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Autore: pillina28    29/02/2016    6 recensioni
Un dettaglio, anche il più insignificante può cambiarci la vita in un attimo.
Quando meno ce lo aspettiamo succede qualcosa che ci porta su un sentiero che non avevamo scelto e verso un futuro che non avremmo mai immaginato.
Dove conduce quel sentiero?!
E' il viaggio della vita, la ricerca di una luce.
(Nicholas Sparks)
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Inuyasha e Kagome, due anime affini, forse due anime gemelle, destinate però a dividersi per colpa di qualcosa di brutto e terribile, come la malattia.
Ma il vero amore è per sempre... il vero amore, è infinito.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve.
Prima della lettura volevo fare delle precisazioni.
Nella Shot sono contenute, alcune frasi prese da vari libri di Nicholas Sparks (che adoro^^) che ho utilizzato e messo insieme per creare una storia diversa. E' un esperimento, nulla di che, ma spero vi piaccia. L'argomento è la malattia, una tematica un pò triste, ma spero di non turbare nessuno, anche perchè non descrivo gran che solo momenti e sensazioni.
Per il resto commento alla fine, buona lettura!



Infinito amore mio


Un dettaglio, anche il più insignificante può cambiarci la vita in un attimo.
Quando meno ce lo aspettiamo succede qualcosa che ci porta su un sentiero che non avevamo scelto e verso un futuro che non avremmo mai immaginato.
Dove conduce quel sentiero?!
E' il viaggio della vita, la ricerca di una luce.
A volte però trovare la luce significa dover attraversare la più fitta oscurità, o almeno per me è stato così.
In quella calda giornata di luglio, quella che ha stravolto per sempre la mia esistenza, mi trovavo a camminare sulla spiaggia, con la mente affollata di idee confuse.
L’ansia mi attanagliava lo stomaco, all’idea di dover scegliere presto cosa intraprendere nel mio futuro.
Io ero giovane, avevo la testa piena di sogni e quello più vivo, più intenso, era che volevo fare lo scrittore: lo desideravo ardentemente, con tutto il mio essere.
Ma la mia famiglia pretendeva che scegliessi una strada migliore, una strada più giusta, più vantaggiosa.. che mi consentisse di avere una buona carriera e una vita agiata, proprio come era stato per loro.
Dentro di me, mi disprezzavo per la mia debolezza, perché non riuscivo a impormi, non ero mai riuscito a far valere le mie ragioni, a scegliere autonomamente del mio futuro, senza pensare al loro giudizio.
Ero frustrato.
Ero debole.
Ero spento.
Continuai a camminare e, mentre il sole pian piano calava all’orizzonte,la mia espressione era assente, perchè ero completamente perso in un mondo tutto mio.
 
Non so perché all’improvviso alzai lo sguardo, forse fu istinto o forse banalmente fu il destino a farmi incrociare quegli occhi che cambiarono per sempre la mia vita.
Ci guardammo per un tempo che parve infinito, a pochi passi di distanza; i miei occhi erano fissi nei suoi, di un azzurro chiarissimo che non avevo mai visto.
Lei.. era bellissima: una brezza leggera, le accarezzava appena una gloriosa chioma di riccioli neri, che le cadevano attorno al viso come un manto ribelle, fino a sfiorare la vita sottile e i fianchi morbidi, messi in risalto dal vestito candido.
Ad un certo punto parve riscuotersi e distolse timidamente lo sguardo, facendomi tornare alla realtà e, per un attimo, sentii freddo, senza più quello sguardo caldo addosso.
La osservai mentre lentamente riprendeva a camminare e si allontanava da me e, come un coglione, la guardai andare via, senza fare niente. Niente, proprio come non facevo niente per prendere in mano la mia vita.
 
Quella fu la prima volta che la vidi.
La prima volta che vidi Kagome.
Per giorni il pensiero di quella sconosciuta dalla pelle candida e dallo sguardo intenso non riusciva ad abbandonare la mia mente.
Era come se mi sentissi attratto da lei, non solo a livello fisico ma a livello.. dell’anima.
Era assurdo ma… era come se avessi trovato qualcosa che cercavo da troppo tempo.
Ed ero pazzo. Lei era solo una sconosciuta, che probabilmente non avrei mai più visto in tutta la mia vita e io non avevo tempo per stupide fantasie sull’amore e altre cazzate simili; dovevo pensare alle cose reali, non ad un'altra stupida illusione.
 
Nonostante i buoni propositi però, nei giorni successivi, mi ritrovavo sulla spiaggia, con l’intenzione di vederla ancora. Ma niente, era sparita. Forse era stata li solo di passaggio, come molti altri turisti.
Il quinto giorno, ero ormai  senza speranze e me ne stavo seduto su una panchina a darmi dell’idiota: probabilmente non l’avrei più rivista, dovevo solo farmene una ragione.
Strano come il pensiero mi facesse quasi un male fisico.
Stavo per andarmene a casa, quando alzandomi la vidi in lontananza: impossibile non riconoscere quella folta chioma d'ebano o quel modo di camminare cosi aggraziato, come quello di una ballerina.
Camminava piano, godendosi a pieno la passeggiata e volgendo lo sguardo verso il mare, dove il sole stava ormai per tramontare.
Mi avvicinai lentamente, spinto dalla voglia di cercare un modo per attirare la sua attenzione.
Pensavo che probabilmente  non mi avrebbe rivolto più di uno sguardo: bella come era, sicuramente era anche abituata ad avere attorno molti giovani a farle la corte.
E io non ero nulla di speciale: un ventunenne con la testa incasinata, una famiglia snob e niente di particolarmente affascinante nell’aspetto.
Mentre mi avvicinavo a lei, sentivo ancora quella sensazione, quell’emozione intensa, indescrivibile.
Era come tornare a casa dopo un viaggio lungo una vita intera. E non riuscivo a spiegarmi il perché.
Cosa aveva quella sconosciuta, tanto da farmi smuovere un terremoto dentro? Cosa c’era in lei da far nascere in me un senso di comunione così profondo verso qualcuno di completamente estraneo?
Dovevo conoscerla, dovevo fare qualcosa.
Non ricordo esattamente che cosa le dissi, a quel tempo ero giovane sì, ma anche un po’ sbruffone e di certo, non ero timido: ricordo bene però che rallentò il passo quando mi vide,  arrossendo leggermente, sotto il mio sguardo attento.
Ricordo  che adorai il modo in cui appariva timida e impacciata, mentre mi avvicinavo a lei e la osservavo ammaliato, forse mettendola in soggezione.
Dissi la prima cosa che mi venne in mente, una stupida battuta che adesso neanche ricordo più, ma lei sorrise. Con qualche chiacchiera, finalmente riuscii a farle rivelare il proprio nome:
“ Sono Kagome” disse, porgendomi timidamente la mano e io, cogliendo l’occasione, l’afferrai prontamente, notando quanto fosse morbida e piccola, in confronto alla mia.
“Io sono Inuyasha “ dissi, totalmente perso nella contemplazione del suo volto perfetto, il cuore scosso da battiti furiosi.
“ Ti va di fare due chiacchiere mentre continui la tua passeggiata? Prometto che non sono pericoloso “ le dissi, portandomi scherzosamente una mano sul cuore, come per fare giuramento.
Lei rise leggermente e annui, facendo fare le capriole al mio stupido cuore.
Passeggiammo per due ore, parlando di tutto, come se ci conoscessimo da anni.
Finimmo per cenare insieme, in un piccolo pub sulla spiaggia, mangiando con gusto e raccontando stupidi aneddoti. Fu la prima persona a cui parlai davvero di me, del vero me.. e lei mi parlò della sua vita, dei suoi studi, dei suoi sogni.
Capii che era bellissimo stare in sua compagnia, e che volevo frequentarla ancora. Non soltanto quella sera, ma anche l'indomani e forse il giorno dopo ancora.
Tutto in lei, dalla sua calda risata alla sua intelligenza, alla sua evidente purezza d’animo, mi appariva piacevole e desiderabile e, sanava, la mia anima tormentata.
E all'improvviso compresi quanto fossi stato solo fino a quel momento e cosa mi fosse veramente mancato nella vita.
Qualcuno da amare.
Quel giorno mi sentii davvero felice per la prima volta in tutta la mia esistenza.. e fu sempre così, quando stavamo insieme, perché lei dava finalmente un senso alle mie giornate.
 
Il nostro primo bacio?
Eravamo sdraiati su una coperta, in quella spiaggia che ci aveva fatti incontrare. Guardavamo le stelle, contandole e immaginando costellazioni inesistenti, ridendo complici della nostra stupidità.
Avevo una voglia matta di baciarla, ma mi trattenni.
Mi andava bene anche tenerla stretta al caldo, tra le mie braccia.
E ancora adesso, non so bene come accadde.
Un attimo prima stavamo parlando, e quello dopo lei si chinava su di me.
Per una frazione di secondo mi domandai se, baciandola, avrei spezzato l'incantesimo tra di noi, ma era troppo tardi per tornare indietro. E quando le nostre labbra si incontrarono, seppi di essermi irrimediabilmente innamorato di lei e, fui certo, che avrei potuto anche vivere cent'anni visitando tutti i paesi del mondo, ma che niente avrebbe eguagliato l'intensità di quell'istante, in cui, baciavo per la prima volta la ragazza dei miei sogni, pensando che il nostro amore sarebbe durato per sempre.
La strinsi a me e la baciai ancora, sotto il manto di stelle, chiedendomi come fosse mai stato possibile, avere avuto la fortuna di trovarla.
Il nostro amore fu splendido, speciale, profondo e, i sei anni che passammo insieme, furono i più felici della mia vita, perché lei era mia amica, mia compagna, mia complice.
Lei mi aveva restituito tutto: la felicità, la fiducia in me stesso, la forza di lottare, l’affetto, l’amore.. ero completo, la mia vita era completa perché lei, era la mia vita.
E io la amavo tanto.
Tantissimo.
E non solo per quello che era, ma per quello che ero io quando ero con lei: Un uomo più forte, un uomo migliore, un uomo capace di prendersi cura di una persona con tutto il proprio essere.
Spesso, dopo aver fatto l’amore, la stringevo forte tra le braccia, sussurrandole all'orecchio tutto il mio amore e dicendole che non ci sarebbe stata mai nessun'altra per me.
E lo pensavo davvero.
Credo che se non ci fossimo mai conosciuti, prima o poi mi sarei reso conto che la mia vita non era completa, e avrei vagato per il mondo in cerca di quel qualcosa che mancava, senza sapere che cosa stessi cercando.
E invece io l’avevo trovato…
Lei era il mio bel sogno.
I sogni però, spesso sono destinati a infrangersi contro la realtà.
Nulla mi avrebbe preparato a quello che accadde quel maledetto giorno, pochi giorni prima del nostro sesto anniversario di fidanzamento, quando finalmente le avrei chiesto di sposarmi: ricordo il tonfo prodotto dal suo corpo che si accasciava a terra, i suoi lamenti di dolore, la corsa in ospedale, le ore piene di paura e tormenti.. e la scoperta della sua malattia.
In un attimo tutto il mio mondo era crollato in pezzi, mentre mi veniva comunicato un verdetto straziante: lei era malata e, la malattia, era troppo avanzata, tanto che non c’era nulla da fare per lei. In pochi mesi, se ne sarebbe andata.
Ricordo di essere impazzito completamente, di essere uscito di corsa dall’ospedale e di essermi messo a correre come un pazzo fino alla macchina.
Ricordo di essermi chiuso dentro e di aver cominciato a prendere pugni il volante, piangendo disperato, gridando “perché proprio lei?!” “perché proprio noi?!”.
Ero fuori di me.
Lei era cosi giovane: aveva ancora una vita davanti, c’erano tante cose che avrebbe potuto fare, tante cose che ancora dovevamo fare insieme.
E il nostro sogno di sposarci presto e di avere una famiglia nostra...
Tutto in pezzi.
E lei lo sapeva: l’aveva scoperto più di un mese prima, ma non aveva trovato il coraggio di dirmelo, di farmi sapere che la nostra vita insieme stava per scadere.
Si era tenuta tutto dentro,decisa a godersi il tempo che le rimaneva con me.
Al solo pensiero altra rabbia si aggiunse a quella precedente e, temetti di perdere la ragione.
 “Perché me la porti via?! Eh?! Se esiste davvero un Dio.. perché permette questo?! Ti prego! Ti prego non portarmela via!”
Disperato.
Ero completamente disperato.
Cosa avrei fatto senza di lei? come sarei riuscito ad andare avanti?
 
Non so per quanto tempo rimasi lì: ma alla fine, facendomi un po’ di forza,  tornai in ospedale per vederla. Ma non ero più lo stesso uomo di quella mattina e non lo sarei più stato.
Se ci fosse stato un osservatore casuale, avrebbe visto un uomo distrutto, invecchiato di colpo nel giro di due ore. Chino in avanti sulla mia poltrona, col viso tra le mani e le lacrime negli occhi.
Non riuscivo a frenarle, quelle lacrime.
E non riuscivo a placare quel senso di ingiustizia che sentivo nel cuore.
Rimasi con lei tutta la notte, ascoltando il suo respiro regolare,mentre dormiva ancora sotto effetto di sedativi. Ascoltavo il bip incessante del monitor a cui era collegata, chiedendomi se magari fosse solo un brutto incubo.
Forse ad un certo punto nella notte mi addormentai, probabilmente solo per pochi minuti ma.. fui svegliato da una piccola mano fredda che mi accarezzava il viso.
Un dolce angelo, si sedette sulle mie gambe e mi strinse forte.
Sentii le lacrime bagnarmi il collo e un flebile “mi dispiace” sussurrato al mio orecchio.
La strinsi forte, senza sapere che altro fare.
Rimanemmo lì per un po' sulla poltrona, desiderando che quel momento durasse per sempre.
Avevo gli occhi pieni di lacrime, però cercavo invano di essere la roccia di cui pensavo avesse bisogno.
Ero innamorato di lei, pazzamente, al punto che non mi importava che fosse malata.
Non mi importava se avremmo avuto poco tempo per stare insieme. Mi interessava fare solo quello che mi dettava il cuore. E proprio il cuore, mi gridava di non arrendermi, di essere coraggioso e forte, soprattutto per lei.. e di vivere quel poco tempo che ci restava insieme al meglio.. altrimenti l’avrei rimpianto per sempre.
Ma era dura.
Dannatamente dura.
Come si fa ad accettare di perdere una persona così importante e vivere facendo finta che tutto vada bene?
“Non importa quanto tempo abbiamo.. Inuyasha..“ mi sussurrò in lacrime “io sono felice di averti incontrato e amato.. tu mi hai regalato una felicità che non pensavo avrei mai provato. Questi pochi mesi, sommati a gli anni splendidi passati insieme, saranno il mio per sempre”.
Fu in quel momento che decisi che l’avrei fatto davvero, che le avrei regalato il nostro piccolo per sempre, per tutto il tempo che ci fosse stato consentito: utilizzai i soldi che avevamo messo da parte per il nostro matrimonio e con le giuste cautele, partimmo per quel viaggio che avrebbe dovuto essere la nostra luna di miele, l’inizio di una vita insieme.. e che invece, si sarebbe trasformato in un viaggio di addio.
Scattai un miliardo di foto di noi insieme e cercai di renderla felice ogni giorno, distogliendola dal dolore e dal malessere che spesso la colpiva a causa della malattia. Quando si guardava alla specchio, dicendo ironicamente che stava diventando brutta come un mostriciattolo, con le occhiaie, i capelli un po’ più radi e spenti, il corpo sempre più magro... io sorridevo con le lacrime agli occhi, la baciavo e le sussurravo che per me, lei era la donna più bella del mondo.
C’erano dei giorni in cui era troppo stanca e allora restavamo a letto, semplicemente stringendoci l’uno all’altro.
Fu bello e allo stesso tempo straziante: sapere di avere accanto una persona che ti completa al cento percento e avere la certezza che prima o poi la perderai.
Ti lacera dentro.
“Hai qualche rimpianto?” le chiesi una sera.
Lei mi guardò con quei suoi occhi stupendi, che in quel momento erano leggermente arrossati e cerchiati, a causa del dolore e del poco riposo: “Tutti ne abbiamo, ma ho avuto una vita meravigliosa”.
“Come puoi dirlo, con tutto quello che ti sta capitando?” le domandai, perdendo per un attimo la mia falsa compostezza, stringendo i pugni tanto da farmi male.
Lei mi prese le mani tra le sue, che strinse con tenerezza.
“ Shh, smettila. Certo, poteva andare meglio. Certo, sono arrabbiata che sia capitato proprio a me e così presto.. non vorrei essere costretta a lasciarti”, disse lei guardandosi intorno, gli occhi velati di pianto, togliendo dal viso una piccola ciocca di capelli ormai corti: “Ma in ogni caso, nel tempo che mi è stato dato, sono stata felice davvero. Quanti possono dire di essere cosi fortunati da conoscere la vera felicità? Mi sono persino innamorata, e sono stata ricambiata. Mi basta questo. Perché il nostro è un grande amore e rimarrà per sempre, anche quando io non ci sarò più”. Non seppi cosa rispondere a parole tanto crudeli ma profondamente vere..
 
Contro ogni pronostico medico, da tre/quattro mesi, riuscimmo a rimanere ancora insieme, per quasi un anno.
Vederla spegnersi lentamente, giorno dopo giorno fu orribile.
Lei era così forte, cosi piena di vita.
Ma l’amai ancora di più per come stoicamente affrontava tutto il dolore, e per come fino all’ultimo ha lottato per godere del tempo a nostra disposizione.
Non ha mai pianto.
Non davanti a me, almeno.
Voleva essere forte.
E lo è stata fino alla fine e..
..io l’ho invidiata tanto.
Perché invece io ho pianto, eccome se ho pianto.
Perderla fu devastante.
E per i primi mesi dopo la sua morte, pensai che non ce l’avrei fatta, che sarei stato distrutto dal dolore.
La mia vita aveva perso i suoi colori.
La lotta per cercare di diventare un famoso scrittore aveva perso di importanza.
Che senso aveva avere successo, se non c’era nessuno a congratularsi con te con tutto il suo cuore? Che senso aveva lottare senza avere nessuno che ti incoraggiasse a non arrenderti e a realizzare i tuoi sogni?
Una vita persa.. e una vita in pezzi.
Ma non potevo arrendermi.
Negli  ultimi giorni della sua vita, mi aveva chiesto di farle una promessa e io l’avevo ovviamente accontentata, prima ancora di sapere cosa mi avrebbe chiesto:  mi chiese di essere felice, di continuare a vivere, di realizzare il mio sogno e di andare avanti anche senza la sua presenza.
Mi disse che se l’amavo davvero, dovevo lottare e rialzarmi più forte di prima, anche per lei, perché avrebbe continuato a sostenermi e avrebbe vegliato su di me per tutta la mia vita.
E mi disse che avrei dovuto innamorarmi ancora, farmi una famiglia e vivere sereno.
Non le dissi che il pensiero di innamorarmi o anche solo di stare con un'altra, mi dava il voltastomaco.
Ma su una cosa mi trovai d’accordo con lei: le nostre anime erano legate e lo sono sempre state e lo saranno sempre.
A volte penso che forse abbiamo vissuto mille vite prima di questa e in ciascuna, noi due ci siamo incontrati. E forse, ogni volta siamo stati costretti a separarci. 
Nella mia mente ho la sensazione che in ciascuna delle mie vite sono andato alla sua ricerca. E cercavo proprio lei, non qualcuna che le somigliasse, ma proprio lei. Perché la sua anima e la mia devono sempre riunirsi. Sapevo dunque, che non era finita, che ci saremmo rivisti ancora, forse in un'altra vita, forse con sembianze diverse ma con le stesse anime affini e forse allora, il volere delle stelle sarebbe cambiato e noi avremmo potuto amarci tanto da compensare tutte le separazioni precedenti.
Per noi era solo un arrivederci.
 
 
Sono passati tredici anni: ora ho quasi quarant’anni, sono uno scrittore piuttosto affermato e sto per pubblicare il mio terzo libro.
Un libro che parla di lei.
Tre anni fa ho conosciuto una donna … e tra un mese ci sposeremo.
Il tempo aiuta a dimenticare e il destino regala sempre una seconda occasione.
Penso che sarò felice con lei, la amo e spero creeremo una famiglia insieme.
Lei conosce il mio passato e lo ha accettato, senza fare troppe domande.
Kikyo è una donna dolce. Sarà una buona moglie e una mamma meravigliosa.
E io cercherò di essere felice e di farla felice.
Ma nonostante siano passati molti anni dalla sua morte, penso che non smetterò mai davvero di amare il mio angelo, la mia Kagome.
Avrà sempre un posto speciale nella mia vita e, anche se amerò mia moglie, non potrò mai amarla allo stesso modo in cui amavo lei, perché nessun’altra, in nessuna parte del mondo, l’avrebbe mai eguagliata.
Conservo le nostro foto in un cassetto e una volta l’anno, nell’anniversario della sua morte, lo apro e le guardo.
Dentro a quel cassetto giacciono le immagini di una vita felice, dei nostri anni insieme e.. giace anche una bella fetta del mio cuore.
Non so se i morti possono tornare su questa terra e muoversi invisibili tra coloro che li hanno amati, ma, se fosse possibile, allora so che lei sarà sempre con me.
Lei non se né andata per sempre, a prescindere da chi entrerà nella mia vita.
Lei è con Dio, accanto alla mia anima, e mi guida verso un futuro che non so prevedere.
Quindi mio dolce angelo, ti ringrazio.
Grazie di essere venuta nella mia vita e di avermi dato gioia. Grazie di avermi amato e di avere accettato in cambio il mio amore.
Grazie dei ricordi che custodirò per sempre nel mio cuore.
Ma soprattutto grazie per avermi mostrato che sarebbe arrivato un tempo in cui sarei stato infine capace di lasciarti andare.
E forse un giorno, le nostre anime torneranno a sfiorarsi ancora, stavolta per non lasciarsi più.
 
 



Angolino mio
Allora: so che è molto triste, ma doveva risultare realistica a mio parere. Questa storia mi è uscita pensando ad un episodio vissuto in ospedale, quando una donna, assieme con il marito, ha scoperto la sua malattia. 
Poi, avendo il vizio di riscrivere su di un quadernino le frasi più belle dei libri che leggo, ho pensato che Sparks e le sue parole toccanti, fossero adatte.
So anche che, molte non si aspettavano forse la coppia finale: fino alla fine ho pensato di "scambiare" Kikyo e Kagome, ma alla fine ho pensato nella mia testa che un amore cosi e delle parole come quelle sarebbero state più belle se dette da Kagome, quindi ho lasciato cosi.
Grazie, non so se vi piacerà o no.
Io mi sono commossa a scriverlo e questo mi basta.

Ps: tornerò in settimana con le mie storie eh, non le ho abbandonate. Ora che gli esami sono finiti posso dedicarmi un pò a scrivere (povere voi ^^)
BAci e fatemi sapere che ne pensate!! =)
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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