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Autore: Ferrodistige    28/02/2016    0 recensioni
Un misterioso ragazzo viene portato dalle Cacciatrici al Campo Mezzosangue. Un antico male ancora più potente di Gea sta per risvegliarsi. Gli intrighi degli dei porteranno alla rovina del mondo se i semidei non riusciranno a reagire in tempo e sistemare le cose. Apollo aveva avvertito Artemide: quello che sarebbe successo dopo la sua scomparsa sarebbe stato ancora più tremendo e potente di qualsiasi altra cosa vista finora.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I sette della Profezia, Nico/Will, Nuovo personaggio, Oracolo di Delfi, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tu che della caccia
Che ha sapore
Di morte e di vita
Sei la sovrana

Il tuo arco dorato
E le implacabili frecce
Accosti a quello del Divino Fratello
Che riluce alla luce del Sole
Tu che le notti
E il chiarore di Luna
Abiti, nascosta
E incontrastata
 
Inno ad Artemide


 
 
Il ragazzo non credeva che chiunque avesse mai scritto in vita propria in un romanzo la frase  "la foresta era silenziosa" si fosse mai trovato a correre fra il fogliame con una dozzina di ragazzine all'apparenza non più grandi di dodici anni, ma se qualcuno l'avesse fatto di sicuro sarebbe stato silenzioso il termine più azzeccato per descriverle. Le leggeri vesti argentee, che scintillavano leggermente alla luce della luna, scivolavano così veloci da poter dare del filo da torcere ad un qualsiasi buon lupo che si rispettasse. La foresta sarebbe stata davvero silenziosa se non ci fosse stato il ragazzo che faticava a stare loro dietro. Non sono stato programmato per questo si lamentò con se stesso appuntandosi mentalmente di non mettersi mai contro le Cacciatrici. Una in particolare lo intimoriva abbastanza; la prima volta che l'aveva incontrata, i corti capelli corvini rasati da un lato le incorniciavano il volto, quando aveva incrociato i suoi occhi azzurri aveva sentito una scossa elettrica percorrergli la schiena e qualche rotella nel suo cranio era saltata via e aveva aggiunto alla sua lista delle cose da fare: Stare lontano da Talia Grace. Invece eccolo lì, di nuovo insieme a loro e rimpiangeva con tutto se stesso l'assenza di Artemide che anni prima lo aveva accolto sotto la sua ala protettiva.
«Può bastare!» dichiarò una ragazza più bassa di lui una volta arrivati davanti ad una piccola radura, aveva i capelli ramati raccolti in una treccia laterale con una piuma blu incastrata fra le sottili ciocche e il suo aspetto giovane tradiva la sua reale età.
Alle sue parole le altre ragazze si erano fermate e avevano iniziato ad allestire un accamento di fortuna che qualsiasi comune umano non sarebbe riuscito a costruire neanche con tutta l'esperienza del mondo. Quando i lupi iniziarono a vagare liberamente fra le tende il ragazzo cercò disperatamente di allontanarsi, nonostante il lungo periodo di tempo passato con le Cacciatrici non era mai riuscito ad abituarsi a loro. La situazione peggiorò ulteriormente quando indietreggiando verso gli alberi si ritrovò a sbattere proprio contro l'ultima persona con cui avrebbe voluto parlare.
«Sai che non è sicuro là fuori.» la voce diffidente di Talia Grace lo colpì alle spalle, ma lasciava trasparire anche un pizzico di preoccupazione. « Il Campo Mezzosangue non è lontano, la mia Signora ci ha ordinato di farti arrivare lì sano e salvo, anche se non ha specificato se tutto intero o no.» in un millesimo di secondo la ragazza teneva in mano uno splendido arco argenteo rifinito in ogni suo dettaglio, la freccia di bronzo celeste era puntata contro il viso del ragazzo «Che ne dici del braccio? Le gambe sono da escludere, sarebbe un problema per noi doverti anche trasport-»
«Rilassati Talia» una ragazza dai lunghi capelli castani che dimostrava solamente otto anni poggiò una mano sulla sua spalla «La Divina Artemide non ne sarebbe contenta»
Il ragazzo sollevò le mani in segno di resa, un mezzo sorriso gli increspò le labbra «Suvvia ragazze non litigate per me» disse facendo qualche passo indietro «Stavo proprio per tornare in tenda.» si girò iniziando a camminare verso una grande tenda di pelle d'animale benfatta, decorata con antichi simboli e parole greche che riusciva a malapena a distinguere.
«Non credere che tu l'abbia scampata Testa di Latta!» gli urlò dietro la ragazza dagli occhi tempestosi. Il ragazzo le rivolse un cenno della mano senza neanche girarsi ed entrò nella tenda spostando la tela che copriva l'entrata.
 
 
Il figlio di Ade si trovava in piedi davanti al focolare di Estia, il colore rosso delle fiamme gli illuminava il volto e gli faceva brillare gli occhi. Prese dalla tasca dei suoi jeans logorati una manciata di orsetti gommosi per sacrificarli ad Ade, una volta gettati sul braciere le fiamme si colorarono di un blu intenso. Un profumo dolciastro si disperse nell'aria e riempì le narici del ragazzo che si accingeva a mettere le mani in tasca, con il fumo che iniziava salire verso l'alto si vennero a formare delle immagini in costante movimento: all'inizio contò più di dieci segugi infernali rincorrere qualche malcapitato, dopo di che la scena si ripiegò su se stessa per andare a rappresentare un volto in agonia che urlava silenziosamente gli dei soli sanno quale tipo di imprecazione, i grandi occhi che lasciavano trapelare tutta la paura di cui era provviso erano spalancati e la mascella era così spalancata che i suoi lineamenti si presentavano quasi deformati. Le fiamme si alzarono improvvisamente diventando di un viola acceso e se il ragazzo che era rimasto immobile ad osservare senza osare fiatare non si fosse spostato i suoi capelli si sarebbero bruciati di sicuro. L'immagine scomparì tra le braci roventi delle fiamme ormai sotto controllo e del solito colore rosso pomodoro e il figlio di Ade sperò con tutto se stesso che quello fosse solamente uno degli inquietanti modi che aveva suo padre di dirgli Grande figliolo, orsetti gommosi per cena! Ti ringrazio, buonanotte. ma qualcosa gli disse che le cose non stavano esattamente così. 
Erano passati tre giorni dalla fine della guerra, aveva speso quelle lunghissime settantadue ore in infermeria a tagliare bende ed aiutare i figli di Apollo con i feriti che dovevano ancora riprendersi. Non era stato così male. All'inizio si era aspettato molto di peggio, ma aveva imparato a conoscere i figli di Apollo. Aveva imparato a conoscere Will. Lui era stupendo, i riccioli biondi che gli ricadevano sul viso disordinatamente, il mondo in cui piegava il viso di lato, gli occhi azzurri che aveva sempre paura di incrociare per paura che gli potessero leggere dentro... cioè, non era stato così male punto.
Senza che se ne fosse accorto si era ritrovato davanti alla Cabina VII, non che gli mancasse Solace che gli urlava contro che faceva schifo a tagliare le bende, ma aveva paura di poter perdere ogni legame con lui. Certo, non che gli importasse. 
Le pareti esterne della cabina sembravano fatte d'oro e la luce della luna sembrava impreziosirle ulteriormente, accanto alla porta in alto erano appese delle campanelle che ad ogni sospiro del vento lasciavano fuoriuscire una dolce melodia che al figlio di Ade non risultò nemmeno fastidiosa. Una parte del giardino era rigogliosa e dal terreno spuntavano fieri degli alti girasoli che emanavano un profumo delicato simile alla vaniglia, mentre l'altro lato era dominato da quattro cavalletti pronti per ospitare delle tele da dipingere. Quasi involontariamente rivolse lo sguardo verso la finestra: la luce era ancora accesa, ma non c'era nessuna traccia di Will nei paraggi - o dei suoi fratelli certo. Il ragazzo, quasi sul punto di prendersi a pugni per aver sperato di incontrarlo, girò i tacchi con un'improvvisa fretta e iniziò a dirigersi verso la propria cabina. La XIII era diventata più vuota di quanto non lo fosse mai stata da quando sua sorella Hazel era partita per il Campo Giove, ma era l'unica casa che gli restava e la prima in cui finalmente si sentiva realmente accettato, o almeno sentiva che gli altri provavano ad accettarlo.
Un fischio alle sue spalle lo distrasse dai suoi pensieri «Non riesci proprio a starmi lontano» enunciò una voce maschile abbastanza divertita. «Sei così ansioso di tornare in infermeria?»
Nico fece dietrofront con un sorriso beffardo sulle labbra «Che Ade me ne scampi, Dottore!»
Will Solace era in piedi appoggiato con la spalla ad una delle due colonne che sostenevano il tetto della piccola verandina, la porta dietro di lui era socchiusa e aveva le braccia incrociate ed il suo sorriso perfetto e un sorriso gli illuminava il volto «Dovrei sentirmi offeso» 
Il biondino scese il primo gradino per poi sedersi e far cenno a Nico di sistemarsi accanto a lui; indossava una maglietta del campo a dir poco logora e un paio di pantaloncini chiari che lo coprivano fino alle ginocchia, la pelle abbronzata era in contrasto con il colore chiaro del jeans e i suoi occhi chiari erano luminosi e pieni di vita.
Il figlio di Ade mosse qualche passo incerto verso l'altro finendo comunque per sedersi vicino a lui. Non voleva darsi false speranze. Dopo il fiasco con Percy non aveva intenzione di ricaderci tanto facilmente, ma quel sorriso lo affascinava talmente tanto che le sue orecchie diventarono tutte rosse. Il ragazzo sperò che con il buio non si notasse.
«In realtà...» Nico aveva già la risposta pronta, stava per parlare quando vide le luci della Casa Grande accendersi. 
Si voltò verso il figlio di Apollo che aveva la sua stessa espressione sul viso, in lontananza un corvo risuonava come per avvisare il Campo del suo imminente arrivo.
 
«LE CACCIATRICI! LE CACCIATRICI!» sentirono qualcuno gridare, poi il buio.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Spazio autrice.
 
Salve miei cari! Innanzitutto grazie mille per aver letto questo primo capitolo. So che non è molto, vi prometto che il prossimo sarà molto più lungo. Vi invito a lasciare qualche recensione per farmi capire se vi è piaciuto o se fa schifo dalla prima parola all'ultima. Secondo voi chi è il misterioso ragazzo che è presente all'inizio del capitolo? E cosa succede a Nico e Will dopo l'arrivo delle Cacciatrici? Fatemi sapere le vostre opinioni a riguardo!
 
Un beso!
   
 
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