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Autore: JulyAneko    26/03/2009    3 recensioni
Una convinzione che si costruisce piano piano nella mente di Emily. Adesso riuscirà a darle sfogo? Magari grazie all'uomo giusto..
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aaron Hotchner, Emily Prentiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: I Personaggi non mi appartengono, ma sono di Jeff Davis. Criminal Minds appartiene alla CBS. Questa storia non è a scopo di lucro.



La costruzione di un Castello

Dovevo svegliarmi, quello non era affatto il modo giusto di reagire a quella situazione.
Situazione.
QUELLA situazione si era semplicemente presentata nella mia testa senza che tutti gli altri ne fossero partecipi.
Quella era la mia situazione, creata nel tempo dai miei pensieri, le mie sensazioni e i suoi gesti.
No! Questo non dovevo farlo.
Questo era controproducente, decisamente controproducente.
Sospirai alzando la testa dagli incartamenti che mi ritrovavo a fissare ormai da ore, mentre la stessa pagina si stagliava davanti ai miei occhi ormai da qualche minuto buono.
I miei occhi.. ecco che iniziarono a fare tutto da soli, senza che il cervello avesse mandato loro l'imput di andare ad osservare, attraverso la vetrata, quello studio così ordinato e buio, per poi fermarsi su quella figura accigliata e dannatamente sexy in quella camicia bianca che faceva da contrasto alla giacca scura.
E nuovamente, senza che il cervello impartisse alcun ordine gli angoli della mia bocca si alzarono in un dolce sorriso.
No! Questo non doveva accadere.
Dove si era ficcato tutto il mio buonsenso?! Dove?
Continuava a starsene rintanato in un cantuccio senza sembrar voler uscire allo scoperto. E ormai era un bel po' di tempo che se ne stava lì rintanato, a testa bassa e orecchie serrate.
Oh, tutto questo non poteva succedere! Non poteva capitare a me e, tantomeno, non poteva capitare con quell'uomo!
Ma era colpa sua! Oh sì che era colpa sua! Era stato lui a suscitare tutti i miei bei pensieri, ad alimentarli, a far creare nella mia mente quel bel castello costruito con tanto amore. Era stato lui a mettere la prima pietra, poi la seconda, la terza.. Va bene, lo ammetto, anch'io ci avevo preso la mano alla fine.. ma tutto stava nel fatto che era colpa sua!
Serrai le labbra per poi socchiuderle e mordermi il labbro inferiore.
Quei pensieri non erano da me, sembravano di un'adolescente che doveva giustificare una marachella.
Oddio.
Stavo cadendo davvero in basso!
Velocemente mi alzai e cercando di sembrare il più naturale possibile raggiunsi il bagno.
Avevo notato lo strano sguardo di Derek su di me. Possibile che quel ragazzo fosse così bravo a capire i sentimenti altrui? Era come se si immedesimasse in ognuno e potesse sentirne le sensazioni. Dall'altra parte, invece, Spencer non aveva nemmeno alzato la testa dai suoi fascicoli. Era buffo vedere come fosse così intelligente e allo stesso tempo così ingenuo verso i sentimenti.
Anch'io sarei voluta essere così ingenua in quel periodo, almeno non avrei notato tutte quelle attenzioni, quegli sguardi innocenti che il mio capo mi offriva.
Aprii l'acqua fredda del rubinetto sciacquandomi le mani e rendendole gelide per così avvicinarle al volto un po' arrossato.
Una sensazione di benessere pervase il mio corpo, potevo sentire la pelle del volto tirarsi a quel contatto così improvviso.
Mi guardai allo specchio notando come i miei occhi fossero stanchi. Riuscivo a dormire troppo poco per essere abbastanza riposata e serena.
Troppi pensieri, troppi ricordi.
Se chiudevo gli occhi potevo ancora rivivere quell'ultimo mattone poggiato a costruire il mio bel castello.
Stavamo lavorando ad un caso abbastanza semplice, uno psicopatico molto prevedibile, così che la mia attenzione si dirigeva sempre più spesso a quell'uomo che ci impartiva ordini. Quel giorno aveva deciso che avrei lavorato al suo fianco.
Beh, a dirla tutta, sempre più spesso decideva che fossi io la persona con cui doveva lavorare a così stretto contatto.
Eravamo in macchina quando ci arrivò la segnalazione da Garcia che l's.i. aveva colpito ancora ma stavolta lasciando dietro di sé un'enorme scia.. il suo delirio stava aumentando a vista d'occhio.
Noi eravamo vicini al posto dell'aggressione, ci dirigemmo là e vedemmo l'uomo scappare su una cabrio blu.
Partimmo all'inseguimento o meglio, Hotch seguì quell'auto a tutta velocità. Alla prima curva presa troppo stretta mi parò una mano davanti, all'altezza dell'ombelico, come a proteggermi e pronunciò quella frase che aveva definitivamente concluso il progetto del mio grande e bel castello.
-Emily sta attenta!..
Il mio nome! Quanto poco lo sentivo pronunciare dalle sue labbra, dalla sua voce profonda.
-..Sta attenta, non ti deve succedere nulla! Nulla!-
A quel punto la mia mente era partita per immensi viaggi dove i protagonisti indiscutibili erano solo due persone di nome Emily e.. Aaron.
Mentre riaprivo gli occhi mi venne da sussurrare quel nome, il suo nome.
Adesso quella sensazione di benessere causata dall'acqua fredda era svanita. Avrei dovuto ricominciare tutto da capo!
Sospirai aprendo nuovamente l'acqua ma qualcosa mi impediva di immergervi le mani: quella dolce sensazione che mi scioglieva il cuore. Era dannatamente piacevole anche se così malinconica e confusa.
Mi guardai nuovamente allo specchio facendomi una linguaccia mentre richiudevo l'acqua del rubinetto che aveva fatto compagnia ai miei pensieri.
Ancora una volta aveva vinto il cuore sulla mente.

Mi lasciai inebriare dal profumo della birra che il cameriere mi aveva appena portato facendo l'occhiolino. No, adesso non ne avevo proprio voglia. Quella giornata era stata davvero faticosa anche se ero stata per la maggior parte del tempo seduta alla mia scrivania. Ma non era stanchezza fisica quella sentivo, non lo era affatto.
Poggiai una mano al freddo bicchiere lasciando che quella liquida sostanza mi si appiccicasse sul palmo. Non avevo punta voglia di bere quella birra. In realtà non avevo nemmeno voglia di quel posto.. così elegante, così in, così poco da me. Non so perché ero entrata là, forse per il semplice fatto che era l'unico locale nelle vicinanze di casa mia.
Quella sera ero uscita dal Bureau così lentamente che anche un cieco se ne sarebbe accorto. Avevo sbattuto sulla scrivania i fascicoli come a riordinarli mentre salutavo Morgan e Reid. Avevo aperto il cassetto e ordinato quelle cartelline in ordine cronologico. Avevo sistemato le penne in quella tazza rossa, che avevo comprato ad un mercatino, cercando di far accostare i colori uguali.. e anche se con scarso risultato mi ci era voluto qualche minuto buono tanto che vidi Rossi passarmi accanto un poco stranito mentre se ne andava a casa. Lo avevo salutato distrattamente con un sorriso ma lo avevo osservato uscire dall'open-space fino a che i miei occhi potevano seguirlo. Alla fine mi ero alzata, avevo accostato la sedia alla scrivania cercando di sistemarla il più possibile dritta. Avevo preso la giacchina grigia e l'avevo stirata un poco con le mani come se fosse un capo appena uscito dalla centrifuga. La indossai tirando una leggera occhiata a quell'ufficio che si vedeva così bene dalla mia postazione.
Niente, quell'uomo se ne stava sempre chino sui suoi fogli.
Sospirando mi diressi verso le scalette per raggiungere l'ufficio di Garcia e salutarla ma appena sull'ultimo gradino vidi JJ venire sorridente verso di me con cappotto e borsa in mano. Mi salutò dicendo che se cercavo Penelope perdevo tempo era già andata via, doveva uscire con Kevin. La risalutai e osservai, anche lei, uscire definitivamente dalla stanza.
Ero perduta, non potevo in altro modo perdere tempo.. sarebbe stato troppo eclatante ritirare fuori tutti i fascicoli e ordinarli foglio per foglio. Sì, sarebbe stato troppo.
Non avevo altra scelta se non andarmene o rompere il silenzio dell'ufficio di quell'uomo così indaffarato.
Non so da quale malsana idea mi venne in mente di optare per la seconda opzione.
Bussai pacatamente prima di infilare il naso in quell'ufficio che a quell'ora della sera sembrava ancora più tetro.
-Io vado a casa, gli altri sono già tutti venuti via..-
-Bene-
Rimasi spiazzata da quella risposta. Possibile rispondere a monosillabi? Doveva dire qualcos'altro o la mia lentezza di prima, il mio coraggio nel bussare alla sua porta sarebbero stati vani! Doveva dire qualcos'altro! Beh, non lo fece.
Sospirai continuando a guardare quell'uomo che non aveva nemmeno posato il suo sguardo su di me mentre pronunciava quell'insignificante parola.
Ritentai. -Hotch è tardi, dovresti tornare a casa anche tu..-
-Sì lo farò, appena avrò finito questa relazione-
-Bene-
Stavolta era uscita a me quella parola, e l'avevo detta con un certo astio tanto che lui, finalmente, aveva alzato lo sguardo ma mi aveva solamente visto richiudere la porta del suo ufficio. Non saprei dire se dopo mi avesse seguito con lo sguardo mentre uscivo. Mi ero promessa di non girarmi ad osservarlo e lo avevo fatto.
Beh, adesso un po' mi incuriosiva la cosa. Ero sicura di aver sentito i suoi occhi sulla mia figura.. o era solo un altro mattone che andava a formare il mio castello?
Presi il bicchiere di birra e ne bevvi un sorso per poi storcere la bocca. Non sapevo perché continuavo a bere quella bevanda se la sentivo così amara. Forse era una sorta di punizione per smetterla di fare quei pensieri che mi tormentavano l'anima.
Restai nel locale solo il tempo di finire la birra, declinando ben due offerte da due uomini molto affascinanti che mi volevano offrire da bere, tralasciando ovviamente il cameriere. In un altro momento, in un altro periodo, probabilmente avrei accettato almeno una bevuta tanto per conoscere chi mi si stagliava davanti.. ma ora era diverso, ora che un solo uomo aveva cominciato ad occuparmi la mente.
Mi strinsi nella giacchina mentre camminavo verso casa. Aprii il portone, salii le scale e.. e mi bloccai di colpo.
Cosa ci faceva lui, lì?
-Avevi detto che saresti venuta a casa-
-Infatti ci sono..- mormorai raggiungendo la porta del mio appartamento, aprendola e tenendola tesa così da far passare quell'uomo che era decisamente molto più affascinante dei due tipi del bar, cameriere compreso.
Lo vidi raggiungere il salotto e fermarsi all'altezza del divano bianco, subito dopo il cucinotto. Qualcosa lo turbava, si guardava attorno, ovunque. Eppure era stato in quella casa già una volta, quando le aveva chiesto di salire assieme a lui su quell'aereo.
Non sapevo cosa fare ma vedevo solamente l'ennesimo mattone prendere posto sulle già alte mura del mio castello.
Lentamente mi tolsi la giacchina lasciandola su una poltroncina di vimini alla mia destra e raggiunsi quell'uomo che tanto stimolava i miei pensieri. Avrei voluto parlargli, domandargli il perché era venuto a casa mia.. ma me lo impedii aspettando che fosse lui a fare il primo passo.
-Sono stato scortese stasera, mi dispiace-
Scossi la testa facendogli capire che non era nulla di grave ma poi ripuntati il mio sguardo in quello di lui. Volevo che i miei occhi gli chiedessero ciò che la mia bocca taceva.
-Forse non sarei dovuto venire- mormorò ticchettando con le dita sullo schienale del divano.
-Forse..- dissi decisa, avanzando verso di lui.
Il mio castello stava giungendo a compimento. Ora volevo solamente che lui mi aprisse il portone.
Lo vidi scrutare nei miei occhi, rubarmi i pensieri e prendere il mio cuore fra le sue mani. Mi sentivo così debole, senza più voglia di ribellarmi a quelle sensazioni.
-Non dovremmo farlo.. Emily-
Aveva parlato in un sussulto, calcando il mio nome come se fosse stata una cosa preziosa.
-Fare cosa.. Aaron- bisbigliai solcando quello spazio che ci divideva così da renderlo nullo.
Adesso potevo sentire il calore del suo corpo, il suo respiro regolare accelerarsi sempre più.
-Non..- mormorò sospirando cercando, in quell'ultimo barlume di coscienza, di riacquistare padronanza di sé.. ma ormai tutto era perduto, ormai le barriere erano state infrante, ormai il ponte levatoio si stava abbassando facendoci avvicinare a quel portone che, piano piano, si stava aprendo.
-Non..- ripeté ancora prima di portare la sua mano ad accarezzarmi la guancia. Sentivo il suo calore e la sua voglia di me scaturire da ogni poro del suo corpo, del suo splendido corpo. D'istinto gli cinsi la vita mentre i nostri sguardi non volevano saperne di staccarsi l'uno dall'altro.
Sentivo il cuore battermi in gola mentre vedevo il suo volto avvicinarsi al mio, mentre sentivo le sue labbra sfiorare le mie e iniziare una leggere danza d'amore.
Strinsi le braccia mormorando, voleva farmi morire?
E come se avesse letto nei miei pensieri fece finalmente unire le nostre labbra così che le nostre lingue potessero fondersi a dar vita a tutti quei sentimenti che per tanto avevamo solo accennato ma poi repressi nel nostro cuore.
Ci stavamo baciando e tutto il mondo si era fermato in quella stanza.
Il mio castello era completo e lui aveva fatto molto di più che aprirmi il portone.. aveva varcato quella soglia con me, tenendomi stretta fra le sue braccia.

 

 

  
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