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Autore: cin75    04/03/2016    6 recensioni
Questa volta i J2 sono due giornalisti.
Hanno avuto un passato. Nel presente si detestano. Ma nessuno dei due riesce a vedere un futuro senza l'altro.
Confesso: questa è una Slice of Life uscita male!!!!
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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I giorni sotto copertura passarono e così anche le settimane.

Jensen contattava Rob per comunicargli dove lasciava i suoi appunti e Jared vedeva che a volte le telefonate si protraevano anche per alcuni minuti e Rob rideva anche di gusto di tanto in tanto, segno che Jensen stava bene e che era , più o meno, tranquillo.
Ma non accadeva lo stesso quando invece capitava a lui di intercettare la telefonata di Jensen e quando questo accadeva  , l’unica cosa che si dicevano i due era:
“Dimmi pure!”/ “Casella posta n….”/
“Ascolta, Jensen…”/ “Non adesso. Devo andare!”


Jared capiva che Jensen non poteva rischiare, ma possibile che “rischiava” ogni volta che era lui a sentirlo al telefono?
Infondo voleva solo sapere se stava bene, se aveva bisogno di qualcosa. Anche solo se aveva bisogno di qualcuno con cui parlare per distrarsi da quello che stava facendo.
Jensen, dal canto suo, non poteva dire a Jared che parlare con lui gli faceva male, lo confondeva , lo distraeva e non a causa di quello che era successo tra loro, ma a causa di quello che,  aveva capito,  provava ancora.
La paura di un chiarimento. La consapevolezza che tutto era svanito per sempre o che tutto era ancora lì.
La sola voce dell’ex al telefono lo mandava al manicomio. E non nel senso buono!

 
Una sera, però, in cui al garage dove Jensen si era infiltrato e in cui si raffinava la droga che poi sarebbe stata distribuita ai vari pusher , per le vie della città, ci fu una rissa e dato che a scatenare la diatriba fu una questione sulla fiducia e il tradimento, Jensen si sentì pericolosamente sotto accusa. Cercò di placare gli animi dando ragione ad entrambe le fazioni. Infondo era uno bravo con le parole e per quanto alla fine riuscì ad ammansire  i contendenti, non tutti lo guardavano davvero convinti di quella sua “intromissione” e quando decisero di chiudere il garage almeno per quella sera, Jensen , si accorse di essere seguito.
Forse la sua “loquacità” era stata troppo per un meccanico, forse quei due che lo seguivano volevano rendersi conto di chi era veramente.  O forse stavano facendo solo la stessa strada!
 
Cominciava ad essere paranoico ma, vivendo infiltrato, lo aveva messo in conto!
 

Senza rendersene conto si ritrovò nel quartiere in cui abitava Jared, ben lontano da quello in cui abitava lui e senza spiegarsi il perché , bussò al citofono del ragazzo.
“Chi è?”
“Sono Jensen.” rispose sotto voce. “ Jared, io….” volendo giustificare quella sua presenza a quell’ora tarda.
Sali! Quarto piano. Appartamento 2B.” fece la voce al citofono interrompendolo.
 
 
Quando Jensen fu al piano indicato e davanti alla porta dell’appartamento 2B, bussò discretamente.
Un attimo dopo, Jared, gli andò ad aprire. Era in jeans e maglietta bianca. Jensen sorrise appena perchè vedendolo capì che il ragazzo non era cambiato, almeno in quelle piccole cose. Jared infatti stava sempre in jeans e maglietta, quando era a casa. 
 
Una maglietta bianca si adatta con tutto e un jeans è la cosa più pratica se devi scappare da qualche parte per un ultima notizia!” era la filosofia di quell’abbigliamento.
 
Quando il maggiore si riprese da quel suo pensiero, da quel suo ricordo, cercò la spiegazione da dare ad un Jared che lo fissava ancora con aria a dir poco indifferente.
“So che non dovrei essere qui, ma è stata una giornata assurda e pesante e assurda e…”
“ e pesante. sì, ho capito." lo fermò l'altro. "Jensen che vuoi?!” fece poi incrociando le braccia al petto.
“Due del gruppo in cui mi sono infiltrato, stasera mi hanno seguito e non volevo che vedessero dove abito.” rispose cercando di nascondere il suo disagio a quella situazione.

Ma a quale situazione?
A quella tra lui e Jared ?
O a quella dei due che lo avevano seguito?
 
“Quindi hai creduto che farli vedere dove abito io, sia più sicuro!?” fece ironico il giovane.
Jensen a quell’affermazione si reso conto di quello che aveva effettivamente fatto.
“Oddio….sì..sì..hai ragione. Mi dispiace, io…io…non ci ho pensato. Mi dispiace. Io vado via…vado..” ma appena fece per andare via, Jared lo afferrò per un braccio, fermandolo.
“Dove credi di andare. Non essere stupido. Vieni dentro!” disse, chiudendosi la porta alle spalle.
“No, Jared. No…tu..tu hai ragione.” provò ancora a svincolarsi dalla presa di Jared per andare via.
“Ascoltami. Non mi conoscono. Non mi hanno mai visto e di certo ti avranno visto solo entrare nel palazzo ma non hanno visto in che appartamento sei entrato, quindi sta qui e smettila di fare storie.” fece autoritario , tirandolo verso il soggiorno. “Hai un aspetto di merda e hai l’aria sfinita.”
Quando furono entrambi nel soggiorno, Jared notò la faccia davvero spossata e stanca dell’ex che avanzava piano , quasi con disagio, nel piccolo salotto.
“Credo che tu abbia davvero bisogno di qualcosa di caldo. Ti preparo un caffè!” fece il giovane.
“Grazie.” rispose istintivamente Jensen.
Quell’appartamento non era grande ma molto accogliente e il fuoco nel camino che scoppiettava e l'inondava di accogliente calore, era quasi una calamita che invitava a sedersi sul divano.
E così fece.
Jensen si tolse il giaccone e andò a sedersi sul divano di fronte al camino e Jared lo sentì sospirare profondamente. Fu quasi come se Jensen si fosse definitivamente rilassato. Come se si sentisse al sicuro.

Il giovane gli portò il caffè e anche qualcosa da mangiare.
Jensen accettò. “Non dovevi disturbarti tanto!” fece gentilmente e dopo aver bevuto qualche sorso di caffè caldo, si lasciò tentare dall’invitante panino che Jared gli aveva preparato.
“Nessun disturbo.” lo rassicurò cordiale l’altro.
Dopo qualche boccone, Jensen notò che nel piatto c’erano delle patatine alla paprika – le preferite di Jared – e spostando solo di un po’ il piatto e mettendolo tra lui e Jared, ammiccò verso il giovane.
“Dovresti ricordare che non mi piace mangiare da solo. E poi queste sono le tue preferite e almeno che i tuoi gusti non siano cambiati, so che non riesci a resistere. Andiamo!! Fammi compagnia!” indicando solo con lo sguardo verso le rustiche speziate.
Jared sorrise e senza scomporsi più di tanto, rubò qualche patatina dal piatto di Jensen che si ritrovò a sorridere a quel gesto così complice e che in un certo senso gli fece anche male, riportandolo indietro ad altri tempi.
Non si dissero molto.
A volte i loro sguardi si incrociavano impacciati. A volte entrambi sembravano che stessero per dire qualcosa, ma ogni volta qualcosa li fermava: paura di affrontare il discorso, mancanza di coraggio nell’affrontare quello che sentivano ancora o non provavano più.
 Jensen aveva bisogno di rimettere le idee in ordine, Jared sapeva che il collega aveva bisogno di riassemblare tutto quello che aveva scoperto, ma avere Jensen in casa sua, in quel momento, in quella modalità così….remissiva, era una tentazione troppo forte.
E nonostante tutto quello che c’era stato tra loro, lui restava comunque un giornalista e aveva una voglia matta di sapere.
Così azzardò.

 “Perché te ne sei andato  Jensen?” chiese tutto di un fiato.
“Articolo sotto copertura, dovevo andarmene per forza!!” rispose il biondo anche se sapeva che il senso di quella domanda era un altro.
Infatti, Jared gli rifece la domanda  con più apprensione.
“Perché te ne sei andato, Jensen?”
“Perché mi hai tradito Jared?!” prontamente domandò rispondendo .
Jared deglutì. Sconcertato da quella risposta che non era una risposta.
No! Quella era decisamente un accusa. Un accusa che però non aveva nessun senso.
 
“Cosa… avrei fatto..scusa?!” fece completamente basito.
 
“O andiamo non mi va di tirare fuori quella storia….non stasera, non riuscirei ad essere lucido!” fece quasi esasperato Jensen, poggiandosi con la schiena alla spalliera del divano su cui entrambi erano ancora seduti.
“No, scusa. Tu rimani lucido e mi spieghi questa cosa. Io ti avrei …tradito? E di grazia quando sarebbe accaduta questa….cosa?”chiese ironicamente risentito Jared.
“Jared, me ne sono fatto una ragione. Credo di averlo anche accettato. Vederti con un quel bel tipo bruno , con tanto di occhi azzurri mentre ridevi, ti abbracciavi e ti rinchiudevi nel motel fuori Houston….ora posso perfino sopportarlo. Non perdonarlo, forse accettarlo. Ma di certo , sopportarlo.” gli spiegò senza alterare il suo tono ricordando quello che aveva visto con i suoi occhi e cercando di spiegarsi il perché sul volto del ragazzo invece di esserci colpa, c’era incredula sorpresa.
“Bruno…occhi azzurri…il motel fuori Houston…” ripeteva Jared come se stesse facendo mente locale. E poi sembrò mettere insieme tutte quelle informazioni. “Aspetta…aspetta…” fece improvvisamente mentre si allontanava per avvicinarsi ad un cassetto della libreria.
Jensen lo vide trafficare e tirare fuori alcune carte che sembravano foto. Erano foto!!
Jared gli si avvicinò e gli porse quelle che si rivelarono essere effettivamente delle fotografie.
“E’ lui?” gli chiese. “E’ questo il ragazzo con cui mi hai visto?!”
“Dobbiamo per forza fare anche le presentazioni?!” ironizzò Jensen, riconoscendo in effetti il presunto “terzo incomodo”
“Smettila e rispondimi, Jensen. E’ lui quello con cui credi io ti abbia tradito?!” rafforzò il tono della sua domanda.
“Sì, Jared.Sì…è lui!!”
“Cazzo!!!, non ci posso credere!” esclamò incredulo il giovane, passandosi le mani tra i capelli.
“Strano! È la stessa cosa che mi sono detto quando ho capito che mi tradivi con…”

“…mio fratello.” finì Jared, anticipandolo e lasciando Jensen decisamente spiazzato.

Il biondo guardò Jared e poi le foto ancora tra le sue mani. Fratello? No. Non era possibile. Non c’era nulla di somigliante fra quei due.

Inventatene un'altra, Padalecki!” pensò Jensen.

Ma poi quando guardò di nuovo Jared che gli stava davanti con un aria decisamente sicura di sé e qualcosa dentro le sue convinzioni cominciò a sgretolarsi.
“Cosa?!” e fu quasi un sussurrò.
“Lui è mio fratello o meglio, il mio fratellastro, Misha.”
 
Fratellastro!!... Al diavolo le somiglianze!
 
“Cosa?!” continuava a ripetere Jensen completamente basito.
“Te ne ho parlato. Suo padre e mia madre si sono sposati quando io avevo sedici anni. Nonostante fossimo diversi e con otto anni di differenza, ci siamo legati molto e lo siamo ancora.” gli spiegò Jared mostrando ancora la foto del ragazzo “incriminato”
“Mi hai sempre detto che tuo fratello si chiamava Angel e che non volevi sue foto perché ti metteva malinconia.” ricordò Jensen
“Il suo vero nome è Misha. Ma io l’ho sempre chiamato Angel, perché da quando siamo diventati una famiglia non mi ha mai abbandonato proprio come un angelo custode.” fu la spiegazione a quel nome.
“Io…Io…” e questa volta Jensen era decisamente in difficoltà.
“Misha è uno psicologo. Da oltre dieci anni presta servizio nell’esercito per essere di supporto psicologico ai soldati in missione oltreoceano. E di tanto in tanto quando torna a casa, in America, cerca di soggiornare in posti che non siano in pieno centro. Vuole calma, vuole silenzio e puoi ben capire e comprendere il perché.” iniziò a spiegargli Jared.

Jensen si sentiva sempre più nel panico, perché più Jared andava avanti nel suo racconto più lui capiva di aver fatto un tremendo, un assurdo..no! uno stupidissimo tragico errore di valutazione.

“Non ho mai voluto delle sue foto...."
"Tu detesti le foto!" si ritrovò a ricordare Jensen quella “follia”.
"Sì... perchè le foto mi danno l’impressione di dover ricordare qualcuno che non c’è più. Ma Misha c’era e c’è ancora e ho questa foto solo da poco tempo. Solo perché lui mi ha pregato di tenerla. Per questo ti ho sempre parlato di lui, ma non te l’ho mai potuto mostrare.”
“Ma perché non mi hai detto che era in città? Perché non….” cercò di farsi dare una spiegazione che potesse per lo meno giustificare la propria reazione.
“Quando ci siamo messi insieme, Misha era in Afganistan.  E anche se di tanto in tanto staccava era solo per pochi giorni. Lui sta sempre fuori …a volte per anni. Ci sentiamo quando può, quando è possibile e l’ultima volta che è stato a Houston è stato quando mi hai lasciato perché a quanto pare …ti tradivo!” ironizzò amaramente. “Si sarebbe fermato per pochi giorni e allora quando mi telefonò per dirmi che era in città, corsi da lui, perché volevo presentarvi. Ci vedemmo in quell’Hotel fuori Houston , dove presumibilmente tu devi avermi seguito e visto con lui…” raccontò vedendo che Jensen annuiva appena , ormai in colpa e in imbarazzo. “Era tutto organizzato, ma quando tornai a casa nostra, di te non c’era più traccia , se non per quel biglietto assurdo in cui mi dicevi di non cercarti e che io ne conoscevo il motivo!”
“Oddio…quel biglietto!” mormorò in colpa e imbarazzato.
“Già…quel biglietto!” gli fece eco Jared.

Jensen ormai non sapeva più dove guardare per la vergogna nel rendersi consapevole di quello che aveva combinato e di quanto fosse stato stupido e azzardato quello che aveva fatto.
“Quando tornai da Misha e gli spiegai tutto, ero distrutto, confuso, arrabbiato e lui mi stette vicino e mi disse che non dovevo cercarti. Che qualunque cosa fosse successa, se era risolvibile si sarebbe risolta comunque. Perché è così che vanno le cose giuste!”
“Dovevi cercarmi invece!” provò a discolparsi.
“Mi avresti creduto?!”
“Sì, se mi avessi raccontato questa storia!”
“E se non ti avessi parlato di Misha? Se ti avessi detto semplicemente che non ti tradivo e avevi preso un granchio?!” domandò seccamente Jared e abbozzando un sorriso amaro quando Jensen non rispose. “Vedi?..forse in quel momento saremmo stati così arrabbiati entrambi che vero o non vero, non avrebbe fatto differenza!”
Quelle parole furono come un macigno sulla coscienza di Jensen. Jared aveva dannatamente ragione: non gli avrebbe creduto. Arrabbiato com’era in quel momento, credendo di essere stato tradito, non gli avrebbe creduto.

Dio!! com’era stato stupido!!

“Ero geloso….sono stato geloso….la paura di averti perso. Il terrore che non saresti stato più mio. La rabbia che qualcun altro ti sarebbe stato accanto al posto mio, che ti avrebbe dato quell’amore che solo io potevo e volevo darti…che non ti avrei avuto più al mio fianco….” fece quasi istericamente Jensen non sapendo che per Jared quelle furono, paradossalmente le parole più belle che avesse potuto sentire al posto di un semplice “Scusa!” o “Perdonami!”
“Mio Dio che ho fatto….che ho fatto!!” continuava a dire Jensen , seduto sul divano con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa fra le mani per sopportarne il peso e i pensieri.

“Buona notte , Jensen!” sussurrò Jared, ad un certo punto, lasciando il ragazzo a quella presa di coscienza.
   
 
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