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Autore: PokemonReboot    27/02/2016    0 recensioni
[Un nuovo capitolo ogni Lunedì]
Ogni qualvolta abbiamo a che fare con il franchise dei Pokémon la parte di noi che è rimasta bambina continua a desiderare che quelle creature siano reali, che esistano sul nostro pianeta, nelle nostre città. Come sarebbe se i Pokémon esistessero per davvero?
Immergiti tra le pagine di questa storia per ripercorrere il viaggio di Red, un allenatore di Pokémon di Biancavilla, nel reboot che hai sempre desiderato!
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Blue, Green, Red
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Prologo
1961

 


Anche quella sera il sole era al termine della sua lenta discesa, con lui un sipario di denso arancio calava durante l’ultimo atto della giornata. Bianche nuvole ricordavano roseo zucchero filato illuminate dal cielo in fiamme.

Che meraviglia il tramonto.

Palazzi e strade si coprivano delle medesime tinte, come se dall’alto una mano abile stesse dipingendo tutta Roma di calde sfumature. Anche quel giorno la luce avrebbe dovuto cedere il passo alla notte: tramonto.

Mai come a Luglio lo si attende, quando il calar del sole allevia il caldo opprimente della giornata.

Ma la cosa non interessava ad anima viva.

Di certo con l’avanzare della tecnologia la mente dell’uomo non era più in grado di meravigliarsi per cose simili, ma non era quello il punto.

Un alone cobalto iniziava a macchiare il cielo rivelando pigramente le prime stelle della sera, ventotto gradi.

La gentile brezza fresca continuava ad arrecare sollievo mentre l’aria diventava più piacevole di minuto in minuto, lasciandosi alle spalle l’afa che fino a poco prima aveva asfissiato la città.

Ma la cosa non interessava ad anima viva. E la spiegazione era molto semplice: erano quasi le nove di sera.

Ogni giorno a quell’ora l’Italia era riunita davanti al televisore, perdersi il Carosello era qualcosa di impensabile.

Leggero e spensierato, questo breve programma era ciò che i più consideravano la scelta ideale per concludere una giornata. Eppure quel giorno c’era chi aveva altro ad occupargli la mente, qualcosa di importante. Più del Carosello.

I due pestiferi marmocchi di casa Luciani erano immobili coi nasi incollati al televisore; mamma e papà in cucina seduti a tavola attorno a una radio che emetteva strani gemiti tra le mani dell’uomo mentre tentava di sintonizzarla sul primo canale: Programma Nazionale.

Una Telefunken “Jubilate” di fine anni ’50, molto di moda in quel periodo a dire il vero, nonostante la TV fosse già una consuetudine. Anche in Italia.

Quell’insistente rumore elettronico proveniva da ogni casa.

Una moltitudine di radio creava un improbabile coro mentre gracchiava nel tentativo di sintonizzarsi, davvero troppe, anche per il 1961.

Persino la vicina di casa dei Luciani, quell’acida vecchia, armeggiava, arcigna come suo solito, con la manopola del suo apparecchio curiosa di saperne di più sulla “notizia” che da tempo monopolizzava il Telegiornale.

Nessuna certezza era mai trapelata, non perché si voleva tenere il popolo all’oscuro di tutto: nessuno sapeva molto, nemmeno l’onnipotente notiziario.

Le uniche notizie sul caso “meteora” trattavano di un oggetto, presumibilmente proveniente dallo spazio, caduto su un’isola disabitata nell’Oceano Pacifico.

Per le strade e in TV la teoria più gettonata era quella dell’imminente Incontro del Terzo Tipo: ciò che poteva sembrare fantascienza era ora sulla bocca di tutti: gli alieni erano sulla Terra.

Tutte balle.

Se davvero esistesse una civiltà così superiore alla nostra ci eviterebbe come la peste.

Tuttavia l’argomento piaceva, soprattutto gli uomini ne parlavano molto: chi rivelava per la prima volta sue esperienze con gli extraterrestri, chi non credeva a una parola di ciò che si sentiva in giro e chi invece ascoltava passivamente.

Una sola cosa era certa, erano le nove: la diretta stava per iniziare.

bzz-bzz

Finalmente si sentiva qualcosa, dei suoni appena comprensibili a dirla tutta. Il ronzio si schiarì rivelando le note finali di “24 mila baci”; dopo una manciata di secondi la melodia terminò, “Giornale Radio: Radiosera” stava iniziando.

«Benvenuti amici di Radiosera, un saluto da Massimo Valentini. Quest’oggi finalmente sarà rivelata al mondo la verità che si cela dietro “Meteora”.»

Gli alieni erano davvero giunti sulla Terra? E se questo corrispondeva al vero, quali erano le loro intenzioni?

«A breve inizieremo a ricevere il discorso di Junichi Masuda, addetto alle comunicazioni della spedizione...»

Dopo qualche secondo di pausa l’uomo prese a temporeggiare, evidentemente c’erano problemi con il segnale.

«Il... il signor Masuda parlerà al mondo intero nella sua lingua mentre il nostro esperto interprete, Paolo Viale, tradurrà per voi simultaneamente ogni frase. Ricordo agli ascoltatori il dibattito delle 21:15 sul caso “meteora”, offertovi da Programma Nazionale. Tra gli ospiti ci saranno esperti in materia quale il Professor Giovanni Schiaparelli dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Vi auguro un piacevole ascolto.»

Ogni famiglia, ogni persona che possedeva una radio nella Nazione, o meglio nel mondo, restava come pietrificata nell'attesa della Grande Notizia.

Scetticismo ce n’era un po’ ovunque, in America in particolar modo. Ventitré anni prima infatti, Orson Welles, con una trasmissione radiofonica di stampo simile, “La guerra dei mondi”, convinse una moltitudine di americani che gli alieni stessero per attaccare la Terra: si scatenò il putiferio.

Chi poteva, dunque, biasimare coloro che in quel momento faticavano a credere a teorie extraterrestri?

Finalmente, come annunciato nei vari Paesi, un uomo cominciò a parlare in una lingua che sembrava provenire davvero da un altro pianeta; figuriamoci se qualche occidentale riconobbe il giapponese.

Non era passato molto tempo dalla fine della Seconda Guerra e quel senso di Nazionalismo era ancora forte in tutti i continenti: ogni Nazione si crogiolava nella convinzione di essere la migliore, dimostrando totale disinteresse verso le altre.

Eppure quel giorno tutti gli individui dinanzi alla propria radio avevano accantonato certe scemenze per ascoltare uno straniero che rivelava al mondo qualcosa che, forse, l’avrebbe cambiato per sempre.

Oh, be’, onestamente era solo gente in cerca di pettegolezzi.

Le prove audio sembravano essersi appena concluse e la voce giapponese pareva appartenere a un ragazzo, poco più che ventenne, agitato. Passò appena un attimo e fu coperta dalle parole del traduttore.

«Ecco, posso ora...? Bene. Dodici Luglio 1961, Mercoledì.» Iniziò l'interprete, seguì un attimo di silenzio.

«Chi vi parla è Junichi Masuda, addetto alle comunicazioni.»

La voce del giovane si era fatta improvvisamente solenne, un ritrovato atteggiamento professionale l'aveva pervaso.

«Oggi è un giorno molto importante» disse. «Roba da finire sui libri di storia!»

Tutto il globo ormai pendeva dalle sue labbra, o meglio, da quelle del rispettivo traduttore.

«E… e pensare che è iniziato tutto tre anni fa… tutto per un topo, pure morto, pescato per caso da un peschereccio...» Rise.

New York, Mosca, Parigi, tutti erano all’ascolto e tutte le nazioni, perplesse, si concentravano sulle parole di chi con maestria rendeva comprensibile la voce straniera. Masuda sembrava essere sul punto di esplodere, l’emozione per ciò che stava per rivelare gli annodava le parole in gola.

«Un topo VIOLA, con… Due grandi iridi rosse! E... Incisivi duri come l'acciaio?» L'interprete parve dubitare di ciò che aveva appena detto. «Gli scienziati iniziarono subito a studiarlo, ma il corpo giunse a uno stadio di decomposizione tale da non essere più analizzabile in un mese. Una normalissima decomposizione... TUTTAVIA

L’urlo fece sussultare i più vicini alle radio; l'entusiasmo del giovane aveva raggiunto l'insostenibile. Tuttavia più il discorso progrediva e più perdeva di credibilità. Il pubblico stava rapidamente perdendo interesse.

Chi aveva messo in funzione il proprio apparecchio radio voleva sentirne di più su questi fantomatici alieni. Alcuni ci credevano così tanto che avevano inventato delle storie a riguardo... Giurando di dire il vero!

Il discorso doveva parlare di un meteorite! E di alieni che lo avrebbero usato come nave spaziale…

La famosa “notizia” , dunque, altro non era che un mucchio di discorsi su un sorcio?

Non era quello che voleva la massa, ci volevano notizie molto più succulente: vere meteore. Notizie utili per spettegolare seduti al bancone del bar mentre ci si accende una “Nazionale senza filtro”.

O forse… Il topo era un alieno?

«TUTTAVIA! Se quel piccolo esserino violaceo veniva lesionato da agenti esterni al suo stesso corpo SI RIGENERAVA nel giro di attimi...! Rigenerava? Ma non era morto? Certo. Completamente defunto.»

Qualche parola era sfuggita agli spettatori meno colti, ma il discorso pareva chiaro: il mondo intero si era sintonizzato per sentire qualcuno parlare di un topo, viola, stecchito, che non sembrava voler fare il morto.

Tanti spensero delusi la propria radio, tanta attesa e tanto clamore per una pagliacciata. Alcuni si alzarono per continuare le loro faccende senza però disattivare l’apparecchio. Prima o poi avrebbero iniziato a parlare di extraterrestri, dopotutto questo evento radiofonico era stato annunciato al Telegiornale ed era sulla bocca di tutti da più di un anno. Non poteva trattarsi solo di un mucchio di sciocchezze… Le parole dell'interprete adesso venivano seguite da un numero di persone ridicolmente esiguo.

«Superato lo scetticismo iniziale ottenemmo il sovvenzionamento per intraprendere un viaggio verso l’isola da cui arrivava quel roditore. Sono passati due anni da quando è iniziata l'esplorazione dell'isola e finalmente con questa attrezzatura possiamo iniziare un reportage in tempo reale... Quest'isola è incredibile, l'aria e l'acqua sono di una purezza unica e...»

Il ragazzo tirò su col naso nel vano tentativo di trattenere le lacrime. Un colpo di fortuna.

L’unica cosa in grado di richiamare l’attenzione di un popolo ignorante alla ricerca di pettegolezzi è qualcuno sul punto di piangere.

Le casalinghe che lavavano i piatti usati a cena si fermarono un attimo, per non coprire la voce dell’asiatico, intente a svelare un solo mistero: “perché sembra commosso?” Questo sì che è un pettegolezzo che può interessare alla vicina di casa.

Con una piccola fetta di audience ripristinata, la trasmissione continuò.

«E… Avevamo ragione! Non era un topo, appartiene ad una nuova specie!» Inspirò. «E non è l'unico: pesci, rettili, uccelli… Ce ne sono a centinaia! Tutti mai visti!»

Dunque era questa la notizia sensazionale. Altri animali. E le casalinghe avevano ottenuto la loro risposta: quel cervellone si era commosso per la scoperta scientifica. “Meteora” era solo un nome, nessuna palla di roccia in fiamme. E le “nuove forme di vita” erano solo nuovi sorci e uccelli.

Tutto qui, forse importante per qualcuno ma non era qualcosa con cui fare conversazione con la signora del pian terreno. Furono davvero in pochi a lasciare la radio accesa fino alla fine della trasmissione. Forse solo chi non aveva nulla da fare e desiderava compagnia.

Tutto finì poco dopo, lasciando spazio solo a pubblicità e alla band del momento, The Beatles. In Italia alle 21:15 non ci fu nessun dibattito. O in ogni caso nessuno lo seguì.

Nel bene o nel male, a causa dell’enorme mole di pubblicità, quasi ogni persona si era ritrovata ad ascoltare, anche solo in parte, la trasmissione e, nei giorni seguenti, bar e pianerottoli effettivamente si riempirono di ciance e ipotesi sui nuovi animali di un' isola lontana, perfetto antefatto per poter infine asserire con convinzione quanto la trasmissione avesse fatto schifo. E via con congetture sul governo, complotti segreti e grandi insinuazioni e lamentele che tanto ci piace fare a noi esseri umani.

Il popolo aveva avuto ciò che desiderava: qualcosa di cui lamentarsi. Nessun pettegolezzo, nessuna storia strappalacrime: sono le lamentele l’argomento preferito dall’uomo.

In seguito, forse catalizzata da una scarsa quantità di altri pettegolezzi, la notizia si diffuse a macchia d’olio tra il popolino di ogni nazione che ne divenne sempre più ammaliato. I pronostici si ribaltarono. Ovunque si posasse lo sguardo gruppi di persone fantasticavano su questi nuovi animali. Nessuno sembrava ricordare più tutti i discorsi fatti sugli extraterrestri. Persino chi vantava una discreta cultura, che in un primo momento ignorò volutamente le dicerie, cedette infine alla propria curiosità interessandosi a questa che sembrava una menzogna così assurda... Che poteva persino essere vera.

Nel giro di un paio di settimane anche coloro che avevano preferito spegnere la radio tornarono ad ascoltarne le notizie. Curiosità e paura inghiottirono la massa sempre più numerosa che seguiva insistentemente quel programma sulla bocca di tutti.

Con il passare di giorni le notizie divenivano sempre più concrete.

-22 Luglio 1961, Sabato.

«Il campo base è finalmente terminato. Abbiamo chiamato l'isola "Kanto", in ricordo del nostro paese natale, e questo posto "Biancavilla". Sarà il foglio bianco su cui iniziare a scrivere un nuovo capitolo dell'umanità.» Adesso non era più Masuda l’unico a parlare alla radio: l'equipe si stava certamente allargando.

-11 Ottobre 1963, Venerdì.

«Abbiamo chiamato "Monster" questi animali, per via del loro aspetto.»

-17 Novembre 1963, Domenica.

«Ci siamo rifugiati nel laboratorio a Biancavilla dopo la recente scoperta... I Monster cambiano forma!»

La storia dei “mostri che cambiano forma” piacque ai bambini tanto che a molti fu impedito di seguire questa trasmissione così popolare. Era pericoloso lasciare giovani menti indifese in balia di discorsi simili. Inutile sottolineare quanto scarsi furono i risultati di questa censura: oramai in ogni nazione, in ogni città, ogni individuo non parlava d’altro. Gente ammaliata dall’argomento, gente terrorizzata, gente scettica.

Il discorso “Monster” aveva posto forti radici nelle viscere della società, tanto da indurre molti a tentare di ottenere la fama offrendosi in aiuto di quelli studiosi per tenere a bada le creature. In gran parte erano individui in cerca di gloria altri, invece, ereditavano una tradizione familiare basata sull’addestramento degli animali selvatici per gli spettacoli circensi. Addomesticare uno di questi Mostri avrebbe rappresentato un’ottima fonte di pubblicità per il proprio circo.

Incuranti della motivazione che spingeva questa gente a viaggiare, navi e aerei diretti all’isola di Kanto partivano da ogni angolo del pianeta con carichi di ‘coraggiosi’ passeggeri che, in maggior parte, tornavano indietro resisi conto di trovarsi in una giungla selvaggia e inospitale.

La domanda dilagò tra la massa: Era davvero possibile addomesticare dei mostri?

-25 Dicembre 1963, Mercoledì.

«Oggi, il giorno di Natale, sono arrivati altri due aiutanti che ci daranno una mano nel gestire la situazione. Vengono da una famiglia di addestratori, sono Agatha e...»

«LASCIATE A ME QUESTI MOSTRI! LASCIATELI A SAMUEL OAK!!!»

Una voce maschile aveva interrotto lo speaker. Dal timbro sembrava un uomo di circa quarant’anni, fin troppo vivace per la sua età. La sua non fu una saggia decisione: era appena stato etichettato dal mondo intero come un impulsivo senza possibilità di carriera. Un pesce piccolo.

«Zitto Sam! Stanno registrando!» Lo rimproverò bisbigliando quella che dalla voce sembrava una donna, probabilmente Agatha.

La trasmissione riprese il giorno stesso.

-25 Dicembre 1963, Mercoledì.

«E' incredibile! I due, uhm... "Allenatori"? Hanno catturato due mostri e li stanno addomesticando!»

Il programma continuava a detenere un ruolo fisso nel palinsesto, andando in onda anche più volte al giorno, confermando la presa di posizione dell’argomento “Monsters”. Inevitabile fu il suo approdo in televisione, sfruttando la possibilità di accompagnare alle parole immagini e foto di questi esseri fuori dal comune.

Per la prima volta la gente poteva davvero rendersi conto del motivo per cui queste creature venissero chiamate “mostri” e, un po’ alla volta, imparò anche i nomi di queste nuove specie animali.

Chi faceva parte della spedizione in Kanto era diventato una celebrità e Agatha e Samuel avevano dimostrato la facilità di divenire famosi a quel modo e comparire sempre più spesso in televisione. La gente non chiedeva altro.

Nel corso dei successivi due anni furono in molti a partire per catturare il proprio Monster sperando in un po’ di gloria, questa volta, superando la paura iniziale allettati dalle rinnovate prove di un possibile successo. Il fenomeno si dilagò a livello mondiale. In poco tempo ogni nazione capì i vantaggi di creare reti di contatto con questa nuova isola che sembrava davvero ospitare una, seppur mostruosa, “gallina dalle uova d’oro”.

-9 Febbraio 1965, Martedì.

«Ormai il Laboratorio di Biancavilla è un via-vai di scienziati. Samuel è a capo di un gruppo che cerca di creare una Capsula di Contenimento per i “Capsule Monsters”.»

Giocattoli, peluche e merchandising vario dilagarono in pochi mesi in ogni nazione assieme alla “moda” di catturare i Mostri che era diventata una pratica ridicolmente comune sull’isola. Addestrarli a svolgere determinate mansioni arrecava enorme beneficio all’uomo in quanto tali creature, dotate di una forza sconfinata, si rivelarono utili aiutanti per gli esseri umani in campo lavorativo.

-25 Giugno 1965, Venerdì.

«Le capsule di cattura funzionano alla perfezione! Sono sferiche e così piccole da poter stare in una tasca! Nessun Allenatore potrà fare a meno delle nostre Sfere Tascabili, delle Pocket Ball! L'era dei Pocket Monsters è appena iniziata!»

E non un solo allenatore fece a meno di queste sfere, miracoli della tecnologia. I “Pocket Monsters”, mostri tascabili, si ergevano indiscutibilmente come un fenomeno mondiale che arricchì la piccola isola sia di abitanti che di denaro. Con una decina di paesi, e poche centinaia di abitanti, la vita nell'isola di Kanto andava per il meglio.
Per la prima volta nella storia, allo scopo di preservare l’integrità naturale del posto, anche creature opportuniste come gli umani decisero di adottare una politica diversa per questo luogo così puro. Vennero preservati appositi spazi di natura incontaminata e applicate tempestivamente le leggi di divieto sugli scambi di animali esotici con habitat estranei al proprio. Le maggiori dell’inquinamento vennero abolite. Gas di scarico, veicoli a motore e strade asfaltate non esistevano sull’isola. L'aria restava pulita, l'acqua cristallina.

Persino i Pocket Monster, abbreviati in Pokémon, si abituarono ai loro coinquilini umani.

Le più amichevoli di queste curiose creature rimpiazzarono, sull’isola, gli animaletti da compagnia come cani e gatti riuscendo a rendersi sempre più ben voluti e amati dai loro colonizzatori.

Anche trovare lavoro non rappresentava un problema. Scuole, palestre e uffici pubblici e privati vari spuntavano come funghi e necessitavano di personale. Come anche “veterinari” e ogni sorta di struttura legata ai Pokémon.

Quell’isola inabitata si era trasformata in un paradiso terrestre.

Meta turistica ambitissima, l’isola di Kanto non vantava solo una natura pura e incontaminata, ma anche l’intrattenimento del secolo: le “lotte Pokémon”. Scontri tra possenti creature sotto le attente direttive dei rispettivi Allenatori.

In un attimo divennero un business insostituibile, uno sport, con tanto di pubblico, tifoserie e centri di scommesse.

Non mancarono le lamentele degli animalisti. Ma tanto si sa’ che se c’è del denaro di mezzo l’uomo accantona la moralità più che volentieri. Per loro fortuna i Pokémon erano dotati di una incredibile capacità rigeneratrice e poi... Sembrano divertirsi anche più degli spettatori. Come i cuccioli animali tendono a giocare azzuffandosi tra di loro così si comportavano i Monster. L’unica differenza risiedeva nell’intensità di queste lotte, che alle volte potevano diventare pericolose per chi si trovava nei dintorni.

-1 Gennaio 1970, Giovedì.

«Queste meravigliose creature hanno affascinato tutto il mondo. Un nuovo sport è nato ed assieme a questo una nuova civiltà, pulita... Ma bando ai sentimentalismi! Samuel e Agatha stanno per gareggiare con tantissimi altri Allenatori per il titolo di Maestro di Pokémon nel “Torneo” sull'Altopiano Blu! Sono... fiero di aver preso parte a questa spedizione.»

La trasmissione andò avanti con la radiocronaca del Torneo e l'indomani le riprese delle partite disputate non tardarono ad arrivare.

Sugli spalti e dall’altro capo del mondo chiunque seguiva con interesse quest’evento. Cose del genere fino ad allora le si vedeva solo nei mondiali di calcio.

Ribaltando ogni pronostico l’impetuoso Samuel Oak riuscì a farsi strada sull’Altopiano Blu, creando un certo scontento tra gli scommettitori. Persino Agatha, molto ben voluta dalle folle sia per le sue capacità che per il suo bell’aspetto, non riuscì a fermare l’inarrestabile ascesa del suo compagno.

Erano passati sette anni dalla sua goffa e improbabile presentazione al mondo intero, nessuno l’avrebbe mai detto, eppure... Eccolo lì. Reggere il trofeo del Campione, con “Samuel Oak” inciso sulla lamina in oro della base, attorniato dai suoi Pokémon.

-2 Gennaio 1970, Venerdì.

«NON RICORDO NEMMENO CHE GIORNO È OGGI

Impulsivo come sempre, il novello Campione aprì la trasmissione del giorno.

«HO VINTO! HO VINTO IL TORNEO DELL'ALTOPIANO BLU...! Sapete cosa significa questo? Ve lo dico io...SONO L'ALLENATORE MIGLIORE DEL MONDO

Una incontenibile felicità si era impossessata del suo corpo atletico. «ENTRERO' NELLA STO

«Ora basta Sam!» Strillò Agatha, tentando di nascondere il nervosismo della sua sconfitta.

«Togliete il microfono ad Oak!»

«Agh! Lasciatemi! Ma che... ah!»

Si sentì un forte tonfo, i più vicini alle radio sussultarono.

« L-la mia attrezzatura...»

Con questo spensierato aggiornamento il preludio del Mondo Pokémon giunse al termine. L’indomani l’equipe di studiosi tornò a casa dalle proprie famiglie.

Navi e aerei partirono da Kanto svuotando quello che era stato l’epicentro del terremoto mediatico dell’ultimo decennio.

Biancavilla divenne così una piccola cittadina come tante nell’isola, senza più cavi e attrezzature futuristiche che infestavano i suoi prati, lasciando ai pochi abitanti solo natura e tranquillità.

-3 Gennaio 1970, Sabato.

«Oggi, dopo 11 anni di esplorazioni, dopo aver scoperto 148 nuove specie animali, lasciamo la Kanto dei Pokémon per tornare a casa: lasciamo il futuro nelle mani dei posteri.»


 




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