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Autore: Angeline Farewell    04/03/2016    4 recensioni
La fisica quantistica l'aveva previsto, ma nessuno ci aveva davvero creduto: tanti universi, tanti mondi paralleli. Che sono giunti ad un punto di rottura, scontrandosi fino a mescolarsi e formarne uno solo, frutto di materia sopravvissuta all'Apocalisse. Il mondo come lo conoscevano gli eroi e i villain Marvel non esistono più, così come non esistono più Thor e Loki. Forse.
Da qualche parte in Islanda, però, qualcuno usa ancora quei nomi antichi, persino ride della coincidenza di essersi trovati.
[Note a fine storia]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Incest
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-Reykjavík, Islanda, Europa.
Provincia ad autonomia limitata sotto la tutela della
Monarchia Forzata di Latveria.

 

 

Reykjavík d’estate è sempre appena tiepida, secca e ventosa. Il sole rimane quasi immobile nel cielo e sembra guardarti con una fissità inquietante, tanto che non pochi islandesi – non tanto segretamente – controllano il calendario per accertarsi che l’autunno arriverà presto portando con sé il primo vero tramonto.

Loki Nalssen si sistema il bavero della giacca e la borsa in spalla mentre percorre la spiaggia di Ægisíða, calcia la ghiaietta fastidiosa che s’incastra nella suola degli anfibi, benedice le nuvole che nascondono l’onnipresente sole estivo. È appena pomeriggio, ma la temperatura è scesa abbastanza da rendere quasi sgradevole quell’angolo di fiordo sulla baia di Faxaflói. Loki non è riuscito comunque ad impedirsi di raggiungere quella striscia di terra a pochi metri dall’università dopo i corsi del mattino, dovrebbe studiare, preparare i test per la prossima lezione del professor Tulinius e guadagnarsi il suo assegno di ricerca al dipartimento di Studi Medievali Islandesi, ma è riuscito appena ad abbozzare poche domande prima di abbandonare la calma del suo studio per darsi in pasto al vento della baia. Come da un mese a quella parte.

È da solo, come sempre, si è trasferito da poche settimane e non conosce nessuno tranne i suoi diretti superiori e qualche collega ricercatore, ha solo intravisto gli studenti del master che dovrebbe aiutare ad insegnare e non ha fretta di incontrarli, sa già che non gli piaceranno e lui non piacerà a nessuno, il suo inglese freddo e senza accento infastidisce già i suoi colleghi che gli sorridono nei corridoi, ma si guardano bene dall’invitarlo a sedersi con loro in mensa. Non gl’importa, a Tulinius Loki sa di piacere, e gli basta, non è in Islanda per fare amicizia, non ha lasciato amici in Norvegia. Passeggia sulla spiaggia plumbea del fiordo sotto un cielo altrettanto cupo e si guarda intorno senza sapere bene cosa sta cercando, né perché.

O forse sì.

Lo sciabordio delle onde sulla battigia ha quasi coperto lo scalpiccio sulla ghiaia, i passi che si avvicinano alle sue spalle con cadenza ritmica. Suole di gomma, scarpe da ginnastica e respiro pesante. Loki rallenta il passo e guarda sfilargli accanto un ragazzo biondo che, incurante del vento tagliente, fa jogging con una t-shirt troppo leggera e i lunghi capelli legati alla meglio sulla nuca.

Anche lo sconosciuto rallenta, anche se forse non dovrebbe più pensarlo come tale: sono settimane che Loki percorre la spiaggia di Ægisíða e sono settimane che incrocia lo stesso ragazzo biondo fare jogging. Non si sono mai parlati, ma ormai gli è familiare come la grossolana rena argentea della baia, li ha incontrati entrambi per la prima volta nello stesso giorno. Il ragazzo rallenta la sua corsa passandogli accanto come fa sempre, ma non si ferma, si volta a guardarlo e Loki fa lo stesso, sostenendo il suo sguardo. Poi il momento passa e il vento torna a soffiare e il ghiaino a scricchiolare sotto le scarpe, il ragazzo biondo torna ad essere una sagoma che si perde tra le ombre pomeridiane.

Loki mangia da solo, studia da solo, dorme da solo. Era così anche a Bergen, dove combatteva con lo stesso invadente sole estivo, e si chiede perché non ha pensato all’Inghilterra o anche al sud dell’Europa per continuare la sua carriera accademica troppo precoce, a detta di qualcuno, troppo lenta per i suoi gusti. Ma non avrebbe avuto la stessa libertà di movimento, in Gran Bretagna, troppe teste calde a stampare volantini e strappare cartelloni con Faccia di Metallo, ha rinunciato agli studi scientifici proprio per non dover essere soggetto al controllo di Doomstadt, in fondo. Le rune sono quanto di più vicino alla magia dei numeri abbia trovato.

I giorni passano tutti uguali, il buio comincia ad indugiare più a lungo e la pioggia diventa un appuntamento costante. I corsi sono in pieno svolgimento e le sue giornate diventano sempre più pesanti e caotiche, la regolarità con cui deve far fronte ai tanti piccoli problemi dei suoi studenti incapaci fa invidia alla pioggia autunnale.

Sa che dovrebbe smettere di cercare di correggere i test sulla spiaggia, ma è più forte di lui, e dopo i corsi si arma di caffè e percorre le poche centinaia di metri che separano l’università dalla costa. È quasi sempre costretto a desistere e dirigersi verso casa a causa della pioggia, ma non riesce ad impedirsi di tornare a Ægisíða.

“Il tuo caffè si è rovesciato.”

Loki sussulta e si volta di scatto in direzione della voce profonda che l’ha raggiunto alle spalle, troppo perso dietro i suoi pensieri per accorgersi dello scalpiccio regolare che nel frattempo l’ha raggiunto. Si era seduto sui ciottoli umidi con un libro sulle ginocchia ed un bicchiere di caffè di fianco, ma non aveva letto nemmeno una riga né bevuto il caffè: che effettivamente si era rovesciato sulla spiaggia senza che se ne fosse accorto. E’ una voce morbida, un inglese senza accento come il suo, quindi non può essere britannico, impossibile sia americano visti gli embarghi. Scandinavo anche lui? E di dove?

Il ragazzo biondo continua a guardarlo dall’alto. Da quella posizione sembra ancora più imponente e, per la prima volta, Loki sente il desiderio di allontanarsi ed allontanarlo, quasi fosse in pericolo. Lo sconosciuto gli sorride e gli tende la mano per aiutarlo ad alzarsi, ma Loki non si fida e non l’accetta. Si alza da solo perché ha deciso che quel ragazzo non gli piace, troppo bello, troppo muscoloso, il perfetto vichingo sudato della copertina di un brutto romance per casalinghe disperate. E non capisce perché la cosa dovrebbe dargli fastidio, ma è così, ed è abituato a respingere gli altri. Prima che respingano lui, almeno, ma quell’ultima parte evita di pensarla.

Probabilmente nessuno dei due si rende conto di star fissando l’altro da troppo tempo perché possa risultare educato, ma l’impasse non accenna ad interrompersi. La spiaggia non è deserta nonostante il tempo incerto, sul sentiero parallelo alla strada qualche ciclista scampanella la sua presenza ai podisti e alle poche famiglie coraggiose che hanno portato a prendere aria ai pargoli. Qualcuno li guarda in sottecchi, incuriosito dai due ragazzi che si fissano senza dirsi nulla.

Finchè un fulmine non cade più a nord ad un paio di chilometri da loro.

“Stavo per andare a prendermi un caffè anch’io, posso offrirne un altro anche a te?”

Loki si volta di nuovo a guardarlo, distogliendo lo sguardo dal filo di fumo in lontananza. Il suo primo istinto è di mandarlo via, perché – e si vergogna ad ammetterlo – quel ragazzo gli piace tanto da fargli paura. Non sa chi è e non vuole conoscerlo, vuole essere lasciato in pace e non vuole nuovi amici. Anche se non ne ha nessuno.

“No.”

Il ragazzo fa un passo indietro senza cambiare espressione, accenna un sorriso, Loki sa che lo sconosciuto sta per andar via e la cosa lo spaventa ancora di più.

“Te lo offro io, la caffetteria dell’università è più vicina e sta per piovere.”

Non gli permette di guardarlo in faccia, si abbassa a raccogliere il bicchiere di carta, si sistema la borsa in spalla e lo oltrepassa senza un ulteriore cenno, senza accertarsi di essere seguito. Per un minuto spera lo sconosciuto s’incammini nella direzione opposta, ma allo stesso tempo cerca di ignorare il sollievo che prova quando sente il suo passo ormai familiare alle spalle.

Hanno percorso in silenzio la strada fino all’università, il ragazzo biondo sempre un passo dietro Loki, ha parlato solo per dare la sua ordinazione alla cameriera.

I pochi avventori li guardano sconcertati, Loki non ha mai avuto compagnia, qualche suo collega gli fa un cenno, alcuni studenti si arrischiano a salutarlo. Tutto perché è in compagnia di un vichingo che sembra uscito da un video heavy metal? Darebbe volentieri alle fiamme chiunque, lì dentro, compreso lo sconosciuto che continua a guardarsi intorno serafico.

“Studi qui?”

“Ci lavoro.”

Lo sconosciuto alza un sopracciglio, ma non perplesso, come ad invitarlo ad elaborare. Loki non sa se ha voglia di assecondarlo e rendergli le cose semplici. I cosa e i perché non gl’interessa decifrarli. Si è pentito di averlo invitato lì, di avergli dato corda in primo luogo, cerca di rimanere impassibile ma è difficile quando senti la carne bruciare sotto la pelle, quando senti quella stessa pelle troppo stretta, come un vestito mal cucito e mal indossato. E Loki sa che quella sensazione l’ha sempre avuta, ha portato in giro un viso non veramente suo tutta la vita, ma mai così, mai con quella purulenza che gli fa venir voglia di strapparsi tutto di dosso fino alle ossa, e mostrare lo scheletro nudo e mostruoso a quello sconosciuto bellissimo, solo per il gusto di vederlo scappare via disgustato. Solo per il gusto di pentirsene immediatamente dopo.

“Mi aspettavo l’Islanda fosse più simile a casa mia, ma mi ero sbagliato. Fa più freddo, ma la gente è più cordiale. Non trovi?”

“Nessuno è mai davvero amichevole in nessun posto, l’ospitalità è una convenzione sociale più o meno radicata, non sentita.”

“…”

“…”

“Sai, avevo immaginato fossi un tipo curioso, ma non mi hai nemmeno chiesto di dove sono. Non dovrebbe stupirmi dato che siamo seduti qui, abbiamo quasi finito il primo caffè, e non ci siamo ancora presentati.”

E Loki per un attimo non sa cosa dire, rimane congelato con la tazza in una mano che rischia di cadergli. Lo sconosciuto biondo è ancora tale e Loki non ha voglia di dargli un nome ed un’identità, preferisce rimanga una delle ombre sulla spiaggia di Ægisíða perché è più facile, perché forse la solitudine non è piacevole come la dipingono i cinici e i disillusi, ma quando è solo non sente il cuore contrarsi fino ad imitare un buco nero pronto a divorarsi e divorare tutti gli altri organi interni. Quando è solo non ha nulla da perdere e può fingere la sua scalata alla cattedra di Tulinius sia tutto quel che conta. Però è lì, seduto nella caffetteria dell’università con lui, ed è una variante che non aveva previsto, quello sconosciuto ha già alterato la sua collaudata quotidianità senza bisogno di avere un nome, e a Loki non piace il caos se non è lui a decidere dove e come portarlo.

“Non ti sbagli, sono molto curioso. Ma dai per scontato sia curioso di conoscere te. Un tantino presuntuoso, non trovi?”

Loki è grato l’altro ragazzo si sia messo a ridere, abbia trovato divertente la sua replica, gli è più facile prendere le distanze se disprezza il suo interlocutore. Forse, se si rende sgradevole e inadeguato, Loki riuscirà a tranciare i mille fili di ragno che sente appiccicati addosso, e che portano tutti inesorabilmente a quel ragazzo biondo.

“Touchè. Hai ragione, sono stato io ad attaccare bottone e dovrei essere io a presentarmi per primo. Mi chiamo Thor. Thor Jördssen.”

“I tuoi genitori hanno molto senso dell’umorismo, presumo.”

“Temo di sì. Appena dico il mio nome qui mi guardano male o pensano li stia prendendo in giro. All’inizio era anche divertente, ma ormai sono passate settimane e sta diventando pesante. Non ridere anche tu, non sei gentile.”

“Sei avevi pensato potessi esserlo, ricrediti e facci l’abitudine, perché non sono una persona piacevole.”

Ma continuano a ridacchiare, e Thor fa cenno alla cameriera di portare altri due caffè.

“Visto che è implicito ci rivedremo, posso sapere il tuo nome?”

Loki si morde l’interno di una guancia, di nuovo preso in contropiede. Solitamente prevede con discreta facilità le mosse di un interlocutore e si muove di conseguenza, ma con Thor sembra non riuscirci. Vuole rivederlo? Perché dovrebbe, non gli servono amici, troppo faticosi da gestire, e non è attratto dagli uomini: per quanto bello sia quel ragazzo, se sta tentando di fargli la corte sta bussando alla porta sbagliata. Potrebbe essere divertente vederlo provare, però.

“Loki Nalssen. E non ridere.”

Si sente più rilassato ora che ha un piano d’azione in mente, ora che il ragazzo biondo – Thor – è stato classificato e gli è stata trovata una funzione. A Loki piace portare scompiglio, ma non nella sua vita, non lo permetterà nemmeno a questo non più sconosciuto amichevole.

È cominciata così, con due caffè e qualche dolcetto, un ombrello condiviso fino all’appartamento di Loki e nessun impegno di rivedersi.

Giorno dopo giorno s’incontrano sulla spiaggia di Ægisíða, poi – con l’autunno ormai inoltrato e le piogge sempre più fredde e insistenti – direttamente nella caffetteria dell’università.

Thor è un ragazzo strano. Fin troppo esuberante, amichevole con tutti, pronto a pagare da bere a chiunque, è estremamente popolare tra gli avventori abituali dei bar del porto. Più che un vichingo somiglia a tratti al membro di una band metal, veste con colori scuri e guida una grossa Honda argentea con cui sfreccia sulla costa a velocità folle. Vive sulla Neshagi e Loki proprio non riesce a capire cosa fa per vivere. Finchè non lo trascina con sé sul monte Esja una mattina di settembre miracolosamente sgombra dalle nuvole: camminano per quelle che a Loki sembrano ore fino alla cima, alla fine è così stanco da non riuscire quasi a godere della splendida vista sulla baia di Kollafjörður e i ghiacciai perenni.

“Una guida turistica non guadagna abbastanza per vivere come fai tu.”

Loki non ha più fiato, ma non basta a fargli perdere la vena polemica. Thor ride e la sua risata si espande come un’onda verso la valle.

“Non sono una guida turistica, diciamo un’escursionista che si occupa della sicurezza di altri escursionisti. È facile perdersi tra boschi e montagne. Sono bravo a non perdermi.”

Beato te .

“Non hai comunque risposto alla mia domanda.”

“Già. Ho un buon fondo fiduciario. Diciamo pure un ottimo fondo fiduciario.”

Thor lo porta a barbecue con i suoi amici e a partite di hockey su ghiaccio e prato, hanno guardato il calcio in TV e visitato musei di costume, hanno scoperto di amare il wrestling e l’istrionismo di pessimi attori gonfi di steroidi e finti propositi di vendetta, Loki si fa un punto d’onore di tenere per i cattivi del copione, sottolinea i punti deboli dei campioni del pubblico, ripetitivi e noiosi fin nei costumi.

Thor lo aspetta quasi ogni giorno davanti all’ingresso principale del campus, con qualunque clima, mangiano alla mensa dell’università o lo porta in uno dei tanti piccoli ristoranti che sono sorti negli anni nel quartiere. È sempre lui a pagare per entrambi, e Loki ne è infastidito e divertito al contempo. Lo sta davvero corteggiando, lo stupidotto?

“Non ti manca Amburgo?”

“A te non manca Bergen o… come si chiama?”

“A Øvre Årdal ci sono solo nato. E comunque te l’ho chiesto prima io, non cambiare argomento.”

“D’accordo, d’accordo. Qualche volta. Mi mancano i canali, l’idea di poter superare l’Elba semplicemente attraversando un cavalcavia. Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi mancano i marmi e i fregi dei palazzi, mi mancano l’acciaio dei ponti e l’essere circondato da persone di mille paesi.”

“Credevo fossi un amante della natura, ambientalista convinto e tutto il resto. Come si concilia l’acciaio con il green power?”

Loki lo prende in giro, anche se sa che è un punto dolente. Più che saperlo l’ha intuito, perché Thor non parla volentieri di quello che dovrebbe essere, in fondo, un pregio. Sa che è un attivista, o lo è stato in passato, sicuramente prima di arrivare in Islanda, ma non sa fino a dove si è spinto, né perché non ha più contatti con la sua – potente – famiglia.

“Non si concilia, infatti.”

Thor gli sorride, un’insolita vena di tristezza sporca la linea altrimenti perfetta della sue labbra, e Loki si ritrova a chiedersi per l’ennesima volta perché non insiste, cosa gl’importa se per Thor è un argomento difficile da affrontare? È curioso, vuole saperne di più, non accetta di essere tenuto all’oscuro dei segreti di Thor. Quando toccano quell’argomento il suo inglese perfetto, persino il suo freddo norvegese di seconda generazione scivolano su toni più duri, le erre si arrotano teutonicamente rendendo più dure e tristi le sue frasi. Il suo controllo scivola tanto da non riuscire a tenere imbrigliate nemmeno le parole.

“E a te non manca casa?”

“No.”

“Nemmeno-”

No.

Non gli manca casa, andarsene da Stavanger per Bergen era stata una liberazione. Lasciare indietro la Norvegia e la sua famiglia non gli era costato nulla, anzi. Qualcuno potrebbe dire che è scappato, ma a Loki non interessa davvero: crescere com’è cresciuto lui può solo forgiare mostri o disturbati, e ha paura di sapere quale delle due cose tiene ben nascosta sotto la maschera. In fondo, se la tua stessa madre preferisce liberarsi del peso che rappresentano i tuoi pannolini e la tua fame, se la tua stessa famiglia preferisce ignorare la tua stessa esistenza se non per guardarti dall’alto se non sei all’altezza della situazione, di qualunque situazione, chi può biasimarlo per il poco amore che nutre verso due vecchi norvegesi che sembrano fatti di ghiaccio?

Fa sempre più freddo, alla pioggia si unisce un nevischio leggero che imbianca l’asfalto per pochi secondi prima di sciogliersi e, per un momento, Loki si sente esattamente come quegli insignificanti batuffoli di ghiaccio.

Thor non gli piace. Loki accetta la sua compagnia perché è utile, lo rende più simpatico agli occhi degli altri, lo distrae quando studia troppo e gli ricorda di mangiare e dormire. Dà ordine ad una vita altrimenti sregolatissima. No, Thor non gli piace e non ha bisogno di lui.

È quasi dicembre e si avvicina la chiusura dei corsi per le vacanze invernali e natalizie, il sole sale dalle montagne solo per inabissarsi subito dopo nell’oceano e la città è ricoperta da un manto tanto candido da rischiarare il buio dell’inverno polare. Loki è impegnato con la chiusura del semestre e con un capitolo particolarmente ostico della monografia con cui spera di riuscire a cementare definitivamente la sua posizione in facoltà, gli studenti affollano con acrimonia i suoi seminari, non lo sopportano ma non possono fare a meno delle sue lezioni, è allo stesso tempo l’assistente più odiato e apprezzato dell’intera università. Troppo severo è sprezzante a contatto con ragazzi di poco più giovani di lui, fin troppo capace e preciso nello spiegare le evoluzioni di una lingua ancora largamente sconosciuta.

Thor non si fa sentire da giorni. Non una telefonata o un messaggio, né un invito. Non è più andato a prenderlo in facoltà.

“Verrai alla festa di Natale, non è vero? Hai già disertato la cena di cattedra, devi impegnarti di più nelle relazioni sociali se vuoi fare carriera. Le connessioni sono importanti, Loki.”

Tulinius è una brava persona, lo ha sinceramente preso a cuore nonostante il suo – a detta di tutti – pessimo carattere. È deciso ad aiutarlo a fare strada perché non ha mai avuto assistente migliore nella sua lunga carriera accademica, e per Loki è stato difficile non gongolare apertamente.

“Porta anche il tuo ragazzo, se ti fa sentire più a tuo agio.”

“Il mio ragazzo…?”

“Ma certo, anch’io porterò mia moglie. Tutti portano qualcuno.”

Il mio ragazzo.”

“Guarda che non c’è nessun problema, se è questo che temi. Søren e il suo compagno vivono insieme dai tempi dell’università, e Baldvina dell’amministrazione? Esce con la professoressa Jónsdóttir da anni, ma questo non l’hai saputo da me, mi raccomando.”

Il professore deve accorgersi dell’espressione smarrita di Loki e ne equivoca la ragione, perché la sua espressione si addolcisce e gli mette addirittura una mano su una spalla. Nonostante sia un nanerottolo che arriva a mala pena al mento di Loki.

“Loki Loki, tu pensi troppo. Quel ragazzo ti ha fatto bene, da che lo frequenti hai un aspetto migliore, più tranquillo. Cominciavo a temere di doverti tener d’occhio all’arrivo della primavera, mi avrebbe seccato parecchio perdere il mio assistente migliore per la frenesia da suicidio che scatena il ritorno del sole da queste parti. E ora andiamo in mensa, ti prego, è martedì e ci sono i kringlur, sbrighiamoci prima che i barbari li mangino tutti.”

Il tuo ragazzo.

Loki non è riuscito a correggere il malinteso, troppo frastornato dall’intera conversazione con Tulinius. Continua a rigirarsi le parole del professore sulla lingua, il tuo ragazzo il tuo ragazzo il tuo ragazzo, e non capisce. Come è potuto cadere in quell’equivoco? Pensa alle settimane passate con Thor e si chiede cosa nel loro atteggiamento possa essere risultato fuorviante, ma non trova nulla. Loki si è comportato come fa di solito, Thor è stato sempre amichevole, ma lo è con tutti, di sicuro non gli ha riservato un trattamento di favore. Thor non lo chiama da tre giorni, un fidanzato non si comporterebbe così.

Il tuo ragazzo.

Non lo porterà di sicuro alla festa di Natale, perché dovrebbe? Chiedergli di accompagnarlo lo farebbe sentire patetico e ridicolo, Thor non è il suo ragazzo né qualcuno di speciale. Forse è ancora innamorato di quella sua misteriosa ragazza in Norvegia di cui non parla mai. Loki è arrabbiato con lui e si sente stupido, perché non ne ha motivo, non considera Thor nemmeno un amico, che ragioni ha di prendersela tanto se non si vedono da tre giorni?

Thor ha una vita sociale che definire movimentata è poco. Se non cambia una ragazza ogni notte è solo perché molte delle sue serate le passa con lui, ma il suo successo con il gentil sesso è innegabile. Vederlo per la prima volta avvinghiato ad una brunetta appena conosciuta in un pub del centro era stata come una doccia gelata, e Loki ancora non è riuscito a venire a patti con il senso di inadeguatezza e di vergogna che l’ha investito. Thor non è chiaramente interessato a lui in nessun senso, perché continua a frequentarlo? Non sono amici, non sono niente.

È stupido, appunto.

Com’è stupido ignorare la neve che ha ripreso a cadere più forte e non dirigersi subito a casa dopo i corsi, ma allungare la strada di qualche chilometro, raggiungere la Neshagi, bussare alla porta di Thor.

“Loki? Che ci fai qui? Ma sei fradicio!”

Thor lo fa entrare, corre a prendere qualcosa per asciugarlo. La casa è silenziosa in modo quasi innaturale e Loki comincia a pensare Thor non sia solo. Il calore del loft gli ricorda quanto freddo facesse fuori, comincia a tremare senza riuscire ad impedirselo e gocciola sul parquet, sui tappeti, si guarda intorno fino in cucina, ci sono due tazze sul ripiano da lavoro. Non riesce a staccare gli occhi dal ripiano, in una delle tazze si notano ancora tracce di tè.

Thor ha molti amici, persino troppi. Loki non è l’unico nome della sua rubrica non legato al lavoro, o comunque utile. Ovvio che non era solo, forse lei è ancora in casa, e Loki – alla fin fine – non vuole saperlo.

È furibondo. Con Thor, che ha un’altra vita al di fuori del tempo che divide con lui, e con se stesso, che non sente il bisogno di niente e di nessun altro all’infuori del tempo che condividono.

Thor è tornato in cucina, gli friziona i capelli con un asciugamano, gli sta parlando, ma Loki non lo ascolta, non riesce nemmeno a guardarlo quando smette di asciugargli i capelli e gli poggia una mano nell’incavo tra il collo e la spalla. Ed è un gesto che ha ripetuto spesso, ma non vuol dire niente, non può voler dire niente, e Loki sta tremando, ma dentro brucia, la pelle è tornata troppo stretta, sa che se non fa qualcosa le cuciture si strapperanno e Thor riuscirà a vederlo davvero, e ne rimarrà disgustato.

Ricorda bene il suo ultimo bacio, lei era rossa e coperta di tatuaggi, l’aveva conosciuta l’ultimo anno a Bergen ed era stata la cosa più vicina alla felicità avesse provato fino a quel momento. Ma persino lasciare indietro lei non era stato impossibile. Sa di non aver mai desiderato baciare un uomo, eppure baciare Thor è come tornare a casa. Una casa vera, una casa finalmente accogliente.



End(?)










Note:
La storia è un cross-over tra il Movieverse e gli eventi di Secret War (fumetto. Purtroppo non sono riuscita a trovare la sezione nel form.), ovvero la conclusione dell'Universo Marvel a causa della collisione tra i vari universi paralleli. Se non avete familiarità con il fumetto, sappiate che è comunque l'unica cosa che vi serve sapere dato che da quel punto in poi è tutta mia invenzione.
Questa one-shot è - in realtà - anche solo il primo capitolo di una storia molto più ampia e articolata che mi è impossibile (per ovvi motivi di rating e contenuti) pubblicare qui su EFP. Questo primo capitolo può passare per una one-shot completa, ma chi fosse interessato a leggere il resto, può trovarlo nel mio archivio AO3.^^

   
 
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