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Autore: Draugluin    25/02/2016    2 recensioni
Poteva sembrare che non gli importava di me, eppure io sapevo quanto ci teneva.
SwanQueen AU
Genere: Fluff, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Fine By Me





«Emma cosa cavolo stai facendo?»
Mi sentì chiamare, mi girai verso la finestra aperta alla mie spalle.
«Guardo le stelle» la vidi alzare gli occhi al cielo e sbuffare. Sorrisi, adoravo quando faceva cosi. Poteva sembrare che non gli importava di me, eppure io sapevo quanto ci teneva.
Si sedette accanto a me, coprendomi con una coperta che presumevo aveva preso da dentro.
«Lo sai che potresti cadere?» mi rimproverò, ma lo faceva solo perché non voleva che mi facessi male.
«Lo so, me lo ripeti ogni volta» gli diedi una leggera spinta con la spalla.
«Ma sei cosi testarda che nemmeno mi dai retta» la sento girarsi verso di me.
«Sono fatta cosi, Gina» mi misi a ridere, sapevo quanto odiava quando la chiamavo cosi ma mi divertivo troppo.
Lei non mi rispose e si limitò a spostare lo sguardo al cielo.
Ultimamente mi fermavo a guardare le stelle sul tetto del posto dove vivevo, guardavo anche il paesaggio.
L'orfanotrofio a volte era troppo monotono e mi serviva un posto solo mio, un posto dove pensare, dove potermi rilassare.
Ultimamente, Regina aveva preso l'abitudine di stare con me, di tenermi compagnia.
La cosa mi avrebbe dato fastidio se fosse stata un'altra persona, ma la ragazza che si sedeva vicino a me tutte le sere era molto di più che una persona qualsiasi.
Regina era Regina.
La conobbi molti anni prima quando ero solo una bambina di dieci anni, non la sopportavo. Era arrogante e una "so tutto io", anche se eravamo cosi piccole i litigi non mancavano, tutti i giorni era un appuntamento fisso, lei odiava me ed io lei. Il nostro rapporto si basava solo su questo.
Quando fu il giorno del mio tredicesimo compleanno stavo cosi male che mi rifugiai nello sgabuzzino adiacente alle camere da letto. Mi rannicchiai sotto dei scaffali e mi sfogai piangendo tutto il dolore che avevo accumulato. La consapevolezza che nessuno mi avrebbe preso con se si faceva ogni giorno più pressante. Nessuno mi avrebbe adottata e pensai seriamente di farla finita.
All'improvviso uno dei scaffali sopra di me si staccò e mi ferì al lato della fronte, vidi scendere molto sangue ma non me ne preoccupai. Volevo solo sparire, nessuno si sarebbe ricordato di me.
Piansi tutte le lacrime che mi rimanevano con il sangue che ormai mi aveva sporcato i vestiti e i biondi capelli, che mi cadevano spettinati davanti agli occhi. Nessuno mi avrebbe sentito, erano tutti a giocare fuori, io mi sentivo ogni secondo che passava sempre più debole, sempre più ferita nell'animo. Non capivo come i miei presunti genitori mi avevano potuto abbandonare, all'inizio nemmeno ci pensavo ma arriva un età che una bambina si chiede perché era stata lasciata li, ed io me lo chiedevo tutti i giorni.
Sentì a malapena la porta aprirsi e chiudersi che svenni nella pozza di sangue che avevo causato, non vidi la persona che entrò ma potei giurarci che fosse un angelo venuto a salvarmi.
Quando mi risvegliai aprì con molta fatica gli occhi, misi a fuoco la stanza bianca, ero in infermeria.
Mi sentivo stordita e stanca, mi toccai la testa e la ritrovai fasciata, ancora dolorante per la botta con lo scaffale di legno.
Mi girai verso la mia sinistra e trovai una ragazza che mi stava scrutando con i suoi occhi neri come la notte, Regina.
«Stai bene?» mi chiese e non riuscendo a parlare annui solamente.
Nelle ore successive mi disse di come mi aveva cercato in tutto l'istituto, "solo perché non avevo nessuno da infastidire" mi disse, mi venne da sorridere. Forse ci teneva a me e forse io tenevo a lei.
Con il passare dei giorni facemmo amicizia e riuscì a conoscere la splendida persona che è tutt'ora, cosi fredda può sembrare, ma dentro ha un cuore d'oro, una persona cosi sensibile che ha paura di essere ferita, nascondendo cosi i suoi sentimenti. Mi sentivo cosi simile a lei, entrambe con la paura di non essere mai abbastanza, di non essere amate e per questo ci nascondevano dietro mille muri che avevamo costruito per impedire alle persone di ferirci ulteriormente. Avevamo due anime distrutte.
Non la ringraziai mai abbastanza per quello che aveva fatto, non solo mi aveva salvato fisicamente.
Mi aveva anche salvato da tutto il dolore che provavo, era riuscita ad entrarmi nell'anima come nessuno aveva mai fatto, e con pazienza era riuscita a curarla.
Con lei mi sentivo cosi libera, libera di dire e fare tutto quello che mi passava, ci raccontammo tante cose e ormai la conoscevo meglio delle mie tasche. Era il mio punto di riferimento e senza di lei non sarei mai riuscita ad andare avanti.
Ovviamente con lei mi cacciai anche nei guai, ormai ci eravamo fatte una certa fama nell'orfanotrofio, ma era cosi deprimente che dovevamo trovare per forza una via di fuga da tutto quello. Ci misi tanto a convincere la santa che era, rispettava sempre le regole.
Mi piace per quel che è, e Regina è molte cose. Non la cambierei con nessun altra cosa al mondo. È cosi vera, cosi spontanea, dice sempre quello che pensa, è cosi lei.
Per questo quando voglio stare da sola lei è l'unica che voglio vicino a me, a volte non mi chiede niente, gli basta uno sguardo e si mette vicino a me senza dire una parola. È cosi invadente, ma se non lo fosse stato mi sarei sentita cosi sola, è la cosa che più amo di lei. Non gli importa di quello che pensano gli altri, lei avrebbe fatto quello che gli passa per la testa comunque.
E quando mi viene a cercare sono la ragazza più felice al mondo. Non l'ho mai ringraziata per tutto quello che fa per me, ma una volta mi disse che sono le azioni che contano per lei, mi disse che gli avevo dimostrato anche troppe volte quanto gli volevo bene.
Non solo lei era riuscita a salvare me, io a mia volta ero riuscita a sistemare quel cuore danneggiato dalle troppe ferite che aveva e il suo sguardo di gratitudine, che mi riservava quelle poche volte, me lo faceva capire.
Non sapevo come spiegare il nostro rapporto ma sinceramente non ne facevo un problema, eravamo noi contro il mondo e questo mi sarebbe bastato, lei mi sarebbe bastata.
Ci sdraiammo sulle tegole del tetto, mi circondò i fianchi con le braccia e si strinse a me mentre continuavamo a guardare il cielo stellato sopra di noi, quella sera la passammo cosi, come quelle passate.
Rientrammo nella nostra stanza nella tarda notte, senza parlare.
Mi piacevano i nostri silenzi, perché valevano più di mille parole, era come se ci capivamo con un solo sguardo e adoravo questa cosa.
Con lei non dovevo per forza parlare, con lei potevo non parlarci per giorni e comunque sapere come stava o lei come stavo io. Lei mi aveva imparato il valore dell'amicizia, ed io gli avevo imparato a godersi le piccole cose perché potevano sfuggirci di mano facilmente.
Ovviamente ci ascoltammo la ramanzina sul fatto che non dovevano tornare tardi per dormire. Non sentì una sola parola dell'intero discorso, pensavo ad altre cose, pensavo più che altro a Regina, la guardavo attenta a quello che dicevano le persone davanti a noi.
Aveva un espressione divertita, se all'inizio era terrorizzata dai rimproveri con il tempo aveva cominciato a prenderla con filosofia ed a fregarsene. Col tempo aveva imparato a fregarsene di tutto, io con lei. Mi diceva che ero l'unica di cui si preoccupava, anche quando ci odiavamo, ero l'unica di cui si fidava, anche quando ero l'ultima persona che voleva vedere.
Dopo il discorso ci rifugiammo nella camera, ci addormentammo poco dopo nel mio letto, stanche ma felici di avere l'altra nella propria vita. Ormai era un abitudine, che non volevo interrompere, dormire insieme. I giorni successi passarono lenti, e molto simili a quelli precedenti.
Un giorno mi svegliai tardissimo e non trovando Regina accanto a me cominciai a preoccuparmi, mi vestì più in fretta che potevo e corsi a cercarla. La trovai poco dopo sulle scale antincendio, non era da lei rintanarsi qui, era più una cosa mia.
Gli arrivai di fronte e vidi il suo viso bagnato dalle lacrime, che ancora scendevano copiosamente. Sbiancai di colpo, non piangeva spesso e quando succedeva non era mai una buona cosa. Mi avvicinai lentamente a lei, gli accarezzai il viso cercando di asciugarlo come meglio potei, lei mise le sue mani sulle mie piangendo ancora di più. Non dissi niente, mi sedetti accanto a lei circondandola con le braccia aspettando che si accoccolasse a me, non gli chiesi niente, volevo aspettare che mi dicesse lei cosa aveva, io continuai a stringerla per farla calmare.
Dopo qualche minuto smise di piangere, stava giocando con la mia mano ed io, nel mentre, gli accarezzavo dolcemente i capelli.
«Devo andare via» mi disse soltanto, sentì il mio ed il suo cuore spezzarsi nello stesso momento, in pochi secondi mi crollò il mondo addosso, quelle tre parole mi colpirono come una mazza in pieno stomaco. Non poteva essere assolutamente vero, sei lei se ne sarebbe andata la mia vita non avrebbe avuto più senso, senza di lei non sarei riuscita ad andare avanti, tutto quello che avevamo costruito spazzato via come fosse polvere.
Non riuscì a dire niente, cosa potevo comunque dire? Di non andare? Certo non volevo che mi lasciava ma era una cosa che purtroppo non potevo controllare.
«Una famiglia vuole adottarmi» altre parole che mi fecero male, non tanto perché avevano scelto lei, ma perché mi avrebbero portato via il mio angelo custode e non riuscivo a sopportarlo. Fin da quando mi ero svegliata mi ero accorta che sarebbe stata una brutta giornata ed infatti, ecco il colpo di grazia che ci mancava nella mia vita.
«No...» riuscì a malapena a dire.
Spostò il suo sguardo nel mio, capiva come mi sentivo, era come si sentiva lei.
«Non posso farci niente, e lo sai» abbassò sguardo verso le nostre scarpe.
Aveva ragione, non potevo fare assolutamente niente, mi avrebbero portato via l'unica persona che mi avesse mai capito.
Mi scese una lacrima solitaria che Regina si affrettò ad asciugare, la guardai, come avrei fatto senza di lei?
In quel momento, guardando quei due pozzi neri, cosi profondi da rimanere incantanti, capì una cosa.
Ero stata cosi ceca a non vedere come brillavano i suoi occhi quando vedevano me, capì che amavo quella luce nei suoi occhi.
Capì che forse mi ero innamorata della mora accanto a me, una sensazione di felicità mi pervase tutto il corpo, tre nanosecondi dopo la consapevolezza che Regina non sarebbe rimasta con me mi colpì come un secchio di acqua gelata.
Come potevo non essermene accorta prima di quello che provavo, eppure i suoi dolci occhi li avevo sempre avuti davanti, forse non volevo ammetterlo a me stessa o forse non sapevo nemmeno io cosa provavo.
L'unica cosa che sapevo era che provavo un sentimento forte per lei, ma non importava, lei se ne sarebbe andata, lasciandomi da sola.
Tutto il giorno lo passammo senza dirci una sola parola, non ne avevamo bisogno, mi disse solo che tra due giorni avrebbe lasciato l'istituto, io annui solamente.
Il giorno dopo mi svegliai con una determinazione che mai avevo avuto, decisi che avrei fatto passare a Regina, l'ultimo giorno con me, il più bello della sua vita. Volevo che si ricordasse di me, che non avrebbe mai dimenticato i miei capelli disordinati biondi, i miei occhi che guardavano solo lei, i miei lamenti mattutini, le mie battute stupide. Io non mi sarei mai dimenticata di lei, di quel sorriso che mi aveva fatto scogliere, quella cicatrice che trovavo bellissima, il suo modo di infastidirmi, non avrei dimenticato le nostre corse per tutto l'orfanotrofio, i nostri furti alla cucina, i nostri momenti. Sarebbero stati per sempre miei, e speravo vivamente che per lei fosse la stessa cosa.
Mi girai verso di lei e notai che era già sveglia, mi sorrise.
«Buongiorno»

«Giorno a te, sbrigati a vestirti. Ti porto in un posto» gli feci l'occhiolino prima di alzarmi e cominciarmi a vestire.
«Non è mai una buona idea quando decidi di portarmi nei tuoi posti, Ems» mi tirò il cuscino che mi colpi in piena faccia, lei ovviamente era scoppiata a ridere.
«Non è divertente» gli rimandai indietro l'oggetto incriminato.
Qualche minuto dopo eravamo pronte, stavamo aspettando il momento adatto per uscire dalla porta di servizio, per uscire.
Quando riuscimmo ad uscire ci mettemmo a correre con tutte le forze che avevamo.
I nostri capelli che svolazzavano illuminati dal sole di primavera.
Correvamo apparentemente senza una meta ma sapevo dove stavamo andando, almeno io.
«Sei fuori di testa» cercò di dire, mentre rideva con tutto il fiato che gli rimaneva, io che gli andavo appresso.
Non eravamo mai uscite senza il personale, non eravamo mai state cosi da sole.
«Seguimi lagnosa» feci segno di proseguire in direzione di una strada. Arrivammo, correndo, sulla spiaggia. Il mare immenso davanti a noi che brillava, le onde che si scontravano con la sabbia. Non ci pensai due volte, mi tolsi le scarpe e cominciai a correre verso il mare, Regina mi stava dietro, gli allungai la mano e me la strinse.
Ci tuffammo contemporaneamente nel mare blu, ci schizzammo a vicenda, giocammo finché ne avevamo la forza.
Non sapevo come descrivere tutte quelle emozioni che stavo provando, mi sentì cosi libera, cosi spensierata, non stavo pensando a niente.
Ci fermammo perché troppo stanche, stavamo semplicemente a galla nell'acqua, in giro non c'era nessuno, in effetti per essere primavera non faceva molto caldo, poche persone decidevamo di andare a prendersi il sole, ma stavano tutte lontane da noi.
Guardai Regina e gli sorrisi, lei sorrise e mi prese la mano. Stavamo troppo vicine per i miei gusti, normalmente non me ne preoccupavo ma guardando le sue labbra rosee avrei voluto tanto assaggiarle. Ma sapevo che era cosi sbagliato, eppure mi guardava come se volesse quello che volevo io, leggevo nei suoi occhi un desiderio. Restammo a guardarci per un po, incantata dai suoi occhi.
«Non voglio che ti dimentichi di me» confessai abbassando lo sguardo ma lei mi prese il mento per alzarmi il viso e incatenare di nuovo il mio sguardo nel suo.
«Non potrei mai» disse quelle parole con una sincerità che mi toccarono il cuore.
Ci avvicinammo l'una al viso dell'altra, eravamo consapevoli di cosa stava per succedere ma nessuna sembrava volersi allontanare.
Gli misi le mie mani sul collo, con il pollice a sfiorare le guance, chiusi gli occhi, lei mi cinse con le braccia il mio collo. Eravamo cosi vicine che potevo sentire il suo respiro sul mio, potevo sentire il suo dolce profumo.
I nostri cuori che battevano a mille, ho sempre saputo che il momento prima del bacio era qualcosa che ti toglieva il respiro ma non ebbi mai l'opportunità di provarlo, ora mi sentivo cosi bene.
Quando finalmente le nostre labbra si incontrarono, una scarica di adrenalina mi pervase tutto il corpo, mi sentivo al settimo cielo. Non riuscivo a pensare lucidamente e sinceramente non volevo farlo, volevo solo farmi guidare da quello che provavo.
Le sue labbra cosi soffici sulle mie si muovevamo timide, io ero più impacciata di lei, ma non c'era cosa più bella delle sue labbra che combaciavano sulle mie come dei pezzi di un puzzle.
Con la lingua mi chiese il permesso di giocare con la mia, permesso che gli concessi subito.
Le nostre lingue ballavano insieme in una danza lenta ma passionale. Si intrecciavano come se non avessero fatto altro nella vita. Il mio primo bacio, una bacio dolce e salato, un bacio che ti toglie il respiro, un bacio che ti ferma il cuore e te lo fa ripartire più veloce di prima.
Non so quanto restammo cosi, ma a malincuore ci staccammo per riprendere fiato, le nostri fronti restarono unite, i miei occhi nei suoi.
«Ora è sicuro che non ti lascio andare» gli dissi sorridendo.
Lei non disse niente, si tuffò nelle mie braccia, in una abbraccio che sapeva maledettamente di addio, la strinsi forte a me come se da una momento all'altro potesse sparire.
Qualche ora dopo ci eravamo asciugate al sole e stavamo camminando verso l'istituto, le sue mani nelle mie, fatte l'una per l'altra ma destinate a separarsi, come noi.
Sospirai quando arrivammo, il giorno dopo lei non sarebbe più stata con me.
Il personale venne a recuperarci e ovviamente andammo dritte in camera. Quella sera la passammo a parlare del più e del meno, stando abbracciate, ci addormentammo a tarda notte.
La mattina dopo, non trovando Regina accanto a me, mi precipitai fuori la stanza, mi guardai l'abbigliamento, ero ancora vestita dal giorno prima.
«Regina dobbiamo andare» sentì delle voci in lontananza.
«No vi prego, devo andare a salutare Emma» sentì la mia Regina sull'orlo delle lacrime.
Arrivai con il fiatone all'entrata, lei mi vide, si precipitò verso di me.
L'abbracciai cosi forte che ebbi paura di rompergli qualche ossa. Le lacrime non tardarono ad arrivare, e sentì che anche lei aveva cominciato.
Ci staccammo, la guardai negli occhi e gli asciugai quelle lacrime che non sarebbero dovute stare li, lei fece lo stesso con me.
«È ora di andare» disse una voce dietro di lei, non ci potevo credere.
La strinsi un ultima volta a me.
«Non dimenticarmi» gli sussurrai all'orecchio per non farlo sentire a nessuno.
«Mai» disse solamente.
Ci dividemmo, la vidi voltarmi le spalle ed uscire, uscire per sempre dalla mia vita.
Il mio cuore si spezzò in due e probabilmente questa volta non si sarebbe mai ripreso. Uscì fuori la finestra, per sedermi sulle tegole. La vidi entrare in una macchina nera, mi vide e non mi staccò gli occhi di dosso nemmeno per un secondo. Poi ma macchina sparì dalla mia vista ed io volevo solo sparire. Mi sentivo tutto ad un tratto cosi vuota.
Ero di nuovo da sola.

10 ANNI DOPO

Maledetto il giorno in cui avevo deciso di fare questo lavoro. Fare la cacciatrice di taglie è un lavoro molto impegnativo. Per fortuna mi tenevo sempre in forma, per ogni evenienza.
Proprio ora stavo rincorrendo per tutta New York un tizio di nome Ryan. Mi piaceva New York, molto caotica si ma molto bella, mi ero trasferita li perché avrei trovato facilmente lavoro.
Stavo rincorrendo da qualche minuto l'uomo che non voleva fermarsi. Peccato per lui che non sapeva con chi aveva a che fare, saltai ostacoli, uno dopo l'altro.
Entrò in una via con una piccola piazzetta, non era molto frequentata. Girai l'angolo per seguirlo ma andai a sbattere contro qualcosa, o meglio contro qualcuno.
Rovinammo tutti e due a terra, avevo sbattuto leggermente la testa. La persona che avevo urtato era poco distante da me.
Alzai lo sguardo verso di lei, e vidi due occhi neri che difficilmente mi potevo dimenticare. Aveva un espressione di puro stupore, identica alla mia. Non ci potevo credere. In un attimo avevo messo tutto al secondo posto, il mio lavoro e il tizio che stava scappando.
Ma non riuscì a farne a meno. Incatenai i miei occhi nei suoi, eravamo ancora stese per terra, ma non mi importava, l'unica cosa importante era il suo sorriso che si fece strada sul suo viso, non potei che ricambiare. Il mio cuore batteva a mille, avevo pensato a lei per anni, a quanto mi mancava ed ora era davanti a me, in tutta la sua bellezza.
Il mio cuore tutto ad un tratto era di nuovo pieno di felicità, sapevo che solo lei poteva aggiustarlo. Continuammo a guardarci come se fosse tutto un sogno e che presto ci saremo svegliate.
«Regina»

«Emma»

Sentivo che da quel momento la mia vita non sarebbe stata più in bianco e nero, lei era di nuovo con me, Regina aveva riportato i colori nella mia anima tormentata. Ed io stavo ricominciando a vivere.



Ehilà bella gente. Stamattina ho avuto un lampo di genio ed ecco che è uscita questa storia. Comunque, aggiornerò presto l'altra mia ff. Spero che vi piaccia questa storia.
Alla prossima.
   
 
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