercando di leggere il suo tatuaggio.
 
-‘La testa cerca, ma chi trova è il cuore.’-  L’uomo sembrò svegliarsi da una specie di trance alle sue parole, e si rese conto della posizione compromettente del tatuaggio.
 
-Non è inglese.- Ringraziò il buio, perché sentiva la sua faccia bruciare d’imbarazzo.
 
-Italiano.- Annuì lei. Buttando il mozzicone della sigaretta dopo averla spenta sul pick-up. –Chi poteva trasferirsi in un altro continente due anni prima dell’apocalisse, se non io?-
 
Daryl annuì. –Cosa ti ha portato quaggiù?-
 
-Lavoro.- Julie mentì e cambiò velocemente discorso. –Anche tu ne hai, tatuaggi, dico… Ne ho visto un pezzo sulla tua schiena, ma non riesco a capire cos’è.-
 
-Niente che valga la pena guardare.- La ragazza lo vide agitarsi e riaggiustarsi la maglia in modo da coprire il disegno sulla sua spalla. La sua reazione era stata improvvisa, e lei preferì non pressare ancora sull’argomento. Non credo che ci sia solo un tatuaggio a marcargli la schiena.
 
-Non hai lasciato che ti ringraziassi.- Cambiò di nuovo argomento. –Mi hai salvato la vita troppe volte, in un paio di giorni.- Daryl divenne più che agitato, iniziando a camminare lentamente attorno al pick-up. –E quello che hai fatto alla carrozzeria… Avresti potuto rimetterci la pelle.-
 
-Ho solo dei buoni riflessi.- Si stava sminuendo.
 
-Beh, grazie. Okay?-
 
L’uomo alzò le spalle. –Devo andare.-
 
Julie annuì ma dopo qualche secondo l’uomo scavalcò la barriera del pick-up sedendosi di fronte a lei, tenendo lo sguardo basso. Julie sorrise leggermente, tirando fuori il pacchetto di sigarette e offrendogliene una. Daryl alzò lo sguardo sul pacchetto accettando e la ragazza annuì quasi copiandolo prima di osservare la fila nella scatolina di cartone e tirarne fuori una con i denti, prima di accenderla con un fiammifero e passarlo a lui prima che si spegnesse. Fanculo le razioni. Lo guardò mentre spegneva la piccola fiamma agitando la mano e il suo sguardo cadde sulle maniche tagliate della maglia del ragazzo, che attiravano l’attenzione sulle spalle larghe e forti. Il suo stomaco si contrasse improvvisamente e lui sembrò accorgersene, alzando lo sguardo verso di lei come se le leggesse nel pensiero. Il blu metallizzato dei suoi occhi incontrò quelli di lei, e anche al buio le sembrò che fossero cambiati, che fossero più scuri, quasi primitivi. Sentì l’elettricità crescere sempre di più nello spazio tra i loro corpi. Improvvisamente lui distolse di nuovo lo sguardo verso il basso.
La ragazza si sentì a disagio. L’ultima volta che aveva provato quella sensazione di fronte a lei era seduto Avi, e una vocina nel retro della sua testa le stava urlando di andarsene, di smetterla con queste cazzate e di andare a cercarlo. Ma non voleva andarsene. E non voleva che Daryl se ne andasse, così cercò di fare altra conversazione.
 
-Sei stato tu a portarmi via da lì? Quando sono svenuta?-
 
Alzò di nuovo le spalle. –Io e Merle portavamo le carcasse dei cervi fuori dai boschi, quando andavamo a caccia. Intere, non voleva che le tagliassi prima di arrivare a casa. Dovevano essere intere, diceva che gli uomini con le palle facevano così.-
 
-Era piuttosto duro con te.-
 
-Voleva che diventassi un uomo, non una fighetta, tutto qui. Diceva che visto che già ero stupido dovevo essere forte.- Il suo tono era difensivo. Vuole bene a suo fratello, è evidente. E gli manca. Ma non ha ancora sparato a quelli che lo hanno molto probabilmente ucciso.
 
-Ti dava dello stupido?-
 
I suoi occhi si oscurarono per un secondo e in essi vide dolore prima che lo trasformasse, come sempre, in rabbia. –Non parlare di lui.- La zittì improvvisamente.
 
-Scusa.-
 
-Non scusarti.- Lanciò la sigaretta di lato prima di scendere dal pick-up e camminare verso la boscaglia. –Spero che quelle pillole ti siano d’aiuto.-
 
Dannazione, Julia. Dannazione.
  
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