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Autore: JustAGuyWithNoVoice    03/03/2016    1 recensioni
Seconda metà del XIX secolo, Asia. Le acque dell'oceano indiano sono solcate da migliaia di vascelli, mercantili, per lo più di origine inglese; insieme ad innumerevoli navi di pirati malaysiani, bangladesi, filippini ed anche inglesi, molti dei quali corsari al soldo di Vittoria. Tra queste, però, una nave in particolare riesce a terrorizzare qualunque marinaio solo al sentir pronunciarne il nome: la Royal Serpent. Quella nave, la sua ciurma e il suo Capitano sono il terrore di ogni mercantile inglese, di ogni corsaro tanto stolto da farsi corrompere dalla corona.
E quando una nave, una ciurma, un Capitano del genere decidono di mettersi a caccia di una leggenda, allora anche i demoni si destano dal loro sonno eterno.
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Capitano Ismael era appollaiato sul pennone più alto dell’albero maestro della Royal Serpent, a piedi scalzi come sempre. La brezza lieve gli accarezzava i capelli lunghi e neri facendoli svolazzare in giro, liberi, mentre il suo sguardo sempre attento era rivolto verso la schermaglia sul ponte della nave affianco, che lui e la sua ciurma avevano appena abbordato. I suoi uomini stavano già combattendo, menando fendenti come fossero assatanati, e l’odore aspro del sangue si spandeva intorno portato dalla brezza marina. Il cozzare metallico delle lame, le urla feroci dei marinai, lo scricchiolio delle assi di legno della chiglia del mercantile che batteva bandiera inglese, che ogni secondo si piegavano sempre di più sotto il peso della nave pirata: tutto questo, per il Capitano, era una dolce melodia di morte. Chiuse gli occhi, prese un lungo respiro, consapevole che ben presto la mietitrice di anime gli avrebbe fatto  visita, e finalmente gli avrebbe donato la pace. Curvò gli angoli della bocca all’insù e mostrò i denti in un ghigno. Non troppo presto, però.

Afferrò una cima e sfilò la sua sciabola dalla cintura, per poi recidere la corda di netto e buttarsi giù dal pennone. Mentre cadeva, l’aria gli fischiava nelle orecchie ed i capelli corvini gli sferzavano il viso, finché la sua discesa non venne arrestata dal volto di un mozzo inglese che cadde sul ponte, inerme. «Coraggio, ciurma, facciamo a fette questi inglesi!» Urlò non appena ebbe poggiato piede sul legno del ponte imbrattato di sangue, ed i suoi uomini emisero un tuonante grido all’unisono. Subito, una fredda lama sibilò alla destra del Capitano, diretta alla sua gola, ma Ismael non esitò a bloccarla con la propria sciabola e mosse rapido il fianco sinistro in direzione dell’assalitore per poi assestargli un forte pugno sotto lo sterno. L’altro mollò la spada e cadde in ginocchio, prima di sentire il freddo acciaio della lama del Capitano accarezzargli la gola e subito reciderla di netto. Il sangue sgorgò a fiotti ed il Capitano lo lasciò scorrere sulla lama fino all’elsa, prendendosi un istante per assaporarne l’aroma prima di ributtarsi nella mischia.  Con un movimento fulmineo menò un fendente verso uno degli uomini della regina, colpendolo all’addome e squarciandogli la pancia, per poi girarsi e colpire un altro marinaio dritto in faccia con il pomo dell’elsa, sbilanciandolo abbastanza da farlo scivolare addosso al parapetto della nave che si spezzò sotto il suo peso e lo lasciò precipitare nelle acque gelide dell’oceano indiano. «Forza, branco di filibustieri che non siete altro, fategli assaggiare l’acciaio!»  Urlò a squarciagola. «Diluiremo il grog con il loro sangue!» Continuò a spronare la sua ciurma urlando e combattendo allo stremo delle forze, finché anche l’ultimo inglese non si accasciò sul ponte pregno di sangue. Un tappeto di corpi esanimi, cibo per i pescecani e nulla di più.

Ismael lasciò che i suoi uomini si dividessero il bottino, tra oro e gioielli di ogni tipo, senza dire una parola: a lui interessava ben altro. Entrò nella cabina del capitano, scostò con la mano sporca di sangue le carte nautiche che ingombravano un tavolo in legno di noce rifinito con cura impeccabile, ed aprì con l’altra mano un armadio massiccio che conteneva gli abiti del defunto capitano. Scostò le giacche a sinistra, poi a destra poi le afferrò tutte e le gettò via: come aveva previsto, sul fondo si nascondeva un pannello segreto. Il pirata afferrò una lampada ad olio appesa al muro opposto all’armadio e la posò sul tavolo per prendere un piccolo acciarino che usava per la polvere da sparo. Le mani gli tremavano a tal punto che ci mise un po’ ad accendere il lume, ed il suo viso illuminato dalla fiammella era un misto di gioia ed inquietudine. Avvicinò la lampada al pannello e assottigliò lo sguardo per trovarne il punto debole, poi infilò la sciabola in una fessura per fare leva. Lentamente, mosse la lama su e giù, a destra e a sinistra, trattenendo il fiato finché non si udì un sonoro Crack. Il pannello saltò, e cadde per terra davanti al Capitano, rivelando dietro di sé un piccolo scrigno ed un foglietto di carta arrotolato. Il bauletto riportava lo stemma reale, ed il foglietto era avvolto con un filo di seta, al centro, e sigillato con la ceralacca. Ismael lasciò cadere la sciabola e la lampada, avvicinò le mani tremanti al piccolo contenitore e fissandolo con gli occhi lucidi lo aprì. Ciò che aveva davanti, non pensava che lo avrebbe mai trovato. Nessuna delle fiabe, delle leggende, delle storielle dei vecchi ubriaconi che aveva mai sentito potevano avvicinarsi a ciò su cui si posò il suo sguardo.  Quello era il cuore di Davey Jones. Ed Ismael lo teneva fra le mani, con gli occhi feroci illuminati dal fuoco che, dalla lampada rotta, stava divampando nella cabina del capitano.

   
 
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