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Autore: vero_91    28/02/2016    4 recensioni
[Destiel, end!verse]
È il primo pensiero di Castiel mentre guarda il sangue scendere a fiotti dalla sua mano, inarrestabile. Cola lentamente sulla lastra arrugginita che l'ha tagliato e poi sull'arido terreno ai suoi piedi. Castiel guarda le gocce cremisi cadere da alcuni minuti, e la mano sana posata sopra la ferita si rivela inutile. Per un attimo valuta l'idea di andare in infermeria, ma questo significherebbe ammettere non solo agli altri ma anche a se stesso che non è più in grado di curarsi da solo.
"Almeno questo riesci a farlo?"
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Note autrice: in realtà non ho nulla da dire, tranne che avevo della sofferenza accumulata da sfogare e quale miglior modo se non attraverso l'end!verse? La storia è per Gabry, per condividere con me ossessioni e dolore, e l'end!verse rientra in entrambe le categorie.
Grazie a chiunque leggerà.

Vero.


 

But I gave you all

But you rip it from my hands
And you swear it’s all gone
And you rip out all I have
Just to say that you’ve won

Well now you’ve won.

[“I gave you all”, Mumford & Sons]

 

Brucia.

È il primo pensiero di Castiel mentre guarda il sangue scendere a fiotti dalla sua mano, inarrestabile. Cola lentamente sulla lastra arrugginita che l'ha tagliato e poi sull'arido terreno ai suoi piedi. Castiel guarda le gocce cremisi cadere da alcuni minuti, e la mano sana posata sopra la ferita si rivela inutile. Per un attimo valuta l'idea di andare in infermeria, ma questo significherebbe ammettere non solo agli altri ma anche a se stesso che non è più in grado di curarsi da solo.
"Almeno questo riesci a farlo?"
Così ritorna furtivo nella sua baracca e si tampona la mano con una salvietta finché del bianco sporco di quest'ultima non vi rimane più traccia; ci versa sopra un po' di whisky per disinfettarla e fa un bendaggio di fortuna, bevendo ciò che rimane del liquido ambrato direttamente dalla bottiglia.
In quel momento oltre alla ferita tutto il suo corpo inizia a bruciare, ma sa che la delusione che troverebbe scalfita sul volto di Dean brucerebbe molto di più.

Pulsa.
Castiel sente il sangue pulsare nella mano, come se ad un tratto si fosse concentrato tutto in quel punto. Le fitte iniziarono ad arrivare sporadicamente, ma con il passare dei giorni la frequenza aumenta insieme al dolore, e ora anche i movimenti più facili sembrano un problema. Ogni volta che si cambia la fasciatura Castiel vi posa sopra due dita e spera e prega, anche se sa che non c'è nessuno ad ascoltarlo dall'altra parte, e ogni volta il pulsare della ferita è li a ricordarglielo.
Quando Chuck entra nella sua baracca per dirgli che Dean ha convocato una riunione Castiel si copre la fasciatura con la manica troppo lunga della camicia e annuisce, occhiaie scure per le notte insonni e una senso di nausea che per una volta non ha a che fare con l'alcol.
Dean programma un incursione da lì a un paio d'ore, e l'unica occhiata che riserva a Castiel è prima di uscire dalla baracca, compatendolo per il suo misero aspetto - “Se tra un paio d'ore sei ancora in queste condizioni non prenderti il disturbo di venire” - guardandolo come l'alcolizzato che Castiel sa di essere, anche se stavolta non è quello il problema. Stavolta non c'è alcol a pulsare nelle sue vene, ne ciò che rimaneva della sua grazia. Stavolta non c'è più nulla.

Sente la porta sbattere alle sue spalle. Non ha bisogno di voltarsi per sapere di chi si tratta. Afferra la bottiglia di Whisky e cerca di berne il più possibile, sa che non riuscirà ad affrontare questa conversazione da sobrio. Dean gli dà a malapena il tempo di sentirne il sapore, un piccolo assaggio della gola in fiamme, prima che gli strappi la bottiglia di mano e la scagli contro la parete di fronte. Passano pochi secondi prima che anche lui venga sbattuto contro quella stessa parete, pezzi di vetro che gli si conficcano nei piedi nudi - non riuscirà a guarire nemmeno quelli - pensa distratto, inebriato dal l'odore di Whisky e da quello di Dean, che gli respira addosso e si preme contro di lui, afferrandolo per i lembi della camicia sgualcita.
"Che cazzo hai fatto? - ringhia - Che cazzo hai combinato là fuori?" Dean lo strattona, gli occhi ridotti a due fessure. Castiel fa fatica a vedere il verde che li contraddistingue.
"Lo sai che per poco non morivamo per causa tua, vero? Per te e tutta questa merda che ti bevi".
Castiel chiude gli occhi, sente il respiro pesante di Dean sulle sue labbra. Deve dirglielo. Deve dirgli che la mano gli fa talmente male che non ha più sensibilità, che sapeva che non sarebbe riuscito a tenere in mano un fucile, figuriamoci a prendere la mira. Ma Dean andava in missione e gli ha chiesto di andare, e se Dean chiede lui può dire solo sì.
"Non posso rischiare la vita dei miei uomini per te, Castiel! Non posso permetterlo".
Ed è qui che Castiel sente di odiarlo. Odia averlo così vicino, odia il suo tono di voce così incazzato, frustrato e infondo spaventato, odia sentirlo pronunciare il suo nome, Castiel, come se non fosse più degno del suo soprannome, come se non lo meritasse più.
"Non te l'ho mai chiesto".
"Che figlio di puttana". Dean allenta la presa, non prova neanche a nascondere il disgusto e la delusione sul suo viso.
"Quel povero Cristo si è ferito a causa tua. Vai in infermeria e guariscilo, almeno questo pensi di riuscire a farlo?"
Ed è qui che Castiel dovrebbe dirgli la verità. Che no, non può più fare nemmeno quello. Che ora è umano, ferito e sanguinante, che dell'angelo che l'ha salvato non è rimasta più nessuna traccia. Ma non lo fa. Perché può immaginare come avrebbe reagito il Dean che ha salvato, qualcosa come "benvenuto nel club, essere umani fa schifo, ma ti ci abituerai - poi avrebbe abbassato lo sguardo e borbottato – ti aiuterò io” mentre questo Dean, questo non sa bene chi sia. Sa solo che una cosa è rimasta invariata in quegli anni, non vuole deluderlo.
Dean si allontana e se ne va senza attendere una risposta, e a Castiel è sufficiente pensare alla sua reazione quando scoprirà che non è andato in infermeria per convincerlo a inginocchiarsi e a prendere un'altra bottiglia nascosta sotto il letto. Si convince che il dolore che ora lo dilania è causato dalla ferita ormai infetta e beve finché il suo corpo glielo permette, attendendo l'oblio.
 

Ogni suono gli giunge ovattato. Sente in lontananza porte che sbattono, lo scalpiccio di passi pesanti sul pavimento, il freddo delle mattonelle sulle sua guancia. Dean grida l'unico nome che sente appartenergli, Cas, ed è questo a convincerlo che deve trattarsi di un'allucinazione. Si sente strattonare, il freddo sparisce e viene sostituito da un corpo caldo e solido che lo regge in piedi, e stavolta Dean grida e dà ordini vicino al suo orecchio, ma questo non lo sconvolge, urla spesso ultimamente, come se temesse che Castiel non riesca più a sentirlo. Vorrebbe dirgli che lui lo ascolta sempre, anche se ha smesso di pregarlo da quando Sam ha detto , ma a malapena si accorge di essersi piegato e di avergli vomitato sugli scarponi, ed è a quel punto che Dean impreca e la sua voce si abbassa di tono, “maledizione, Cas” prima che Castiel chiuda gli occhi e si lasci trascinare inerme, mentre pensa che ormai è troppo tardi per le parole.

Quando riapre gli occhi tutto è offuscato, il dolore, i suoi sensi. Sa di essere sul suo letto, e sa che c'è Dean. È una cosa che riesce a percepire comunque, anche se il legame che li univa si è disintegrato insieme alla sua grazia, mentre Dean cercava di capire come salvare tutti e Castiel come salvarlo da se stesso. Nessuno dei due ci è riuscito.
Volta lentamente il viso e Dean lo sta guardando, braccia incrociate e labbra ridotte a una linea sottile.
"Morfina?"
Dean annuisce. "Non potevo sistemartela, altrimenti" aggiunge, indicando con un cenno del capo la mano fasciata.
Castiel fa per muovere le dita, ma una fitta di dolore infrange la coltre formata dal medicinale.
"Castiel. Stai fermo". L'ex angelo alza di nuovo lo sguardo. Castiel.
"Siamo riusciti a salvartela appena in tempo. Era in setticemia, ancora qualche ora in quelle condizioni e avremmo dovuto amputartela".
"Non sarebbe la mia prima volta". Castiel pensa alle sue ali. A come abbia desiderato strapparsele via, ormai morte e inutili. E Dean lo sa. Castiel lo capisce dal modo in cui il cacciatore abbassa lo sguardo e ci legge in quel gesto il senso di colpa che lo contraddistingue e lo detesta. Si detesta. Castiel sa che non è colpa di Dean: lui è l'origine e la causa di tutte le sue scelte, ma non è colpa sua se Castiel ha deciso che il suo mondo dovesse girare intorno a lui. Dean quella devozione e quell'amore non l'ha mai preteso. Non l'ha mai voluto.
"Perché non me l'hai detto?"
"Che ormai sono un inutile umano? Pensavo l'avessi intuito".
Dean sbuffa una risata, nessuna traccia di allegria sul suo volto. "È questo quindi? Il momento in cui ci commiseriamo e parliamo delle nostre sfortunate vite?"
Castiel chiude gli occhi e Dio è così stanco, e l'effetto della morfina sta svanendo e la mano pulsa da far schifo e Dean sembra sull'orlo di esplodere, ormai ha imparato a riconoscere quello sguardo. Castiel si puntella sui gomiti e fa per alzarsi ma la stanza inizia a vorticare terribilmente intorno a lui e un conato di nausea lo coglie impreparato.
Le mani di Dean sono subito sulle sue spalle per sostenerlo, la voce risuona esasperata accanto al suo orecchio. "Cristo Santo, Castiel ti ho detto di stare fermo!"
Castiel inspira ed espira dalla bocca ad occhi chiusi, i piedi posati sul pavimento freddo e la mano sana stretta sul materasso, cercando di ritrovare stabilità e concentrandosi sulla presa ferma di Dean, sulle dita che stringono un po' troppo ma che l'ex angelo non riesce a definire indesiderate. Lentamente apre gli occhi, e trova il viso di Dean vicino, troppo vicino considerando i loro recenti standard e Castiel gli guarda le lentiggini pensando distrattamente che non ricordava fossero così tante e vorrebbe così tanto contarle e dare la colpa alla droga per questi pensieri.
"Castiel ci sei?" Dean lo sta fissando, una serie di espressioni contrastanti sul suo viso, troppo veloci per essere identificate.
"Sì, puoi lasciarmi andare ora" e Dean lo fa, con lentezza, come se si aspettasse che Castiel potesse cadergli davanti da un momento all'altro.
"Se provi a metterti in piedi giuro che ti lascio disteso su questo pavimento" e Castiel non è così sicuro che quella di Dean sia solo una minaccia.
"Non te l'ho detto perché significava ammettere di non essere più un angelo", e perché avevo paura che una volta scopertolo mi avresti cacciato.
Dean appoggia la schiena alla sedia e incrocia le braccia al petto. "Ma sapevi sarebbe successo, no?"
Castiel annuisce piano. "Lo immaginavo, ma speravo di sbagliarmi".
"Una speranza ben riposta come al solito, vedo". L'ironia trasuda dalle parole di Dean e Castiel stringe i pugni di riflesso, ricordandosi troppo tardi del taglio.
"Cazzo" geme, mentre fitte di dolore gli trapassano la mano, come se lo stessero accoltellando dall'interno. Dean gli è accanto prima che se ne renda conto, dita esperte che si muovono intorno alla fasciatura. "Devo controllare che non si siano riaperti i punti" spiega, gli occhi fissi sulla sua mano mentre toglie gli ultimi strati di benda.
Una volta scoperta Dean osserva attentamente la ferita ricucita, e Castiel deve distogliere lo sguardo perché non ha per niente una bella cera e sta per venirgli da vomitare di nuovo. Così ne approfitta e sposta la sua attenzione su Dean, sulla sue espressione concentrata mentre controlla ogni punto di sutura passandoci sopra leggero il pollice, e nota la nascita di due nuove rughe intorno agli occhi, le occhiaie che li cerchiano, più scure e profonde del solito, la bocca screpolata con un piccolo taglio nel labbro inferiore. Castiel si chiede come sarebbe passarci la lingua sopra.
Quando Dean alza il viso Castiel non si premura nemmeno di fingere di non stare fissando, e sa che Dean l'ha capito da come sbatte gli occhi un paio di volte e poi abbassa lo sguardo, allontanandosi. Lo sa, ma non gli importa.
"I punti sono a posto, ma tanto che ci siamo ne approfitto per pulirla e cambiarti la fasciatura" dice in tono freddo e pratico, alzandosi e prendendo delle bende pulite posate sul comodino accanto al letto.
E Castiel improvvisamente sente la rabbia di prima ricominciare a scorrergli nelle vene, perché la pena di Dean non gli serve. Castiel vorrebbe molte cose da lui, ma la pietà non è tra quelle.
"'Non ce n'è bisogno, posso farlo da solo".
Dean si volta, una garza imbibita di disinfettante in mano. "Davvero? Così come ti sei preso cura di quella mano dopo esserti tagliato? O di te stesso in questi ultimi mesi?" e Castiel la sente, l'ira che bolle sotto la superficie di indifferenza, e sa di averne altrettanta con cui rispondere.
"Non vedo come questi possano essere ---"
Dean gli punta un dito contro, minaccioso. "Castiel ti giuro che se mi dici di nuovo che non sono affari miei non risponderò delle mie azioni!"
Castiel finge una risata che gli esce più sprezzante del previsto.“Naturalmente, sia mai che qualcuno contraddica o non ascolti il nostro impavido leader, vero?”
Dal modo in cui Dean serra la mascella e stringe i pugni Castiel sa di star giocando con il fuoco, ma non gli importa. Ha scoperto che litigare con Dean è meglio dell'essere ignorato. Qualsiasi cosa è più sopportabile della sua indifferenza.
"Vaffanculo Castiel! Sai che ti dico? Fai come diavolo vuoi, come scegli di vivere e morire non è un problema mio" e abbandona senza cerimonie la garza che stava preparando sul comodino.
“Hai ragione, Dean. L'ho scelto io di seguirti fino alla fine del mondo, letteralmente, quindi non capisco cosa tu voglia ancora da me”. Non è rimasto nulla. Ti ho dato tutto.
Il viso di Dean diventa paonazzo. "Vuoi saperlo davvero? Voglio non dovermi preoccupare anche per te ogni giorno della mia vita, va bene? Chiedo troppo forse?"
Oh. Questo non se lo aspettava. Dean si morde il labbro inferiore e abbassa lo sguardo sul pavimento, sul viso un'espressione colpevole, come se avesse svelato un segreto che non gli era stato permesso rivelare. Castiel resta lì a fissarlo, non sapendo come rispondere.
È Dean a rompere l'impasse finendo di preparare le garze e sedendosi di nuovo di fronte a lui sulla sedia, iniziando a medicare la ferita così che i suoi occhi possano evitare accuratamente quelli di Castiel.
“Non te l'ho mai chiesto, Cas”.
“Che cosa?”
“Di seguirmi in tutto questo”.
“Lo so”.
“Ho un intero campo di persone che contano su di me per sopravvivere all'Apocalisse, che tra parantesi, io ho scatenato, e...”
“Dean lo sai che---”
“Fammi finire. Io devo badare a loro, non posso permettermi di stare dietro anche a questo” ed enfatizza quest'ultima parola indicando la ferita di Castiel ormai coperta con precisione dalla benda.
“So anche questo, Dean”. Il cacciatore alza lo sguardo e Castiel riesce a scorgere di nuovo l'ombra dell'uomo giusto che ha salvato dall'Inferno, spezzato e colmo di senso di colpa, ma con l'anima più bella che Castiel avesse mai avuto l'onore di vedere, senza la quale non sarebbe più riuscito a vivere.
Quando Sam ha detto sì a Lucifero tutti gli altri angeli sono battuti in ritirata con tanti cari saluti alla terra, pronti a chiudere definitivamente le porte del Paradiso. Castiel sapeva che era prendere o lasciare, non avrebbe avuto una seconda possibilità per andarsene. Così Castiel ha rinunciato a tutto ciò che aveva, le sue ali, la sua grazia, i suoi fratelli, il Paradiso, restando accanto all'unica persona che non è stato in grado di lasciare (Lo terrorizza sapere che se dovesse tornare indietro rifarebbe la stessa scelta, pur sapendo che alla fine perderà anche Dean).
"Scusa, non volevo farti preoccupare". Non pensavo ti importasse più. “ E in fondo sapevo che non sarebbe potuta guarire per magia da un giorno all'altro” aggiunge, abbozzando un sorriso.
Il cacciatore cerca di imitare il suo gesto, il grande leader messo da parte per far restare solo Dean.“Dovresti sapere che i miracoli qui non sono all'ordine del giorno”.
“L'avevo intuito”.
Castiel cerca di ricordare quand'è stata l'ultima volta che loro due hanno parlato in quel modo, una vago riflesso di ciò che erano un tempo. La mano di Dean è ancora posata sulla sua, e Castiel deve fare uno sforzo fisico per non girare il palmo e intrecciare le loro dita, perché da quando è diventato umano il desiderio fisico di sentire e toccare Dean è quasi insostenibile, e ci sono giorni in cui la frustrazione gli fa venire voglia di urlare (in quei momenti gli spinelli aiutano. E anche le orgie. Fingere che ci sia Dean dall'altra parte a ricambiare i suoi baci grazie alla droga non è così difficile).
Castiel si accorge di avere gli occhi fissi sulle labbra di Dean solo quando quest'ultimo ci passa sopra la lingua, un gesto inconscio che Castiel in un altro tempo gli ha visto fare altre volte, ma che all'epoca era troppo ingenuo e inesperto dei desideri carnali per interpretarlo nel modo giusto.
Quando alza lo sguardo le iridi verdi di Dean sono quasi scomparse inghiottite dal nero della pupilla e Castiel sente che può farlo, può avvicinarsi e infrangere quei pochi centimetri che li separano prima che il grande leader riemerga e lo chiuda fuori di nuovo.
Ma poi Dean chiude gli occhi, e come se ci fosse una forza superiore a muoverlo lascia la presa dalla sua mano e si alza, allontanandosi da lui.
“Okay la benda dovrebbe essere a posto – Dean si schiarisce la gola, la voce è più roca del solito - per cambiarla nei prossimi giorni basta che vai in infermeria o cerchi Chuck. Qui ci sono gli antidolorifici, invece. Cerca di razionarli, sai che sono limitati". E Castiel non ha bisogno di guardarlo negli occhi per sapere che la porta sta per essergli sbattuta in faccia un'altra volta, che Dean gli sta di nuovo sfuggendo dalle mani anche se lui continua a non voler lasciare la presa.
“Perché Chuck? Tu vai a farti un viaggetto?” chiede fingendo leggerezza, anche se conosce già la risposta.
Dean si volta e lo guarda e i ruoli sono di nuovo stabiliti. “Te l'ho detto Castiel, non ho tempo per questo” e Castiel capisce che la maschera è tornata a essere indossata.
“Hai bisogno d'altro?”
“No, impavido leader”.

  
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